Dal segreto, passionale amore inglese degli anni giovanili alle diverse corti di devoti che si sono periodicamente rigenerate attorno alla sua carismatica presenza, Elsa Morante è stata amata o idoleggiata lungo tutto il corso della sua vita . Un fascino, il suo, che si sprigionava fortissimo a dispetto di un carattere esigente e difficile. Eppure una sete inappagata d'amore percorre come un potente leitmotiv la sua biografia, consumandola fino ai suoi esiti estremi. Da un archivio di oltre 5000 documenti e da 300 lettere di Elsa acquisite successivamente presso i destinatari, Daniele Morante ha scelto e composto con un lungo e paziente lavoro circa 600 testimonianze esemplari della corrispondenza della scrittrice con gran parte dei suoi interlocutori più simpatetici e più assidui. Grazie a questa massa di materiali emergono fasi fin qui poco note della vita di Elsa Morante, le molte sfaccettature del lungo e complesso rapporto con Moravia, l'irrequietezza delle sue passioni umane e intellettuali, le ragioni del precoce invecchiamento autoindotto, la sublimazione della propria femminilità nel ruolo di "alma mater" di ragazzini di vario talento o altri "Felici Pochi". E poi, naturalmente, la sua scrittura, le sue opere, i suoi lettori che le scrivono lettere spesso colme di ammirazione e gratitudine, anch'esse testimoniate nel volume. Un libro che restituisce l'immagine più vera della grande scrittrice, così lontana dai cliché stereotipati che ci vengono troppo spesso riproposti.
"Iride" è il racconto della vita e del percorso di fede di Annalisa Minetti, finalista di Miss Italia, cantante vincitrice del Festival di Sanremo, moglie, madre e atleta. Annalisa, nonostante la cecità da cui è affetta, è sempre stata una sportiva e il suo talento e la sua costanza le hanno permesso di qualificarsi e vincere la medaglia di bronzo nei 1500 metri ai Giochi Paralimpici di Londra 2012, bronzo che le è valso il record del mondo nella categoria T12 (non vedenti); un risultato straordinario ottenuto grazie anche all'aiuto di Andrea Giocondi, mezzofondista che prese parte alle Olimpiadi di Atlanta del 1996, insieme al quale si allena e partecipa alle competizioni. Questo libro - composto da un capitolo per ciascun colore dell'arcobaleno non è quindi solo il racconto di una vita, ma soprattutto di un cammino costante di fede, di un affidarsi che permette di superare gli ostacoli che ci si parano dinanzi e di trasformare le difficoltà in opportunità.
Le parole di Mattei hanno sempre mantenuto una dimensione che superava l'individuo, riuscendo a coinvolgere un pubblico molto ampio e diversificato composto da dipendenti d'azienda, giornalisti, autorità politiche, operatori economici e comunità locali. Con i suoi discorsi, Mattei riusciva a trasmettere il punto di vista dell'impresa e a mobilitare il sostegno di tutte le forze indispensabili al successo. Questo volume riunisce oltre 200 discorsi, molti inediti, molti apparsi sulla pubblicistica dell'epoca, grazie al contributo dell'archivio storico Eni. Dalle parole di capo partigiano a quelle pronunciate nei giorni successivi alla tormentata fine della guerra civile in Italia, quando si rifiutò di liquidare le attività dell'Agip per garantire al Paese un'impresa energetica nazionale, questa raccolta svela la complessità di un uomo capace di vivere con la stessa passione la politica e il mondo dell'industria. Come dirigente d'azienda, Mattei ha compiuto scelte diverse da quelle di quasi tutti i suoi contemporanei, trasformandosi nel simbolo di un modo nuovo di pensare l'Italia, ancora oggi attualissimo per la capacità di visione strategica e per la volontà permanente di innovazione. Prefazione di Paolo Mieli.
Negli Stati Uniti, patria del management, è celebrato come un innovatore alla maniera di Steve Jobs. In Italia, da cui è partito adolescente per tornare a capo dell'industria più rappresentativa del Paese, è un personaggio discusso al centro di alcune delle questioni politiche ed economiche più calde: un mito per alcuni, un provocatore per altri. Tra queste posizioni opposte - e probabilmente estreme - il libro presenta la visione del mondo di Sergio Marchionne attraverso la sua viva voce, senza interpretazioni ma con una ricerca attenta degli aspetti più caratteristici della sua storia, del suo modo di pensare e di agire in azienda e della sua leadership, affinché ciascuno possa valutare "in presa diretta" lo stile manageriale che lo contraddistingue: spesso inconsueto, a volte ingombrante, ma sempre schietto. Il testo è costruito attorno ai nuclei concettuali sui quali si sviluppa il "Marchionne-pensiero": le connessioni tra meritocrazia, leadership, competitività; l'eccellenza e l'innovazione; la creatività e il reengineering organizzativo, la globalizzazione e la nazionalità. E ancora: la cultura e l'identità aziendale; la rappresentanza dei lavoratori e degli imprenditori; le politiche nazionali ed europee, fino al rapporto tra economia finanziaria ed economia reale e gli effetti attuali della crisi. Un ritratto vivido e inconsueto. Un "alfabeto" utile per tutti coloro - ammiratori o critici - che vogliono farsi un'opinione personale sul manager italiano più internazionale.
