
Si tratta di un libro-intervista, dedicato a una star della lirica internazionale. Daniela Dessì, nata a Genova nel 1957, è uno dei soprani più importanti a livello internazionale e il soprano italiano più famoso nel mondo. È interprete di riferimento per il repertorio verdiano, pucciniano e verista. Voce splendida, tecnica impeccabile e istinto drammatico, ha al suo attivo oltre 70 titoli operistici. Ha ricevuto nel 2008 il Premio Abbiati, riconoscimento della critica musicale italiana, nel 2011 il prestigioso Premio Belcanto "Celletti" come "soprano assoluto" e nel 2013 l'International Opera Award (Oscar della lirica). Ha collaborato con direttori come Karajan, Giulini, Maazel, Levine, Muti, Abbado, Chailly, Metha, e con registi come Ronconi, Strehler e Zeffirelli. Ha cantato con nomi famosi, tra cui Domingo, Pavarotti. Vive a Gussago (Brescia). I cinque capitoli, corredati da una biografia e una discografia aggiornata, ripercorrono l'infanzia e la scoperta della vocazione alla lirica; la nascita del suo repertorio attraverso l'incontro con i grandi musicisti e la sua affermazione sulla scena lirica, attraverso la collaborazione con celebri cantanti, direttori e registi; e, da ultimo, la sua vita familiare e il suo percorso spirituale. Il taglio è divulgativo, volutamente discorsivo e tra i temi trattati vi sono le nuove leve della lirica, l'arte dell'interpretazione e il rapporto con il pubblico.
Confrontandosi con il cuore del pensiero etico di Martin Buber - secondo il quale l'essere umano è per essenza dialogo e si realizza soltanto nel suo entrare in relazione con l'umanità e con il Creatore - Emmanuel Lévinas ha l'occasione di precisare anche la sua filosofia, caratterizzata da una inesausta ricerca dell'Altro e dal modo di costruire il contatto con esso attraverso l'amore e l'assunzione di responsabilità nei suoi confronti. Scritto nel 1958 e pubblicato nel 1963, questo testo permette di esaminare in maniera limpida le similarità e le differenze tra i fondamenti del pensiero dei due filosofi - il "faccia a faccia" di Lévinas e l'"Io-Tu" di Buber - e considerare la comune convinzione che la teoria della conoscenza costituisca la base dell'etica. In appendice, un breve scambio epistolare, nel quale Buber e Lévinas mettono l'accento su ciò che divide le loro filosofie, fornendo al lettore un'ulteriore occasione di riflessione.
Questa è la storia di un uomo che avrebbe voluto fare la rivoluzione e che, sconfitto, fini per vivere il proprio ruolo come una prigione. È la storia di un rivoluzionario professionale del Novecento e, attraverso di lui, di un'intera generazione, delle sue passioni, speranze, illusioni, vittorie e sconfitte. È la storia di un dirigente politico e insieme il racconto della vita di un giovane che sognava la presa del Palazzo d'Inverno e si trovò invece a combattere la dittatura fascista; che avrebbe voluto rinnovare la vita del Paese attraverso la Resistenza e finì a fare il senatore e l'uomo d'apparato. Pietro Secchia fu un combattente sconfitto dalla storia, isolato all'interno del suo stesso partito, costretto a reinventarsi come storico del movimento operaio, per avere ancora l'illusione di "contare qualcosa". La sua vita fu un'avventura piena di fughe, di arresti, colpi di scena, dolori - come il tradimento del suo più stretto collaboratore, che gli costò la fine della carriera politica - di viaggi, di incontri, fino alla morte e ai dubbi su un possibile avvelenamento. Grazie a una documentazione in larga parte inedita e a un innovativo approccio interpretativo, Marco Albeltaro disegna un ritratto esistenziale che risponde a molte domande rimaste senza risposta: cosa è stata la militanza politica nel Novecento, pervasiva e totalizzante, come sia stato possibile, per Secchia e per la sua generazione, continuare a fare i rivoluzionari senza fare mai la rivoluzione.
