
Un'accurata e accorata biografia di un autentico eroe civile. Non un poliziotto, non un militare, non un politico ma un imprenditore che osò sfidare la mafia e fu ucciso per questo, nel silenzio delle istituzioni e delle associazioni di categoria. Un libro che racconta, con la passione della grande narrativa e il rigore del giornalismo d'inchiesta, la vita di Libero Grassi, l'imprenditore ucciso dalla mafia nel 1991 per il suo ostinato, pubblico rifiuto di pagare il pizzo. "Libero Grassi non è più l'industriale che ha negato il suo consenso alla mafia, ma l'emblema di una ribellione possibile. I quotidiani ripetono ossessivamente gli stessi termini. Su tutte spiccano due parole: simbolo ed eroe. Il 29 agosto del 1991, secondo l'Eurispes, è nata una figura imprevista, destabilizzante per la mafia e per lo stato che la combatte: la figura dell'eroe. Un eroe diverso da quelli belli, prepotenti e rampanti celebrati nei film, nelle riviste patinate e persino dai partiti politici degli anni ottanta. Un eroe, privo di particolari superiorità, che smaschera la pochezza dei finti coraggiosi, paladini del lusso, cultori dell'immagine ed esperti della comunicazione di massa. Uomini e donne normali il cui rigore morale individuale diviene, nella latitanza di personaggi pubblici carismatici, punto di riferimento sostanziale a cui affidare la difesa del bene comune." Postfazione di Davide Grassi.
La prima indagine storica del lato più oscuro del Ventennio: la delazione anonima, odioso strumento nelle mani di Mussolini per controllare la vita degli italiani. È il 1923 quando l'ex socialista Benito Mussolini, alla guida da pochi mesi del governo di coalizione, pone con una breve nota il primo mattone di un autentico mostro politico-burocratico che, con i suoi tentacoli intinti nel veleno di intercettazioni, delazioni e soffiate, stritolerà la vita pubblica italiana fino alla fine del regime fascista: "Caro Finzi, dispongo che le intercettazioni telefoniche siano d'ora innanzi recapitate solamente a me. Una copia sola, quindi, che tu riceverai e mi trasmetterai". Mimmo Franzinelli, grazie a una ricerca accuratissima, non paga di uno scrupoloso scandaglio degli archivi ma ricca anche di testimonianze di prima mano (spesso terribili), ci mostra con chiarezza come sia stato possibile tenere sotto il tallone d'acciaio del terrore un intero paese, trasmettendo l'insicurezza profonda che è il primo ingrediente dell'obbedienza cieca. Quando nemmeno fra i muri della sua casa si sente al sicuro, quando i partigiani vengono scovati nei nascondigli più impensabili, quando le famiglie ebraiche vengono tradite dai vicini e dagli amici, il popolo è pronto, pur di non correre alcun rischio, a pagare il terribile prezzo di abdicare alla propria libertà.
Dove affonda le sue radici l'Italia di oggi? Guido Crainz cerca le risposte a questa e a altre domande non in vizi plurisecolari del paese ma nella storia concreta della Repubblica, muovendo dall'eredità del fascismo, dalla nascita della "repubblica dei partiti" e dagli anni della guerra fredda. L'analisi si sofferma soprattutto sulla "grande trasformazione" che ha inizio negli anni del "miracolo" e prosegue poi nei decenni successivi: con la sua forza dirompente, con le sue contraddizioni profonde, con le tensioni che innesca. In assenza di un governo reale di quella trasformazione, e nel fallimento dei progetti che tentavano di dare ad essa orientamento e regole, si delinea una "mutazione antropologica" destinata a durare. Essa non è scalfita dalle controtendenze pur presenti - di cui il '68 è fragile e contraddittoria espressione - e prende nuovo vigore negli anni ottanta, dopo il tunnel degli anni di piombo e il primo annuncio di una degenerazione profonda. "Mutazione antropologica" e crisi del "Palazzo" - per dirla con Pier Paolo Pasolini vengono così a fondersi: in questo quadro esplode la crisi radicale dei primi anni novanta, di cui il tumultuoso affermarsi della Lega e l'esplosione di Tangentopoli sono solo un sintomo. Iniziò in quella fase un radicale interrogarsi sulle origini e la natura della crisi, presto interrotto dalle speranze in una salvifica "Seconda Repubblica": speranze destinate a lasciare presto un retrogusto amaro.