Carlo Goldoni con le “Memorie italiane” racconta, in uno splendido “romanzo di formazione”, la sua vita, dal 1707 al 1742, insieme alle «leggiere notizie» sulla riforma della commedia italiana. Le “Memorie, scritte a puntate, come un feuilleton, appaiono nelle singole prefazioni ai diciassette tomi dell’edizione Pasquali, e sono corredate ciascuna da una illustrazione che rappresenta «un qualche pezzo della sua vita». Nasce così - precedendo i futuri “Mémoires”scritti in francese a Parigi - la stringata e briosa autobiografia di un intellettuale borghese nella Venezia del Settecento, corredata anche da una sorta di «disegni animati» che l’accompagnano, come a “muovere”, daccanto, una terza autobiografia per immagini. “Il teatro comico”, commedia scritta e rappresentata nel 1750, non è nient’altro che la riforma della commedia dell’Arte, recitata sul palcoscenico dagli stessi attori, una mattina, durante le prove.
Agli inizi degli anni Trenta del secolo scorso il ghebì, il palazzo del nobile Nasibù Zamanuel, svetta sontuoso nel centro di Addis Abeba. Nella vita del degiac, tutto sembra tingersi di prodigioso e fiabesco: da come ha impalmato la giovanissima Atzede Mariam Babitcheff dopo una gara sfrenata nell'ippodromo di Janehoymeda, a come l'ha condotta in pellegrinaggio in cima al monte Managhescià, dove il santo eremita abba Wolde Mariam ha predetto alla sposa la nascita di ben cinque figli. Un giorno di ottobre del 1935, tuttavia, la bella fiaba termina bruscamente. Per ordine di Benito Mussolini, le forze armate italiane invadono l'Etiopia da nord al sud, senza alcuna dichiarazione di guerra. Il degiac Nasibù combatte valorosamente per difendere la sua terra, ma le forze sono però troppo impari e il conflitto segna la fine dell'impero etiopico e dello splendore dei Nasibù, che nei mesi successivi sono costretti all'esilio. A più di sessant'anni dagli avvenimenti, Martha Nasibù, figlia del degiac Nasibù, racconta l'incredibile vicenda della sua famiglia esiliata in Italia sul finire del 1936 e tenuta al confino sino all'agosto del 1944.
Rachele. Storia lombarda del 1848, scritto in francese da Cristina di Belgiojoso e qui presentato per la prima volta in traduzione italiana, è il romanzo di un “amore rivoluzionario” che ruota intorno alle vicende di una famiglia di contadini nel periodo dei moti di Milano.
La principessa compose il breve romanzo all’indomani dei suoi cinquanta anni, dopo il ritorno a Milano dall’esilio orientale, successivo alle burrascose vicende della Repubblica romana (1849) che l’avevano vista protagonista in qualità di direttrice degli Ospedali militari.
La storia si svolge in una fattoria della Lombardia in pieno Risorgimento e porta all’attenzione dei lettori una serie di tematiche care all’autrice e proprie di quegli anni attraversati da fortissime tensioni politiche e sociali: la mentalità della famiglia patriarcale, la condizione femminile, il pensiero cattolico, l’impegno dei patrioti e la condizione dei rifugiati.
In anni recenti si è assistito a un moltiplicarsi di studi e contributi importanti sulla complessa personalità di Cristina di Belgiojoso, ormai liberata dall’etichetta di donna fatale e bizzarra: in questo processo di risarcimento e di restituzione storico-critica si colloca l’edizione italiana di Rachele.
"In ogni pagina di questo libro c'è il modo di essere donna (di Natalia Ginzburg): un modo spesso dolente ma sempre pratico e quasi brusco, in mezzo ai dolori e alle gioie della vita... Tra i capitoli del volume si ricorda 'Ritratto d'un amico', certo la più bella cosa che sia stata scritta sull'uomo Cesare Pavese. E le pagine scritte subito dopo la guerra, che riportano con una forza più che mai struggente il senso dell'esperienza d'anni terribili (e sanno pur farlo, serbando, come 'Le scarpe rotte', un quasi miracoloso senso del comico). Poi, le prove (come 'Silenzio' e 'Le piccole virtù') d'una Natalia Ginzburg moralista, dove una partecipazione acuta ai mali del secolo sembra nascere dalla matrice d'un calore familiare. E soprattutto, perfetto capitolo d'una autobiografia in chiave obiettiva e ironica, 'Lui e io', in cui la contrapposizione dei caratteri si trasforma, da spunto di commedia, nel più affettuoso poema della vita coniugale." (Italo Calvino) L'edizione è corredata dal saggio di Domenico Scarpa "Le strade di Natalia Ginzburg" e da un apparato comprendente le Notizie sul testo, un'antologia della critica, una bibliografia e una cronologia della vita e delle opere. Prefazione di Adriano Sofri.
