
Dal primo avventurarsi su due gambe nelle pianure africane alla produzione di pitture rupestri, piramidi, bastimenti, parlamenti e molto altro: tanto si è scritto sul cammino evolutivo dell'umanità grazie al lavoro di paleontologi, archeologi e genetisti. Ciascuno di loro ha messo un tassello a formare un quadro generale della nostra storia. Ma oggi siamo riusciti a compiere un altro passo: con la capacità che abbiamo acquisito di leggere a fondo il DNA di tante persone, passate e presenti, e di interpretarne le differenze, quei resti non solo ci danno un'idea delle migrazioni, degli scambi, dei processi di adattamento all'ambiente che hanno fatto di noi quello che siamo, ma ci hanno anche permesso la ricostruzione delle sembianze dei nostri antenati. Il lavoro scrupoloso di un gruppo di artisti ci fa finalmente guardare in faccia Homo erectus, che per primo ha imparato a maneggiare il fuoco, e i piccoli ominidi dell'isola di Flores in Indonesia, che qualcuno ha ribattezzato hobbit; i vecchi europei, gli uomini di Neandertal e quelli nuovi come Ötzi, l'uomo dei ghiacci del Museo di Bolzano, e tanti altri. Guardandoli negli occhi possiamo capire meglio quanto abbiamo in comune, quanto ci siano vicini, quanto è vero che, nonostante la grande distanza temporale, noi in qualche modo siamo loro.
Dal primo avventurarsi su due gambe nelle pianure africane alla produzione di pitture rupestri, piramidi, bastimenti, parlamenti e molto altro: tanto si è scritto sul cammino evolutivo dell'umanità grazie al lavoro di paleontologi, archeologi e genetisti. Ciascuno di loro ha messo un tassello a formare un quadro generale della nostra storia. Ma oggi siamo riusciti a compiere un altro passo: con la capacità che abbiamo acquisito di leggere a fondo il DNA di tante persone, passate e presenti, e di interpretarne le differenze, quei resti non solo ci danno un'idea delle migrazioni, degli scambi, dei processi di adattamento all'ambiente che hanno fatto di noi quello che siamo, ma ci hanno anche permesso la ricostruzione delle sembianze dei nostri antenati. Il lavoro scrupoloso di un gruppo di artisti ci fa finalmente guardare in faccia Homo erectus, che per primo ha imparato a maneggiare il fuoco, e i piccoli ominidi dell'isola di Flores in Indonesia, che qualcuno ha ribattezzato hobbit; i vecchi europei, gli uomini di Neandertal e quelli nuovi come Ötzi, l'uomo dei ghiacci del Museo di Bolzano, e tanti altri. Guardandoli negli occhi possiamo capire meglio quanto abbiamo in comune, quanto ci siano vicini, quanto è vero che, nonostante la grande distanza temporale, noi in qualche modo siamo loro.
Diecimila anni fa, nella preistoria, si sono messe in moto trasformazioni che ancora ci riguardano, che ancora influenzano il nostro modo di lavorare, di vestirci, di mangiare, di confrontarci con gli altri membri della nostra comunità. È una rivoluzione che ha cambiato anche l'ambiente intorno a noi e le nostre relazioni con piante e animali, tanto che il DNA - sia il nostro, sia quello di molti animali e piante - ne è uscito diverso. Si chiama rivoluzione neolitica: il momento in cui, più che in qualunque altro, biologia e cultura si sono intrecciate, influenzandosi a vicenda e producendo la nostra storia. È stato allora che un'umanità in precedenza sempre affamata ha cominciato a produrre il cibo di cui aveva bisogno, e quindi a crescere e a diffondersi sul pianeta. Nel giro di qualche millennio la rivoluzione è arrivata ovunque, sulle gambe dei rivoluzionari che dalla Mezzaluna fertile, dalla Cina, dall'America centrale e dalle Ande hanno esportato in tutto il mondo i propri geni, le piante coltivate e gli animali allevati. Abbiamo iniziato ad abbattere foreste, per farne campi e pascoli, modificando il paesaggio; abbiamo smesso di essere nomadi, costruendo villaggi e poi città dove ha preso forma la nostra società, anche in certi suoi aspetti che sembrerebbe difficile collegare alla preistoria. Ma è così: se oggi in Europa molti digeriscono il latte, se abbiamo la pelle chiara e parliamo lingue che si somigliano, è grazie alle migrazioni neolitiche. E non è tutto: abbiamo cominciato a modificare geneticamente piante e animali proprio allora e non abbiamo mai smesso. Ripensarci - oggi che la consapevolezza è cresciuta - ci permette di ragionare più lucidamente su costi e benefici della moderna ingegneria genetica. Allo stesso modo, ricordare come per millenni l'umanità si sia ripetutamente spostata e rimescolata può aiutarci a osservare con meno ansia le trasformazioni che la nostra società sta attraversando, e a spegnere qualche allarme ingiustificato.
