
Perché gli intellettuali scelsero di mettersi al servizio del Terzo Reich? Una storia del nazismo intessuta di esperienze personali, angoscia, utopia e crudeltà.
Erano brillanti, intelligenti e colti, neppure trentenni quando Hitler prese il potere. Provenivano dalla classe media e i loro studi universitari li destinavano a carriere prestigiose, come giuristi, economisti, filosofi, linguisti o storici. Ma scelsero di far parte degli organi di repressione del Terzo Reich, in particolare presso il Servizio di sicurezza delle SS. Essi teorizzarono, pianificarono e giustificarono l'eliminazione di venti milioni di individui ritenuti di «razza inferiore». Christian Ingrao analizza il destino di molti intellettuali, bambini al tempo della Grande Guerra, si interessa alla loro rete di relazioni, ricostruisce il loro modo di rappresentarsi la guerra e il nemico, li segue durante l'esperienza cruciale delle campagne di Polonia e di Russia, e dopo la sconfitta. Ingrao ha cercato di capire come questi intellettuali fecero a credere, e arrivarono a distruggere.
Il nazismo, in Germania, non fu soltanto un movimento guidato da folli in preda a deliri di onnipotenza. Fu anche una poderosa macchina burocratica che, per funzionare, aveva bisogno di uomini preparati. Giuristi, dottorandi in economia o in storia, giovani laureati costituirono un'élite di intellettuali che, pur non rientrando nella cerchia degli uomini piú fidati di Hitler, svolse un ruolo fondamentale sia dal punto di vista teorico e organizzativo, sia come apparato di esercizio quotidiano del potere. Ma che cosa spinse questi uomini a mettersi a servizio del nazismo? Secondo l'originale e controversa tesi di Ingrao, la cultura bellica che durante la prima guerra mondiale aveva caratterizzato tutte le società europee, senza risparmiare i bambini tedeschi del primo dopoguerra - tanto piú quelli provenienti dalle aree di confine, che avevano subito occupazione ed espropri - una volta cresciuti sentivano di vivere assediati da un «mondo di nemici». Essi espressero la propria angoscia aderendo in massa al radicalismo di destra. Il messaggio nazista come progetto di rifondazione della germanità, intercettando e dando un obbiettivo a questo fervore, rappresentò il transfert di una rivincita anche ideale, il sogno di un invincibile «Grande Reich millenario».
Traduzione di Mario Marchetti (pp. VII - XXX, 1-162) e Frédéric Ieva (pp. 163-359)
"Queste memorie sono in qualche modo la ricostruzione di una vicenda personale e sociale nelle insanguinate vicende del mio tempo. Ma - anche per il memorialista - non è proprio certo che le cose siano andate così, e con tale "ordine" sotteso. L'accaduto forse diverrà più sicuro, quando saranno appurati nessi ed eventi che a tutt'oggi, almeno per chi scrive, risultano ambigui o ancora nel farsi, o ancora troppo personali e segreti. Quell'evento fu cosi, come sta aggrappato nella mia dolce, dolorosa memoria? O si è consumata la chiave, ammesso che ci sia in campo una chiave, sia pure per una raccolta di frammenti? Essendo incerta la lingua, come si dà e si legittima la memoria? E perché temiamo tanto che la memoria si perda? E la vanità di stare ancora e per sempre sulla scena o un tentativo di salvezza? O forse è la memoria di una soggezione ad altri, tale che non può reggere il silenzio."
Come in Italia, anche in Germania la Grande guerra alimentò forti tensioni, frantumò gli schemi politici del passato, produsse nuove contrapposizioni. Si è ormai stratificata nella storiografia l'idea che Hitler e il nazionalsocialismo siano stati il risultato di particolari circostanze: la Prima guerra mondiale, le ritorsioni di Versailles, la gracile democrazia nata dalle ceneri dell'Impero guglielmino. In realtà nella Germania del primo dopoguerra si agitarono forze culturali e politiche contrapposte alla repubblica di Weimar e alternative a Hitler, come la Rivoluzione conservatrice, il nazionalbolscevismo, il prussianesimo. Furono correnti di pensiero che tutte, in qualche modo, trassero linfa dalla grande tradizione del socialismo tedesco, nazionale e antimarxista. Cadute le barriere di destra e di sinistra, la linea di confine corse fra la multiforme sinistra nazionale e il nazionalsocialismo. Hitler fu l'esito finale di una storia che avrebbe potuto seguire anche altre direttrici; un dramma nel dramma della Germania nel Novecento. Questo libro disegna una mappa che guida lungo le vie seguite da uomini d'azione e uomini d'arme, filosofi e cattedratici, la cui avventura, talvolta velleitaria, risultò perdente nel confronto con il realismo politico del machiavellico Hitler.
Politici e studiosi alessandrini per l'Unità d'Italia. Prefazione di Corrado Malandrino.
Claretta Petacci e Benito Mussolini, gli amanti del regime, Edda Mussolini e Galeazzo Ciano, i divini mondani del fascismo. Edda è prepotente, inquieta, aspra, intollerante ma anche impetuosa e sicura di sé; Claretta è una ragazza romantica, indifesa, dolce e sensuale, bella come un capriccio degli dèi. Due donne diverse che hanno in comune un tragico destino e un uomo: Benito Mussolini. È la figlia del Duce che apre le ostilità quando si accorge che la dolce Claretta la sta sostituendo nel cuore del padre; una guerra fra donne che accompagnerà l'ascesa e la caduta del duce che, in modi diversi, trascinerà nella tragedia le uniche donne che l'hanno veramente amato.
Il volume racconta la storia del corpo dei kamikaze giapponesi, dalla nascita fino allo scioglimento con l'harakiri del comandante, l'ammiraglio Takijiro Onishi, il 15 agosto 1945. Ideati per supplire all'inferiorità delle forze navali e aeree avevano come obiettivo la missione suicida di ogni pilota contro una portaerei nemica. La spaventosa intensità delle missioni suicide contò alla fine oltre 1900 attacchi, la maggior parte dei quali ebbe luogo tra il 6 e il 7 aprile 1945, con ben 355 aeroplani distrutti. Raccolte a fine volume le struggenti lettere di congedo alla famiglia di tanti giovani piloti, mandati a morire per una guerra già persa.

