Sono in tanti, nel mondo, a considerare Henri Nouwen (1932-1996) come il proprio maestro spirituale. La ragione di un'influenza così vasta risiede forse nella sua determinazione a fare esperienza diretta della sofferenza di uomini e donne, spronati e persuasi a compiere insieme a lui un viaggio attraverso il mistero del Vangelo, la solitudine, il dolore, la ricerca di senso nella vita e la condivisione con i poveri. La sua stessa esistenza è stata un arduo cammino, segnato dalla depressione, dalla lotta fra sentimenti contrastanti (la ricerca di intimità umana, l'amore per la vita comunitaria, il bisogno di solitudine) e dal desiderio mai soddisfatto di raggiungere il cuore dell'esperienza cristiana facendo della propria vita un dono per gli altri. Nei suoi oltre cinquanta libri - tutti salutati da grande successo e costantemente ristampati - si riflettono del resto molte esperienze vissute in prima persona. La sua attività di studioso fu molto intensa e lo vide fra l'altro insegnare in università prestigiose come Yale e Harvard. Non vi è però dubbio che le esperienze più significative furono quelle che lo portarono a condividere la vita degli «ultimi», in particolare i dieci anni trascorsi in Canada presso l'Arche, la comunità fondata da Jean Vanier e dedicata alle persone con handicap. In un periodo in cui il mondo cattolico sembra attraversato da una forte ansia di rigenerazione e di rinnovamento, la parabola di Henri Nouwen può rappresentare per molti, se non per tutti, un'importante fonte di stimoli e suggestioni e un esigente termine di paragone.
Che cosa succederebbe se "Matrix" non fosse solamente un film, ma lo strumento migliore che la filosofia ha a disposizione per descrivere la realtà? È quello che ci racconta Donald Hoffman, utilizzando la filosofia, le teorie della percezione, il marketing, la teoria dei giochi e la selezione naturale. Mettendo insieme i contributi di queste discipline, il risultato - allo stesso tempo straordinariamente semplice e sorprendente - è proprio quello svelato dalla famosa pillola rossa del film: "ciò che percepiamo non è la realtà", ma - e qui interviene la selezione naturale di Darwin - ciò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere. Da quando Homo sapiens ha messo piede sulla terra, la selezione naturale ha favorito una percezione che ha avuto l'obiettivo di guidarci verso azioni utili, modellando i nostri sensi non per conoscere le cose come sono ma per poterci tenere in vita e riprodurci. I geni sono stati - e continuano a essere - dei timonieri scaltri ed egoisti. Vediamo una macchina passare a tutta velocità, e non attraversiamo la strada. Notiamo che sul pane sta crescendo la muffa e decidiamo di buttarlo via invece di mangiarlo. Ma nella realtà oggettiva non esistono né la macchina né la strada né la muffa né il pane. Non esistono nemmeno lo spazio e il tempo. Proprio come le icone sul desktop dei nostri computer sono dei simboli utili e non delle rappresentazioni veritiere di ciò che esiste davvero dentro alla macchina, anche gli oggetti che vediamo ogni giorno sono come delle semplici «icone», che ci consentono di muoverci nel mondo con sicurezza e facilità, ma non ci dicono nulla su cosa ci sia davvero là fuori. Oggi i nostri occhi ci salveranno la vita. Ma lo faranno mostrandoci la verità o nascondendocela? In "L'illusione della realtà" Donald Hoffman ci costringe a ripensare tutte le nostre certezze; a comprendere che i vantaggi adattativi sono molto più importanti per la nostra specie della verità; e soprattutto a riconoscere che ciò che chiamiamo realtà è soltanto la più sofisticata ed evoluta delle illusioni.
