Le due vicende giudiziarie che vengono qui di seguito presentate e discusse hanno animato e diviso l'opinione pubblica del nostro Paese, occupando per lunghi mesi le pagine dei giornali e dei programmi televisivi. Si tratta dei "casi" di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro. Il primo affetto da una malattia neurologica degenerativa, la seconda sopravvissuta, grazie ai mezzi tecnici di cui oggi la medicina dispone, ad una terribile incidente stradale ma con un gravissimo deficit neurologico che la riduceva a vivere in "stato vegetativo". Welby era perfettamente cosciente del suo stato, Englaro, a quanto ci è dato sapere, no. Il primo caso tutto concentrato nel giro di pochi mesi, il secondo che si prolunga per anni. Due casi, dunque, molto diversi, accomunati forse dall'essere entrambi murati vivi nel loro corpo. Tanto dal punto di vista morale quanto da quello giuridico si confrontano, in essi, due diverse concezioni della vita. Sotto il profilo giuridico tutto ciò investe il problema del diritto alla vita e del diritto di morire. Ma vi è, sotto il profilo giuridico, anche un altro modo per considerare queste vicende, e cioè quello del diritto positivo, che consiste nell'analizzare come i due casi sono stati affrontati dai giudici che sono stati chiamati a decidere sulla base delle leggi esistenti, nel primo caso, su una richiesta di so-spensione di un trattamento non più voluto, fatta dall'interessato, nel secondo su una richiesta di sospensione di un trattamento fatta dal tutore dell'interdetta.
Anni '80, un paesino di montagna. Con i pochi mezzi a disposizione in quell'epoca, così lontana e perduta, un gruppo di giovani trascorre le vacanze tra scherzi, spensieratezza, allegria, in quel momento di passaggio tra adolescenza ed età adulta, quando l'ingenuità comincia a trasformarsi in maturità.
La storia di Paolo un ragazzo liberato dalle catene della droga.
In una società che non lascia spazio a nessun cedimento parlare di dolore è molto difficile. Mentre di fronte alla malattia non si esita a rivolgersi al medico, di fronte al dolore cronico la tendenza è quella di arrendersi intervenendo solo per risolvere le fasi acute. Oggi si sono aperti nuovi orizzonti e accese incoraggianti speranze per chi soffre, a patto di scendere in campo con una strategia di cura vincente e mirata. Come una sorta di "filo di Arianna", il testo guida alla conoscenza delle più comuni patologie che sono causa di dolore cronico, indaga i meccanismi che lo alimentano e raccoglie gli indizi che lascia, per renderlo inoffensivo con strategie di cura adeguate che rispettino l'individualità di ciascun paziente. Il successo della cura consente di riconquistare una buona qualità di vita e di allontanare le insidie della cronicità. Lasciarsi alle spalle la sofferenza è oggi un diritto di tutti, ma è necessario creare una nuova consapevolezza rispetto alla possibilità di intraprendere opportuni progetti di cura per garantire la guarigione.