Pubblicato per la prima volta nel 1993, il libro propone la ricostruzione storica della vita e del pensiero di Ipazia di Alessandria sullo sfondo dei conflitti politici e religiosi che caratterizzarono la sua epoca (IV-V sec. d.C). Filosofa e politica di prestigio, Ipazia fu una dei più importanti protagonisti di un movimento di rinascita politica e culturale che si ispirava ai valori della tradizione classica e si contrapponeva alla politica della chiesa gerarchica degli episcopi. Da alcuni suoi contemporanei fu riconosciuta come la terza grande caposcuola del platonismo dopo Platone e Plotino. Fu l'ultima grande astronoma dell'antica scuola matematica di Alessandria. Morì assassinata sulle strade della sua città natale nel marzo del 415.
I bambini, solo conoscendo il senso delle cose, riescono a spiegarsele. E per capire chiedono, instancabili, sempre. Quando si regge lo stillicidio dei loro perché e ci si sforza di dargli le risposte che meritano, si arriva sempre al cuore delle questioni. La voglia di raccontare la storia già molto conosciuta, ma non ancora da tanti digerita, di Franco Basaglia, del manicomio liberato e del suo superamento, nasce proprio dalle domande dei più piccoli e dal tentativo di provare a ripercorrere fatti già noti con gli occhi e il cuore di una di loro, per darne una lettura inedita, unica e spudorata, quella cioè di chi non ha ancora sovrastrutture imposte da regole sociali. In questo lavoro hanno preso forma le parole per cercare di rispondere a quei tanti perché e per raccontare scampoli di vita della bambina che è stata dentro a quella rivoluzione. Bambina che nel frattempo è cresciuta e che spontaneamente ha fatto di quella esperienza la base per costruire la sua professione.
Una Wonder Woman in borghese: non indossa le culotte con le stelle o il top rosso, eppure la protagonista di questo libro a volte si sente proprio così. Come la supereroina, lotta contro le avversità della vita armata di autoironia e tenta in ogni modo di andare avanti - crescere i suoi bambini di due e quattro anni, non allontanarsi dall'amato marito Ken e vedere le amiche di sempre - mentre affronta il tumore al seno. Ma i "sassolini", come li chiama per Attilino e la Iena, le portano anche una nuova terza misura di reggipetto. E Wondy è bravissima a vedere il bicchiere mezzo pieno, così, senza poter dimenticare i continui controlli, la chemio e i mesi passati sul divano, non perde l'occasione per sdrammatizzare e vedere il lato positivo. Con la valigia pronta per un nuovo viaggio e il pc sempre acceso, impara che il tempo è prezioso (e poco), che i veri amici si riconoscono subito - ti invitano a sessioni di shopping o preparano cene prelibate con consegna a domicilio - che l'affetto incrollabile dei figli è il nostro carburante migliore; insomma che vale la pena combattere al massimo per tenersi stretto ciò che si ama. E allora, senza capelli le feste in maschera e parrucca vengono meglio, se hai già la nausea puoi concederti infinite corse sulle montagne russe con tua sorella e, se non hai appetito ma il sushi lo mangi, ne approfitti per uscire più spesso a cena... Francesca Del Rosso racconta una storia, la sua, ricordandoci come ogni donna abbia dentro un potere nascosto...
