
Per Padre Pio, la messa rappresentava il fulcro della vita spirituale e il compimento del suo sacerdozio. Era molto più di una semplice celebrazione religiosa: il frate delle stigmate stava ore all'altare, dove riviveva la passione e la crocifissione di Cristo. Questo saggio-inchiesta affronta gli aspetti più mistici della vita del Santo di Pietrelcina, come le stigmate e la lotta contro il demonio, e li contrappone al contesto socioculturale degli anni Sessanta, anni di profonde trasformazioni nella Chiesa e nella società. Secondo Padre Pio, infatti, le forze del male cercavano di distruggere il sacrificio eucaristico: da qui il suo desiderio di offrire ogni messa in riparazione dell'indifferenza con cui era celebrata da altri sacerdoti.
Il volume intende ricostruire e narrare, anche con la voce del diretto interessato, l'itinerario spirituale e intellettuale del sacerdote riminese e mostrare l'intuizione progressiva di un carisma, che oggi è lievito di Vangelo e di giustizia in oltre 42 Paesi del mondo. Il volume ne tratteggia il profilo umano e spirituale, mettendo in luce l'originalità della sua visione della storia, della sua profezia e del suo metodo teologico-pastorale, che ne hanno fatto una delle voci piÃ^1 autorevoli e controcorrente del '900. Ogni capitolo è costruito intrecciando testi del prete dalla tonaca lisa, eventi biografici e storici.
Descrizione dell'opera
Il volume, che si fa leggere d’un fiato, costituisce un’appassionata chiamata del parroco di Bozzolo al rinnovamento e alla coerenza evangelica dei cristiani e della Chiesa. Pur pubblicato oltre sessant’anni fa, quando il fascismo stava entrando negli ultimi mesi di vita, contiene in sé una forza sempre attuale e sono davvero tanti gli spunti e le frasi che evocano questioni dell’oggi.
Attraverso l’accavallarsi di temi, suggestioni, squarci di pensiero che si rincorrono, la pagine di don Mazzolari tracciano un percorso ben riconoscibile, che prende avvio dal disinteresse di molti verso la figura di Cristo e dalla necessità di fare i conti con la sua proposta. L’autore suggerisce quindi un’originale rilettura del Vangelo e in particolare delle beatitudini e fissa una serie di riflessioni sulla necessità di superare tutte le forme di ingiustizia. Don Primo prosegue poi segnalando la necessità di avere una Chiesa slegata dal potere politico e liberata da ogni tentazione di fariseismo, e ribadisce la responsabilità del singolo cristiano che, sul modello dei grandi santi del passato, deve saper prendere iniziative personali senza attendere il comando dell’autorità ecclesiastica.
Con questo quarto volume, che segue Il compagno Cristo, i Discorsi e I preti sanno morire, la Fondazione Don Primo Mazzolari e le EDB proseguono nell’edizione critica delle opere di Mazzolari. I criteri della revisione vengono di volta in volta illustrati dal curatore, nella nota introduttiva di apertura.
Sommario
Introduzione (G. Vecchio). Impegno con Cristo. Prima parte. 1. Il nostro impegno. 2. Impegno con Cristo. 3. Preliminari dell’impegno. Seconda parte. 1. Oggi leggo il Vangelo. 2. Oggi leggo le beatitudini. 3. Il tempo del cristiano. 4. Dove va il prodigo? 5. Avventurieri del nuovo o uomini nuovi? 6. Testimoni e profeti. 7. Mercenari e pastori. 8. O idolatri o cristiani. 9. Guai a me. 10. Ciò che non sarà perdonato. 11. Chiesa senza martiri o “martirio della moderazione”. Terza parte. 1. Impegno col Vivente. 2. Impegno di opere. 3. Impegno dell’intelligenza. 4. Un impegno d’amore. Appendice: Cristo in concreto.
Note sull'autore
Primo Mazzolari (Boschetto CR, 1890 - Cremona 1959) viene ordinato sacerdote nel 1912. Nel 1932 è nominato parroco di Bozzolo, luogo definitivamente legato al suo nome. Pacifista sensibile alla causa degli oppressi e alla prospettiva ecumenica, anticipò molte posizioni del Vaticano II dalle pagine del suo giornale Adesso e nei suoi libri. Agli scritti di don Primo Mazzolari le EDB hanno dedicato la ristampa integrale delle annate di Adesso e un’intera collana ormai esaurita, di cui sono stati da poco ristampati: Rivoluzione cristiana; Della fede - Della tolleranza - Della speranza; La parola che non passa; Lettere al mio parroco; La Via crucis del povero; Lettere ai familiari. Sono inoltre già state pubblicate le nuove edizioni ampliate e con inediti di Diario. I (1905-1915); Diario. II (1916-1926); Diario III/A (1927-1933); Diario III/B (1934-1937), Diario IV (1938-25 aprile 1945), nonché l’edizione critica de Il compagno Cristo (2003), dei Discorsi (2006) e de I preti sanno morire (2007).
