
Dopo Augusto non c'è stato imperatore romano che abbia regnato più a lungo di Costantino il Grande (306-337 d.C.) o che abbia fatto scelte di maggiore portata rivoluzionaria. Arnaldo Marcone traccia il ritratto a tutto tondo di un imperatore della cui azione forse non si sono ancora colti a pieno tutti gli aspetti di novità: fu Costantino infatti a dare all'impero una nuova religione, una nuova capitale, una nuova organizzazione dell'esercito. Non in tutti i campi gli arrise il successo; in particolare, disastroso fu il fallimento del suo disegno di fondare una dinastia personale con i suoi figli, né duratura si rivelò l'organizzazione da lui disegnata per il potere imperiale.
Dalla sua invenzione a caratteri mobili alla metà del Quattrocento, la stampa rimase complessivamente libera solo per alcuni decenni. Presto la rapidissima diffusione della Riforma protestante spinse le autorità ecclesiastiche a sperimentare forme stabili di controllo. La censura cattolica in pieno Cinquecento ebbe pesanti conseguenze sulla cultura, soprattutto italiana, in particolare sullo sviluppo del pensiero scientifico, sulla letteratura e sulla diffusione della lettura in volgare. Nel Seicento furono i vari Stati assoluti a intensificare la loro azione, mentre la maggiore laicizzazione della società suscitò importanti trasformazioni. Il pubblico dei lettori fu sempre meno disposto a seguire le prescrizioni grazie anche a un fervido mercato clandestino e mise sempre più a dura prova la capacità di proibire, sino a quando, negli ultimi decenni del Settecento, la libertà di opinione e di espressione divenne uno dei principi cardine della civiltà contemporanea.
Nutrirsi è un'esperienza universale, ma non mangiamo le stesse cose, nello stesso modo, negli stessi luoghi. Osservando attentamente un pasto, potremmo spiegare tutto, o quasi, di una certa popolazione. Questo libro nasce così, per raccontare la storia e le geografie degli italiani partendo dal modo in cui mangiano, dalle usanze dei nobili nella seconda metà dell'Ottocento fino alle ipotesi sui decenni a venire. È realizzato intorno ad alcuni pranzi realmente avvenuti, ricostruiti attraverso fonti storiche di varia natura; usa la storia, ma anche la letteratura, l'arte, i media e le testimonianze orali per spiegare cosa c'è dietro (e dentro) quei piatti.
"Le Crociate: e cioè l'avventura di quei cristiani che hanno accettato l'appello del papa, sentendone il fascino, e si sono messi in gioco, facendo cose che oggi ci sembrano assai discutibili e che invece a loro sembravano sacrosante. Il fatto è che i musulmani non sono rimasti inerti quando un'orda di barbari sanguinari venuti da chissà dove, per di più miscredenti, è entrata in terra islamica seminando distruzione." Le Crociate, raccontate in modo diretto e brillante da Barbero, sono tremende esplosioni di violenza, forma sui generis di pellegrinaggio, valvola di sfogo per un'Europa sovraffollata; ma sono anche il momento in cui due mondi rivali, che non sanno di avere profonde radici comuni, si incontrano e si descrivono a vicenda.
"Scaviamo all'interno dell'Europa. Da ogni periodo della storia noi europei moderni abbiamo ricevuto qualcosa in eredità. Trasformiamoci in archeologi dell'Europa, scavando prima il sottosuolo e poi tra i libri, le iscrizioni, gli archivi, i musei e, sulla superficie, andiamo alla ricerca dei monumenti, delle abitazioni, degli oggetti che testimoniano tecniche e stili di epoche differenti." Jacques Le Goff ripercorre tappa dopo tappa l'eccitante sfida dell'Europa, il più piccolo dei continenti, che ha conquistato mezzo mondo, ha innescato la miccia di tante rivoluzioni, ha trasformato il pianeta. Età di lettura: da 11 anni.
Oggi pensiamo alle spezie come graziosi complementi delle nostre tavole. Eppure per lungo tempo – decine di secoli – le spezie hanno mosso l’economia del mondo (di tutti i mondi, antico, medioevale, moderno) e, in conseguenza di ciò, hanno determinato gran parte della sua storia. Il prodotto più trasportato di questi che oggi chiameremmo “a elevato valore aggiunto” è stato, ad esempio, il pepe, una sostanza che non serve ad alcuna funzione, come d’altronde tutte le altre spezie che il carico di pepe accompagnavano. Ma perché l’uomo desidera tanto – anzi, sopra ogni cosa – prodotti totalmente inutili? Perché in realtà essi assolvono a una funzione ancora più importante di quelli utili: se quelli utili servono a mantenerlo in vita – più o meno comodamente –, questi servono invece a rappresentarlo, a proiettare nel mondo una certa immagine di sé, un’immagine evidentemente altamente desiderabile. E siccome la rappresentazione, la costruzione della propria immagine, è stata ed è per l’uomo più importante di qualunque valore funzionale, la corsa alle spezie ha dato vita alla più lucrosa attività economica della storia umana passata. E questa a sua volta ha determinato – come del resto fa ancora oggi – gran parte della politica e della storia degli stati. Il libro narra questa storia e la storia del veicolo primario delle spezie: l’arte culinaria.
Oggi quasi tutti gli Stati, i partiti, i movimenti politici si dichiarano democratici. Abraham Lincoln definì la democrazia "il governo del popolo, dal popolo, per il popolo". Nelle democrazie del nostro tempo le cose stanno proprio così? Sembra ormai che il popolo faccia da comparsa in una democrazia recitativa: entra in scena solo al momento del voto. Poi, nella realtà, prevalgono le oligarchie di governo e di partito, la corruzione nella classe politica, la demagogia dei capi, l'apatia dei cittadini, la manipolazione dell'opinione pubblica, la degradazione della cultura politica ad annunci pubblicitari. E se nelle democrazie attuali questi fossero tratti non contingenti ma congeniti?
