
Uno squarcio sul mondo degli anziani, sulla loro sofferenza, la loro fragilità. Un percorso attraverso le storie di una serie di “nonni”, per immedesimarci nelle loro vite, per riflettere su quelle degli anziani che conosciamo, in una prospettiva diversa, più matura e consapevole. Uno strumento utile per chi vuole comprendere come affrontaremeglio il rapporto con loro e per chi vive la vecchiaia sulla propria pelle. Come ci immaginiamo da anziani? Possiamo fare qualcosa per prepararci a questa fase della vita? Nella consapevolezza che non si tratta di una strada così scorrevole, proveremo a camminare insieme dando un braccio alla sofferenza e l’altro alla creatività.
Ci sono parole che feriscono e parole che guariscono. È la tesi della psicoterapia che riconosce alla parola un potere terapeutico importante. Prendere consapevolezza di questa verità è fondamentale per riuscire a conquistare maggiore consapevolezza di sè e delle possibilità di superare con leproprie forze piccole e grandi difficoltà della vita quotidiana. È l’argomento al centro del saggio di Pasquale Ionata: Diventa ciò che sei, il potere curativo delle parole di prossima uscita per i tipi di Città Nuova.
Anticipiamo la presentazione che ne fa l’autore nella introduzione.
«La psicoterapia è l’argomento principale di questo libro, un libro alla portata di chiunque, all’insegna della semplicità ma anche della profondità, in apparenza leggero ma non privo di saggezza, che tende a esaltare il buon senso. In estrema sintesi, lo scopo del libro è quello di accompagnare il lettore a focalizzare meglio, attraverso l’uso delle parole, alcuni aspetti esistenziali che dopo anni di pratica psicoterapeutica ho sperimentato essere molto importanti nella nostra quotidianità: capire il senso e il significato della vita nei suoi aspetti più diversi; cogliere la molteplicità esistenziale della dimensione dell’amore; acquisire una capacità di immaginazione improntata all’ottimismo; sottolineare l’importanza igienico-mentale del rapporto con gli altri. Tali aspetti esistenziali saranno trattati nei quattro capitoli, dedicati rispettivamente alla vita, all’amore, all’immaginazione e agli altri.
Nello sviluppo del libro si è scelto di presentare numerose metafore terapeutiche, con l’intenzione di suscitare nel lettore un momento di riflessione, un’occasione per sviluppare un atteggiamento positivo e ottimistico nei confronti di sé, degli altri e del mondo. Le metafore sono l’essenza del pensare: possiamo pensare alla vita come a un “giardino di rose”, al lavoro come a una “guerra”, al nostro tempo libero come a una “tavola riccamente imbandita”; uno dei miei pazienti, parlando di sé, disse di sentirsi “tra l’incudine e il martello”. Quale che sia la metafora, essa emerge nelle parole e nelle espressioni che usiamo e influenza la nostra e l’altrui esperienza. Le metafore pervadono la nostra vita. Sono il simbolo di ciò che pensa la nostra mente inconscia. Quando non prestiamo ascolto, il nostro inconscio aumenta l’intensità dei segnali fino al punto di far materializzare il messaggio sotto forma di sintomi fisici o malattie.
I nostri sogni sono metafore, uno dei mezzi di cui dispone l’inconscio per comunicare con noi. Le nostre parole sono metafore: talvolta racchiudono il messaggio che volevamo trasmettere, altre volte comunicano ciò che davvero pensiamo e che avremmo preferito non comunicare. Più sapremo dare ascolto alle metafore che pervadono la nostra vita, più potremo attingere al potere della mente inconscia. Tra le diverse metafore terapeutiche provenienti dalle più varie culture, in queste pagine saranno citate soprattutto quelle di un maestro sufi: il mullah turco Nasreddin, molto famoso nel mondo musulmano e non solo.
Nasreddin visse nel XIII secolo a Konja, in Turchia, e le storielle che lo vedono protagonista si diffusero rapidamente in tutta Europa e in Medioriente. Sono storielle piene di arguzie e facezie, oltre che impregnate di quel sano stile autoironico tanto necessario in un contesto particolare come quello della psicoterapia. Per me, sono l’occasione di rendere un doveroso omaggio alla cultura islamica, perché, come ricorda lo psicoterapeuta iraniano naturalizzato tedesco Nossrat Peseschkian, è ormai storicamente accertato che si deve ad un medico persiano sciita di nome Rhazi (850-953 d.C.) il primo uso documentato del termine El Ilaj Ennafsani, che significa appunto “psicoterapia”.
Viveva a Bukhara un emiro che non si muoveva più dalla sua sedia, bloccato a causa di una misteriosa malattia articolare che nessun medico riusciva a guarire. All’inizio anche Rhazi fallì, poi, un bel giorno, condusse l’emiro in un luogo sicuro. Qui, dopo aver preparato un cavallo e un mulo per la fuga, minacciò con un coltello l’emiro, insultandolo sempre più pesantemente. A un certo punto, l’uomo cercò di aggredirlo, accecato dall’ira, e si alzò dalla sedia… Rhazi a questo punto fuggì e si allontanò dal regno dell’emiro. Saputo l’accadimento, in città si gridava al miracolo. Ma non era così. Rhazi aveva semplicemente capito che l’emiro non era affetto da malattie organiche che potessero impedirgli di camminare, e facendogli provare un’emozione intensa riuscì a ottenere l’effetto desiderato. […]
La psicoterapia intesa come cura attraverso le parole affonda le sue radici nella notte dei tempi: gli sciamani del neolitico, i sacerdoti-astronomi sumeri, i sacerdoti-maghi egizi che curavano scacciando malocchi e fatture con gli incantesimi e i sortilegi, gli ispirati profeti del popolo d’Israele, i talmudisti, i cabalisti, gli indovini oracolari greci, gli asceti eremiti Padri del deserto… tutti avevano colto il potere trasformante della parola. Anche Platone esalta l’efficacia terapeutica della parola nei suoi Dialoghi. Gorgia dice: «La parola è un potente sovrano, perché con un corpo piccolissimo conduce a opere profondamente divine, infatti essa ha la capacità di cancellare la paura, di infondere la gioia e di intensificare la compassione».
