
Il Sessantotto italiano è nato un po’ prematuro e da padre incerto, però molto cattolico. Cattolici infatti furono i suoi primi leader, la Cattolica fu la prima università a essere occupata (il 17 novembre 1967) e il primo indumento-simbolo della contestazione non fu l’eskimo bensì un impermeabile da prete.
Perché, lungo quell’anno per alcuni «formidabile», i giovani cattolici rivestirono spesso una parte da protagonisti: nel bene e nel male. Ben quattro volte occuparono l’università fondata da padre Gemelli, «inventando» anche la guerriglia urbana. A Roma manifestarono in piazza San Pietro, duellando a distanza col Vaticano. A Trento organizzarono un clamoroso «controquaresimale» che riempì a lungo le cronache. A Parma occuparono la cattedrale. A Taranto contestarono Paolo VI (che pure all’inizio avrebbe voluto andare di persona a parlare con gli studenti in assemblea).
E poi le polemiche sul cosiddetto «Catechismo olandese», le critiche pesantissime all’enciclica Humanae Vitae, lo sviluppo delle comunità del dissenso, la contestazione nei seminari e nelle parrocchie, la predicazione della «teologia della rivoluzione», l’esplosione del caso Isolotto a Firenze. Ma anche la nascita del volontariato, le marce contro la fame nel mondo, la comunità monastica di Bose e quella di Sant’Egidio…
Una rilettura originale del Sessantotto che, attraverso un’ampia messe di documenti e interviste, non teme di far emergere anche verità scomode e di smentire molti dei miti su quegli anni. Un’analisi lucida che ripercorre, sull’onda del Concilio Vaticano II, i legami sotterranei ma profondi tra le ragioni della contestazione cattolica e di quella laica (compresi i rapporti tra cattolici e terrorismo), così come gli sviluppi di una «rivoluzione» interna alla Chiesa i cui influssi e contraccolpi si sentono tuttora, nel mondo cattolico e nella società.
Solo il tarda età Bernard Berenson (1865-1959) si appassionò a Lorenzo Lotto e decise di consacrarsi al compito di "arrivare a distinguere le opere autentiche da quelle che gli sono comunemente attribuite". Così, da un unico nodo di ammirazione estetica e di intuizione metodologica, nascevano allo stesso tempo quell' "arte dell'attribuzionismo" che avrebbe reso Berenson uno dei massimi esperti mondiali di arte rinascimentale italiana e questo celebre libro che, pubblicato nel 1895, e ristampato in nuova versione nel 1955, avrebbe provocato la riscoperta di un artista che era stato per secoli quasi ignoto. "Per capire bene il Cinquecento, conoscere Lotto è importante quanto conoscere Tiziano", ebbe a dichiarare Berenson, rintracciando nelle "fluttuazioni dello stile lottesco, tanto fedele a se stesso quanto bizzarro e imprevedibile nella sua linea di sviluppo" due tratti dominanti che documentano l'aspetto meno noto della sensibilità rinascimentale italiana: una tensione religiosa vicina ai temi della Riforma e un'attenzione psicologica che fa di Lotto il più interessante ritrattista italiano.
"Dal profondo", come spiega Pietro Modesto nella nota introduttiva all'edizione italiana Jaca Book del 1971, viene dato alle stampe nell'autunno del 1918, ma sarà distribuito in Russia in forma semi-clandestina solo nel '21 e potrà essere pubblicato a Parigi nel 1967. Si tratta di una raccolta di interventi prevalentemente di filosofia politica sulla rivoluzione scoppiata un anno prima, scritti, da Askol'dov, Berdjaev, Bulgakov, Izgoev, Kotljarevskij, Murav'èv, Novgorodcev, Pokrovskij, Struve, Ivanov e Frank. Nel riproporlo, abbiamo perciò voluto privilegiare il centenario della rivoluzione d'ottobre perché non esiste un testo coevo più rilevante in quanto ad analisi degli avvenimenti da parte di esponenti della cultura russa. "Dal profondo" è infatti la terza delle più importanti raccolte del pensiero russo dell'inizio del XX secolo (Problemi dell'idealismo 1902, La svolta, Vechi 1909, Dal profondo, Iz glubiny 1918). In esso troviamo la lettura in corso d'opera del precipitare nell'abisso del terrore provocato dalla folle dittatura di un partito nichilista guidato da Lenin. Eppure Berdjaev, Bulgakov e Struve in esilio a Parigi, Frank a Londra, non potranno trasmettere in Occidente il senso della catastrofe. Non sarà permesso loro di esprimere sino «in fondo» la tragedia antropologica che nell'intelligencija russa ha preceduto e consentito l'avvento della dittatura. Saranno considerati, con plauso o feroce critica, come dissidenti di un regime, non come testimoni di un abisso. Tornare a pubblicare oggi "Dal profondo" è dunque confidare che quanto è emerso e sta emergendo nel pensiero contemporaneo negli ultimi anni permetta una recezione più adeguata di questa antologia di scritti, raccolti nel mezzo di una bufera, tragicamente lucidi e capaci di riproporre una speranza ancora valida per il futuro.
