
L'intera storia dell'umanità è in certo senso storia di migrazioni. Sin dall'antichità classica e medievale, infatti, interi popoli prima, singoli individui poi, hanno lasciato i propri luoghi di nascita alla ricerca talvolta pacifica, talaltra violenta - di nuove terre, di nuove risorse e di nuove opportunità. Un fenomeno, dunque, di lungo periodo quello delle migrazioni, destinato a subire un'accelerazione nell'Ottocento sotto la spinta della congiuntura socioeconomica e dello sviluppo dei mezzi di trasporto. Ed è proprio dalla fine delle guerre napoleoniche, sebbene non manchino cenni sulle epoche precedenti, che prende le mosse questo libro per ripercorrere Le vicende del fenomeno giungendo fino ai nostri giorni.
La papirologia ha per oggetto la decifrazione e lo studio dei testi greci e latini conservati su papiro, legno e altro materiale. Tra le discipline che studiano il mondo classico, essa ha l'indubbio fascino di risultare sempre aperta alle novità e di essere in continua evoluzione, grazie soprattutto alle ricerche archeologiche svolte in Egitto. Il volume presenta gli aspetti fondamentali della disciplina, spaziando dalla pianta di papiro e la fabbricazione della relativa carta ai principali contenuti dei testi papiracei, al loro contributo alla storia dell'Egitto greco-romano e delle letterature classiche, fino ai più importanti strumenti di lavoro del papirologo, compresi quelli offerti dall'informatica.
Il libro ricostruisce le pratiche educative attuate dal nazionalsocialismo (1933-1945) nella scuola, indagando in particolare metodi e contenuti dell'insegnamento della lingua e della letteratura tedesca. Attraverso una dettagliata analisi delle fonti primarie, si evidenzia la centralità che nella Germania del tempo fu attribuita alla lingua e all'educazione linguistica nel quadro dell'organizzazione politico-culturale del Terzo Reich. Il volume, che muove dal caso del nazionalsocialismo e dai delicati interrogativi storico-politici da esso posti, focalizza l'attenzione sul concetto di educazione e sulla struttura delle istituzioni educative, sui programmi per la scuola e i relativi orientamenti didattici e sul materiale utilizzato, sollevando il problema della centralità del nesso scuola-linguaggio nelle società novecentesche.
La vera storia delle nazioni che hanno popolato l’Europa nell’Alto Medioevo non comincia nel secolo VI, bensì nel XVIII. Ciò non significa negare che in passato sia esistito un sentimento nazionale o di identità collettiva. Ma il clima intellettuale permeato di nazionalismo e gli scontri politici del secolo XVIII e del XIX hanno trasformato il nostro modo di vedere i gruppi sociali e politici al punto da rendere impossibile una visione "oggettiva" di ciò che furono le categorie sociali nell’Alto Medioevo. Proprio partendo da queste considerazioni, Patrick J. Geary ripercorre il tema dell’identità delle popolazioni barbariche e delle sue varie declinazioni in rapporto alla tradizione politico-istituzionale, giuridica e letteraria dell’Antichità classica e cristiana, in quei secoli cruciali che vanno dalla "caduta" dell’impero romano all’incoronazione di Carlo Magno. Con l’obiettivo dichiarato – per dirla con le parole dell’autore – di bonificare «quella discarica intrisa dei miasmi del nazionalismo etnico» che la storia dei "popoli" nel Medioevo è stata, e continua a essere, per intellettuali e politici ideologicamente spregiudicati, almeno a partire dagli inizi dell’Ottocento. Dalle pagine del Mito delle nazioni – saggio storico e metodologico ad un tempo, ma soprattutto atto d’accusa contro ogni manipolazione della storia – emerge così un’Europa medievale continuamente rimodellata dalle conquiste e dalle migrazioni, un’Europa multiculturale ante litteram, su cui si infrangono le rivendicazioni identitarie e i particolarismi religiosi e linguistici anche di molti dei politici contemporanei.