Note sul curatore
Giorgio Vecchio insegna storia contemporanea all’Università degli studi di Parma. È presidente del comitato scientifico della Fondazione Don Primo Mazzolari.
«Era la prima volta che un quotidiano d’informazione come il nostro, con una tradizione laica e post risorgimentale per di più, affidava una rubrica domenicale a un prete. [...] Un prete, pensavo, se capisce bene cosa sto cercando, forse riuscirà meglio a parlarci dell’altra faccia della nostra società, della nostra quotidiana fatica del vivere» (dalla Prefazione). Con il titolo Cose di questo mondo prende quindi avvio nell’autunno 1999, in vista del Grande Giubileo, la rubrica che don Giovanni Nicolini firma ogni domenica su Il Resto del Carlino, quotidiano di Bologna. Gli argomenti non li suggerisce lui, ma li pongono le lettere inviate dai lettori e a tutti egli riesce a offrire una risposta, un conforto. Sono i temi della vita, gli interrogativi dell’umanità varia che ogni mattina apre il giornale: le famiglie e i bambini, il papà che non crede, il suicidio, i disabili e i carcerati, il Giubileo e la Terrra Santa, la pace e la guerra. E don Giovanni risponde gettandovi sopra un pensiero di fede e un rapporto di umanità. Gli stessi riferimenti – fede e umanità – che danno senso alle sue opere e ai suoi giorni di direttore della Caritas di Bologna. «Da ogni suo scritto, lo vedrete voi stessi, sprizzano scintille. C’è sempre un cenno, una traccia da seguire, perché il Bene arriva anche per il dormiglione del presepe, per colui che al Mistero non è interessato».
Sommario. Prefazione (M. Gagliardi, redattore capo Il Resto del Carlino - QN). Cose di questo mondo.
Note sull'autore
Giovanni Nicolini (Mantova, 1940) dopo gli studi classici si è laureato in filosofia all’Università Cattolica nel 1963 e ha in seguito studiato teologia alla Pontificia Università Gregoriana fino al 1967, anno in cui è stato ordinato diacono per la Chiesa di Bologna. L’allora provicario generale don G. Dossetti gli chiese la disponibilità a esercitare il ministero diaconale, al fine di presentare questo ministero alla Chiesa dopo che il concilio Vaticano II aveva restaurato il diaconato permanente. Ordinato presbitero nel settembre del 1972, fu poi assegnato a una parrocchia di San Giovanni in Persiceto (BO) in qualità di cappellano e dal 1977 ha assunto le parrocchie delle frazioni di Sammartini, Ronchi e Caselle. Incaricato dal card. Biffi di tenere un coordinamento informale tra l’Azione Cattolica, l’Agesci e Comunione e Liberazione nella diocesi di Bologna, nel 1992 è stato nominato assistente diocesano dell’Azione Cattolica fino a quando, nel 1998, è diventato vicario episcopale per la carità. Lo stesso card. Biffi gli chiese di iniziare la rubrica domenicale proposta da Il Resto del Carlino. Dal 1999 è parroco a Bologna. Intorno al suo ministero è nata una comunità di fratelli, sorelle e sposi legata spiritualmente e affettivamente alla comunità di Monteveglio. Come vicario per la carità è anche direttore della Caritas diocesana.
L'amicizia in quanto tale non detiene un ruolo principale nella Bibbia. Il tema dell'amicizia è tuttavia presente, nascosto appena sotto la superficie. E rifiorisce sempre durante tutta la storia del cristianesimo. Gesù, d'altra parte, non dice a coloro che lo accompagnano: "Vi ho chiamato amici" (Gv 15,15)? In un tempo in cui quasi tutte le istituzioni sono in crisi, l'amicizia interpella forse più di altre forme di relazione umana. Il volume illumina il messaggio cristiano a partire dal concetto di amicizia universale. Prende avvio con la domanda "qual è lo specifico della fede cristiana?", per arrivare a cogliere l'idea di comunione e quindi l'importanza della Chiesa. Esplora l'idea di amicizia e le trasformazioni che essa ha subìto grazie al cristianesimo. Presenta poi l'esperienza di Taizé, come esempio significativo di un vasto tessuto di amici in Cristo. Infine offre alcune proposte pratiche per la vita cristiana dell'uomo di oggi.
