
Nonostante le discriminazioni, le violenze e l'ossessione antisemita di Hitler, l'eliminazione del popolo ebraico non rientrava nei piani iniziali del regime nazista. Con l'invasione della Polonia avvenne la svolta: il tentativo di ridisegnare la mappa demografica dell'Europa orientale basato sulla "pulizia etnica" e sul "terrore caotico" fu sostituito da un vero e proprio programma di sterminio. La Polonia occupata divenne il laboratorio degli esperimenti di politica razziale, dai trasferimenti forzati alle decimazioni nei ghetti. Ma fu soprattutto in seguito alla "guerra di annientamento" contro l'Unione Sovietica, iniziata nell'estate del 1941, che la politica nei confronti degli ebrei assunse le forme aberranti del genocidio. Questo studio ripercorre i trenta mesi che vanno dal settembre 1939 al marzo 1942, nel corso dei quali "il regime nazista si trovò in bilico su uno spartiacque della storia". Allo sterminio degli ebrei d'Europa non si giunse seguendo un piano prestabilito, ma per tentativi ed errori, iniziative e ambizioni personali, arbitrii e lotte per il potere, cui si affiancarono l'efficienza tecnologica, lo zelo di anonimi burocrati e di politici compiacenti, la complicità dei vertici militari. E soprattutto, senza l'abdicazione alle responsabilità individuali, la profezia hitleriana di un'Europa senza ebrei non avrebbe avuto seguito. Un'opera che traccia il percorso compiuto dai vertici del regime e dai tanti cittadini tedeschi "comuni" verso Auschwitz.
Uno straordinario libro sulla vita e la morte in un campo di lavoro nazista, viste con gli occhi dei sopravvissuti. Questo libro diverrà un classico.
Saul Friedländer, Premio Pulitzer 2008
In un'aula di tribunale di Amburgo, l'8 febbraio 1972, Walther Becker, agente di polizia in pensione, attende il suo verdetto. È sotto processo per il ruolo svolto nella liquidazione del ghetto ebraico di Wierzbnik in Polonia il 27 ottobre 1942, nel corso del quale circa 4.000 ebrei sono stati mandati a morte nelle camere a gas di Treblinka, 60-80 uccisi sul posto e circa 1.600 inviati in tre campi di lavoro nella vicina Starachowice. Decine di sopravvissuti testimoniano la partecipazione di Becker all'operazione nazista. È stato visto uccidere, picchiare numerosi ebrei e ordinare che altri venissero ammazzati. In sua difesa, l'anziano signore dichiara che si è trattenuto per quarantacinque minuti nella piazza del mercato, dove gli ebrei sono stati rastrellati e caricati sul treno, per poi allontanarsi senza far nulla.
Il giudice crede a lui. I testimoni oculari sono secondo il giudice poco attendibili. Non hanno le caratteristiche di un teste «'ideale', ossia di un osservatore 'indifferente, attento e intelligente' che guarda agli eventi in modo 'disinteressato e distaccato'». Il verdetto decreta l'assoluzione e Becker esce dal tribunale da uomo libero.
«Fu un marchiano errore giudiziario, amplificato dalla ricusazione di tutte le testimonianze giudicate secondo forzati e irragionevoli parametri di perfezione, ad attirare la mia attenzione sugli ebrei di Wierzbnik e sui campi di lavori forzati industriali di Starachowice. Se Becker era sfuggito alla giustizia tedesca, sentivo che almeno meritava di finire nell'inferno degli storici».
Con questo libro Peter Brown affronta senza ambiguità uno dei grandi paradossi della storia dell'Occidente. Utilizzando fonti alte e archivi "bassi" elaborazioni dottrinali di matrice teologica, disposizioni del diritto canonico e materiali spuri tratti dalla vita quotidiana di comunità e personaggi minori - lo storico scrive una vera e propria storia economica del cristianesimo e della Chiesa delle origini. Al centro del libro la condizione paradossale per cui se anche la rinuncia, il dono e la povertà si trovano al cuore dei Vangeli, la chiesa, che su quei testi si è edificata, è diventata, nel corso dei secoli, una delle più formidabili potenze economico-finanziarie della storia. Lungi dal gridare allo scandalo, Brown cerca di spiegare come mai un'istituzione nata sul presupposto secondo cui la vera vita si colloca nel mondo altro della promessa, e che questo mondo, con i suoi beni, lusinghe e tentazioni, è da rigettare, proprio a questo mondo si è adattata con tutte le sue forze, insediandovisi e organizzandosi anche e soprattutto come potenza economica e politica. Due i fenomeni studiati dall'autore. Da un lato il flusso di ricchezza, poteri, ruoli e funzioni di comando e controllo dalla grande aristocrazia terriera alle alte gerarchie ecclesiastiche. Dall'altro, e specialmente, le condotte e scelte di vita di una "moltitudine sinora inosservata". La ricchezza della Chiesa si spiega soprattutto guardando verso il basso, verso un mondo di cui si sapeva poco solo fino a pochi anni fa...
Attualmente docente di Storia alla Princeton University, Peter Brown affronta nei tre saggi qui raccolti l'emergere nella tarda società romana dei poveri come classe sociale distinta, nei confronti della quale la Chiesa cristiana dichiara di sentirsi particolarmente responsabile. Attingendo a fonti greche, latine, giudaiche, l'autore descrive la condizione dei poveri in epoca precristiana e la natura delle loro relazioni con la Chiesa.
