«Leggendo questi testi di Paolo VI, sempre così intensi e accurati, mi sono confermato nella persuasione che i preti abbiano bisogno d'altro, rispetto a quello che si raccomanda o si pretende. I preti hanno bisogno di stima. Esprimono il meglio di sé non quando sono tesi e guardinghi per difendersi dalle critiche, ma, come tutti gli umani, quando avvertono intorno a sé l'atteggiamento benevolo che apprezza la loro presenza, che riconosce l'essenziale della loro missione. Le parole di Paolo VI si possono forse anche riassumere così: una lunga, convinta, commovente attestazione di stima per i preti a cui si rivolge.» (Dalla Prefazione)
"Cinque anni fa, nel 2010, fui colpito dall'impegno con il quale le autorità ecclesiastiche cattoliche avevano organizzato pellegrinaggi di massa a Torino per mostrare la Sindone. Mi ero accorto ben presto dell'imponente propaganda e organizzazione capillare per questo evento. Nella buca delle lettere, infatti, avevo trovato un invito (rivolto a tutti gli abitanti del quartiere) a un pellegrinaggio organizzato da una parrocchia cattolica del centro storico di Bologna in cui vivo..."
Un antico maestro della Misbnà, Ben Bag Bag, diceva: «Volgila e rivolgila, tutto vi è in essa [nella Torà]» (Avot 5,22). Tutto è nella Torà, ma bisogna voltarla e rivoltarla: Dio ha parlato, ma l'uomo deve metterci il commento. Intorno a questi due pilastri dell'ebraismo si «aggirano» le pagine che seguono: si aggirano perché non hanno una meta, un punto di arrivo, ma vogliono solo essere momenti di una frequentazione infinita (una ruminati°, direbbero i Padri) della Torà scritta e orale. Ci sono tanti modi di introdurre al giudaismo: infatti il giudaismo è plurale, e questa pluralità - nelle idee, nei tempi, nei luoghi, nelle identità - è la sua forza. Perciò molte sono le porte per entrarvi e viverci, o anche solo per conoscerlo. Una porta è quella che anche il Nuovo Testamento indica nel farsi carne, cioè realtà variamente terrena e sensibile, della parola (per Israele la Torà, per i cristiani Gesù). Fuori di questa concreta «vocalità» divina - se così si può dire -, di Dio non sapremmo mai nulla, se non, appunto, chiamarlo Ain, «Nulla», o Mi?, «Chi?», secondo i maestri della qabbalà. Ma Ain è divenuto Anì, «Io», e perciò abbiamo un Tu e non siamo più soli.
Nell'epoca di una grandiosa metamorfosi della condizione umana, la persona sembra ridiventata problema a se stessa. Il testo assume questo compito urgente e tenta di porre nuovamente la domanda sul senso dell'essere persona. Un'ontologia fenomenologica che permette di tracciare le linee di una vita interiore per l'educazione e la pedagogia contemporanea e sulla quale s'innesta una lettura ulteriore, più radicale dell'esperienza, il cui principio è espresso dall'affermazione la persona è paradigma dell'essere: la persona è tensione a diventare sestese, ad essere in prima persona o come spirito, consapevole di sé e libero; é la forma più intensa dell'essere, il suo significato primo.
Per secoli epidemie di diversa natura hanno falciato l'umanità. Sin dall'esodo del popolo ebraico guidato da Mosè, si è adottato un semplice schema interpretativo: la "pestilenza" - di volta in volta identificato con la peste, la lebbra, il collera, etc. - è una punizione divina per i peccati degli uomini, che devono pentirsi ed espiare le proprie colpe con appositi riti. Pontefici e cardinali hanno guidato processioni, penitenti laici e religiosi dei diversi Ordini si sono sacrificati per assistere malati e moribondi, senza peraltro impedire che ci si scagliasse contro il capro espiatorio del momento, come gli ebrei nel medioevo e gli untori nell'età moderna. Papi e santi sono stati invocati per arginare il fenomeno. La pandemia del coronavi ha richiamato in auge rituali tradizionali e antiche spiegazioni, mettendo però in discussione la praticabilità dei primi e il senso delle seconde. Come mostrano le parole e i gesti di papa Francesco.
Roberto Rusconi, già professore di Storia del cristianesimo e delle Chiese all'Università Roma Tre, è tra i fondatori della "Rivista di storia del cristianesimo". Tra le ultime pubblicazioni per Morcelliana: Storia del cristianesimo e delle Chiese. Dalle origini ai giorni nostri (2019).
Capire il modo in cui le differenti tradizioni religiose, con le loro credenze e pratiche millenarie, hanno da sempre affrontato il problema delle malattie individuali e sociali può essere d'aiuto anche oggi, per il credente come per il non credente, per costruire un habitus mentale e morale nuovo con cui affrontare la crisi che stiamo attraversando e muoverci in un paesaggio che non sarà più quello di prima. Un libro che è anche un'introduzione al significato salvifico delle religioni antiche e contemporanee, nei vari continenti. Un significato, quanto mai plurale a seconda delle forme cultuali, che investe l'anima, il corpo e le loro relazioni.
«Proprio perché le grandi risposte non sono alla portata della nostra mente, l’uomo rimane un essere religioso, nonostante tutti i processi di demitizzazione, di secolarizzazione, tutte le affermazioni della morte di Dio che caratterizzano l’età moderna e ancor più quella contemporanea».