Il volume ricostruisce la spiritualità della comunità trappista di Tibhirine, in Algeria, e le vicende che nel 1996 hanno portato al martirio dei sette monaci che la componevano, come offerta della propria vita per il popolo musulmano di quella terra, un popolo consapevolmente amato e accolto fino alla fine. Nel presentare la ricchezza di questa spiritualità, l’autrice volentieri dà voce agli stessi protagonisti, proponendo ampie sezioni dei loro scritti e in particolare del Diario tenuto dal monaco più giovane del monastero, fr. Christophe: «diario di un’anima» e insieme «diario di una comunità». Prende così forma nel corso del volume una testimonianza tra le più toccanti e significative del travagliato rapporto tra cristiani e musulmani e un modello di spiritualità che sa riconoscere il fratello e l’amico anche nell’uomo di fede diversa. Se la Chiesa del XX secolo, come ha ricordato Giovanni Paolo II, è «diventata nuovamente Chiesa di martiri», allora la vicenda dei monaci di Tibhirine si impone oggi alla coscienza ecclesiale come un segno di «teologia viva» che non può e non deve lasciare indifferenti.
Sommario
Presentazione (dom B. Olivera, abate generale dei Cistercensi riformati). Cronologia sintetica degli avvenimenti. I. Il martirio cristiano. II. La logica dell’incarnazione. III. La scelta della fedeltà. IV. «Seguirti nella tua libertà perdutamente». V. Attratto dall’«amore crocifisso». VI. Memoria e profezia. VII. L’eredità lasciata dai monaci. Conclusione. Bibliografia.
Note sull'autrice
Mirella Susini ha pubblicato presso le EDB Il martirio cristiano esperienza di incontro con Cristo. Testimonianze dei primi tre secoli (2003).
Un dono di Natale speciale. La scatola contiene: Flacone di profumo 100 mldi profumo 'Fragranze divine'; 8 bastoncini diffusori; 1 libretto sui profumi nella Bibbia.
«Qualcuno dice che mi sono "ritirata" in un eremo; e io puntualmente reagisco. Un eremo non è un guscio di lumaca, e io non mi ci sono rinchiusa; ho solo scelto di vivere la fraternità in solitudine. E lo preciso puntigliosamente per rispondere all'obiezione che concepisce questa solitudine come un tagliarsi fuori dal contesto comunitario. E invece no. L'isolamento è un tagliarsi fuori ma la solitudine è un vivere dentro».
È questo un libro da leggere in silenzio.
Con la schiena ben dritta e gli occhi che guardano avanti mentre esplorano il mondo nei suoi dettagli: fiori, piante, frutta, animali. Così tutto ciò che vedi ti parla di sé e insieme di altro, degli altri, di quello che è fuori, diverso e straordinariamente unico.
Se ti abbandoni a queste pagine, se le esplori e le ascolti, scopri che le stagioni della natura sono quelle dell'uomo e della vita, di un'età che si compie e si arricchisce ad ogni passo e sguardo. Scopri che una scelta di silenzio contemplativo è un modo per parlare forte e meglio a tutti. Che la solitudine può essere un luogo fecondo di incontro, una condivisione e un dialogo duraturo. Che una gatta (pardon, una micia), può anche scaldarti il cuore e che per difendere e proteggere ciò in cui credi vale ancora la pena di affrontare battaglie e sacrifici.
Adriana Zarri, teologa, scrittrice, eremita, donna libera, prima di morire a novantuno anni compiuti, ha condotto tante battaglie e ha appoggiato, anche in aperto contrasto con le posizioni della chiesa cattolica, le iniziative a favore del divorzio e dell'aborto e le discussioni sul celibato del clero. Con la sua voce sottile, eppure vibrante e sicura, ci guida in un mondo antico e nuovo che è poi il nostro.
Diverso e nuovo è il modo in cui lei va incontro al mondo. E diverso e nuovo è il modo di dirlo, usando con consapevolezza, e assaporandola, la potenza della parola: una parola meditata a lungo e coccolata, a volte stridente e scomoda, a tratti polemica, ma sempre affascinante e coraggiosa nella sua poetica esattezza.
Nelle pagine di Erba della mia erba, pubblicate per la prima volta nel 1981 e qui riproposte, così come negli Altri resoconti di vita, narrazioni nuove e inedite, la propria esperienza di silenzio e di un vivere appartato è raccontata (senza essere mai testimoniata) nel suo farsi concreto, nello scorrere quotidiano e inconsueto di gioie, incontri, speranze e paure. Il proprio eremo, che sia l'amata cascina isolata del Molinasso oppure Cà Sàssino con il suo giardino pieno di rose, è sempre un luogo della vita e dell'anima dove racconto e realtà convivono e si contaminano, dove lo studio e la riflessione sono impastati di vita. E dove l'ospitalità, l'amicizia, la meditazione, la natura, la libertà e il dialogo non possono che essere momenti indispensabili alla vita e alla sua complessa bellezza.
