
Il nuovo testo di meditazione di Mons. Luigi Mistò, Il desiderio è sempre di te, è teso ad aiutare ciascuno, illuminato dalla parola viva di Dio e dal magistero materno della Chiesa, a contemplare e abbracciare il proprio orizzonte nuovo e decisivo. Si tratta di tre "medaglioni" che vanno, ancora una volta, al cuore dell'esperienza di fede per infondere luce smagliante e sicura per il nostro cammino e informare in modo vitale tutte le esperienze e gli incontri.
Il nuovo libro di Mons. Luigi Mistò è una confidenza del cuore, scritta nel segno della comunicazione dell'esperienza di fede. In esso è raccolta una vicenda umana, cristiana e sacerdotale. In queste intense e vibranti pagine trasudano esperienze personali e comunitarie, amicizie e rapporti, scelte e riflessioni, preghiere e contemplazioni, opere e giorni: semplicemente la storia di una vita. Il lettore può rispecchiarsi dietro le parole di questo testo, prendere spunto e condividere, verificare e immaginare, approfondire e rimotivare così la sua personale vicenda spirituale.
I comandamenti civili del don Gallo-pensiero finalmente raccolti in un 'breviario di strada": i temi della giustizia sociale, della valorizzazione delle donne, dell'omosessualità, le battaglie contro il proibizionismo, le prese di posizione politiche e, come sempre, il suo grande amore per gli ultimi. Messaggi e appelli che chiamano in causa anche i big della politica e della cultura, attraversando i sentieri della tecnologia, dei nuovi media e dei social network: per il Don - secondo uomo religioso in Italia per numero di followers, subito dopo il papa - un'altra occasione per stare in contatto con il suo popolo. In omaggio solo per la prima tiratura il volume dei tweet su papa Francesco.
Silloge composta di poesie religiose, scritte nell'arco di tempo di circa quarant'anni, alcune delle quali sono inedite, altre invece sono state già pubblicate ma spesso modificate. Un invito a riflettere sulla presenza della voce di Dio, che nascosta parla, in modi e tempi diversi, anche quando il cuore distratto dell'uomo non la percepisce o non la vuole udire.
«Chi è l'uomo che vuole la vita e desidera vedere giorni felici?» (RB, Prol. 15) Dio e l'uomo si cercano. Dio ha bisogno dell'uomo e l'uomo ha bisogno di Dio. Hanno bisogno l'uno dell'altro per realizzare la stessa opera: l'immagine di Dio nell'uomo. L'umiltà di riconoscere e adorare Dio nell'uomo è ciò che ci rende perfettamente umani, totalmente umani. Umani nel rapporto nuovo di comunione, di onore e di carità che possiamo offrire a tutti, offrendolo anzitutto a Cristo stesso. È così che l'avvenimento cristiano, di cui san Benedetto ci educa a fare esperienza, ha trasfigurato, trasfigura e potrà sempre di nuovo trasfigurare il mondo umano. E oggi è più necessario che mai. Vi invito a ripartire umanizzando il mondo con l'umiltà totale che adora e accoglie Cristo in ogni persona che incontrerete.
«Che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi?» (Sal 8,5) Avere cura degli altri è l'atteggiamento che sintetizza l'esercizio della misericordia. Incarna l'amore per la vita dell'altro, per la sua crescita, per la sua felicità. San Benedetto è cosciente che la cura per l'altro inizia dall'attenzione che esercitiamo verso le necessità e le miserie dei fratelli e delle sorelle. E l'attenzione è uno sguardo, un vedere ciò di cui l'altro ha bisogno, una sensibilità per il bisogno degli altri, come quella del Padre, di Gesù. «Imiti il misericordioso esempio del buon Pastore» (RB 27,8): la cura del buon Pastore si esercita anzitutto nel vegliare sul gregge, nel tenerlo sott'occhio. San Benedetto ha fissato gli occhi su Gesù, Pastore misericordioso, e quando chiede all'abate di imitarne il pio esempio, la prima cosa che gli chiede è che anche l'abate impari come deve essere e agire «tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2).
