
Innamorarsi a Teheran, guardare i Fratelli Marx a Teheran, leggere Lolita a Teheran... Così iniziava una lista di cose segrete che Azar Nafisi aveva stilato nel suo diario e che si rimproverava di aver taciuto a tutti. Molte delle altre, a tanti anni di distanza, ha deciso di raccontarle in questo libro. Che è un ritratto del padre, sindaco di Teheran all'epoca dello scià, e della madre, fra le prime donne entrate al Parlamento iraniano. È la storia dei tradimenti di lui, del mondo fantastico in cui lei a poco a poco trasforma la realtà insopportabile che la circonda, e della forzata, dolorosa connivenza dell'autrice con il padre. Ma anche e soprattutto la rivelazione di come a volte le dittature sembrino riprodurre i silenzi, i ricatti, le doppie verità su cui si regge il primo, e più perfetto, sistema totalitario: la famiglia. Chi conosce Nafisi sa già cosa troverà, qui, in ogni pagina: l'emozione di leggere sempre qualcosa di autentico e temerario. Qualcosa che arriva dalle strade e dai giardini di Teheran come dalle pagine di Firdusi o dei grandi cantastorie persiani. E ci riguarda molto da vicino.
Conosciuto in tutto il mondo per capolavori come L'albero degli zoccoli, La leggenda del santo bevitore, Il mestiere delle armi, Ermanno Olmi ha dichiarato di voler abbandonare il cinema di finzione per concentrarsi sulla realizzazione di documentari. Ciò che gli sta a cuore è seguire appieno quello che definisce il sentimento della realtà, "perché la realtà ci parla solo se siamo capaci di ascoltarla, di osservarla in silenzio, e allora ci dice qualcosa che non è traducibile in termini scientifici, logici o fenomenologici: ci racconta ciò che quel segmento di realtà - magari un tram che passa - ha in sé di sacro, ed è la vita che vive attraverso quel frammento". Dalle conversazioni con Daniela Padoan si leva cristallina la voce di un protagonista della storia del cinema che, ripercorrendo i temi che hanno segnato la sua opera, guarda la traiettoria intellettuale e poetica del proprio cammino, in dialogo con una folla di amici evocati di pagina in pagina: Fellini, Bianciardi, Zavattini, Rossellini, Parise, Ungaretti, Pasolini... Ma, più ancora che sul suo lavoro, a Olmi preme riflettere sul mondo che gli sta attorno, convinto della forza testimoniale dell'esistenza di ciascuno. Opinioni spesso controcorrente, talvolta radicali, dove la passione per la politica, intesa nel suo senso più alto e nobile, si fa insegnamento e salvezza.
Avversario del dispotismo assolutista, eppure alla costante ricerca di una difficile imparzialità, il duca di Saint-Simon ha raccontato dall'interno la vita alla corte di Luigi XIV. La sua penna acuminata trascina il lettore in un vortice di cerimonie, feste, battaglie, intrighi, amori e funerali, che si susseguono tra un'Europa in rapida mutazione e la gabbia dorata di Versailles. Forse nessuno, prima di Saint-Simon, aveva mai analizzato con tanta lucidità la personalità di un re, o descritto con precisione così spietata le ambizioni, le ascese e le cadute dei generali e delle cortigiane che lo circondano. Scrittore amato da Stendhal, che ne studiò la visione politica, e da Proust, che ne esaltò lo stile, Saint-Simon è dotato di una capacità di penetrazione psicologica raffinata, in grado di interpretare la Storia attraverso gli impercettibili segni della mondanità e di eseguire il ritratto di personaggi straordinari come i protagonisti di un romanzo d'appendice.
Chi era Socrate? Quali i contenuti del suo pensiero? E perché "l'uomo più giusto del suo tempo" fu messo sotto accusa per empietà ad Atene, simbolo di democrazia? Il filosofo più "paradossale" di tutti è stato autore e vittima post mortem, e oggi più che mai, di un ulteriore paradosso. Non ha scritto nulla, e secondo molti è vano cercarne i tratti "storici" nel contrasto tra le fonti (Aristofane, Platone, Senofonte...); eppure la sua vita e il suo pensiero sono al centro della riflessione dagli Stoici a Ficino, a Nietzsche o Foucault. Ma la varietà delle fonti si spiega meglio con la ricchezza della figura di Socrate che liquidando notizie e divergenze come creazioni ex nihilo. Questo libro muove dalla sua persona, il ruolo sociale che Socrate ha consapevolmente tradotto nell'eccentricità della sua figura intellettuale; ne esplora poi il metodo (fra confutazione e aporia, eros e ironia) e i temi di pensiero (l'anima e la sua cura, il bene e la virtù) di cui fu iniziatore come filosofo; infine, il processo e la condanna a morte, che Socrate ha affrontato da cittadino di una città che aveva fortemente criticato, perché l'aveva profondamente amata.
