
24 settembre 2000: Vincent Humbert, diciannove anni, ha un terribile incidente stradale che, dopo nove mesi di coma, lo lascia tetraplegico, muto e quasi cieco, ma drammaticamente lucido. Novembre 2002: in preda a continue, indicibile sofferenze, Vincent detta a un'infermiera una lettera aperta per Chirac, in cui manifesta pubblicamente la volontà di morire. Ma Chirac non può aiutarlo, anzi, lo incita a vivere. 24 settembre 2003: nel terzo anniversario dell'incidente, Marie, la madre di Vincent, gli inietta una dose letale di barbiturici, come avevano precedentemente concordato. Non viene arrestata, ma resta in attesa di giudizio. 26 settembre 2003: alle 12 e trenta Vincent muore, dopo due giorni di coma.
Come se penetrassimo fra le pagine di un diario scritto in prima persona, questo libro ci introduce nell'intimità di Audrey Hepburn e ci fa scoprire gli aspetti più privati dell'attrice che ha fatto innamorare uomini straordinari e continua ad affascinare le donne di oggi. Si passa attraverso una raccolta di materiale inedito, aneddoti, testimonianze di persone che l'hanno conosciuta da vicino, fino a consigli di ogni sorta: dallo yoga alla dieta, dai trucchi di bellezza alla cura della casa, dalle tecniche di seduzione al decalogo per avere successo nel lavoro, senza dimenticare momenti importanti della vita come l'amicizia o il rapporto con i figli. Seguiamo la diva nelle più diverse situazioni: l'infanzia durante la guerra, il mondo di Hollywood, i matrimoni; persino dentro ai camerini, dove è lecito curiosare tra i set cinematografici che hanno lasciato il segno, da "Sabrina" a "Colazione da Tiffany" a "Vacanze romane". Scopriamo così che Audrey ha lasciato un'eredità quanto mai preziosa per quelle "eterne ragazze" - e sono sempre di più - che vorrebbero essere come lei.
Questo libro racconta, prima ancora degli orrori del nazionalsocialismo, la storia toccante di una ragazza. Una giovane vita piena di aspettative e opportunità, destinata a un tragico destino. Anne Frank (1929-1945) è diventata celebre grazie al suo diario, che ha commosso e continua a commuovere lettori di tutte le età. Mirjam Pressler ne fa un ritratto biografico a tutto tondo, soffermandosi sulle contraddizioni e facendo emergere i talenti e le aspirazioni di questa giovane ebrea nata in Germania. La storia sconvolgente di una ragazzina che è diventata donna nel periodo più cupo della storia dell'umanità e che Mirjam Pressler ha avuto il coraggio di trasformare in un romanzo avvincente. Età di lettura: da 13 anni.
Poche figure nella storia della scienza moderna hanno il carisma di Enrico Fermi. E poche sono state altrettanto determinanti per gli sviluppi successivi della loro disciplina. Tuttavia, molti aspetti della sua biografia sono ancora poco indagati. Il libro di David N. Schwartz colma questo vuoto, anche grazie a fonti inedite ed esclusive, ricostruendo una vita che fu investita in pieno - e in una posizione di primo piano - dalle drammatiche turbolenze della storia del Novecento. La sua biografia si snoda attraverso due guerre mondiali in una parabola che va da Roma agli Stati Uniti passando per Stoccolma: il conferimento del Nobel nel 1938 fornisce a Fermi l'occasione per sfuggire alle leggi razziali, che avrebbero colpito la moglie Laura, ebrea. Tre anni dopo, un team dell'università di Chicago ottiene per la prima volta nella storia una reazione a catena: alla guida dell'esperimento c'è lui, che legherà per sempre il suo nome al famigerato «Progetto Manhattan». Una genialità precocissima, una carriera accademica folgorante, una lista di scoperte che hanno rivoluzionato la fisica moderna corrispondono a una figura privata, di marito e di padre, assai più controversa. Una biografia, la sua, fatta di luci e di ombre, che vanno dall'ambiguo rapporto con il fascismo all'altrettanto discussa adesione al progetto della bomba atomica. Senza cedere alle opposte tentazioni dell'apologia e dell'ipercritica, Schwartz delinea un personaggio enigmatico dai sensazionali meriti scientifici, che più di ogni altro riflette le complessità del suo tempo.
«Non posso dimenticare le ascese giovanili in Grigna passando dalla cresta Segantini… Credo che la via della Chiesa di oggi sia una via stretta: la chiamerei la via del crinale.»