In sequenza cronologica i fatti significativi della storia di tutte le civiltà dalla preistoria a oggi, suddivisi in tre colonne affiancate, la prima delle quali è dedicata agli eventi storico-politici, la seconda a quelli letterari, artistici, filosofici, religiosi, la terza alle scoperte scientifiche, alle realizzazioni tecniche, alla vita quotidiana. Un prezioso strumento di consultazione che permette di controllare sinotticamente parallelismi e dislivelli spesso sorprendenti tra le varie civiltà e all'interno della nostra stessa cultura, in una prospettiva trascurata dai libri di storia.
È certamente difficile riunire in un libro le tante realtà che costituiscono l'Africa subsahariana. All'autore va riconosciuto il merito di esserci riuscito, adattando la struttura abituale della collana alle esigenze dell'argomento. Una prima ampia sezione è infatti dedicata alle diverse popolazioni ed etnie e alla loro dislocazione sul territorio del continente nero, premessa indispensabile per affrontare poi i temi di questo libro. I lemmi del dizionario spaziano da Società acefale a Schiavitù, da Politeismo africano a Islam nero, da Maschere a Stregoneria, e raccontano attraverso un'iconografia di eccezionale interesse e talvolta mai vista, usi, costumi, culti e credenze, rituali di popolazioni le cui tradizioni vanno via via scomparendo.
Alla fine degli anni Ottanta la dissoluzione del mondo comunista ha completamente ridisegnato lo scenario politico globale: è finito l'equilibrio bipolare della guerra fredda, nuovi protagonisti sono venuti avanti, nuove zone di tensione sono emerse, il sistema internazionale stenta a ritrovare un equilibrio e anzi oggi riceve i duri colpi della crisi. Il volume ricapitola con chiarezza i due ultimi decenni di politica internazionale: dalle eredità della guerra fredda alla vittoria dell'Occidente con l'implosione dell'Europa comunista, dal difficile unilateralismo americano all'espansione del radicalismo islamico, dal cammino dell'unione europea all'emergere della Cina come grande potenza, cha fa prevedere un ventunesimo secolo posto oramai sotto il segno dell'Asia.
Nel linguaggio del Vasari, il termine "maniera" era sinonimo dell'odierno "stile". Egli chiarì le parti reciproche fra le tre "maniere" succedutesi nell'arco di tempo che va da Cimabue a Leonardo, Michelangelo e Raffaello, culminando in quella che definì "maniera moderna". Vasari predicava l'obbligo di uniformarsi alla maniera moderna, mentre condannava coloro che non le si attenevano, lasciandosi andare a tormenti e furori affidati a grafismi parossistici. In Pontormo o Rosso Fiorentino, in Tintoretto o Parmigianino, sorta di ribelli e contestatori ante litteram, molti hanno visto gli antenati dell'arte contemporanea. Questo saggio si propone di ribadire le consonanze tra quella stagione e gli esiti più intensi della contemporaneità.
Costituente, deputato, ministro, sette volte presidente del Consiglio, senatore a vita, Giulio Andreotti (1919-2013) ha attraversato tutta la storia dell'Italia repubblicana, nonostante accuse, scandali, processi. La sua straordinaria longevità politica ne ha fatto il simbolo non solo della Democrazia cristiana ma della stessa «Repubblica dei partiti» che ha retto per un cinquantennio il nostro Paese. Questo volume, partendo dalle carte del suo archivio personale, prova a storicizzarne la figura, ricostruendone la formazione nella Fuci con le iniziali simpatie «radicali», il rapporto con Alcide De Gasperi dalla Resistenza alla presidenza del Consiglio, l'adesione alla Dc e la lotta tra le sue correnti, l'azione da ministro (alle Finanze, alla Difesa, all'Industria), le relazioni con il Vaticano e le amministrazioni americane, sino alla contestazione del '68. Sostenitore di una Dc unita e perno del sistema politico, garante della collocazione occidentale ed europeista dell'Italia, Andreotti ha saputo ancorare l'opinione pubblica moderata al suo partito, sancendo, anche durante la «strategia della tensione», la sua imprescindibilità come rappresentante di una parte importante del Paese.