Nome: Caterina. Cognome: de' Medici. Nazionalità: italiana. Parentela: nipote di Lorenzo il Magnifico. Stato civile: vedova. Professione: regina di Francia. Segni particolari: veste sempre di nero, adora i gioielli, i carciofi, gli oroscopi e certi golosissimi dolcetti antenati dei nostri macarons. Indagata dagli storici per una lunga serie di crimini: corruzione, stregoneria, avvelenamento, strage. Attivamente ricercata da romanzieri e registi per fiction storiche a base di sangue e sesso. Latitante, soprattutto nella memoria degli italiani, che di lei non sanno praticamente nulla. Ha lasciato le sue impronte ovunque: nella cucina, nella moda, nell'arte, nella cultura. I gelati, le forchette, perfino le mutande e la moderna profumeria sono invenzioni che dobbiamo a lei. Eppure in quasi cinque secoli nessuno è ancora riuscito a catturarla: Caterina de' Medici riesce a sfuggire a ogni facile incasellamento e non si lascia imprigionare negli stereotipi. Ma i misteri di una grande protagonista del Rinascimento italiano ed europeo, nelle sue presunte efferatezze e raffinatezze estreme, hanno le ore contate. Due storici curiosi si sono messi sulle sue tracce e hanno ricostruito le peripezie di Caterina nel contesto di un secolo straordinario e terribile, il Cinquecento. E con questa biografia, tanto dotta quanto divertente, la consegnano al giudizio dei contemporanei.
A causa di un'infezione alla nascita Laura non può camminare bene. Tuttavia in questi suoi primi 29 anni - è riuscita ad essere atleta, brillante studentessa, laureata e dottoranda in storia, e ancora parlamentare, felice sposa. Grazie alla sua vitalità, alla sua tenacia, e alla stimolante vicinanza di coloro che hanno creduto in lei. In questo libro, come fosse una favola, papà Francesco le racconta la sua storia. Ma in realtà la storia di Laura parla a tutti noi, per infonderci il coraggio di credere che nessuna barriera è in grado di fermare chi ha un sogno ed è disposto a mettersi in gioco fino in fondo per realizzarlo.
È un romanzo breve sulla vita della moglie di Ottaviano Augusto, madre di Tiberio, nonna di Claudio, bisnonna di Caligola, trisavola di Nerone, anima della dinastia dei Cesari, signora di Roma per 67 anni: dal matrimonio con Ottaviano Augusto, nel 38 a. C., fino alla morte, avvenuta nel 29 d. C. Il libro si compone di 12 capitoli che rappresentano altrettanti "quadri" della vita di Livia. Il testo è costruito con continui richiami - espliciti e non agli autori della Roma augustea. Tutti i riferimenti a fatti e persone hanno agganci storici, seppur romanzati, e si può trovare per ciascuno di essi almeno una fonte. Nella finzione del racconto viene evocato un antico codice latino degli inizi del III secolo d. C., il cui testo (che avrebbe anche utilizzato Machiavelli come fonte per il suo Principe) sarebbe stato scritto per confutare la descrizione negativa che di Livia danno Tacito e altre fonti dell'epoca di Tiberio, interessate a denigrare Livia.
Adriano Olivetti fu una delle massime figure di imprenditore che l'Italia abbia espresso nell'intero arco del Ventesimo secolo. Il suo fascino era e rimane legato alla straordinaria varietà e creatività del suo agire e del suo pensare. Ricercatore instancabile, con lo sguardo proteso sempre avanti, credeva fermamente in una funzione attiva della cultura nell'industria e, insieme, nel progetto sociale di una comunità di cui l'industria fosse momento propulsore. Nella sua breve esistenza riunì intorno a sé un'intera generazione di intellettuali di cui seppe essere il geniale regista. Intellettuale egli stesso, anche se fuori da ogni schema, pioniere nel campo dell'urbanistica, editore, filosofo della politica, creatore dello "Stile Olivetti", riuscì a lasciare un'eredità doviziosa. A Olivetti siamo dunque debitori di un ricco ventaglio di "lezioni" che, peraltro, la nostra cultura ha lasciato cadere nel più totale oblio. Di tali "lezioni dimenticate" questo volume si propone di recuperare quella che, forse, è la più importante. Si tratta della lezione che prende le mosse dalla concezione olivettiana della "fabbrica" non come impresa privata ma come realtà sociale, affidata alla gestione di una dirigenza consapevole di svolgere una funzione pubblica, con un'ampia partecipazione dei lavoratori al suo governo - per mettere capo al progetto istituzionale comunitario, e per sfociare nell'impegno diretto di Olivetti in politica, con l'esaltante e sfortunata avventura del Movimento Comunità.