Norberto Bobbio
Intrecciando il pensiero di filosofi moderni e contemporanei – oltre a Bobbio, Pascal, Kierkegaard, Weber, Scheler, Florenskij, Wittgenstein, Pareyson… –, il testo si struttura attorno alla “grande domanda”, sul senso ultimo della vita di ogni essere umano
e dell’intero universo, che la filosofia pone senza essere in grado di dare risposte. È lo spazio del credere.
DARIO ANTISERI, già docente all’Università di Padova e alla LUISS di Roma, è tra i filosofi italiani più conosciuti e più tradotti all’estero. Nel catalogo Scholé ricordiamo: Come si ragiona in filosofia (2011); Dalla parte degli insegnanti (2013); Epistemologia ed ermeneutica. Il metodo della scienza dopo Popper e Gadamer (2017); L’anima greca e cristiana dell’Europa (2018). Con G. Reale: Il pensiero occidentale, in tre volumi (2013, tradotto in più lingue), e Cento anni di filosofia, in due tomi (2015).
«[...] accostandoci al Cantico dei cantici, oggi abbiamo veramente da riflettere, da interrogarci, da pensare: non si può leggere questo testo come si leggerebbe una qualsiasi altra poesia d’amore. Il Cantico dei cantici è un libro che Dio ci fa leggere senza un immediato scopo didattico, ma perché “ci servirà”! Tale affermazione vale per il credente, ebreo o cristiano, e anche per il non credente che, ascoltandolo, potrà apprendere il punto di vista del credente. Ciò significa che qualunque interpretazione finalizzata del Cantico dei cantici va accolta con estrema cautela, e vorrei dirlo con un’immagine ripresa dalla Lettera agli Ebrei: “La parola di Dio è una spada a doppio taglio” (4,12), perciò, se non la si legge con cautela, finisce per infilzare il lettore, anziché il destinatario».
Traduzione dall’ebraico con testo a fronte e commenti.
PAOLO DE BENEDETTI (1927-2016), biblista e teologo, ha insegnato presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e negli Istituti Superiori di Scienze religiose di Trento e Urbino. Le sue opere sono pubblicate dall’Editrice Morcelliana.
Una panoramica critica e aggiornata dell'odierna condizione infantile, analizzata in tutte le sue connessioni e snodi decisivi (scuola ed extrascuola, famiglia e territorio, tecnologia ed etica). In costante dialogo con i pensatori di riferimento della pedagogia del Novecento, l'autore presenta a pedagogisti, studenti universitari e famiglie la possibilità, oggi, di fondare una solida e orientante cultura dell'infanzia. La scelta di affiancare agli strumenti interpretativi propri delle Scienze dell'educazione quelli antropologici, sociologici e psicologici - fino alle ricerche delle scienze biologiche - consente di rintracciare nel testo una pluralità di punti di vista indispensabile per cogliere la complessità degli ecosistemi formativi e gettare luce su "scelte, decisioni, modelli di sostenibilità che non possono che prospettarsi in termini di responsabilità, cura, amore pensoso di una generazione per quelle che la seguiranno".
Dal 1933 al 1945 Hitler si presenta come l’autentico «portatore di salvezza». A due anni dal suo avvento al potere Romano Guardini decide di reagire a questa commistione di religione e politica affrontando il tema del salvatore in chiave esclusivamente religiosa. Dopo la fine della guerra esce una seconda versione del testo – riportata anch’essa in questa edizione – corredata da una parte sul regime nazista e sull’Europa.
La religione politica del nazionalsocialismo si è rivelata come il più minaccioso tentativo di negazione del cristianesimo, il quale per Guardini significa liberazione dell’uomo dalle catene del potere e della natura perché gli offre una possibilità personale di salvezza. La negazione del cristianesimo si accompagna a quella delle sue grandi creazioni: l’umanesimo e la civiltà europea. L’ispirazione cristiana deve allora tornare a fornire la propria linfa all’Europa per proteggerla dai miti dei falsi salvatori. Il fatto che oggi siano tornati in auge rende questo scritto guardiniano ancora attuale: un classico del dibattito teologico-politico.
ROMANO GUARDINI (1885-1968) è stato uno dei protagonisti della storia culturale europea del sec. XX. Presso la Morcelliana è in corso di stampa l’Opera Omnia.
Il saggio ripercorre in un'ottica pedagogica, attraverso un articolato itinerario critico e informativo, l'evoluzione del libro per ragazzi e della relativa critica dalla rinascita democratica della nazione ad oggi, delineando al suo interno generi, autori e opere più rappresentative, nonché caratteri, tendenze e orientamenti della scrittura e dell'editoria per l'età evolutiva, dalla relativa stagnazione dell'immediato dopoguerra all'esplodere del genio rodariano, dalla contestazione sessantottesca alla seconda "rivoluzione" degli anni Ottanta e Novanta, sino alla più misurata scrittura del nuovo millennio. Riservando in questa ampia disamina particolare attenzione agli scrittori "di svolta", che hanno tracciato percorsi innovativi, e parallelamente dando conto dei passaggi di egemonia da un indirizzo all'altro di scrittura e delle confliggenti contrapposizioni critiche. Nell'insieme, un'accurata ricostruzione diacronica che nel dilatare lo sguardo alla stampa periodica, al fumetto e ai manuali scolastici, offre un'ampia panoramica degli sviluppi della letteratura per l'infanzia e l'adolescenza (e della relativa illustrazione) nell'ultimo settantacinquennio, segnalandosi come prezioso strumento di informazione e di orientamento per quanti intendono inoltrarsi non superficialmente, in una dimensione storica ma anche critica e problematica, nel fascinoso mondo del libro per ragazzi, in una non frequente prospettiva pedagogica.