
Come era organizzata, e come appare oggi ai nostri occhi la struttura sociale di Roma antica nel lungo millennio della sua storia? Dall'età arcaica alla fine dell'"imperium", Alföldy traccia una utile e chiara sintesi, facendo scorrere sotto i nostri occhi in un sapiente montaggio i fotogrammi di una società quanto mai stratificata, nella quale i mutamenti furono di così lungo periodo da risultare quasi impercettibili. In definitiva la storia romana, nonostante i cambiamenti occorsi in un arco di tempo plurisecolare, si è rivelata essere la storia di un unico tipo di società, che per i criteri delle sue divisioni interne, per la struttura degli strati sociali e delle loro relazioni si distinse nettamente non soltanto rispetto ad una società moderna, ma anche rispetto ad ogni altra società preindustriale e ad ogni altra società "antica".
Da scontro civile a gioco letterario, da campo di azione a grammatica del comportamento: il tragitto percorso dalla riflessione cinquecentesca sull'arte del conversare raffigura il difficile equilibrio tra la dimensione privata dell'esercizio intellettuale e la dimensione pubblica del servizio cortigiano prestato al signore. Già prima della stagione che vede l'affermazione della figura professionale del segretario, la cultura italiana si interroga sulla possibilità di individuare spazi, rituali simbolici e forme di convivenza che garantiscono la separatezza dell'attività intellettuale. In quattro capitoli, che vanno dal trattato "De sermone" di Pontano all'"Apologia innanzi al Tribunale dell'Inquisizione" di Sperone Speroni, passando per l'opera di Castiglione e Della Casa, questo libro descrive la tensione culturale e politica che si nasconde dietro il dibattito sulla conversazione e l'arte del racconto. Una vicenda che si sarebbe chiusa con l'identificazione di uno spazio insieme astrato e corposo, inerte ma sempre riattivabile: la pagina del libro avrebbe infine smesso di confrontarsi con la viva parola orale che agitava le corti e le piazze per diventare un luogo ideale di identificazione collettiva.
Oggi le società occidentali sembrano ossessionate dai ricchi: ammirati e lusingati e, allo stesso tempo, biasimati e disprezzati. Ma è sempre stato così? Nel corso di mille anni le cose sono molto cambiate. Nel Medioevo, ad esempio, un'eccessiva accumulazione di ricchezze era considerata peccaminosa e perciò ci si attendeva che i ricchi non facessero sfoggio della propria opulenza. Per lungo tempo la loro semplice esistenza ha prodotto disagio sociale, mitigato solo dal ruolo che potevano svolgere nei tempi di crisi, impiegando i propri beni per aiutare la comunità. In passato come oggi, però, ci si è interrogati su come si diventa ricchi e sul perché le ricchezze tendono ad accumularsi nelle mani di pochi. Diventare ricchi è frutto di abilità o di fortuna? Di parsimonia o di capacità d'investimento? Quanto contano le ricchezze ereditate e quanto le reti di relazione che si creano nel corso della propria vita? In questo libro, pieno di esempi e di resoconti delle vite di alcuni individui straordinari, si prova a rispondere a queste domande all'interno di un'ampia e organica ricostruzione storica, capace di offrire anche una prospettiva da cui guardare ai dibattiti in corso sulla disuguaglianza di ricchezza e di reddito. A segnare una differenza dal passato è il fatto che, nonostante i loro patrimoni siano stati sostanzialmente risparmiati dalla Grande recessione del 2008 e dalla pandemia di Covid-19, i ricchi e i super-ricchi si sono mostrati riluttanti a contribuire al bene comune, opponendosi persino a misure d'urgenza. La storia suggerisce che questo è uno sviluppo preoccupante - per i ricchi e per tutti gli altri.
All'inizio del 1943 i genitori di Magda Ritter inviano la loro figlia presso alcuni parenti in Baviera, sperando di tenerla al sicuro dalle bombe alleate che piovono su Berlino. Dalle giovani donne tedesche, in tempi così duri, ci si aspetta che facciano il loro dovere lavorando per il Reich e sposandosi per dare alla patria figli forti e in salute. Assegnata al rifugio di montagna di Hitler, solo dopo settimane di addestramento Martha scopre ciò che dovrà fare: sarà una delle giovani donne che assaggiano il cibo del Führer, offrendo la propria vita per evitargli di essere avvelenato. Così sperduto tra le montagne, il rifugio sembra lontanissimo dalla cruda realtà della guerra. Ma Magda, nonostante abbia cominciato ad abituarsi a quella pericolosa occupazione, non può fare a meno di accorgersi delle atrocità del Reich e si trova sempre più invischiata in intrighi che metteranno alla prova la sua lealtà. In gioco ci sono la salvezza, la libertà e la vendetta.
La Seconda Guerra Mondiale è stato il più importante conflitto della storia, lo scontro campale che ha deciso i destini del pianeta. In molti hanno provato a ragionare su ciò che sarebbe successo se la guerra avesse avuto una conclusione differente. Una cosa è certa: la vittoria delle forze che si opposero al nazifascismo fu tutt'altro che scontata, e tra l'estate del 1940 e l'autunno del 1941 Hitler aveva in pugno le sorti del conflitto. Furono le sue carenze strategiche e la sua megalomania a segnare il destino dei suoi piani di dominio. Ma pure gli alleati non mancarono di commettere clamorosi errori di valutazione e di tattica militare, senza i quali all'Europa sarebbero stati risparmiati anni di sofferenze, di orrore, di lutti.
Dalla metà degli anni '70 alla fine dei '90, la storia della filosofia medievale di Franco Alessio è stata il libro di testo su cui si sono formate diverse generazioni di studenti. Ma quasi subito si è trasformata in qualcosa di più: un libro cult, che proponeva, in modo innovativo, i filosofi del mondo medievale sotto una luce inedita e meno stereotipata. Questo testo, unico nel suo genere, viene ora riproposto in una nuova veste grafica per un pubblico più ampio di lettori, grazie anche a uno stile sulfureo e a una straordinaria chiarezza espositiva. L'esposizione avviene sempre all'interno di un contesto storico, culturale e sociale dal quale si vedono emergere le linee problematiche, i campi teorici, le conflittualità ideologiche. La filosofia medievale è quindi sempre considerata nelle sue relazioni concrete e variabili con le varie forme del sapere - la matematica, la biologia, l'etnologia, la storia, l'antropologia, la sociologia, l'economia - con le forme della vita sociale e politica e con le strutture delle istituzioni culturali. Premessa di Carla Casagrande.