La 'forma' di questo saggio di amplissimo respiro cronologico e geografico è determinata dalla convinzione che il 'Grande Racconto' tradizionale del periodo compreso tra la nascita del cristianesimo nell'impero romano e la conversione del mondo scandinavo, otto secoli più tardi, debba essere ampiamente rivisto. E prima di tutto, per Peter Brown, è necessario mettere l'Europa occidentale sullo sfondo di un mondo più vasto e partire dal fatto che il cristianesimo 'europeo' rappresenta semplicemente la variante più occidentale di un mondo cristiano amplissimo, il cui baricentro era situato originariamente nel Mediterraneo orientale e nelle grandi capitali dell'impero d'Oriente: sono Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, e non Roma, a trovarsi allo snodo di un cristianesimo di portata mondiale. Con la nascita poi dell'islam e la sua conquista del Medio Oriente e del Nordafrica -e per mezzo millennio anche della Spagna meridionale - una barriera si interpose fra il mondo cristiano occidentale e un mondo cristiano più antico, che aveva compreso tanta parte dell'Oriente.
Nel corso della storia le carte geografiche hanno modellato la nostra visione del mondo e il posto che vi occupiamo. In questo libro, Jerry Brotton sostiene che, lungi dall'essere meri strumenti della scienza, le mappe del mondo sono inevitabilmente descrizioni parziali e soggettive, intimamente legate ai sistemi di potere, all'autorità e alla creatività di tempi e luoghi particolari. I disegnatori di mappe non si limitano a raffigurare il mondo, lo costruiscono sulla base delle idee vigenti nella loro epoca. Questo libro analizza il significato di dodici mappe del mondo riprese dalla storia globale, a partire dalle rappresentazioni mistiche della storia antica e per finire con le immagini di derivazione satellitare contemporanee. Ricrea gli ambienti e le circostanze in cui queste carte sono state fatte, mostrando come ciascuna di esse trasmetta un'immagine estremamente personale del mondo: la prospettiva cristiana centrata su Gerusalemme del "mappamundi" di Hereford del XIV secolo; la più antica mappa coreana che mostra la Terra intera, compresa l'Europa; la prima autentica visione del mondo globalizzato del portoghese Diogo Ribeiro agli inizi del XVI secolo; la proiezione negli anni Settanta del Novecento che aveva l'ambizione di dare uguale dignità al "terzo mondo" e il pianeta secondo Google. Brotton rivela come ogni mappa abbia tanto influenzato quanto riflesso gli eventi contemporanei e come, leggendole, si possano meglio comprendere gli universi che le hanno prodotte.
Nel corso della storia le carte geografiche hanno modellato la nostra visione del mondo e il posto che vi occupiamo. In questo libro, Jerry Brotton sostiene che, lungi dall'essere meri strumenti della scienza, le mappe del mondo sono inevitabilmente descrizioni parziali e soggettive, intimamente legate ai sistemi di potere, all'autorità e alla creatività di tempi e luoghi particolari. I disegnatori di mappe non si limitano a raffigurare il mondo, lo costruiscono sulla base delle idee vigenti nella loro epoca. Questo libro analizza il significato di dodici mappe del mondo riprese dalla storia globale, a partire dalle rappresentazioni mistiche della storia antica e per finire con le immagini di derivazione satellitare contemporanee. Ricrea gli ambienti e le circostanze in cui queste carte sono state fatte, mostrando come ciascuna di esse trasmetta un'immagine estremamente personale del mondo: la prospettiva cristiana centrata su Gerusalemme del "mappamundi" di Hereford del XIV secolo; la più antica mappa coreana che mostra la Terra intera, compresa l'Europa; la prima autentica visione del mondo globalizzato del portoghese Diego Ribeiro agli inizi del XVI secolo; la proiezione negli anni Settanta del Novecento che aveva l'ambizione di dare uguale dignità al "terzo mondo" e il pianeta secondo Google. Brotton rivela come ogni mappa abbia tanto influenzato quanto riflesso gli eventi contemporanei e come, leggendole, si possano meglio comprendere gli universi che le hanno prodotte.
Un saggio storico originale che coglie le ragioni che portarono il partito nazionalsocialista al potere, collocandole all'interno della crisi epocale dell'Europa nel momento in cui la società di elites si trasforma in società di massa. Nei primi due capitoli l'autore rievoca due momenti significativi della lotta per il potere condotta da Hitler e dalla NSDAP negli anni della Repubblica di Weimar. Nella seconda parte del libro l'autore spiega le ragioni del successo finale del nazionalsocialismo.
Manlio Brosio (Torino, 10 luglio 1897 - 14 marzo 1980) è stato segretario generale della NATO negli anni 1964-1971: nel suo diario i riflessi di un periodo di trasformazioni destinate a segnare l'evoluzione delle relazioni internazionali del secondo dopoguerra. Dopo avere ricoperto l'incarico di ambasciatore italiano in prestigiose sedi diplomatiche, la segreteria della NATO porta Brosio al centro del sistema internazionale da un osservatorio privilegiato e sensibile come l'Alleanza atlantica. La narrazione degli eventi si intreccia con riflessioni e impressioni dell'autore, offrendo così un nuovo, significativo, strumento per comprendere l'evoluzione degli equilibri internazionali della guerra fredda. Questo volume conclude la pubblicazione dei diari redatti da Manlio Brosio durante la sua lunga e brillante carriera diplomatica: ambasciatore italiano a Mosca (1947-1951), Londra (1952-1954), Washington (1955-1961), Parigi (1961-1964) e segretario generale della NATO (1964-1971). L'opera ha consentito l'edizione di un'ampia selezione delle migliaia di pagine manoscritte dal diplomatico italiano, facendo seguito alla pubblicazione dei diari di Mosca (1986), Washington (2008) e Parigi (2009).