Quella di Nicola Piovani è una vita nel segno della musica, e degli incontri che la musica ha reso possibili: con Ennio Morricone, Manos Hadjidakis; con il pubblico che lo ha ascoltato dal vivo negli auditorium, nei teatri, con i registi come Federico Fellini e Mario Monicelli. Ma se "la musica è pericolosa", come diceva Fellini, è un pericolo che vale la pena correre perché regala inaspettati scampoli di divinità. In queste pagine, Nicola Piovani ricorda com'è cambiata la sua vita con l'arrivo in casa della rivoluzionaria Lesaphon Perla, la fonovaligia acquistata per le feste da ballo di suo fratello. Racconta come sono nate molte delle sue musiche, come "La banda del pinzimonio" composta per Roberto Benigni, la combinazione mi-fa-sol di "Il bombarolo" scritta per Fabrizio De André o la canzone "Quanto t'ho amato", scritta con l'amato amico Vincenzo Cerami. Ma racconta anche gli scherzi goliardici che si concedeva con Gigi Magni, come quello di approntare un testo provvisorio per la metrica di una nuova lirica di "I sette re di Roma" usando il turpiloquio al posto dei numeri. Prende forma così una "vita cantabile" dove la musica diventa un pretesto per parlare della vita, e dove la vita si lascia agganciare proprio in quei momenti in cui un'aria, una combinazione di suoni, il fragore di una banda o l'audacia di un'orchestra hanno saputo toccarci il cuore e dirci qualcosa di più su questa rocambolesca avventura di essere musicalmente al mondo.
Di lei credevamo di sapere tutto: dalla nascita a Kiev nel 1903 alla morte ad Auschwitz nel 1942, dall'avventura del manoscritto di "David Golder", inviato anonimo nel 1929 all'editore Grasset, al manoscritto salvato di "Suite francese", apparso nel 2004 e tradotto ormai in trenta lingue. Sbagliavamo: Philipponnat e Lienhardt ce lo dimostrano in questa biografia. Per tre anni, costantemente affiancati dalla figlia di Irène, Denise Epstein, gli autori hanno consultato le carte inedite della scrittrice: la corrispondenza con gli editori come gli appunti presi a margine dei manoscritti, i diari come i taccuini di lavoro. Un'opera che non solo fa risorgere dall'oblio con una vividezza sorprendente le diverse fasi dell'esistenza di Irène (l'infanzia nella Russia prima imperiale e poi rivoluzionaria, la fuga prima in Finlandia e poi in Svezia, la giovinezza dorata in Francia, i rapporti con la società letteraria degli anni Trenta, gli sconvolgimenti della guerra, gli ultimi mesi di vita nel paesino dell'Isère dove si è rifugiata con la famiglia), ma coglie e restituisce tutte le sfaccettature di una personalità complessa, affrontandone senza remore di alcun tipo anche gli aspetti più discussi e contraddittori.
"Perché ci identifichiamo sempre con quello che non abbiamo, invece di guardare quello che c'è? Spesso i limiti non sono reali, i limiti sono solo negli occhi di chi ci guarda. Dobbiamo fermarci in tempo, prima di diventare quello che gli altri si aspettano che siamo. È nostra responsabilità darci la forma che vogliamo, liberarci di un po' di scuse e diventare chi vogliamo essere, manipolare la nostra esistenza perché ci assomigli. Non importa se hai le braccia o non le hai, se sei lunghissimo o alto un metro e un tappo, se sei bianco, nero, giallo o verde, se ci vedi o sei cieco o hai gli occhiali spessi così, se sei fragile o una roccia, se sei biondo o hai i capelli viola o il naso storto, se sei immobilizzato a terra o guardi il mondo dalle profondità più inesplorate del cielo. La diversità è ovunque, è l'unica cosa che ci accomuna tutti. Tutti siamo diversi, e meno male, altrimenti vivremmo in un mondo di formiche." Questo è un memoir che diventa libro inspirational. Simona Atzori è nata senza braccia, ma ha saputo trasformare questo handicap in un punto di forza, e realizzare i suoi grandi sogni: dipingere e diventare una ballerina (ha danzato anche con Roberto Bolle). Da qualche anno Simona viene chiamata da scuole, associazioni, aziende (e programmi tv), per raccontare la sua storia, ma soprattutto la sua filosofia. Ovvero che ognuno è diverso a modo suo, e non ci manca proprio niente per essere felici.