È lucido e consapevole, ma pieno di speranza, lo sguardo con cui il cardinale Angelo Scola racconta la sua vita, la Chiesa e l’Italia, nella profonda e sorprendente conversazione con Luigi Geninazzi: dalla riscoperta della scelta cristiana nell’adolescenza alla militanza in Comunione e Liberazione in fecondo dialogo con il «genio educativo» di don Giussani, e dalle incomprensioni con qualche autorità ecclesiastica milanese all’amicizia con Giovanni Paolo II che lo nomina vescovo a soli quarantanove anni.
Non mancano ricordi personali e collettivi, dal travaglio della lunga malattia e dall’esperienza della psicoanalisi al passaggio tra il papato di Ratzinger, a cui fin dall’avventura di «Communio» lo lega una intensa amicizia intellettuale, e quello di Bergoglio, definito «un salutare colpo allo stomaco per le Chiese d’Europa».
Al centro di questo ricco affresco di aneddoti e riflessioni si staglia una domanda cruciale: a che punto è la Chiesa di oggi? Tra chi riduce il cristianesimo a semplice religione civile e chi propone un puro ritorno al Vangelo, il cardinale indica una «terza via» che è quella delle implicazioni dei misteri della fede.
E dell’impegno fattivo dei credenti per contribuire, ripartendo dalla fede, alla «nascita di una nuova Europa, inevitabilmente meticcia ma non per questo senza più identità».
È sopravvissuto a due guerre mondiali, sette papi, la monarchia, il fascismo, la Prima Repubblica e la Seconda. E a sei processi per mafia e omicidio. Giulio Andreotti è stato un esemplare unico del potere in Italia per longevità, sopravvivenza agli scandali, dimestichezza con gli apparati dello Stato e del Vaticano, consuetudine con le classi dirigenti mondiali del passato. È stato unico perfino nell’aspetto fisico, che ha nutrito generazioni di vignettisti. A cento anni dalla nascita, il 14 gennaio del 1919, ripercorrere la sua vita e la sua epoca significa fare i conti con la distanza siderale tra la sua Italia e quella di oggi. Dopo essere stato incombente per mezzo secolo come uomo di governo e come enigma dell’Italia democristiana, Andreotti non c’è più. E non solo perché è morto, il 6 maggio del 2013. Non esistono più la sua politica, la sua cultura, il suo Vaticano. Rimane solo l’eco lontana e controversa del «processo del secolo», che doveva chiarire le sue responsabilità e che invece si è concluso nel modo più andreottiano: con una verità sfuggente. Nel suo libro, ampiamente rivisto e aggiornato per questa nuova edizione, Massimo Franco racconta e analizza Andreotti e il suo mondo: gli alleati, i nemici, il suo alone intatto di mistero, ma anche la famiglia invisibile per decenni, e sorprendente nella sua stranissima normalità. Attraverso la silhouette curva del «Divo Giulio», aiuta a capire che cosa siamo stati e non siamo più. In un’Italia che cambiava o fingeva di cambiare, Andreotti rimase sempre se stesso: nel bene e nel male. Emblema e garante dello status quo nell’era della guerra fredda, ha rappresentato l’«uomo del Purgatorio» per antonomasia, in una nazione in bilico tra Paradiso occidentale e Inferno comunista. Ha permesso a un’Italia di specchiarsi per mezzo secolo in lui, di sentirsi migliore, o forse solo di autoassolversi. Le ha fornito la bussola: un pessimismo di fondo sulla natura umana, alleviato dall’ironia.
È diversa dalle altre madri: è americana. Arrivata a Roma subito dopo la guerra con la divisa da ufficiale dell'esercito Usa, sceglie di rendersi utile prendendo le redini del Foster Parents Plan, un programma di aiuti che strapperà alla povertà 11.385 bambini italiani. Questa è la sua storia, ma è anche una storia d'amore tra lei e un intellettuale di raro carisma che fa a palle di neve con Pasolini e che le riempie la casa di scrittori, da Bassani a Cassola, da Carlo Levi a Montale. Ed è una storia di formazione: quella di Laura, la loro bambina che preferisce Fred Buscaglione al Mago Zurlì, crede di aver fatto amicizia con la zarina Anastasia Romanov, viene portata dalla madre a vedere Kennedy da vicino e a una scandalosa rappresentazione di Hair a New York. Laura Laurenzi ci consegna con questo memoir un ritratto del nostro Paese in un decennio dorato: la Dolce Vita con i suoi lussi e i suoi voluttuosi scandali provinciali, ma anche la sua ineguagliabile scena culturale, quando Roma era tra le città più cosmopolite d'Europa. La guerra appare già lontanissima, come i tempi in cui il nonno di Laura andava in collegio con Mussolini, detto «e matt». Sono vicini invece gli anni del libero amore e dell'amore non corrisposto, la scoperta del sesso, gli happening erotico-pacifisti, le lezioni di bacio e le barricate. E quei colpi di scena, quegli incontri che ti cambiano la vita.