Prima donna ad essere eletta tra le fila del Partito repubblicano, Mary Tibaldi Chiesa, nel corso di tutta la sua attività politica, rimase sempre fedele agli ideali mazziniani e cattaneani ereditati dal padre Eugenio Chiesa, fiero oppositore del regime di Mussolini e punto di riferimento di tutta la sua esistenza. L'Italia repubblicana, per lei, aveva l'onere di seguire gli insegnamenti di questi due padri del Risorgimento, convinta com'era della compatibilità del loro magistero. Europeista e mondialista, riteneva indispensabile il superamento della dimensione statale e l'istituzione di una federazione internazionale, idonea a offrire adeguate risposte alle nuove esigenze dei popoli. Le scelte compiute dalle grandi potenze, al termine del secondo conflitto mondiale, non la convincevano poiché non favorivano la cooperazione internazionale e impedivano all'Organizzazione delle Nazioni Unite di divenire il primo nucleo di un'Assemblea costituente mondiale, nella quale accanto ai delegati dei vari governi avrebbero dovuto sedere i rappresentanti della società civile. Certa dell'impellente necessità del disarmo universale, confidava nelle capacità delle donne, che potevano stimolare, con il loro impegno politico, i mutamenti istituzionali. Senza venir meno ai suoi doveri famigliari, la donna aveva il diritto di ricoprire ruoli di rilievo nella sfera pubblica: si batté così per il suo ingresso in magistratura così come per il suo accesso alla carriera diplomatica.
«Se si ritiene l'avversario non un essere umano, ma un essere inferiore, quasi un animale, la violenza più estrema non provoca alcun rimorso...» (dalla prefazione dell'autore). Un testo che analizza, in modo originale e nuovo, il fenomeno nazista di una guerra di tipo coloniale nell'est europeo. L'autore si espone in merito all'atrocità del progetto ideologico politico economico del Führer. Con la prefazione di Domenico Quirico.
"Il discorso sui celti, nella percezione del grande pubblico, ha avuto per lo più un carattere d'intrattenimento: negli scaffali delle librerie la collocazione delle opere a loro dedicate oscilla tra la protostoria e l'esoterismo. Emarginati precocemente dalla storia, quella vera, dove non sono stati in grado di reggere il confronto con competitori più attrezzati, come latini e germani, i celti sembrano aver ottenuto la loro rivincita, colonizzando i territori dell'immaginario e del favoloso. [...] L'origine della civiltà celtica viene collocata nel cuore d'Europa, nel bacino del Reno e del Danubio, e questa centralità ha conservato fino a oggi, più o meno consapevolmente, un significato simbolico. [...] I celti sono allora l'Europa, la Prima Europa, l'Europa originaria che deve essere riscoperta, riattivata, per costruire una nuova Europa unita, oppure delle nuove piccole patrie sorte dall'auspicata dissoluzione delle gabbie nazionali. Radicato nel passato il mito celtico si proietta così verso il futuro". (Dall'introduzione di Vittorio H. Beonio Brocchieri)
Una trama di relazioni culturali unisce sin dal primo Cinquecento Milano, l'Italia e il Messico. Si tratta di rapporti fondati sulla circolazione di notizie, libri, idee, uomini e oggetti..., che meritano di essere riportati alla superficie della storia, seguendone la maturazione e le trasformazioni nel corso dei secoli sullo sfondo dell'ascesa e del declino della "preponderanza spagnola" nel quadro del colonialismo europeo, del progetto di riforma cattolica nella prima età moderna, dell'intensificazione e della crisi dei legami atlantici durante il Settecento "riformatore", dell'entusiasmo e del disincanto suscitati al di qua e al di là dell'oceano dall'Indipendenza dell'America Spagnola nel XIX secolo, della ridefinizione delle relazioni Europa-America Latina lungo il Novecento delle rivoluzioni, dei totalitarismi e della Guerra Fredda e dell'impatto della globalizzazione contemporanea. Il Bicentenario dell'avvio dell'Indipendenza (1810) e il Centenario dell'avvio della Rivoluzione (1910) costituiscono occasioni importanti per accingersi alla riscoperta dei tempi e delle forme dell'incontro a distanza fra Milano, l'Italia e il Messico. Una riscoperta che i contributi presentati nel volume offrono con l'apporto di varie discipline e uno sguardo attento al presente e alle prospettive future.
Se Hitler fosse diventato un pittore di qualche successo? E se nel 1914 a Sarajevo lo chauffeur di Francesco Ferdinando non avesse sbagliato strada? Se Togliatti non fosse sopravvissuto all'attentato del '48 e se Moro fosse stato rilasciato dalle BR, come sarebbero andate le cose? Difficile non restare affascinati dal ruolo determinante del caso nella storia, di fronte a questi e ad altri "se". Sulla scorta di questa fascinazione, Alberto ed Elisa Benzoni hanno costruito, insieme ad autorevoli storici e intellettuali, un volume che presenta dieci episodi emblematici nel corso del Novecento. Hanno chiesto, così, a Claudio Strinati, Gian Enrico Rusconi, Andrea Graziosi, Giovanni Sabbatucci, Mario Del Pero, Ernesto Galli della Loggia, Luciano Cafagna, Paolo Mieli e Massimo Teodori, di rileggere, ciascuno, alcuni eventi cruciali, il cui esito, se fosse stato diverso, avrebbe potuto cambiare il corso delle cose. Il risultato è un libro agile e godibile: la storia controfattuale rivela quel che era possibile e arricchisce la conoscenza di quel che è accaduto.
Scritto da uno dei più famosi studiosi tedeschi dell'argomento, il volume, corredato da un vasto e in gran parte inedito apparato iconografico, delinea con grande chiarezza ed efficacia la nascita del movimento nazionalsocialista, il suo progressivo affermarsi negli anni Venti e Trenta, la nomina di Hitler a cancelliere, la creazione del consenso, la politica razziale, il percorso verso la guerra e la guerra stessa, il genocidio ebraico, la resistenza e infine la disfatta e l'ordine postbellico. Il volume è completato da cinque schede biografiche dedicate ai maggiori esponenti del nazionalsocialismo.