"Né tesi né sintesi, questo libro è il punto d'arrivo di una lunga ricerca : una riflessione sulla storia, sui periodi della storia occidentale, nel corso della quale il Medioevo mi ha accompagnato fin dal 1950. Si tratta quindi di un'opera che porto dentro di me da molto tempo, alimentata da idee che mi stanno a cuore. Scritto in un momento in cui gli effetti quotidiani della globalizzazione stanno diventando sempre più tangibili, questo libro è una cavalcata nel tempo che torna a riflettere sulle diverse maniere di concepire le periodizzazioni storiche: le continuità, le rotture, i modi di pensare la memoria della storia."
Nella bassa Mesopotamia del IV millennio a.C. si compie il salto dalla 'barbarie' neolitica alla civiltà storica, ossia alla complessità organizzativa dello Stato, della vita urbana, dell'amministrazione e della scrittura. A quali esigenze rispondeva la nuova organizzazione politica ed economica? Chi furono gli autori (coscienti o meno) dei mutamenti in corso? Perché il processo fu cosi precoce nella bassa Mesopotamia? Quale fu il peso dei fattori ecologici, tecnologici, demografici, socioeconomici, politici e ideologici? Quale fu il 'successo' dell'esperimento di Uruk e quali modificazioni subì nel tempo?
Alla fine dei "Promessi sposi", Alessandro Manzoni tira le somme del racconto appena concluso e presenta 'il sugo della storia'. Che non è il suo svolgimento, né il 'come va a finire', e neppure la morale. Il sugo è il meccanismo generatore, il motore che muove l'azione dall'interno. È un'ennesima metafora gastronomica, giacché agli uomini viene spontaneo da sempre rappresentare il mondo come una cucina, una pentola, un cibo. Nel caso del sugo, la metafora funziona perché anche in cucina - come nelle storie - è il sugo a dare senso e personalità ai piatti. Salse, sughi, condimenti si aggiungono e si combinano all'ingrediente principale ma non sono accessori secondari: hanno un'importanza decisiva nel definire lo specifico carattere della vivanda, e con esso gusti, abitudini, identità gastronomiche e culturali. In queste storie, che hanno al centro il cibo, Massimo Montanari racconta gesti, atteggiamenti, mode, pratiche, riflessioni, vicende che spaziano nei secoli e tra i continenti, e da cui spremere il sugo per il piacere di tutti noi.
Dal Trattato di Versailles al Piano Marshall, la gestione del debito ha rappresentato da sempre uno dei motori fondamentali della politica europea. Sergio Romano, osservatore d’eccezione, ce ne mostra tutta la complessità nell’ultimo secolo e mezzo, evidenziando le interdipendenze tra i Paesi, l’importanza della fiducia reciproca per avviare la ripresa e che cosa abbiamo da imparare dalla nostra storia recente per costruire un futuro migliore. Col Trattato di Versailles, al termine della Grande guerra, la Germania è condannata a pagare in trent’anni 132 miliardi di marchi d’oro. Le conseguenze della miopia dei vincitori emergono presto: una Germania frustrata e indignata diventa il vivaio ideale per la nascita del nazismo. Dopo la Seconda guerra mondiale tutto cambia: il Piano Marshall finanzia la ricostruzione europea e, più tardi, nella conferenza di Londra del ’53, i Paesi creditori decidono di cancellare metà del debito tedesco. Ma non esistono solo i debiti di guerra, ci sono anche quelli contratti in tempo di pace. L’Europa degli anni più recenti ha affrontato la questione senza riuscire a dimostrare unità. Il caso del debito greco esplode nel 2009, seguito da una crisi di rapporti greco-tedeschi: la Grecia accusa la Germania di non aver onorato i debiti contratti con la guerra, mentre i tedeschi accusano la Grecia di aver truccato i conti. L’Unione vacilla sotto il peso della crisi. Oggi, per capire le polarizzazioni e i contrasti sulle politiche dell’austerità è fondamentale isolare gli snodi storici che hanno definito i rapporti tra creditori e debitori in Europa. È quello che fa Sergio Romano attraverso gli ultimi centocinquant’anni, sottolineando come la fiducia reciproca tra i popoli abbia svolto una funzione fondamentale per superare i momenti di difficoltà e avviare la ripresa.
"Ma davvero abbiamo la memoria tanto corta? Davvero abbiamo dimenticato che fin dagli anni Settanta sono stati gli statunitensi che in Afghanistan, in funzione antisovietica, si sono serviti dei guerrieri-missionari fondamentalisti provenienti dall'Arabia Saudita e dallo Yemen? Davvero ignoriamo che la malapianta del fondamentalismo l'abbiamo innaffiata e coltivata per anni noi occidentali? Sul serio non sappiamo nulla del fatto che ancor oggi il jihadismo - quello di al-Qaeda e quello, rivale e concorrente, dell'Islamic State (IS) del Califfo al-Baghdadi - è sostenuto, e neppure in modo troppo nascosto, da alcuni emirati della penisola arabica che pur sono tra i nostri più sicuri alleati nonché - e soprattutto - partner finanziari e commerciali?". Franco Cardini, con gli strumenti di uno storico di razza, racconta le varie fasi dell'attacco musulmano all'Occidente con una personale chiave interpretativa. Dietro lo scontro di civiltà, usato strumentalmente da minoranze sparute, si nascondono interessi precisi. Al servizio di questo mito cooperano più o meno consapevolmente una diplomazia internazionale traballante e voltagabbana e un universo mediatico allarmista e ricercatore di consensi legittimanti. Con un aggiornamento bibliografico.