Tom Ballard fu «figlio della montagna» nel senso più profondo del termine. Non è un'ardita metafora, ma la sintesi di un rapporto che è stato prima genetico e poi animato da una passione esclusiva, irrefrenabile, assoluta. Era figlio di Alison Hargreaves, «la più forte delle donne alpiniste», secondo Reinhold Messner. E anche una delle più controverse: aveva scalato l'Eiger tre mesi prima di dare alla luce Tom, sollevando un vespaio di polemiche. Il temperamento della madre e il suo modo di vivere la sfida sembrano suggerire tutte le scelte alpinistiche di Tom, che porta a termine la prima solitaria delle sei grandi pareti delle Alpi in un solo inverno: è il progetto Starlight and Storm, che sua madre aveva compiuto, prima in assoluto, nell'arco di un'estate. Non sappiamo quanto il ricordo di lei aleggiasse anche nella sua decisione, per molti versi inspiegabile, di affrontare gli Ottomila cominciando proprio dal terrificante Nanga Parbat. Forse intendeva avvicinarsi, idealmente, al K2, la montagna su cui Alison aveva perso la vita quando lui aveva appena sei anni, come ipotizza Messner? Non lo sapremo mai. Tom stesso ammetteva che il suo rapporto con la montagna fosse stato fortemente plasmato da un'infanzia passata in tenda, nei campi base, seguendo la mamma. Questa esistenza da «lumaca alpina», che si porta dietro tutto quello che possiede, in cui non c'è niente se non l'indispensabile, era l'unica in cui si sentisse pienamente a suo agio. Un modo di vivere, senz'altro, ma anche di salire: prevalentemente in solitaria, con pochissimi mezzi, senza troppa pubblicità. Una riservatezza, una ricerca dell'essenziale che hanno fatto di lui un vero erede dell'alpinismo classico alla Walter Bonatti. In questo libro Marco Berti, amico intimo e compagno di scalate, ci racconta la storia del giovane alpinista britannico fino alla tragica fine: la spedizione sul famigerato Sperone Mummery del Nanga Parbat, con Daniele Nardi, partita a Natale del 2018. Dopo il 24 febbraio, il silenzio che avvolge i due alpinisti è più eloquente di un urlo. Riviviamo le ore disperate passate a cercarne le tracce. Inutilmente. La montagna, magnifica e terribile, si è ripresa suo figlio. Prefazione di Reinhold Messner.
A ventinove anni Antonio Megalizzi, «il Mega» per gli amici, si batteva per unire le due grandi passioni della sua vita, l'Europa e il giornalismo, mettendo nel lavoro tutto il suo contagioso entusiasmo. Quel sogno si è spento il 14 dicembre 2018, pochi giorni dopo la strage di Strasburgo in cui Antonio era stato colpito dai proiettili di un estremista. Non si è spenta però la sua memoria di ragazzo vitale, un «trentino di sangue calabrese», dolce e ironico con passioni intense: la famiglia, l'amore per la «sua» Luana, ma anche la radio, i tanti progetti, la passione per la conoscenza e la scrittura. La sua era una forma sempre vivace di partecipazione: i suoi scritti erano pungenti e precisi e non si è mai tirato indietro quando si trattava di criticare i comportamenti scomposti dei nostri rappresentanti politici. A raccontarci la sua storia, a un anno dalla scomparsa, è Paolo Borrometi, come lui giovane giornalista animato da forte spirito civile, che raccoglie in questo libro gli scritti di Antonio e le testimonianze dei genitori, della sorella, della fidanzata e degli amici, per continuare a far vivere le sue passioni e l'esempio ideale di un giovane europeo. Una storia inedita che è anche un manifesto dell'impegno sociale e democratico al di là di ogni muro.
Grigna e Monte Bianco, Grand Capucin e Lavaredo, e poi K2, Dru, Cerro Torre, G4, Grandes Jorasses, Cervino: bastano pochi nomi per capire che il protagonista di queste pagine è Walter Bonatti, il grande alpinista che qui racconta le proprie imprese più entusiasmanti ma anche quelle più tragiche, come l'odissea tra le nevi del Pilone Centrale, o amare, come quella legata alla spedizione del 1954. Scalate ed emozioni estreme, dunque, e non solo: a questa appassionante antologia Bonatti volle aggiungere, oltre al racconto dei suoi ultimi viaggi in Patagonia, le sue riflessioni sulla montagna come fonte di incanto e di saggezza, di etica e di bellezza, sul potere della solitudine, sull'alpinismo come strumento di ricerca interiore. E sulla necessità di inseguire, consapevolmente e per tutta la vita, i propri sogni.