Fare storia oggi - soprattutto comprendere e raccontare il Novecento e questi primi vent'anni del nuovo millennio - non può prescindere dagli strumenti della memoria forniti dalla tecnologia. La digitalizzazione degli archivi e la rappresentazione della storia attraverso i media audiovisivi sono due realtà ormai consolidate, che contribuiscono a trasformare il racconto storico in termini, da un lato, di conservazione, circolazione e fruizione senza precedenti dei materiali e, dall'altro, di costruzione condivisa del passato e di coscienza collettiva del presente attraverso un nuovo patrimonio di conoscenze, inedite espressioni di socialità e strategie non solo culturali ma anche politiche ed economiche. Questo volume si interroga sulle conquiste e sulle evoluzioni del discorso storico alla prova dei nuovi strumenti di comunicazione e di conservazione, riunendo i contributi di storici, studiosi dei media e professionisti del settore. Ne nasce una ricognizione a tutto tondo sui cambiamenti del mestiere dello storico, chiamato a uscire dall'ambito puramente accademico per incontrare la memoria 'pubblica' dei protagonisti e del territorio; sul ruolo degli archivi come strumenti di storytelling e identità; sui nuovi musei 'partecipativi' di fronte alla sfida e alle possibilità del web; sulle modalità con cui i broadcasters audiovisivi legano la loro specificità al tema della storia. Questioni di grande risonanza attuale, che danno vita a un dibattito effervescente tra gli studiosi, ma insieme stimolano e incuriosiscono tutti noi, rendendoci consapevoli del nostro ruolo di fruitori e insieme co-narratori del racconto storico.
Il volume raccoglie saggi che pur toccando tematiche differenti hanno sostanzialmente un filo conduttore comune: la secolarizzazione, fenomeno ambiguo e dalle molte facce. Di esso vengono approfonditi alcuni aspetti relativi all'incidenza sul terreno giuridico, sia nella teoria del diritto che nel concreto dell'esperienza giuridica positiva. Il fenomeno è oggetto di indagine in primo luogo con riferimento agli ordinamenti secolari, onde coglierne l'impatto sui diritti umani, segnatamente il diritto di libertà religiosa ed il diritto al matrimonio, ma anche su princìpi fondamentali del vivere civile quali la solidarietà. Ma non viene trascurata l'insolita prospettiva dell'influenza della secolarizzazione sul quel diritto canonico che, avendo il suo fondamento nel diritto divino, per natura sua dovrebbe essere immune - ma non lo è - dal contagio secolaristico.
A come Amore, B come Baci, C come Confessione, D come Desiderio... Sono ventisei, tante quante sono le lettere dell'alfabeto, le storie contenute in questo libro, frutto di una rubrica settimanale di grande successo tenuta da Eshkol Nevo sulle pagine di Vanity Fair. Raccolte tutte insieme, costituiscono un'opera indispensabile per i lettori dell'autore della "Simmetria dei desideri" e di "Tre piani", un originale viaggio all'interno della costellazione dei desideri, dei sentimenti e degli impulsi da parte di uno scrittore capace di penetrare come pochi nelle pieghe più riposte dell'animo umano. C'è la F di Ferita, dove un piccolo incidente capitato in un supermercato può cambiare il significato di parole grosse come «razzismo» e «antirazzismo»; la G di Guerra, dove una Escape room diventa pretesto, per un ex-pilota, di rievocare il passato; c'è la I di Italo Calvino, in cui una passeggiata per le vie di Rondovia, una città progettata perché nessuno dei suoi abitanti si trovi a incontrare per strada un amore del passato, dà la sensazione di averla già conosciuta attraverso le pagine delle Città invisibili. Storie, dalla A alla Z, attraversate dalla «perturbante fragilità» e, insieme, dalle «ambizioni vanagloriose» (Alessandro Piperno) dei personaggi di Nevo al cospetto della forza dirompente dell'amore e del desiderio. Storie, accompagnate tutte dalle opere di Pax Paloscia - una delle maggiori protagoniste della street art contemporanea - che traducono felicemente in immagini il dizionario dei sentimenti di Eshkol Nevo.
L'essere umano è Homo Fictus, non fa altro che inventarsi in continui immaginari. Oggi l'immaginario è in precessione tecnica e per questo il progresso si è sostituito alla speranza. Esiste quindi un Dramma Tecnologico, in quanto la sostituzione della speranza con la celebrazione del progresso attua una continua dissipazione, mentre il progresso non si realizza mai, in quanto si rinnova incessantemente, dissipando quello che ha prodotto in precedenza.
