
Alcune questioni di scottante attualità si affrontano con più consapevolezza alla luce dell'indagine storica. La divisione del mondo in 'Noi' e 'gli Altri' e i connessi modi di pensare lo straniero, i rapporti tra il primo gruppo e il secondo (con particolare attenzione alle esperienze di gestione nonviolenta delle incomprensioni), il diritto di cittadinanza e, più in generale, la convivenza in una società multiculturale: come si sono comportati i greci antichi? Osservare le pratiche di accoglienza, meticciamento, respingimento o marginalizzazione in un tempo lontano da quello odierno può farci comprendere, comparativamente, come il nostro atteggiamento nei confronti degli stranieri abbia a che fare sia con determinazioni socio-economiche sia con le politiche dell'identità che, implicitamente o esplicitamente, adottiamo.
Nella primavera del 1945 Trieste divenne meta contesa dell'avanzata di due eserciti che parallelamente risalivano verso la città: da Est la Quarta Armata Jugoslava, da Ovest il 13° Corpo alleato che inquadrava soldati di nazionalità provenienti da tutto il mondo. Tra di essi la punta avanzata era costituita dalla 2ª divisione di fanteria neozelandese. L'autore, all'epoca Chief Intelllgence Officer di questa divisione comandata dal Generale Bernard C. Freyberg, ne tratteggia l'azione travolgente in grado di fiaccare ogni residua resistenza nemica. Il libro è un grande reportage che si colloca ai vertici della memorialistica legata alla Seconda guerra mondiale.
A ridosso dell'impenetrabile confine tra Gorizia e la neonata Nova Gorica, domenica 13 agosto 1950, accade un evento straordinario. A migliaia, i goriziani rimasti in Jugoslavia dopo il 17 settembre 1947 superano il confine per tornare ad abbracciare amici, parenti e fidanzate, incuranti dei fucili dei soldati jugoslavi, i graniciari, ferrei controllori della frontiera tra l'Occidente democratico e la repubblica di Tito, avamposto dell'Est europeo. Durante la loro permanenza a Gorizia, gli jugoslavi si disperdono nei caffè cittadini, nelle osterie e nei negozi, rimasti aperti nell'imminenza del Ferragosto. È una giornata di festa interminabile, vissuta all'insegna dell'eccesso e degli acquisti. Gli empori vengono letteralmente vuotati perché al di là della frontiera, in una Nova Gorica ancora in fase di costruzione e nei paesi limitrofi, c'è poco o nulla da comprare. Nemmeno una semplice scopa di saggina, l'articolo che più di tutti verrà acquistato fino a divenire il simbolo di quel memorabile giorno a Gorizia. In questo libro lo sguardo partecipe di Roberto Covaz si posa con leggerezza su una molteplicità di personaggi e vicende, ora curiose ora amare, che compongono un racconto-mosaico in grado di condurci all'essenza dell'idea di confine.
A ridosso dell'impenetrabile confine tra Gorizia e la neonata Nova Gorica, domenica 13 agosto 1950, accade un evento straordinario. A migliaia, i goriziani rimasti in Jugoslavia dopo il 17 settembre 1947 superano il confine per tornare ad abbracciare amici, parenti e fidanzate, incuranti dei fucili dei soldati jugoslavi, i "graniciari", ferrei controllori della frontiera tra l'Occidente democratico e la repubblica di Tito, avamposto dell'Est europeo. Durante la loro permanenza a Gorizia, questi suoi ex cittadini si disperdono nei caffè, nelle osterie e nei negozi, rimasti aperti nell'imminenza del Ferragosto. È una giornata di festa interminabile, vissuta all'insegna dell'eccesso e degli acquisti. Gli empori vengono letteralmente vuotati perché al di là della frontiera, in una Nova Gorica ancora in fase di costruzione e nei paesi limitrofi, c'è poco o nulla da comprare. Nemmeno una semplice scopa di saggina, l'articolo che più di tutti verrà acquistato fino a divenire il simbolo di quel memorabile giorno. In questo libro lo sguardo partecipe di Roberto Covaz si posa con leggerezza su una molteplicità di personaggi e vicende, ora curiose ora amare, che compongono un racconto-mosaico in grado di condurci all'essenza dell'idea di confine.
“Nella storia di un’istituzione si compongono e vengono riproposti al nostro presente le azioni, le convinzioni e le decisioni di coloro che l’hanno fatta nascere e crescere giorno dopo giorno, le strutture fondamentali e i processi del suo funzionamento ordinario, gli eventi eccezionali e le fasi critiche che inevitabilmente irrompono nel regolare svolgimento di ogni realtà istituzionale lungo il succedersi degli anni. È per questo motivo che la storia di un’istituzione è soprattutto la storia della sua vita. E lo è in modo del tutto speciale, quando, muovendo dalle origini e da quei principî – vere e proprie tavole di valori – scolpiti direttamente per mano dei Fondatori, la ricostruzione storica cerca e osserva nella vita dell’istituzione le ragioni decisive della sua vitalità.
