
Rispetto alle grandi questioni come la sicurezza e la pace, l'Onu è un ente inutile, anzi dannoso. Il Consiglio di Sicurezza e l'Assemblea Generale hanno tradito lo spirito e i principi contenuti nella Carta istitutiva, come dimostrano i numerosi disastri e scandali, dal genocidio in Ruanda del 1994 alla corruzione gigantesca legata al programma umanitario Oil for Food scoperta nel 2004. Si impone un nuovo modello di azione globale perché le Nazioni Unite sono figlie della guerra fredda; oggi il mondo è cambiato, le frequenti crisi locali non rispondono più alla logica geopolitica del bipolarismo, ma richiedono analisi e interventi che negli ultimi anni solo gli Stati Uniti hanno dimostrato di saper operare.
Qual è il senso dell'Europa?
«Per Ida Magli l'Europa-UE era il problema antropologico centrale, nostro e del nostro tempo: il vivere dell'essere umano – e tanto più di un popolo – in una comunità creata artificialmente. E il problema antropologico sfociava necessariamente nella politica» – Giordano Bruno Guerri
Scritto nel 1997, questo libro audace e provocatorio è un documento che ripercorre uno dei passaggi chiave nella storia della seconda repubblica. Dopo il Trattato di Maastricht agli italiani è stato chiesto un grande sforzo per aderire alle direttive comunitarie: sacrifici economici, nuove tasse, compressione dei consumi. Ida Magli, voce fuori dal coro in un momento storico di europeismo convinto di tutta la classe politica, sollevava numerosi dubbi sul progetto: siamo sicuri che l'Europa sia quel paradiso terrestre promesso? Il tenore di vita è davvero destinato a migliorare? E la disoccupazione? E la cultura delle minoranze? E la nostra identità? Qual è, in sostanza, il senso dell'Europa? Domande alle quali a distanza di più di vent'anni si può provare a dare qualche risposta.
La rinuncia alla sovranità nazionale, alla libertà e alla democrazia è alla base del Progetto-Europa. Di questi problemi in Italia non si è mai discusso a causa dell'assoluta censura instaurata intorno all'Unione Europea. Di fatto si dà per scontato che gli italiani, seguendo il destino della loro storia, debbano diventare succubi di un potere straniero. Questo libro, in forma di sintetico e aggressivo pamphlet, è il personalissimo tentativo di un antropologo per convincere gli italiani a riflettere su quello che il Trattato di Maastricht comporta: la possibile perdita di qualsiasi libertà e il rischio della frammentazione dello Stato... Nuova edizione aggiornata.
La tesi di Zagrebelsky è che la Verità (con la V maiuscola) e la Giustizia (sempre con la G maiuscola) non esistono o, se anche esistessero, sarebbero inconoscibili. Ma non è affatto insensato, anzi è conforme alla natura umana, agire con prove e controprove per avvicinarsi a qualcosa come la verità e la giustizia (con le iniziali minuscole). È pertanto necessario darsi principi e valori d'azione e combattere il nichilismo, a vantaggio del dialogo costruttivo tra tutti i portatori delle diverse visioni della verità e della giustizia. Poiché oggi l'unica e la più potente "agenzia" della Verità è la Chiesa cattolica, gran parte del libro ne considera e ne analizza le posizioni sui principali temi della vita collettiva, in particolare in materia di diritti civili: famiglia, rapporti tra i sessi, ricerca in campo bio-medico, testamento biologico, eutanasia. L'atteggiamento della Chiesa su questi temi, coinvolgendo i credenti in un obbligo di coscienza rigido che lede la loro autonomia e la loro responsabilità nel campo delle scelte pratiche, impedisce il dialogo onesto, cioè improntato alla reciproca disponibilità ad apprendere, e pone problemi di compatibilità con la democrazia stessa, che presuppone la comune libertà.
