Non è proprio lì, nelle case, che tutto ha avuto inizio? Non sono state forse le chiese "domestiche" - nelle famiglie di allora, appunto - l'origine della crescita del cristianesimo nei primi tre secoli? Non sono state il vettore di una fede che si è diffusa senza rimanere confinata in poche comunità isolate? Basandosi sui loro stili di vita e di azione, oggi meglio compresi alla luce dell'evoluzione generale della storia antica, Marie-Françoise Baslez getta uno sguardo assai concreto sulla condizione dei cristiani di quel periodo. I primi credenti in Cristo vivono l'annuncio della fede in un ambiente ostile o indifferente. Né nascosti né confinati, sollevano questioni che a volte sono anche le nostre: l'emergere dell'individuo, il ruolo della donna, la condizione degli immigrati o il posto degli schiavi, l'organizzazione multipolare, il modo sinodale di prendere decisioni, il significato della missione... Lungi da idee preconcette o da inevitabili anacronismi, la storica francese dischiude con forza le dinamiche di cristianizzazione che, in atto all'epoca, hanno permesso alla "chiesa nelle case" di aprirsi alla dimensione universale. Un saggio affascinante: Marie-Françoise Baslez attinge alle conoscenze storiche accumulate nel corso di una vita per far scoprire al lettore come e perché, fin dai tempi più remoti, le prime comunità cristiane si riunivano «nelle case», cellule di base della vita comunitaria.
La domanda di oggi non è più: l'uomo ha bisogno della religione? La domanda urgente suona invece: il credente, il cristiano, ha bisogno di una Chiesa? Non sarebbe forse preferibile un cristianesimo libero, senza istituzioni, per la diffusione del Vangelo? Il clero e le chiese non oscurano forse il messaggio di Cristo più che annunciarlo? Cosa perderemmo se non appartenessimo più a una Chiesa? Più ancora: quali sono stati i motivi originari del sorgere di una Chiesa come istituzione organizzata e quale senso dovrebbe avere essa oggi, nell'epoca della secolarizzazione? È possibile mettere in discussione il potere, il dominio e la divisione delle funzioni dentro la Chiesa? Con il suo nuovo lavoro il sociologo e filosofo Hans Joas - uno dei più grandi pensatori delle questioni al crocevia fra Chiesa, cristianesimo e società - si dedica a queste e altre domande brucianti, presentando le sue acute riflessioni. «Sullo sfondo di questo lavoro c'è un mio progetto a lungo termine: quello di trovare un'alternativa alla teoria della secolarizzazione. L'alternativa che propongo consiste in una storia globale dell'universalismo morale, cioè nella comprensione delle diverse fonti religiose e filosofiche di un éthos che si rivolge a tutta l'umanità».
Che cosa dice veramente il racconto su Adamo, Eva, il serpente e il frutto proibito? Per secoli è stato una pietra angolare per la dottrina cristiana del "peccato originale". Negli ultimi anni molti studiosi hanno però contestato questa interpretazione abituale, perché in Genesi 3 non si parla di peccato, trasgressione, disobbedienza o punizione, ma si delineano i tratti della condizione umana - nel bene e nel male. Eppure il quadro è troppo complesso e strutturato per essere liquidato in maniera così semplice. Smith analizza magistralmente sia il racconto biblico che la storia della sua ricezione; esamina il controverso concetto di "caduta", presente nella tradizione ebraica e sviluppato nei primi secoli dal cristianesimo; dimostra che il racconto del "paradiso terrestre" costituisce un'esplorazione del desiderio e della bontà, del peccato e del male negli esseri umani, posti in relazione a Dio. Sicché lo specialista americano stimola a comprendere il concetto di peccato originale a partire dalla Bibbia, andando oltre le interpretazioni tradizionali o quelle moderne. E da una lettura attenta e ben informata deduce che è meglio parlare di "ricaduta", piuttosto che di "caduta". «Questo libro suscita più domande di quanto non dia risposte; e non potrebbe essere altrimenti. Ma a coloro che sono interessati a ulteriori esplorazioni, esso offre anche una enorme ricchezza di risorse» (Christopher B. Hays). Un'analisi esegetica stimolante, proposta con una scrittura fluida e incisiva.
Un commento delle messe feriali per il Tempo ordinario, Anno pari, settimana 12-22.
Con una esposizione chiara e sobria, Arnold Angenendt descrive la storia della tolleranza nel cristianesimo, dagli inizi fino ai giorni nostri, inclusi la dichiarazione dei diritti dell'uomo e il riconoscimento della libertà religiosa. Il libro, come lascia intendere il titolo tratto da Matteo 13, si incentra sulla parabola del grano e della zizzania. L'esortazione conclusiva di Gesù: «Lasciate che l'uno e l'altra crescano insieme fino alla mietitura» assegna soltanto a Dio il compito di giudicare gli eretici e i ribelli, alla fine dei giorni. È un giudizio che non spetta all'uomo. Ebbene, per Angenendt, questo comando biblico che ha ispirato nei secoli lo sviluppo storico del concetto di tolleranza religiosa è il contributo più significativo datovi dal cristianesimo. Quella della tolleranza nel cristianesimo, tuttavia, non è la storia solo di un progresso: la vicenda, più complessa di così, non manca di riscontri in senso radicalmente opposto. Papa Gregorio IX e Tommaso d'Aquino, per dire, approvano l'uccisione degli eretici «per il bene spirituale comune», seguiti a ruota da riformatori come Lutero, Zwingli e Calvino... Ecco l'interpretazione di una parabola evangelica lungo la storia della chiesa e del mondo occidentale, fra luci e ombre. Angenendt è geniale nel rendere la storia del cristianesimo e del pensiero teologico stimolanti per il presente.
