
Succeduto nel 1416, all'età di 20 anni, al padre Ferdinando I al vertice della Corona d'Aragona, Alfonso V nel 1420 si recò a Napoli su richiesta della regina Giovanna II, che lo adottò e gli assicurò la successione al suo regno. Dopo tre anni, tuttavia, la volubile sovrana revocò l'adozione e il re d'Aragona ritornò in Spagna per risolvere i contrasti che nel frattempo erano insorti tra i suoi fratelli e il re di Castiglia, Giovanni II. Dopo la morte della regina Giovanna, partecipò contro Renato d'Angiò alla guerra di successione al trono di Napoli, che riuscì a conquistare nel 1442. Per consolidare quel trono Alfonso prese parte alle guerre che impegnarono i diversi potentati italiani, proseguendo tuttavia poi a combattere con la repubblica di Genova, i cui mercanti erano i principali concorrenti dei suoi sudditi catalani nel Mediterraneo. Napoli divenne di fatto la capitale dei domini di Alfonso che, grazie al mecenatismo con cui accolse gli uomini di cultura, fece della sua corte un importante centro del Rinascimento italiano. Per la sua liberalità gli umanisti gli attribuirono l'appellativo di Magnanimo.
Il volume affronta i fenomeni di reclusione e neutralizzazione/incorporazione di figure marginali - come i mendicanti, gli ebrei e gli ex prigionieri delle razzie costiere e della guerra di corsa - nelle città italiane di età moderna, così come venivano perfomativamente manifestati attraverso la processione, con le sue valenze comunicative e simboliche, spettacolari e mediatiche a cui in Italia, nell'età moderna, facevano largo ricorso i poteri religiosi e civili nella difesa dalla devianza e dalla diversità. La reclusione dei mendicanti negli istituti appositamente destinati a cercare di risolvere il problema del vagabondaggio e della mendicità nei contesti cittadini era, infatti, spesso preceduta da una processione, manifestazione religiosa e civile che veicolava alla cittadinanza la ricomposizione dell'ordine minacciato dalla libera circolazione di soggetti ritenuti fuori dalle regole civili e dai principi morali e religiosi. Caratteristiche confrontabili presentano altri due fenomeni processionali: quello che accompagnava al battesimo gli ebrei che si convertivano al cattolicesimo e attraverso cui visibilmente si incorporava nella compagine civile e religiosa la diversità ebraica ritenuta altrettanto minacciosa, e quello che sanciva il ritorno dei prigionieri riscattati dalla schiavitù in terre islamiche e reincorporava nella cattolicità coloro che erano andati incontro, durante la schiavitù, a forme di contaminazione con l'alterità islamica.
Con una popolazione che viaggia verso gli ottanta milioni di abitanti (quanto la Germania unita), a cavallo fra Europa e Asia, frutto di uno dei più clamorosi processi di modernizzazione forzata del Novecento, con una crescita economica assai forte e un reddito pro-capite che già supera quello di Bulgaria e Romania, con un record non immacolato in materia di tutela dei diritti umani ma al tempo stesso impegnata da anni a migliorarlo con appropriate riforme, la Turchia è candidata ufficiale, pur non senza contrasti, all'accesso nell'Unione europea, dove lavorano da anni milioni di suoi immigrati. Guidata da un partito islamico moderato che pare non rimettere in discussione la laicità dello Stato e che punta a costituire un vero e proprio modello, animata da una tradizione nazionalista forte che fatica ad accettare la presenza di minoranze importanti prima fra tutte quella curda, è una componente fondamentale della rete di alleanze occidentali a partire dalla Nato. Questo libro aiuta a comprendere le ragioni per cui gli europei devono fare i conti con un paese che non è una ex colonia di una grande potenza europea, bensì la parte di un ex potenza europea, l'Impero ottomano.
Raccolta di saggi sul concetto di sacralizzazione del potere, sui principi e le forme di sovranita e autorita che hanno segnato l'epoca medievale. Nell'attuale mondo globalizzato, in un'epoca di laicizzazione e democrazia, puo avere significato riflettere sul concetto di sacralizzazione del potere? Su principi e forme di sovranita e autorita che hanno segnato i secoli ormai lontani dell'epoca medievale? Un gruppo di studiosi ha realizzato su questi temi un progetto di ricerca, promosso dall'Istituto Veritatis Splendor di Bologna, nella convinzione che tale argomento sia molto attuale proprio a causa del processo di unificazione europea che stiamo vivendo. Il libro presenta saggiche sono, singolarmente, di grande interesse storico e capaci di fornirci, nell'insieme, spunti preziosi per acquisire una maggiore coscienza critica di cio che e necessario perche l'Europa non risulti unita solo di nome.
Una strada, o meglio una rete di strade, un fascio di percorsi terrestri e marittimi hanno spostato nel corso dei secoli uomini, merci e conoscenze dall'estremità orientale dell'Asia sino al Mediterraneo e all'Europa. Romantica e recente, l'espressione «via della seta» restituisce il senso di un mondo vasto, attraversato fin dai tempi antichi da guerre e conflitti ma animato anche dal fervore di scambi commerciali, culturali e politici. Fra montagne e altipiani per questotammino sono transitati spezie, animali, ceramiche, cobalto, carta, e naturalmente la seta. Alessandria, Chang'an, Samarcanda, Bukhara, Baghdad, Istanbul: sono alcune delle tappe di un viaggio millenario che giunge fin dentro al nostro presente. Perché la via della seta non è solo un racconto del passato, ma ha a che fare con il nostro futuro globale.
All'inizio di agosto del 1914 scoppia la prima guerra mondiale. L'Italia rimane estranea alle ostilità fino al 24 maggio 1915, ma le sue responsabilità in relazione al conflitto sono molto gravi e risalgono a qualche tempo prima. Nel 1911 l'Europa è infatti in un sostanziale equilibrio, lo sviluppo economico è tumultuoso e le grandi potenze hanno risolto quasi tutti i loro contrasti coloniali: l'unico elemento di instabilità viene dall'impero ottomano, il cui collasso porterebbe a conseguenze imprevedibili. In particolare è preoccupante la situazione nei Balcani, dove i nazionalismi serbo, bulgaro, greco e rumeno aspirano a un riassetto generale della regione a spese dei territori appartenenti a Costantinopoli. Dopo oltre un quarantennio di pace fra le potenze del continente, è l'Italia che riapre la stagione dei conflitti, invadendo le province ottomane di Tripolitania e Cirenaica. Giolitti, indifferente ai problemi continentali, è alla ricerca di una vittoria militare di prestigio che taciti le opposizioni di destra e rifiuta ogni offerta di cessione di fatto dei territori avanzata da Costantinopoli, conservandone la sovranità nominale, sull'esempio dell'Egitto e dell'Algeria, da anni protettorati inglese e francese. Nasce così l'impresa di Libia, inutile e proditorio attacco all'impero ottomano.