L'incredibile odissea di una giovane ragazza di vent'anni nell'inferno della Shoah e nel cuore del Terzo Reich per ritrovare Julius, l'uomo che ama. Un viaggio lungo 3.300 chilometri, da Zagabria a Budapest, da Dachau a Norimberga, sfidando la polizia segreta, gli eserciti, la delazione, le frontiere, i bombardamenti. La determinazione di Olga nell'inseguire il suo uomo per un amore che ha ben pochi ricordi concreti - un bacio sulle labbra, qualche serata all'Opera, poco di più - non si arresta di fronte a nulla. A nessun impedimento. A nessuna beffa del destino. Nemmeno ai cancelli di Buchenwald, il campo dell'orrore.
Nazionalista e cosmopolita. Pacifista e bellicista. Elitista e populista. Scrittore politico dalla prosa essenziale e romanziere dall'immaginazione barocca. Mitomane, esibizionista, gelido dandy che flirta con fascismo, marxismo e anarchia, attratto di volta in volta dall'Italia di Mussolini, dall'Urss di Stalin, dalla Cina di Mao e dall'imperialismo americano. Seduttore inveterato, esibizionista, "camaleonte" pronto a servire (e a servirsi di) ogni potere. Tutto e il contrario di tutto, in apparenza, Curzio Suckert detto Malaparte (1898-1957) sfidò solitario le convenzioni della sua epoca. Oggi questa biografia di Maurizio Serra - basata su un'ampia documentazione, su corrispondenze e testimonianze anche inedite - ci restituisce le sfaccettature di una vicenda umana e letteraria che non può ridursi ai luoghi comuni che ne hanno imprigionato la memoria. Emerge così la modernità di un Malaparte visionario interprete della decadenza europea, che non smette di stupire perché aveva, potente e inconfessato, il gusto dello scacco: "Malaparte o le disavventure di Narciso".
Cresciuto in una famiglia di umili origini, sovrastato da un padre autoritario, Anton Cechov ha avuto un'infanzia che ha profondamente segnato la sua vita e condizionato la sua intera produzione letteraria. Un'infanzia "senza infanzia", come disse lui stesso, vissuta nella consapevolezza di una condizione miserabile e nel terrore della violenza. In una lettera a un amico scrisse: "Mio padre cominciò a educarmi, o più semplicemente a picchiarmi, quando non avevo ancora cinque anni. Ogni mattina, al risveglio, il mio primo pensiero era: oggi sarò picchiato?". Eppure, nel mondo angusto e nuvoloso della sua giovinezza, il piccolo Anton seppe trovare le sue briciole di felicità, "come una pianta che attiri a sé dal terreno più ingrato il nutrimento che le consente di sopravvivere", e nelle sue opere ricorderà Quegli anni come il tempo perduto dell'innocenza, come il momento in cui il sublime e il misero furono capaci di andare assieme. Irene Némirovsky è sempre stata affascinata dalla figura di Cechov, morto un anno prima della sua nascita. L'autore di "Zio Vanja" fu per lei un riferimento costante, una sorta di padre intellettuale a cui ha dedicato questa straordinaria biografia romanzata. Per la prima volta tradotto in italiano, "La vita di Cechov" è un viaggio nella letteratura russa, nella vita privata di uno dei più importanti scrittori dell'Ottocento e al tempo stesso la testimonianza dell'incontro tra due anime, così stranamente, inspiegabilmente vicine.
"Sono nata a Roma, in una villetta rosa, dietro piazza Cola di Rienzo, a circa trecento metri dalla casa dove vivo tuttora. Mentre nascevo, nella camera volava insistentemente un moscone. Mio padre, Federico Wertmüller, nonostante fosse uno spirito laico, non portato alla parapsicologia, pensò che un oggetto di dubbia consistenza e di dubbia provenienza come l'anima di un defunto si fosse materializzato in quell'insetto, e che si trattasse di suo suocero, il cavalier Arcangelo Santamaria Maurizio, morto lo stesso mese, in attesa di trasmigrare nella nuova Arcangelina (cioè la sottoscritta), non appena fosse stata deposta nella culla con un dito in bocca e un ciuffetto di capelli arruffati." Non poteva che cominciare così, all'insegna di un ricordo bizzarro quanto surreale, la vita di Arcangela Felice Assunta Job Wertmüller von Elgg Esapañol von Brauchich, per tutti Lina Wertmüller. Esagitata e rompiscatole fin da bambina, ma già con una grande carica di simpatia, scopre giovanissima la passione per il teatro e in poco tempo, dopo essersi iscritta all'Accademia di Pietro Scharoff e aver collaborato con i migliori registi teatrali, da Giorgio De Lullo alla mitica coppia Garinei&Giovannini, diventa un vero e proprio "topolino da palcoscenico", allestendo scenografie, scrivendo copioni, pièce, commedie musicali. Sarà però il cinema a conquistarla e a renderla famosa in tutto il mondo.