Una nuova storia degli Stati Uniti aggiornata, agile ma esauriente, che copre l'intero arco temporale del percorso storico statunitense e si sofferma su tutte le grandi questioni sociali e politiche che l'hanno contrassegnato, dedicando particolare attenzione agli avvenimenti che hanno animato la storia americana della seconda metà del Novecento e del primo decennio del XXI secolo, fino agli sviluppi più recenti. In cosa gli Stati Uniti si sono subito identificati come "diversi dall'Europa"? In che modo percepiscono e perseguono il loro "destino manifesto"? Quale ruolo ha avuto, per altro verso, il Vecchio Continente nel loro sviluppo? Nell'epoca delle sfide globali, comprendere i nodi fondamentali dell'essenza degli Stati Uniti aiuta a capire anche le grandi linee di tendenza della loro politica internazionale che tanto ha influenzato, e influenza, la vita di tutti.
La figura di Garibaldi ovvero l'incarnazione della contraddizione. Amato e odiato, celebrato e vilipeso, emulato e disprezzato; il susseguirsi e il sovrapporsi di opposti atteggiamenti testimoniano l'esistenza di diversi Garibaldi: c'è un Garibaldi "di destra" e un Garibaldi "di sinistra", un Garibaldi "nazional-fascista" e un Garibaldi "brigatista ante litteram". Ecco perché Mario Isnenghi prova oggi a rileggere la vicenda di Garibaldi alla luce del nostro contraddittorio e conflittuale presente. Il Garibaldi di Isnenghi, dunque, è innanzitutto il fondatore dello stato, capace di accettare pro tempore che lo stato sia monarchico pur non nascondendo di preferirlo repubblicano. E cento anni dopo, nel 1946, l'Assemblea costituente repubblicana segna la vittoria di Mazzini e di Garibaldi. In secondo luogo, Garibaldi è il fondatore dello stato con la partecipazione attiva e critica di cittadini non più sudditi, che si mobilitano e fanno politica. Garibaldi è infatti un grande internazionalista libertario, e non un semplice nazionalista. Ecco uno dei tanti lati in ombra che Isnenghi tratteggia in queste pagine: la portata internazionale e internazionalista di Garibaldi.
Muovendo dalla crisi attuale, dalla sua profondità e acutezza, questo libro sull'Italia contemporanea, ripercorre analiticamente l'intera vicenda di un cinquantennio, dalle promesse ideali e politiche della Repubblica sino ai nostri giorni.
Come tanti, anche Ernesto Che Guevara teneva un diario su cui annotava quello che di più significativo avesse letto. Riflessioni sul modo di produzione capitalistico e precapitalistico, sull'imperialismo e lo schiavismo, sul materialismo e il socialismo, il comunismo e la rivoluzione proletaria o dei paesi sottosviluppati, e così via. Vi trascriveva passi, tra gli altri, di Rosa Luxemburg, Lenin, Trotskij, Stalin, Mao Zedong, Lukacs, Hegel, Engels, Castro. Nel volume anche due poesie inedite.
Molto si è scritto sulla Resistenza nell'Italia centrosettentrionale, mentre poco o nulla si sa della contemporanea vita nel Regno del Sud, e delle esperienze di soldati e civili, uomini e donne, gente di campagna e di città negli anni della Liberazione. L'autore in questo libro ci consegna una testimonianza diretta e autobiografica su una fase della storia nazionale piuttosto trascurata. E' la scoperta di una realtà sociale e politica in una fase di transizione e di scontro nella rievocazione di un'esperienza personale e di un ripensamento collettivo dei modi e dei nodi dell'unificazione d'Italia.