Esiste una soglia che separa il quotidiano da una dimensione sconfinata e forse inaccessibile, dove qualcosa che riverbera - di cui intuiamo appena il disegno - ci attrae senza sosta. Un soffio silenzioso, più vivo che mai, che ci sorprende nel nostro agire, ci mette a fuoco dentro e fuori. Proviamo il desiderio improvviso di sbirciare al di là della nostra finitudine, dove l'esperienza umana e l'intangibile s'incontrano in forma di preghiera, di imprecazione furiosa, di boato assordante. Ecco cosa accade ai personaggi che abitano i racconti di questa raccolta. Così Maupassant ci mostra un prete dal cuore di pietra ammorbidito da una notte di luna, Hermann Hesse il sacrificio di un uomo mite che forse ha parlato con Dio, Giovannino Guareschi un professore trafitto dalla saggezza nascosta del suo peggiore studente. E mentre Olga Tokarczuk racconta come si possa continuare a prendersi cura anche di chi non c'è più, Vasilij Grossman ci narra l'epopea di un mulo capace d'amore in un mondo in guerra, fino a Natalia Ginzburg che intravede il divino «sotto una coperta sudicia, piena di cimici». Attraverso le loro parole, allora, riconosciamo come familiare quello che in noi non era ancora venuto alla luce, e percorriamo in punta di piedi il ponte tra ciò che si annida nel nostro cuore e ciò che, misteriosamente, lo trascende. Con uno scritto di Gabriella Caramore.
«Eccellenza, speravo di poterVi portare personalmente Il compagno Cristo, ma sono rimasto senza tempo. Il titolo forse non Vi piacerà: non piace molto neanche a me; ma per metterlo in certe mani ho creduto di ascoltare il suggerimento degli editori. Infatti parecchi comunisti ne furono già invogliati, è esca degli ultimi». Così il 18 marzo del 1946 don Mazzolari scriveva al proprio vescovo, mons. Cazzani, nel consegnargli un volume che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto titolarsi Il Vangelo del reduce. Egli ne iniziò la stesura nell’estate del 1942, pur nella consapevolezza che una tale opera avrebbe dovuto attendere la conclusione del conflitto per poter essere stampata. Di certo le ambiguità del titolo fornirono un ottimo alibi a quanti non volevano neppure confrontarsi con il pensiero dell’autore.
Lo sforzo di don Mazzolari consiste nella presentazione dell’essenza del messaggio evangelico ai giovani e agli uomini del 1945, ai ‘reduci’ da tutti i fronti della guerra: egli vuole mostrare la piena aderenza della proposta di Cristo alla loro condizione umana. Di fronte alle sofferenze patite dal reduce, il parroco di Bozzolo si impegna a fornire un’immagine di Gesù anzitutto come ‘liberatore’, echeggiando le idealità dei giorni successivi alla Liberazione politica, ma il suo messaggio si muove in un’ottica pienamente religiosa e ad un tempo capace di porre le premesse per l’edificazione di una società diversa.
Con questo volume la Fondazione Don Primo Mazzolari e le EDB danno inizio all’edizione critica delle opere di Mazzolari. I criteri della revisione vengono di volta in volta illustrati dal curatore, nella nota introduttiva che apre ogni titolo.
Note sull’autore
PRIMO MAZZOLARI (Boschetto CR, 1890 - Cremona 1959) viene ordinato sacerdote nel 1912. Nel 1932 è nominato parroco di Bozzolo, luogo definitivamente legato al suo nome. Pacifista sensibile alla causa degli oppressi e alla prospettiva ecumenica, anticipò molte posizioni del Vaticano II dalle pagine del suo giornale Adesso e nei suoi libri. Agli scritti di don Primo Mazzolari le EDB hanno dedicato la ristampa integrale delle annate di Adesso e un’intera collana ormai esaurita, di cui sono stati da poco ristampati: Rivoluzione cristiana; Della fede - Della tolleranza - Della speranza; La parola che non passa; Lettere al mio parroco; La Via crucis del povero; Lettere ai familiari. Sono inoltre già state pubblicate le nuove edizioni ampliate e con inediti di Diario. I (1905-1915), Diario. II (1916-1926), Diario III/A (1927-1933) e Diario III/B (1934-1937).