Se Giovanni Mucci fosse stato contemporaneo di Blaise Pascal (1600 e dintorni), qualcuno avrebbe potuto pensare che il Dialogo di un uomo con suo Dio altro non è che il frutto dell'amicizia di Mucci con il grande filosofo, matematico e teologo francese, autore dei "Pensées"(Pensieri) rimasti incompiuti per la sua morte prematura. Gli appunti di Pascal sembrano trovare infatti in questo testo, come tessere di un mosaico, la loro completezza in un'opera apologetica a difesa tout court del Cristianesimo nella sua esaustiva descrizione, sotto forma di un dialogo fra l'autore e il Dio della Rivelazione cristiana.
Come accade che proprio dal centro, dal papa stesso, ci venga l'invito a guardare il mondo dalle periferie? Forse perché è la stessa persona che era vescovo "alla fine del mondo", fino a poco tempo fa? Cosa significa guardare il mondo dalla periferia? In che senso si capisce meglio la realtà? E come si distingue la differenza di sguardo? In fondo ciascuno di noi vede le cose con i propri occhi e non è facile comprendere come possano esserci altri sguardi... La Parola di Dio scritta nella Bibbia è anche il racconto di una esperienza di fede di un popolo "di confine", piccolo e irrilevante o quasi nel contesto del tempo. E il Figlio di Dio, Gesù, centro di tutta la storia, si fa uomo in quel popolo, in quella terra, in quella periferia. Dunque non è affatto questione secondaria sapere quale luogo si abita e capire il mondo dalla parte di chi è apparentemente irrilevante. "Perché la realtà si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie." (Papa Francesco)
Certo può sembrare strano accostare i quattro vangeli e l'ipercubo, la teoria di Cantor degli insiemi e della loro cardinalità al mistero stesso di Dio, l'insieme vuoto e la costruzione dei numeri naturali all'Incarnazione e alla kenosis del Figlio di Dio, gli spazi metrici, gli omeomorfismi tra insiemi e le funzioni continue al regno di Dio, o, ancora, le varietà topologiche all'esperienza della carità. Si tratta di recuperare un modo di pensare capace di vedere le cose non solo in se stesse come nell'approccio scientifico, ma anche come simboli. E anche in questo senso il confronto con la matematica, che vive di simboli, appare di grande interesse. Come altri hanno utilizzato altre arti per parlare della bellezza del cristianesimo, così ci si può legittimamente servire della astratta e limpida bellezza della matematica per parlare di Gesù Cristo. Dalla Postfazione di Ferruccio Ceragioli. "La matematica è bellezza, poesia, fantasia e allora, coraggio, lasciamola parlare un po' di Cristo!"
Un volume di saggi spirituali diretti a chi non crede, affinché impari di nuovo a credere, e a chi crede, affinché creda davvero. L’idea è quella di disegnare una mappa del tesoro che permetta a ciascuno di scoprire la ricchezza di se stesso.
Con l'aiuto di alcuni esempi, l'autore ci porta a riconoscere che la nostra fragilità, se non è accettata e viene soffocata dall'egoismo e dalla chiusura a Dio e agli altri, diventa non vita. Invece, se accolta nella certezza che davvero la nostra vita è nelle mani e nel cuore di Dio, il suo amore diventa «stampella» alla nostra fatica. Questo libro può essere usato come un piccolo corso di esercizi spirituali; sono sette capitoli da leggere uno al giorno per sette giorni. Utilizzando gli spunti di riflessione e le proposte in fondo ad ogni capitolo, può diventare uno strumento per guardare il nostro cuore e aprire la porta a Dio. Vorrei che, leggendo queste pagine, sentiste la vostra fragilità, debolezza e sofferenza abbracciate dall'amore di Dio, che dona la forza di rialzarsi e ricominciare ogni giorno. Prefazione Guido Marini.
Vecchio (a tutte le età) è chi ha perso la fiducia. Una virtù essenziale e faticosa. La pandemia ci ha resi tutti un po' più vecchi. Incapaci di credere alla rinascita, incapaci di darci reciprocamente fiducia. Sospettosi, diffidenti, arrabbiati, pieni di nostalgia per il tempo passato. Stanchi ed irascibili. Da mesi abbiamo bisogno di una «flebo» di fiducia. Per reggere, per guardare avanti, per ritrovare gli altri come fratelli e non come nemici. Riflessioni per risvegliare la fiducia. Aiutati dalla Parola che è sempre capace di Promessa. Per riscoprire che la vita è ancora davvero promettente.