Il 16 marzo 1978 Aldo Moro viene rapito dalle Br in via Fani, a Roma. Il libro ricostruisce la vita dell'ostaggio e dei sequestratori durante i 55 giorni del rapimento, raccontando la quotidianità, i rapporti umani, le conversazioni, gli scontri, le paure, le speranze delle persone che abitarono la prigione. La voce narrante della Braghetti, che comperò e arredò la casa di via Montalcini, racconta dall'interno e nei dettagli una delle vicende più drammatiche e determinanti della storia d'Italia. Nel farlo parla anche della sua vita, dell'incontro con la lotta armata, della sua doppia esistenza di impiegata e di militante clandestina, dell'omicidio di Vittorio Bachelet, fino all'arresto, nel 1980, alle carceri speciali, al cambiamento interiore.
"Se è vero che le teorie possono essere intese come tentativi di soluzione di problemi, possiamo tranquillamente affermare che la teoria dell'oralità offre la chiave per introdurci nel vivo e concreto problema pertinente alla funzione sociale e culturale della poesia greca da Omero al V secolo a.C. In questa chiave di lettura si rivaluta il ruolo determinante del destinatario e, in relazione con esso, si enucleano i presupposti teorici e i diversi procedimenti formali, simbolici e pragmatici del fare poetico; di qui l'attenzione costante al ruolo della memoria, al rapporto del poeta con il committente e il pubblico e, infine, alla posizione dell'intellettuale entro i condizionamenti sociali ed economici del tempo." (Dalla Prefazione)
L'insurrezione di Milano, testo fondamentale del nostro Risorgimento e opera di un Cattaneo in esilio, è molto più di una mera cronaca degli eventi: riesce a trasfigurare quanto avvenne in quelle convulse giornate in una penetrante analisi del "ventre" politico di una – non ancora nata ma già percepibile - nazione. Spesso la storiografia ufficiale (per lo più vicina a casa Savoia) ha ritratto in maniera agiografica l’anelito del popolo verso la libertà, un anelito sicuramente presente ma mescolato a interessi economici potentissimi. Nonostante il suo ruolo attivo nelle Cinque Giornate di Milano (Cattaneo era a capo del Consiglio di guerra), l’intelligenza critica di Cattaneo rende giustizia al desiderio di libertà dei patrioti senza dimenticare cosa poteva significare, per i Savoia e per la loro classe dirigente, l’indipendenza dall’Austria (da non confondere, appunto, con la libertà in senso ampio). Le pagine lucide e infuocate di Cattaneo ci fanno rivivere quelle giornate piene di passione civile come un vero e proprio "documentario" in presa diretta. Ma, allo stesso tempo, ci ricordano delle profonde aspirazioni federaliste (nel senso più nobile ed elvetico) del suo autore, uno dei primi a sognare un’Italia unita nelle sue differenza, cuore pulsante degli Stati Uniti d’Europa.
Di Giorgio Bocca sono note la vena polemica e la mordace ironia che puntellano con forza i suoi settimanali commenti sulla situazione politica. Per l'Antiitaliano per eccellenza del giornalismo nostrano è persino facile mettere alla berlina i tanti protagonisti delle vicende nazionali, quando si ha alle spalle una conoscenza storica degli eventi di prima mano, come per certi versi testimoniano i tanti libri scritti sulla Resistenza o sui protagonisti del primo dopoguerra, come la sua biografia su Togliatti. In questo libro-antologia è raccolto in modo organico e sistematico il meglio della sua produzione "storica", articoli che a suo tempo hanno rivoluzionato lo stesso modo di fare inchiesta e quindi il giornalismo italiano, quando Bocca si mischiava ai pendolari che al mattino presto si recavano al lavoro nel Triangolo industriale o descriveva gli abbacinanti fasti del Miracolo italiano. Dalla caduta del fascismo alla Resistenza, dall'eredità della dittatura al boom economico degli anni Sessanta, dal Sessantotto al fattore K., dagli anni di piombo alla fine del fordismo, dalle mafie al leghismo e all'ascesa del berlusconismo: tutti i grandi temi storici e civili che hanno contrassegnato la storia nazionale dal secondo dopoguerra sono qui al centro di un libro straordinario, specchio di antichi mali e al contempo di caduche virtù.