
Ervand Abrahamian, studioso iraniano trapiantato negli Stati Uniti, in questo libro offre una panoramica documentata della storia recente dell'Iran. I principali avvenimenti sotto le dinastie dei Qajar e dei Pahlavi e sotto la Repubblica islamica, l'importanza del ruolo dello sciismo, le origini della modernizzazione, la ricerca a più riprese di una riforma democratica, la partecipazione popolare nelle rivoluzioni del 1909 e del 1979. La predilezione di Abrahamian per l'analisi sociale e lo studio delle classi fornisce inoltre un prisma attraverso cui guardare e comprendere il dramma del conflitto mai sopito tra le conquiste acquisite e il peso crescente del potere centrale; e l'autore mostra come la rivoluzione abbia continuato il lavoro dell'ancien régime, attraverso il sempre più incombente ruolo dello Stato. Tra gli anni della scoperta del petrolio e degli interventi imperiali, tra il governo degli scià Pahlavi e la rivoluzione del 1979 e poi la nascita della Repubblica islamica, l'Iran ha vissuto un'aspra guerra con l'Iraq, la trasformazione della società sotto il governo dei religiosi e, più di recente, il rafforzamento dello Stato, la lotta per il potere tra le vecchie élites, l'intellighentia e la borghesia degli affari e infine le forti tensioni internazionali causate dalla politica aggressiva e nazionalista di Ahmadinejad. Al cuore del libro c'è comunque sempre la gente dell'Iran, che ha sopportato ed è sopravvissuta a un secolo di guerre e di rivoluzioni.
"Questo lavoro si pone come obiettivo di offrire al lettore un racconto chiaro della storia degli ebrei, dalle origini ai nostri giorni. Anche se si preoccupa di prendere in considerazione gli eventi recenti in Medio Oriente, il suo è prima di tutto uno sguardo rivolto al passato. Quello di un popolo la cui storia si confonde con la storia dell'umanità intera, attraversando i secoli, i continenti e le civiltà, dall'Egitto dei faraoni alla Russia sovietica, passando per il mondo greco-romano, l'Europa cristiana, l'Oriente musulmano, le grandi scoperte, la Rivoluzione francese, la Prima guerra mondiale, la Shoah e la nascita dello Stato di Israele. Raccontare una tale odissea in circa ottocento pagine è una sfida, visto che, anziché diminuire di quantità, la ricerca scientifica sugli ebrei attira di anno in anno nuovi specialisti, di varia origine. Tuttavia, non possiamo fare a meno di constatare come questa esplosione di sapere non abbia ridotto i pregiudizi e i sospetti che continuano a circondare gli ebrei in diverse regioni del mondo, in particolare quelle in cui non vivono più, o quasi più, a partire dalla Seconda guerra mondiale. Miti, dicerie e fantasmi di un'altra età e celebri falsi vi circolano ancora; e, grazie a Internet e alle nuove tecnologie di comunicazione, il numero di coloro che aderiscono al loro contenuto è rilevante."
Il libro, in questa edizione arricchito con una postfazione, ricostruisce il processo storico di formazione degli Stati Uniti d'America, esaminandone i presupposti all'interno dello sviluppo delle realtà coloniali inglesi dell'America del Nord. Analizzando i fattori strutturali relativi all'economia e alle società e culture coloniali, Guido Abbattista si concentra in modo particolare sui conflitti politici e costituzionali legati alla natura delle relazioni imperiali tra madrepatria e colonie. Del processo rivoluzionario vengono evidenziate le contraddizioni, le esitazioni, la relativa gradualità nell'adozione di soluzioni innovative sul piano politico e costituzionale. Ampio spazio è dedicato all'analisi dei fattori di novità sia sul piano delle concezioni politiche e costituzionali sia su quello dello sviluppo di una nuova forma di società.
I fattori economici e sociali e le concezioni politiche e costituzionali che portarono alla nascita della nazione americana.
I circa centocinquant'anni che vanno dagli inizi del Settecento all'Unità d'Italia conobbero avvenimenti che mutarono radicalmente le condizioni politiche, sociali, istituzionali del regno meridionale, nonché la produzione artistica, specie nel campo dell'architettura. Trattando dell'arte meridionale del XVIII secolo, occorre innanzitutto registrare l'"internazionalizzazione" della propria cultura artistica; che ha come sfondo il fenomeno decisivo dell'Illuminismo. L'Ottocento si apre invece con i fatti rivoluzionari del 1799 e con la successiva dominazione francese, che segnerà un punto di svolta nella cultura artistica, influenzata fortemente dai modelli d'oltralpe. Dal classicismo di Paolo De Matteis e Francesco Solimena alla grande architettura del periodo borbonico, con il fiorire dei siti reali, primo su tutti la reggia di Caserta progettata da Luigi Vanvitelli, il volume ripercorre l'intero arco di una produzione che ha dato i suoi esiti più alti non solo nelle arti "maggiori" (le sculture di Domenico Antonio e Lorenzo Vaccaro, la prolifica stagione del vedutismo con Giovan Battista Lusieri e Antonio loli), ma anche nelle arti applicate (le grandi dinastie di argentieri, riggiolari e marmorari attivi nella capitale e nelle province del regno).