Ormai non lontana dal 90° anniversario della nascita, l’Università Cattolica del Sacro Cuore ancora non dispone di una serie unitaria di indagini che, appunto componendo e coerentemente ordinando elementi e fattori storici essenziali nella vita della nostra istituzione, definisca e illustri la storia davvero straordinaria – certamente desiderata, ma altrettanto sicuramente inimmaginabile quasi novant’anni fa – dell’Ateneo dei cattolici italiani. A tale carenza storiografica si incomincia ora a sopperire con questo primo volume, nel quale vengono raccolte, per la cura del prof. Alberto Cova, le Relazioni pronunciate dai Rettori in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, nell’arco di tempo che dalla fondazione dell’Università giunge quasi allo schiudersi dell’attuale secolo”.
dalla Presentazione dell’opera di Lorenzo Ornaghi
Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Pubblicato nel 1997 e tradotto in venticinque paesi, questo studio ha avviato un vasto dibattito a livello internazionale, accompagnato da inevitabili polemiche. Questa nuova opera collettiva, curata da Stéphane Courtois, approfondisce e completa il lavoro di bilancio e di analisi inaugurato allora, prendendo in considerazione i crimini del comunismo in Europa. Affermati storici e studiosi europei e americani mettono in luce tragedie che troppo spesso sono state sottovalutate o deliberatamente ignorate, per fare emergere la verità. Scopriamo così come in Estonia i "battaglioni di distruzione" comunisti abbiano avuto, durante l'ultima guerra mondiale, diritto di vita e di morte su quanti cadevano nelle loro mani; come la popolazione bulgara abbia conosciuto per decenni il terrore di massa; come nel famigerato carcere rumeno di Pitesti i detenuti venissero costretti a torturare i loro stessi compagni. Per non parlare delle angherie perpetrate con il massimo zelo dalla Stasi nella Repubblica democratica tedesca. Questo libro indaga su uno degli interrogativi più sconcertanti della storiografia novecentesca: perché il comunismo, nonostante i fallimenti e le tragedie che ha provocato per quasi un secolo, possa ancora rappresentare per moltissime persone un ideale di giustizia e di progresso.
È il 1941. Theo Coster ha solo tredici anni quando, insieme a molti suoi coetanei, è costretto a lasciare l'istituto che frequenta per iscriversi a una scuola ebraica. Tra i suoi nuovi compagni di classe c'è una ragazzina intensa e intelligente, Anna Frank. Nessuno di loro ha scelto la nuova scuola, e la separazione dagli amici non ebrei è soltanto l'inizio. Mattina dopo mattina i banchi si svuotano, gli sguardi degli insegnanti si fanno più angosciati, il mondo fuori dalla classe più irto di pericoli, e le vite di quei ragazzi precipitano nell'incertezza, poi nel terrore. A quei giorni lontani, alle peripezie che seguirono, ma anche al valore di un'amicizia che resiste al tempo e ai lutti rendono omaggio, con questo libro, Theo Coster e gli altri compagni sopravvissuti dello Joods Lyceum. Settant'anni dopo tornano ad Amsterdam per ripercorrere i momenti salienti della loro adolescenza insieme ad Anna, visitano la sede della loro scuola, la casa di lei e l'ormai tristemente famoso rifugio sul retro. Rievocano i bombardamenti, le persecuzioni, la liberazione. Alcuni, come Theo, si sono salvat; grazie a un'anomalia nei documenti dell'anagrafe; altri perché non hanno mai smesso di nascondersi, scappando di città in città per tutta l'Europa; altri ancora sono usciti vivi dai campi di concentramento. "I nostri giorni con Anna" è la storia di un legame ritrovato, il racconto di un viaggio alla riscoperta del tempo perduto, la testimonianza di un passato che non si può dimenticare.
Il volume offre un orientamento storico-critico nel poliedrico mondo della divinazione nel quale si consuma l'eterna inquietudine dell'uomo, sempre in cerca di risposte sul proprio destino, come dimostra la sorprendente persistenza di molti sistemi divinatori anche nell'attuale realtà ipertecnologica. Questo dizionario propone una ricognizione complessiva del fenomeno delle tecniche mantiche elaborate nel corso dell'antichità greco-romana e del medioevo latino e bizantino, con particolare riguardo alle fonti letterarie e documentali.
L'itinerario della evoluzione urbanistica, sociale ed economica di Trapani, che Salvatore Costanza ha seguito nei suoi precedenti lavori lungo l'arco della storia moderna e contemporanea, dal Cinquecento al secolo XX, si conclude con questo saggio sul Tramonto delle egemonie urbane, ricostruendo le convulse fasi della lotta politica nel primo dopoguerra e dell'avvento del fascismo. Esaurita l'euforia industriale che spinse la borghesia locale, tra Otto e Novecento, a inserirsi attivamente nel mercato nazionale e mediterraneo, si determinò, con la massima adesione del ceto alto/borghese al regime mussoliniano, la formazione del nuovo "blocco agrario" e la crisi del sicilianismo democratico di Nunzio Nasi. Il saggio che utilizza un'inedita documentazione archivistica e le Carte del fondo Nasi, ricostruisce il ventennio 1919-1940 sui tre livelli della storia politica, urbanistica ed economica, evidenziando gli aspetti del nuovo ordine sociale. In Appendice è la storia di una famiglia notabilare, consegnata nei Diari di Antonietta Dalì Platamone, dove s'intravede in scorcio la vita sociale della città e ce ne vengono restituite le declinanti atmosfere ideali e morali.