In breve
«Contro l’etica della verità significa a favore di un’etica del dubbio. Al di là delle apparenze, il dubbio non è affatto il contrario della verità. Ne è la riaffermazione, è un omaggio alla verità, ma una verità che ha sempre e di nuovo da essere esaminata e ri-scoperta.» Quando i detentori di una presunta verità assoluta riusciranno a convincersi che la politica e l’etica civile non sono la semplice applicazione delle proprie radicate fedi o convinzioni, ma mediazione tra fedi, convinzioni, opinioni, norme e concrete situazioni? Per accedere a questa, che è poi la condizione della vita democratica, non c’è altra via se non quella che Zagrebelsky chiama ‘etica del dubbio’, l’unica che fa onore alla verità che nessuno possiede, perché, di epoca in epoca, la verità si trova sempre per via. Umberto Galimberti
Indice
Premessa - 1. I paladini dell’identità e la tolleranza dell’Occidente - 2. Stato e Chiesa. Cittadini e cattolici - 3. Tre formule dell’ambiguità - 4. Gli atei clericali e la fonte del potere - 5. Stato, Chiesa e lo spirito perduto del Concordato - 6. Il «non possumus» dei laici - 7. Referendum: Chiesa machiavellica ed etica politica dubbia - 8. L’identità cristiana e il fantasma dell’assedio - 9. Cosa pensa la Chiesa quando parla di dialogo? - 10. Cattolicesimo e democrazia - 11. Disagio democratico - 12. La Chiesa, la carità e la verità - 13. Ritorno al diritto naturale? - 14. Né da Dio né dal popolo: dove nasce la giustizia - 15. Decalogo contro l’apatia politica - 16. Democrazia. Non promette nulla a nessuno, ma richiede molto da tutti - 17. Le correzioni di Tocqueville ai difetti della democrazia - 18. Uomini, anche se Dio non esiste - 19. Norberto Bobbio e l’etica del labirinto - Epilogo. Democrazia, opinioni e verità - Note - Fonti
Sentito da molti come un dovere morale, vissuto talvolta come una fede religiosa, diffuso in dosi massicce da mezzi d'informazione e intellettuali che "fanno opinione", a sinistra come a destra, il culto acritico di tutto ciò che è legato agli Stati Uniti d'America sta invadendo il mondo e imponendo un nuovo tabù. L'accusa di antiamericanismo si è trasformata nell'espediente più efficace per liquidare le obiezioni di un interlocutore ed escluderlo dai circuiti comunicativi pubblici. Questo libro individua e passa al vaglio della riflessione critica le forme di questa nuova ideologia.
Lo Stato è tornato e in maniera prepotente. L'emergenza coronavirus - che ha rimesso al centro del dibattito politico l'opportunità di massicci interventi pubblici a sostegno di un'economia in declino - ha soltanto accelerato una tendenza già in atto. Eppure il capitalismo e la democrazia liberale sembravano essersi imposti come ultimo orizzonte possibile. La loro progressiva diffusione - alimentata dall'apertura dei mercati su scala globale e dall'unificazione europea - ha promosso benessere e prosperità ovunque. Ma ha anche costretto i sistemi economici ad adattarsi a profonde e radicali trasformazioni. Le cose sono cambiate a partire dalla crisi finanziaria del 2007-2008. Da allora, una larga parte dell'opinione pubblica, impoverita e spaventata dal futuro, ha cominciato a invocare chiusura e protezione. I movimenti populisti e sovranisti hanno subito intercettato questo malessere, facendosene portavoce. È una galassia ideologica molto eterogenea, ma a ben guardare i proclami dei loro leader sono sempre gli stessi: più Stato, meno Europa, avversione al commercio internazionale, protezione dei campioni nazionali costi quel che costi, allergia alla concorrenza. Saravalle e Stagnaro forniscono un'ampia ricognizione delle diverse politiche economiche sovraniste, raggruppandole sotto una serie di -ismi - statalismo, nazionalismo, dirigismo, protezionismo, unilateralismo, antiglobalismo - e ci ricordano che non sono affatto parole nuove. Si tratta, in realtà, di ricette vecchie e fallimentari, già sperimentate negli ultimi decenni, che hanno dimostrato di avere un solo tratto in comune: producono sempre risultati opposti a quelli desiderati. Contro il sovranismo economico ci offre non solo un'analisi accurata della crisi economica e valoriale che stiamo attraversando, ma anche una serie di risposte concrete per uscirne, questa volta davvero, migliori di prima.
Per interpretare il mondo c'è bisogno di ethos, logos e pathos. Per cambiarlo dobbiamo riscoprire un quadro di principi per cui valga la pena impegnarsi a costruire un altro mondo possibile.