Fra Tre e Cinquecento il Mezzogiorno d'Italia diviene il teatro dello scontro tra le dinastie che si disputano il possesso del Regno, e con esso del Mediterraneo centrale: prima le case regnanti angioina ed aragonese, poi le nascenti monarchie nazionali di Francia e Spagna, ma anche i poteri locali, ostili ad ogni forma di centralizzazione, diedero vita ad una lunga serie di battaglie: più di trenta studiosi provenienti da varie nazioni e di diversi ambiti scientifici (storici, filologi classici e umanistici, italianisti, storici della lingua italiana, dell'arte, dell'architettura e della miniatura) hanno indagato la vasta documentazione letteraria ed artistica prodotta intorno a questi eventi bellici. Descritte in miniature, in affreschi, negli arazzi, nel bronzo o nel marmo, nel latino forbito degli umanisti o nel volgare schietto degli ambasciatori, nei capolavori di Machiavelli o di Guicciardini, le battaglie forniscono un'interessante chiave di lettura per una più approfondita conoscenza del Rinascimento meridionale. Al centro dell'indagine non sono tanto le battaglie in sé, pur qui ricostruite, quanto le loro differenti narrazioni, dove lo svolgimento reale dell'evento bellico finisce spesso per essere dissimulato attraverso un progressivo spostamento dal factus al fictus.
Il nome di Giovanni Orcel non figura nei libri di storia della Sicilia più noti e diffusi. Eppure fu un dirigente sindacale (segretario dei metalmeccanici di Palermo) e politico di primo piano, impegnato nello scontro interno al movimento operaio con opportunisti e pseudosocialisti, aperto al dibattito che porterà alla nascita del partito comunista (1921), protagonista dell'azione di affrancamento dei lavoratori e degli strati popolari dal dominio mafioso e attore di esperienze unitarie tra città e campagna, condotte assieme a Nicolò Alongi, altro dirigente dimenticato, e come lui caduto per mano mafiosa nel 1920, quando già si profilava la minaccia fascista. Il libro delinea il contesto socio-politico e ricostruisce la vicenda umana e politica di Orcel con una documentazione inedita, basata sulla stampa dell'epoca e su atti d'archivio che ci offrono un'immagine sconvolgente ma prevedibile dell'inchiesta sull'assassinio, più intesa ad assicurare l'impunità agli assassini che a svelarne e perseguirne le responsabilità, con un armamentario già collaudato e destinato a replicarsi, all'insegna delle omissioni colpevoli e del despistaggio garantito. Come scrive Umberto Santino nel saggio introduttivo, questo lavoro si inserisce pienamente nel quadro dell'attività trentennale del Centro Impastato di Palermo, volta a dare un'immagine adeguata della realtà siciliana, ancora oggi mortificata da rappresentazioni dominate da generalizzazioni e stereotipi.
“Ma quei mille chi erano? Di loro fu subito detto che erano eroi favolosi, pazzi sublimi, ed altre simili iperboli. Erano un popolo misto di tutte le età e di tutti i ceti, di tutte le parti e di tutte le opinioni, di tutte le ombre e di tutti gli splendori, di tutte le miserie e di tutte le virtù.”
La Storia dei Mille narrata ai giovinetti, pubblicata per la prima volta nel 1904, è forse l’opera di Giuseppe Cesare Abba che nei decenni successivi ha riscosso il maggior interesse di pubblico. Il testo, composto con toni celebrativi ed enfatici, ripercorre l’avventura di Garibaldi e dei suoi uomini analizzando il contesto culturale e politico in cui si formò la spedizione. Cavour, Mazzini, il desiderio dell’Unità d’Italia, e poi la Sicilia, la regione dove si poteva affermare il grande sogno risorgimentale di un popolo finalmente unito, sono gli elementi attorno ai quali Abba costruisce la sua partecipata narrazione. Narrazione di un viaggio, di una traversata, di un sogno che si realizza e che centocinquant’anni dopo è quanto mai utile far riascoltare ai ragazzi.
Dopo l'edizione dei 'Diari' di Cesare Guasti, vengono presentati i testi delle conferenze che si sono tenute negli anni 2006 e 2007 e che, come sempre, analizzano aspetti interessanti, e spesso poco conosciuti, della vita e dell'attività culturale di Cesare Guasti.