All'alba del ventesimo secolo, lo Stato del Bengala è la culla del movimento indipendentista indiano contro la dominazione britannica. Nikhil, proprietario terriero dall'indole mite e spirituale convinto che il tumulto che sta agitando il paese possa essere risolto in modo pacifico, vede presto irrompere la tensione anche tra le mura del suo palazzo: quando la moglie Bimala esce dall'isolamento del gineceo per fare la conoscenza di Sandip, leader radicale pronto a utilizzare qualsiasi mezzo per ottenere l'indipendenza, la donna rimane inevitabilmente attratta dal suo carisma e dalle sue idee in merito al futuro del paese. Si delinea così un pericoloso triangolo, in cui i due uomini, che rappresentano due modi differenti di interpretare la causa indiana contro l'imperialismo, diventano rivali anche nel campo degli affetti. Intanto Bimala, che insieme alla coscienza politica vede risvegliarsi il suo anelito verso l'emancipazione femminile, dovrà cercare di risolvere quell'opposizione tra «la casa e il mondo», apparentemente inconciliabile. Con una prosa elegante e raffinata, il romanzo tratteggia un personaggio femminile forte, coinvolgente sia dal punto di vista emotivo che da quello simbolico.
Età di lettura: da 4 anni.
Un día no datado de mi juventud... creí descubrir que el relato de Pinocho contenía ciertamente un anuncio, pero no, como había pensado hasta ese momento, un ambiguo mensaje moralista y exhortativo: más que sugerir las reglas de comportamiento, el libro desvelaba la verdadera naturaleza del universo; no me decía por sí mismo y en modo directo qué debía hacer, sino que narraba sin incertidumbres la historia del mundo y del hombre; no pretendía aconsejarme; más bien se ofrecía empáticamente a ayudarme a comprender. Bajo el velamen de la fábula, aparecía una doctrina nítida y definida, que los humildes han conocido y amado desde siempre. Más allá del encaje de los eventos narrados, y en apariencia perfectamente gratuitos, entreveía la visión de las cosas más alta y más popular... que se haya ofrecido nunca a la mente del hombre. Pinocho trata sobre la ortodoxia católica: he aquí la hipótesis que me iba persuadiendo poco a poco y me devolvía una lectura pacificada y gratificante de esta obra extraordinaria.
Fabrice Hadjadj, conocidísimo filósofo católico, y su tocayo Fabrice Midal, pensador budista, nos regalan un libro que bien merece la pena. No porque nos vaya a dar la respuesta al interrogante que ha conturbado al hombre de todas las épocas, tampoco porque nos vaya a brindar el conocimiento necesario para deslumbrar a nuestros amigos. Más bien, porque es un indicio en el sentido estricto de la palabra. Hadjadj y Midal no responden, sino que apuntan; nos sugieren aquí dónde buscar la verdad o, mejor, dónde puede salir ella a nuestro encuentro: en la contemplación de un paisaje hermoso, en la recitación de un poema, en el abrazo de una madre o en una conversación en torno a la chimenea, por ejemplo. «Este es un libro que cumple su palabra. Para responder a la pregunta sobre la verdad no se queda en el «qué», que vale para iniciar el debate. No se habla tanto de la verdad como se la escucha y se avanza, mano a mano, hacia un Quién que devuelve su pregunta a cada uno» (Enrique García-Máiquez).
Profundizar y hacer reflexionar sobre el reconocimiento y protección
jurídica internacional de los derechos de la familia.
La primera parte, de carácter general, contiene una breve introducción a los derechos
humanos, su origen, fundamento y protección internacional. La segunda recoge el análisis de los
textos y documentos más recientes de la ONU que afectan a la familia. La tercera está dedicada a
los derechos fundamentales de la familia y su protección internacional en el ámbito de la ONU.
Son numerosas las preguntas a las que se podrá encontrar respuesta, como ¿Tiene derechos
la familia? ¿Cuáles son? ¿Cuál es el contenido y alcance de esos derechos? ¿Están reconocidos
adecuadamente en las Declaraciones y Tratados Internacionales? ¿A quién corresponde la
responsabilidad de protegerlos?
Se trata, en definitiva, de una obra original que busca definir los derechos humanos de la
familia y sugerir puntos de partida para mejorar su protección como elemento natural y
fundamental para la sociedad en la que vivimos.