I sostantivi, come uguaglianza, libertà, cittadinanza; gli aggettivi, come formale e sostanziale, presidenziale e parlamentare; i verbi, come eleggere, rappresentare, decidere sono parole-chiave che ricorrono in ogni discorso sulla democrazia. Di fronte alla confusione della comunicazione politica, questo libro vuole ridefinire le regole del loro uso corretto e non equivoco. Certi "errori grammaticali" della democrazia, non riconosciuti come tali e, anzi, scambiati per usi corretti, contribuiscono a generare errori anche nella pratica. La democrazia rischia di trasformarsi nel "governo dei peggiori".
Decoro è termine che viene utilizzato per significare cose diverse. Un comportamento è "decoroso" quando è adeguato al tipo di persona e al contesto in cui si dispiega: una casa è "decorosa" quando è pulita e in ordine. Il sostantivo "decoro" e l'aggettivo "decoroso" non si applicano a tutte le posizioni sociali: i ricchi e i potenti non hanno bisogno di imporsi regole di decoro. Anzi, il loro valore si manifesta nell'ostentazione non solo di beni costosi, ma di uno stile di vita che a sua volta esibisce l'assoluta noncuranza verso i limiti imposti a tutti gli altri. Dove l'"indecenza" è ciò che conviene ai molto ricchi, il decoro è ciò che viene proposto e imposto a un ceto medio impoverito e impaurito e a tutti coloro i cui desideri e passioni non sono facilmente incanalabili verso il consumo di merci. Il decoro giustifica politiche nazionali e locali volte a tenere a bada i giovani, le donne, i migranti, e a indirizzare paure e scontento. Il decoro distingue tra perbene e permale: mediante questa divisione il governo ottiene consenso nel contesto di una situazione in cui il ceto medio vede minate alle radici le sue basi economiche e culturali. Il richiamo al decoro ne è parte integrante.
Contro i partiti. Solo ciò che è giusto è legittimo raccoglie quattro intensi saggi brevi di carattere politico e filosofico che la Weil scrisse a Londra nel 1943, anno della sua prematura morte, quando era impegnata nelle file di France Libre, l'organizzazione clandestina della resistenza francese che faceva capo a Charles de Gaulle. Il primo scritto dell'antologia, Nota sull'abolizione dei partiti politici è un vero e proprio manifesto - un'analisi lucida e quanto mai attuale - sull'inadeguatezza dei partiti politici nel gestire e governare la democrazia. I partiti sono visti dalla scrittrice come macchine per creare consenso e suscitare passioni collettive: i partiti non pensano, aspirano solo al loro stesso potere. La proposta della Weil per la nuova società post bellica è dunque radicale e provocatoria: la soppressione dei partiti politici. Gli altri tre scritti presenti testimoniano dello stesso impegno della scrittrice francese nell'immaginare una nuova forma di democrazia, più alta e più capace di rispondere ai bisogni essenziali dell'anima. Ogni governo o patto sociale dovrebbe fondarsi non tanto sul concetto di diritto che ognuno reclama per sé, quanto sugli obblighi che ciascuno ha verso gli altri. Chiude il volume la lettera che la Weil scrisse e inviò a Bernanos, una toccante testimonianza sull'esperienza della scrittrice durante la guerra civile spagnola.
Il libro raccoglie, a cura di "Critica liberale", tutti gli articoli e i vari scritti in cui Norberto Bobbio negli ultimi anni della sua vita affrontò, con la profondità e la lungimiranza che lo avevano sempre contraddistinto, il fenomeno del berlusconismo. Nell'impietosa disamina condotta senza alcun livore, ma con rigore scientifico e passione civile, l'autore affronta, all'alba della Seconda Repubblica, temi come il finanziamento di Forza Italia, la sua forma-partito, il falso liberalismo di Berlusconi, le debolezze e le complicità dell'opposizione, il monopolio televisivo, le prime avvisaglie di "larghe intese", le forme vecchie e nuove del dispotismo e del populismo. Leggendo queste pagine il lettore rimpiangerà ancora di più la scomparsa di un grande maestro tanto "omaggiato" quanto inascoltato, e capirà meglio le ragioni del declino dell'Italia.

