
Un'antologia degli scritti di Fédida dal 1968 al 2002. Questa raccolta di scritti oltre a rendere omaggio a una delle figure di maggiore spessore della psicoanalisi contemporanea, nel decennale della sua morte, si interroga sui temi che hanno messo alla prova la psicoanalisi.
Come accelerare il cambiamento psicoterapeutico? Come superare le barriere che gli schemi interpersonali maladattivi frappongono tra il mondo interno del paziente e un futuro in cui siano presenti speranza e fiducia? In questo volume la terapia metacognitiva interpersonale compie una svolta: si dota di uno strumentario di tecniche immaginative, drammaturgiche, sensomotorie e di mindfulness. Lo fa sempre all’interno della procedura decisionale rigorosa; non accumula tecniche, ma formula il caso e propone al paziente un’attività che gli possa far compiere il passo successivo verso la salute. Tutto in modo continuamente negoziato, condiviso e pianificato. È un volume di tecnica psicoterapeutica, pensato per clinici di ogni approccio e scritto mirando alla massima chiarezza e utilizzando continuamente casi clinici per illustrare gli interventi.
Di fronte alla critica biblica occidentale e tradizionale che spesso si è distinta per autorizzare e suffragare lo stato di schiavitù non soltanto di Onesimo – lo schiavo che dovrebbe stare al centro della lettera di Paolo a Filemone, padrone di schiavi –, ma anche degli schiavi africani condotti a forza nel continente americano e qui dominati in condizioni disumane e disumanizzanti, i saggi raccolti in questo volume si pongono dalla prospettiva contingente e contestuale del non libero che non ha mai potuto essere che non razionale, non puro, non bianco, non maschio, non uomo. La modernità non ha eliminato l’oppressione dall’esperienza umana e la schiavitù continua a esistere ancor oggi, Onesimo vive ancora con noi e anche Filemone è ancora tra noi. Da punti di vista diversi, i vari studi mostrano come – nonostante l’abuso abominevole che si è potuto fare della lettera a sostegno della causa schiavista – Paolo in tutti i limiti della sua ambiguità ha sempre tenuto fermo che senza la carne, e la carne dello schiavo ristabilito nella sua giustizia, non può esserci riconciliazione.
Questo testo nasce come prodotto appassionato e creativo di diversi terapeuti che operano nei cinque continenti: ciò che li unisce è l'appartenenza militante a una rete internazionale di esperti in terapia della famiglia che condividono gli stessi principi, lo stesso approccio umanistico e multiculturale di fronte a tante storie di sofferenza, di perdita e di marginalità sociale. Filo conduttore del libro è il ruolo della famiglia come cerniera fondamentale tra l'individuo e la società e strumento dalle formidabili potenzialità di cura. Il testo si articola in cinque sezioni, che affrontano tematiche di clinica a indirizzo sistemico-familiare in bambini, adolescenti, coppie, lutti e traumi familiari e comunitari, e un'ultima e attuale parte che mette a fuoco le tematiche drammatiche di discriminazione sociale e culturale come conseguenza di guerre, migrazioni forzate e cambiamenti climatici. "La famiglia che cura" è un innovativo strumento per la terapia a indirizzo sistemico-familiare, il suo approccio mostra quanto la forza dei legami familiari possa essere un elemento di cura a prescindere dal contesto culturale nel quale un individuo è inserito.
Il "Kit per la pratica sensomotoria" costituisce uno strumento concreto che permette di accedere alla conoscenza innata che risiede nel corpo di ciascuno di noi, troppo spesso condizionata da storie personali e contesti socioculturali di cui non abbiamo piena consapevolezza. Le carte, suddivise in 15 temi, propongono un approccio diretto al metodo della psicoterapia sensomotoria di Pat Ogden, senza però voler in alcun modo sostituire un percorso clinico. Vi si può fare ricorso tra una seduta e l'altra, all'interno del setting terapeutico o anche in autonomia, dopo aver acquisito dimestichezza con le modalità proposte. Poiché il corpo ci insegna sempre qualcosa di diverso lungo tutto l'arco della nostra vita, questi esercizi possono essere svolti in qualsiasi momento, anche a distanza di anni, per trarre nuove conoscenze e sviluppare una connessione profonda con noi stessi, gli altri e il mondo.
Di per sé la dissociazione è prevalentemente una difesa contro le emozioni eccessive derivanti da esperienze traumatiche impossibili da fronteggiare e integrare nella coscienza ordinaria. Quando diventa la modalità esistenziale primaria della persona, tuttavia, essa perde le caratteristiche adattive e protettive per diventare una vera e propria patologia. Ma la dissociazione patologica è anche una delle più tragiche conseguenze dell'abuso infantile. E dunque imperativo comprendere meglio i disturbi dissociativi della prima infanzia, il ruolo della dissociazione nei problemi psichiatrici derivanti da esperienze traumatiche, dal maltrattamento e dalla violenza, nonché le possibilità di efficace intervento terapeutico.