Il volume di MacCulloch si inserisce nella migliore tradizione della storiografia inglese per la capacità di tracciare un grande affresco (oltre due secoli di storia europea) senza per questo rinunciare al gusto per il dettaglio, per la digressione, per l’aneddoto, talvolta anche umoristico o salace. Il risultato complessivo è un libro di grande leggibilità a dispetto della sua mole, dove, come in un romanzo di Dickens, tutta una serie personaggi storici di primo piano – Erasmo, Lutero, Zwingli, Loyola, la regina Margot, Filippo II… – si mescola a una pletora di personaggi minori, talvolta oscuri. Il lettore di romanzi storici ritroverà in Riforma le atmosfere di Q di Luther Blisset o del ciclo di Eymerich di Valerio Evangelisti. Quello di saggistica, che ha letto con interesse i libri di Carlo Ginzburg rincontrerà in queste pagine molti dei temi cari a questi autori: stregoneria, inquisizione, sesso, peccato, soprannaturale, disquisizioni liturgiche, teologiche… Ma Riforma, come tutti i buoni libri di storia, non è soltanto questo. Non si limita infatti a raccontare le vicende di un passato remoto e distante da noi. Dietro questo scontro fra diverse “ortodossie” si possono cogliere i rischi e il dramma di un’epoca dilaniata dagli integralismi religiosi. Non sarà forse un caso allora che il libro sia stato pubblicato soltanto due anni dopo l’11 settembre! Né sarà per caso che molte delle questioni che animano il dibattito contemporaneo sui cosiddetti “temi etici” trovino la loro origine nei modi di concepire la vita e la morte, il sesso e il suo rapporto con la religione, così come il rapporto della religione con la politica, elaborati proprio nei due secoli che MacCulloch affronta. L’esito sarà una “divisione” (cui si fa riferimento nel sottotitolo), una vera e propria spartizione, anzi, di quella eredità classica e medievale europea che fino a quel momento si era mantenuta sostanzialmente unitaria.
Il volume propone al lettore che si avvicina alla storia romana con interesse e curiosità personale un valido e originale strumento per approfondirne la conoscenza. La trattazione si sviluppa secondo un andamento cronologico, dalle origini di Roma sino alla divisione politica fra parte occidentale e parte orientale dell'impero dopo la morte di Teodosio I, con l'interposizione di "finestre" tematiche, dalle quali osservare e comprendere meglio gli aspetti salienti della società romana o la stessa storia degli eventi politico-militari. Una particolare attenzione è dedicata alle istituzioni amministrative e alle relazioni sociali, all'ideologia del potere, ai rapporti tra politica e religione. L'esposizione, che tiene conto dei recenti sviluppi del dibattito storiografico, è caratterizzata da citazioni tratte da documenti antichi ed è corredata di un'ampia bibliografia.
Il volume traccia una storia politica del Libano contemporaneo dal mandato francese ai giorni nostri evidenziando lo stretto legame fra la struttura confessionale del paese e le sue complesse vicende interne e internazionali. Le istituzioni democratiche libanesi hanno sempre convissuto con il sistema comunitario, che le ha profondamente permeate secondo le proprie esigenze istituzionali, politiche e religiose. Il comunitarismo di stampo confessionale è stato il minimo comune denominatore che ha influenzato le dinamiche socio-politiche, potendo prevenire, tramite un continuo processo di mediazione e contrattazione, le spinte autoritarie o contribuire a esacerbare le tensioni portando allo scontro e al conflitto. Ancora oggi al centro di complesse dinamiche internazionali e regionali, il Libano dovrà tenere conto, come in passato, delle spinte comunitarie e della loro interazione con il sistema politico.
Alla fine del XIX secolo i Balcani erano visti come luogo di instabilità politica e di feroci conflitti tra le diverse etnie. Dopo la Prima guerra mondiale, con l’espressione "balcanizzazione" si finì per intendere la riduzione di uno Stato a un disordine politico perpetuo. A tutt’oggi, i Balcani continuano a essere considerati una terra di nessuno tra l’Occidente e l’Oriente, oppressi dal fardello di un passato pesante, focolaio degli odi ancestrali tra i diversi gruppi etnici. Il libro intende rivolgersi soprattutto al lettore che non si accontenta di una prospettiva schiacciata sul presente, ma vuole invece comprendere i problemi di una regione che sta faticosamente emergendo dalla marginalità storica. In questa seconda edizione, il testo è stato aggiornato e ampliato considerando anche le vicende della Turchia dal 1923 ad oggi.