Il 16 giugno 1743 sulla strada per Siena un giovane servitore in fuga d'amore con la sua bella viene raggiunto dagli inseguitori; ferito da un'archibugiata, morirà pochi giorni dopo. Componendone le spoglie, all'ospedale fanno una scoperta stupefacente: quel garzone già in fama di donnaiolo impenitente è in realtà una donna. Un medico famoso si appassiona al fatto e ne ricostruisce la storia. Caterina Vizzani, questo il suo nome, per otto anni si era finta uomo per poter seguire, al riparo di un'identità maschile, la sua allora illecita inclinazione per le donne. Prendendo le mosse dal circostanziato racconto di questo caso il libro traccia la storia dell'amore fra donne durante gli ultimi tre secoli: di come è stato vissuto ma anche di come è stato interpretato e giudicato dalla religione, dalla scienza, dal diritto.
Due uomini a confronto. Rithy Panh, regista scampato al genocidio dei Khmer rossi, e il boia Duch, pezzo grosso del regime di Pol Pot, capo del centro di tortura e sterminio S21. Partendo dal suo lavoro di documentarista impegnato a cercare la verità e conservare la memoria, Rithy Panh racconta questo incontro allo scrittore Christophe Bataille, coautore del libro. Figlio di un funzionario del ministero dell'Educazione del vecchio regime, dunque "popolo nuovo" (da rieducare e perseguitare) secondo la sinistra denominazione della Kampuchea democratica, Rithy Panh ha vissuto la deportazione, la malattia, gli stenti. Nel giro di pochi mesi ha visto morire di fame suo padre, i suoi nipotini, e poi, man mano, tutta la sua famiglia, sterminata silenziosamente insieme a milioni di altri cambogiani. Il racconto della sua infanzia, della sua preadolescenza, è la materia di questo libro prezioso per il valore di testimonianza. Stile asciutto ed emozionante, rigoroso come il suo manifesto poetico: "Grazie al cinema, la verità salta fuori: il montaggio sconfigge la menzogna". Menzogna sempre in agguato fra negazionismi, complicità, errori e imbarazzi dell'Occidente. "L'eliminazione" è dunque un libro di storia, è un libro di formazione, è un libro di indagine sull'uomo torturatore e sull'uomo sopravvissuto, ed è anche un libro di "avventura". L'avventura di un ragazzino che ce la fa e che racconta, dolorosamente ma senza risparmiarsi: è nostro dovere ascoltarlo e imparare.
"Raccogliamo le vele" dispiega, secondo una deliberata struttura virgiliana, i fatti che sono parte della ricchissima biografia di Gaia Servadio, donna segnata dal destino felice di stare nel mondo con la scioltezza della ragazza che è sempre stata. Figlia del chimico Luxardo Servadio, conosce da bambina le restrizioni e i travagli delle leggi antisemite italiane. Nel dopoguerra la vita ricomincia, e ricomincia alla grande. Nessun vittimismo. Gaia si muove fra Londra e l'Italia, inquieta, curiosa, ottimista, determinata. A Parma conosce Attilio Bertolucci, partecipa alla vita culturale della città. A Londra conosce e sposa lo storico dell'arte William Mostyn-Owen e si trasferisce definitivamente in Inghilterra. Apprezzata pittrice, Gaia entra nel mondo del giornalismo, inglese e italiano. Dapprima si occupa di costume, poi ottiene servizi via via più impegnativi, dalla mafia (visita da sola i boss confinati a Linosa) alla Guerra dei sei giorni. Entusiasta melomane, segue tutte le avventure del teatro lirico contemporaneo e del teatro tout court. Frequenta Irwin Shaw, Philip Roth, Mary McCarthy, Nancy Mitford e Federico Zeri. Ogni sodalizio apre orizzonti nuovi, nell'arte, nella politica, nella vita culturale. Con una scrittura impetuosa, vitale, brillante, Servadio percorre il suo cammino biografico come una traversata per mare. Personaggi, matrimoni, amori, castelli, bizze di primedonne e sogni di giovani talentuosi sembrano manifestarsi dentro un solo lussureggiante teatro.