Nuri è un ragazzo nato a Baghdad e immigrato in Israele agli inizi degli anni '50. I genitori, costretti a vivere in condizioni di estremo disagio in un campo profughi, acconsentono a mandare il figlio in kibbutz. Provenendo da una società mediorientale, conservatrice e tradizionalista, Nuri dovrà affrontare una lotta interiore tra il suo vecchio mondo e l'esperimento sociale più audace del XX secolo, volto a far nascere un ebreo nuovo, ribelle, laico e creatore di una cultura nuova. Il cibo, la musica, il rapporto con i genitori e con le ragazze, l'ideologia socialista - tutto è nuovo e diverso, e Nuri sa che deve farli propri se non vuole restare emarginato. Il lettore si affezionerà a questo ragazzo sensibile e coraggioso le cui vicende ci offrono un'opportunità unica per comprendere l'angoscia dello sradicamento dalla propria cultura sperimentata dagli immigrati.
Dall'infanzia e la giovinezza in Svizzera, dove matura la decisione di farsi sacerdote, agli anni dell'insegnamento universitario e della maturità a Tubinga, Hans Küng, il teologo "ribelle", narra una vita di fede e di battaglie per il rinnovamento della Chiesa, in nome di un cristianesimo che muova dal Vangelo e da Gesù Cristo e sappia cogliere i bisogni dell'uomo di oggi. Dopo gli studi romani al Collegio Germanicum et Hungaricum e il dottorato a Parigi, Küng inizia una brillante carriera all'università di Tubinga che lo porta a partecipare al Concilio Vaticano II come perito, a fianco di Joseph Ratzinger. In un'udienza privata, Paolo VI gli chiede di entrare nel servizio della Chiesa, ma Küng non accetta. In seguito, di fronte a una gerarchia cattolica che tradisce le speranze conciliari e si rivela sempre più sorda alle mutate esigenze dei credenti, scrive libri che gli regalano fama mondiale e diventa una delle voci cattoliche progressiste più ascoltate. La controversia con la gerarchia si fa sempre più acuta fino a culminare, nel 1979, con la revoca della Missio canonica, la licenza all'insegnamento della teologia cattolica, dopo la quale Küng passa a insegnare presso l'Istituto per la ricerca ecumenica dell'università. Il provvedimento gli fornisce così l'occasione di avviare iniziative per promuovere il dialogo interreligioso e il Progetto per un'etica mondiale.
Arturo Toscanini incarna l'archetipo del direttore d'orchestra: perfezionista, irruenti, instancabile. Nel 1935, Paul Stefan, acclamato critico musicale, dedica al Maestro questo ritratto, scritto con rigore e passione, e qui riproposto con un'introduzione di Stefan Zweig.
L'elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica ha portato una sensazione di novità nel Paese. Pur non essendo "nuovo" sulla scena politica, il suo carattere schivo e discreto, i suoi modi semplici, la sobrietà essenziale dei suoi discorsi, hanno colpito il Paese. Mattarella cominciò il suo impegno politico raccogliendo il testimone di suo fratello Piersanti, ucciso dalla mafia per impedirgli di proseguire l'azione di risanamento in Sicilia. Quella tragedia ha segnato profondamente la vita della sua famiglia e ha dato contorni precisi alla sua missione politica. Nel corso di trentacinque anni di vita pubblica Mattarella ha ricoperto molti incarichi nelle istituzioni (Parlamento, Governo, Corte Costituzionale), ma anche nella Democrazia Cristiana, ed è proprio nella sua attività di dirigente del partito che si incontrano i tratti intellettuali, culturali e politici di una personalità non in cerca di protagonismo individuale, ma al tempo stesso tutt'altro che arrendevole e conformista. Proprio nelle pieghe di questa sua militanza Mattarella ha lasciato dietro di sé una traccia di coerenza e di vigore ideale che hanno fatto di lui un personaggio da studiare. Forse una delle anomalie positive di un partito, da lui sostenuto con ragionevolezza e coraggio, ma senza per questo aver rinunciato mai a contrastarne la corruzione e il malaffare. Insomma, una personalità ricca e complessa che ha scelto di agire in politica non per esercitare il potere, ma per rendersi utile...