Il ruolo dell'economia nella Roma repubblicana è oggetto di accese discussioni fra gli storici. Il volume ripercorre le vicende della moneta e i fenomeni dell'indebitamento in rapporto con le strutture politiche e sociali dall'età arcaica, quando l'economia naturale era ancora operante, fino allo sviluppo delle attività bancarie e finanziarie della tarda repubblica. L'indagine sugli aspetti organizzativi della coniazione e della circolazione monetaria, nonché delle strutture del credito, rappresenta un contributo importante alla comprensione di una società sempre in bilico tra ordinamenti arcaici e complessi sviluppi economico-finanziari.
Il volume ripercorre, con linguaggio chiaro e non accademico, le vicende che nei secoli hanno condotto allo sviluppo di un profilo unitario – sul piano culturale (religione, lingua, tecnologia) e materiale (commercio, produzione, tecnica) – del popolo italiano. In tale quadro, il Risorgimento è visto come il risultato di un lungo processo di incubazione e di selezione: esito condizionato dai passaggi precedenti e ad essi inevitabilmente legato, ma insieme frutto dell’iniziativa perspicace di quanti, superando robusti ostacoli, sono riusciti a conseguire credibilità etico-politica e vigore militare nell’arena europea. Ampia parte del saggio analizza l’incidenza del principio di nazionalità, l’ipotesi federalista, il ruolo di personalità come Carlo Alberto, Cavour, Vittorio Emanuele II, Garibaldi, Mazzini, Pio IX, Gioberti, Cattaneo, nonché il rilievo degli elementi elitari, popolari, dinastici, internazionali che hanno condotto al 1861 (nascita del Regno d’Italia), con la sua ineludibile appendice di Porta Pia (1870).
Secondogenita di Filippo II di Spagna e di Elisabetta di Valois, l'Infanta Caterina Micaela (1567-1597) sposò Carlo Emanuele i nel 1585 e fu duchessa di Savoia fino alla morte. Il volume indaga le molteplici sfaccettature della sua persona e del fortunato e prolifico matrimonio di cui fu protagonista. A fronte dell'importanza tradizionalmente riconosciuta alla sorella Isabella Clara Eugenia, infatti, Caterina è meno nota e la sua immagine è stata di solito ricondotta alla severità dell'etichetta spagnola che introdusse alla corte di Torino. Osservata attraverso fonti finora poco frequentate e da studiosi spagnoli e italiani, appare qui invece in tutta la sua complessa statura di figlia di re e di duchessa abile al governo, nel quadro degli intensi rapporti che intercorsero tra il Piemonte e il sistema degli "Austrias" nella seconda metà del Cinquecento. Scanditi dalle tappe della sua vita biologica e dinastica, i capitoli del libro affrontano tre aspetti: la sua condizione di figlia e apprendista del "Rey prudente"; gli anni della permanenza a Torino e la fitta trama di relazioni intessuta con il padre, il marito, la sorella, gli ufficiali sabaudi e gli artisti di corte; e infine l'impronta conferita da Caterina alla struttura della Casa, alla politica estera del Ducato di Savoia e all'educazione dei figli e delle figlie, alcuni dei quali furono personaggi chiave delle vicende italiane ed europee del Seicento.
Si raccolgono qui i contributi presentati in occasione degli incontri promossi dalla Regione Toscana per ricordare il settantesimo anniversario dell'introduzione nell'ordinamento italiano delle leggi razziali - avviate dal regio decreto firmato il 5 settembre 1938 da Vittorio Emanuele III nella tenuta di San Rossore - presso le istituzioni universitarie presenti sul territorio. Se l'insieme dei saggi costituisce una ulteriore testimonianza della vivacità e della profondità con cui nei diversi ambiti (da quello politico a quello culturale, da quello giuridico a quello antropologico) negli ultimi anni gli studi storici hanno affrontato una delle pagine più vergognose dell'Italia contemporanea, il quadro complessivo restituisce un significativo approfondimento su alcune questioni (la continuità o meno dell'antisemitismo nella storia d'Italia, la ricezione delle misure antiebraiche presso la popolazione civile, i processi di rimozione della vicenda nella coscienza collettiva) che sono al centro dell'attuale dibattito.