I posti lasciati vuoti dai giovani nelle nostre chiese sono sempre più numerosi e suscitano preoccupazioni in quanti hanno a cuore il futuro del cristianesimo. Finora nelle nuove generazioni le parrocchie avevano sempre trovato la freschezza di coscienze che si aprono al vangelo e la vivacità di una dedizione appassionata e creativa alle iniziative pastorali. E ora che ne sarà delle nostre comunità cristiane? Se il ricambio generazionale viene meno, l'esperienza religiosa è destinata a finire? Il libro parte da questi interrogativi per avviare una esplorazione dell'universo umano, spirituale e religioso dei giovani. E ipotizza che in essi vi sia non il rifiuto della religione e delle sue forme, ma piuttosto la ricerca di strutture nuove del credere, il dialogo con i caratteri di un'inedita esperienza umana ed esistenziale. Si profila una metamorfosi del credere che potrebbe essere in grado di interpretare i caratteri di questo tempo. Nei tratti della sensibilità giovanile potrebbero nascondersi i germogli di una novità promettente, in grado di immettere nella vita delle comunità cristiane una spinta verso il loro rinnovamento evangelico.
Un commento delle messe feriali per il Tempo ordinario, Anno dispari, Settimana 12-22.
Un commento delle messe feriali per il Tempo ordinario, Anno dispari, Settimana 1-11.
La Lettera di Giacomo, ancora troppo poco conosciuta, è incentrata su un monito vigoroso: se la tua fede si sottrae al compito di salvare questo mondo, si dimostra una fede vuota, disattivata, morta. Collin ci fornisce qui un commentario particolarmente personale e incisivo a quella breve epistola del Nuovo Testamento dal tono vivace e impegnato. L'apprezzato teologo domenicano mostra come, per Giacomo, la fede sia una sorta di leva "fuori dal mondo" che, come il punto d'appoggio chiesto da Archimede, è capace di sollevare il mondo e di smuovere la sua pretesa autosufficienza. Questa è l'attualità stupefacente della Lettera di Giacomo: ci ricorda l'urgenza di destinare la fede a questo mondo - che pure ha dei tratti intollerabili - ma al fine di viverci come in un mondo a venire. Un mondo che ha senso soltanto quando rende l'essere umano sovranamente libero e lo mette al riparo da qualsiasi alienazione.
Nessuna chiesa può permettersi di investire le proprie energie nello sforzo di rimarcare una differenza rispetto alle altre chiese. L'impegno dev'essere teso, piuttosto, a proclamare insieme la parola di Dio, in una società in cui Dio ci è diventato in gran parte estraneo. Ecco perché il cardinal Koch rivisita le principali questioni oggetto di controversia tra le chiese separate, in una duplice prospettiva: da un lato, esamina i risultati positivi che sono già stati conseguiti nel dialogo ecumenico; dall'altro, si concentra su ciò che è di stimolo verso una maggiore unità, per una confessione comune di Cristo. L'atteggiamento che ispira questa proposta è quello di imparare dagli errori del passato e di apprendere gli uni dagli altri, in una fiducia reciproca. Il rinnovamento non è infatti solo un assillo delle chiese evangeliche, così come l'unità non è solo una prerogativa della chiesa cattolica. Tutti possono e devono riscoprire che lo scambio di doni è la linfa vitale del vero ecumenismo.
Vivere da religiosi oggi: il libro offre lineamenti essenziali di una esistenza cristiana vissuta in modo radicale.
Catherine Aubin esplora le malattie dell'anima che diffondono confusione nel corpo e nella mente. Ci accompagna anzitutto a prenderne coscienza, a individuarle con precisione, a dare loro un nome: arroganza e orgoglio, avidità, ingordigia, collera, lussuria, tristezza e scoraggiamento, invidia, accidia e disgusto di sé. Sono alterazioni che disorientano lo slancio interiore della persona o addirittura ne imprigionano il soffio, il dinamismo. Sono erbacce che impediscono ai semi buoni di spuntare che soffocano la crescita. Come estirparle? Questo libro propone di distinguere i sintomi di queste malattie spirituali per tentare di uscire dell'accecamento e divenire quindi uomini e donne che amano, persone radicate nella carità. Riferendosi sempre alla grande tradizione della Chiesa, ma mettendo in campo un approccio rinnovato, Aubin ci invita a discernere più distintamente i moti dello Spirito nel nostro quotidiano. Così da rimetterci in cammino, con gioia: per avanzare verso noi stessi e verso il Signore presente in noi.