È sopravvissuto a due guerre mondiali, sette papi, la monarchia, il fascismo, la Prima Repubblica e la Seconda. E a sei processi per mafia e omicidio. Giulio Andreotti è stato un esemplare unico del potere in Italia per longevità, sopravvivenza agli scandali, dimestichezza con gli apparati dello Stato e del Vaticano, consuetudine con le classi dirigenti mondiali del passato. Ancora oggi emergono particolari sulla sua vita pubblica e privata che aiutano a ricostruirne la figura e l'influenza. Nell'Archivio Apostolico Vaticano, ex Archivio Segreto, Massimo Franco ha trovato nuovi documenti che confermano il suo ruolo tra le due sponde del Tevere: nel dopoguerra i Savoia si raccomandavano ad Andreotti tramite la Santa Sede, e il Vaticano era consultato da lui anche per la nomina di un giudice costituzionale. Tra gli scritti privati, inoltre, si ritrovano le lettere in cui si confida con la moglie «Liviuccia», finora inedite. E attraverso i diari si ricostruiscono i retroscena di eventi con molti protagonisti di rilievo. In questo libro, ampliato per la nuova edizione, l'autore racconta e analizza Andreotti e il suo mondo: gli alleati, i nemici, l'alone intatto di mistero, ma anche la famiglia invisibile per decenni, e sorprendente nella sua strana normalità. A poco più di cento anni dalla nascita, ripercorrere la vita del «Divo Giulio» e la sua epoca significa fare i conti con la distanza siderale tra la sua Italia e quella di oggi. È stato incombente per mezzo secolo come uomo di governo e come enigma dell'Italia democristiana. Ma ora non esistono più la sua politica, la sua cultura, il suo Vaticano. Rimane solo l'eco lontana e controversa del «processo del secolo», che doveva chiarire le sue responsabilità e che invece si è concluso nel modo più andreottiano: con una verità sfuggente. Emblema e garante dello status quo nell'era della guerra fredda, Andreotti ha rappresentato l'«uomo del Purgatorio» per antonomasia, in una nazione in bilico tra Paradiso occidentale e Inferno comunista. Ha permesso a una parte dell'Italia di specchiarsi per mezzo secolo in lui, di sentirsi migliore, o forse solo di autoassolversi. Le ha fornito la bussola: un pessimismo di fondo sulla natura umana, alleviato dall'ironia. Nuova edizione Con documenti inediti dagli archivi.
Giulio Andreotti è stato presidente del Consiglio negli anni della solidarietà nazionale, della crisi economica e del terrorismo, culminati nel rapimento e nell'uccisione di Aldo Moro. Nel decennio seguente la sua attività politica assume una decisa connotazione internazionale, con la nomina a presidente della commissione Esteri della Camera e poi, con il primo governo Craxi, a ministro degli Esteri. Questi suoi diari inediti - che cominciano il 6 agosto 1979 e finiscono il 22 luglio 1989, quando l'autore assume la guida del suo sesto governo - diventano così la storia dall'interno non solo del nostro Paese in un periodo cruciale, ma anche degli Stati Uniti da Carter a Reagan, dell'URSS da Breznev a Gorbaciov, della rivoluzione iraniana, dell'eterno conflitto in Medio Oriente, della tormentata costruzione di un'unità europea. Allo stesso tempo, raccontano la vita quotidiana dell'uomo che per oltre mezzo secolo ha dominato la vita politica italiana. «Crediamo» scrivono i curatori Serena e Stefano Andreotti «che la lettura possa aiutare a comprendere meglio la figura di nostro padre, depurandola da alcuni luoghi comuni». Grazie al paziente lavoro dei figli - che hanno attinto anche ad altri documenti autografi - le personalità e gli eventi di un decennio prendono vita attraverso notazioni personali, giudizi pungenti, memorabili battute di spirito. Come nota Andrea Riccardi nella sua introduzione, questi diari rivelano il «segreto» dell'azione politica di Andreotti: «un'immensa tessitura di relazioni nella politica italiana, nella Chiesa e sullo scenario internazionale... Per questo il diario è un contributo originale alla storia e un testo appassionante che mostra da vicino la vita e l'impegno di un protagonista di quegli anni».