Nel contesto culturale occidentale, per la nascita (anche se non ufficiale) della psicoterapia moderna bisogna aspettare la seconda metà del Settecento, con le teatrali baquets parigine piene di magneti del medico viennese Franz Anton Mesmer (1734-1815) che credeva di guarire utilizzando un fantomatico “fluido vitale” che egli definiva «magnetismo animale», rivelatosi poi inesistente. Il termine stesso di “mito” deriva dal greco mythos, la cui radice my- si riallaccia al significato di “mormorare”, “emettere suoni con la bocca”, “parlare”: mythos in greco equivale, nello stadio più antico, a “discorso”, o meglio ad un “discorrere” con le parole.
«In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1, 1): così si esprime il Vangelo di Giovanni, ma prima ancora, nell’Antico Testamento, Dio crea il cielo e la terra usando la “Parola”: «Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu» (Gen 1, 3). Ricordando un saggio proverbio, «Fa’ in modo che le tue parole siano dolci, nel caso tu dovessi mangiarle», vi auguro di saper cogliere in queste pagine tutte le parole che sentite dolci per potervene così alimentare».
Il primo volume di una NUOVA SERIE dedicata ai “DIVERSI VOLTI” DELL’AMORE.
Un sentimento universale. Scritto nel DNA dell’uomo. Che informa la vita in ogni sua fase e che assume volti diversi: tra madre e figlio, nella coppia, tra gli amici…Capace di dare senso a quanto facciamo e sapore alle nostre giornate. Proprio perché connaturato all’uomo, l’amore dovrebbe costituire il fil rouge della nostra vita, spontaneamente. Non è così. L’amore è davvero un’arte che si apprende con consapevolezza, impegno, dedizione quotidiana. Su tale argomento il volume traccia un percorso di riflessione interdisciplinare con il contributo in particolare della psicologia, che, partendo da aspetti biologici, affettivi ed emozionali, mostra come tale capacità si costruisce nell’esperienza quotidiana, grazie a un processo continuo, piacevole e faticoso, di scoperta di sé e dell’altro.
Piccolo manuale di un sentimento capace di evolversi, sorprenderci, crescere, affinato dall'esperienza quotidiana.
I fratelli, gli amici, i colleghi? Sono la linfa vitale della nostra quotidianità. Fonte di energia per affrontare le avversità e luogo di condivisione delle piccole e grandi gioie. Che tipo di legame affettivo esiste tra fratelli e tra amici? Come gestire questi rapporti? Con quali problematiche e con quali risorse? Per prendere in mano la nostra vita e dare pienezza alla nostra quotidianità.
Un amore che va oltre i legami di sangue e di amicizia. Un amore globale, che abbraccia tutti. Anche stimolato da internet e dai social network. Talvolta si scontra però con sentimenti di ostilità, egoismo, indifferenza. Come educarci allora a vivere questo sentimento? Attorno a questo interrogativo l'autrice traccia un itinerario psicologico di apprendimento.
QUESTO VOLUME E`FRUTTO DI UNA ORIGINALE COLLABORAZIONE: VI CONFLUISCONO INFATTI LE COMPETENZE SPECIALISTICHE DELLO PSICOLOGO-PSICOTERAPEUTA, DELLO PSICOPEDAGOGISTA E QUELLA PIU`GENERICA DEL RICERCATORE DI SCIENZE UMANE.
Corso base
Con risposte semplici e puntuali a questioni riguardanti la vita quotidiana della famiglia, l'autore propone come linee guida per il rapporto genitori-figli la fiducia e il considerare i piccoli non solo soggetti da guidare.
Ansia, paure, tristezze, ira... Tutti abbiamo condizionamenti che ci bloccano, limitano la nostra libertà e ci impediscono di raggiungere una vita più piena. Come risolvere i nostri complessi e crescere nell'autostima, in modo da essere più liberi e perciò più felici? Questo libro è un buon aiuto per ottenere la libertà interiore. L'autore offre delle strategie semplici per raggiungere una maggiore soddisfazione nella vita quotidiana, migliorare i rapporti in famiglia, con gli amici e sul lavoro, ottimizzare il rendimento professionale e, soprattutto, convincerci che possiamo dare molto agli altri, qualunque siano le nostre capacità o abilità.
Per costruire un solida armonia nella coppia è necessario gestire i momenti difficili, riconoscere le aspettative illusorie o irrealistiche, cambiare le personali rigidità e controllare le reazioni emotive inappropriate. Fare in modo cioè, che la consapevolezza di sé possa essere un faro capace di illuminare la rotta per andare verso l’altro, valorizzando una grande risorsa di cui tutti disponiamo: la capacità di cambiare. Per costruire una sana relazione a due occorre oltrepassare i limiti di un individualismo eccentrico che obbliga a una solitudine soffocante.