
Declinata sempre più spesso al plurale, la parola “spiritualità” descrive i vari modi attraverso cui uomini e donne cercano il senso della propria vita nella complessità del mondo contemporaneo. Soluzioni molteplici, che mettono al centro la libertà di scelta del soggetto, con i suoi sentimenti e la sua aspirazione a una piena realizzazione, lasciando sullo sfondo il riferimento alla dimensione istituzionale tipica delle religioni tradizionali. A vent'anni dalla sua comparsa nel dibattito sociologico italiano, il volume illustra le diverse traiettorie di ricerca che hanno caratterizzato gli studi su questo tema nel nostro paese. Un percorso che si è al contempo allargato e approfondito: allargato fino a comprendere le “spiritualità atee”, che non fanno riferimento ad alcuna forma di trascendenza intesa in senso tradizionale; e approfondito perché, integrando un'impostazione romanticamente individualistica della ricerca del senso, ne evidenzia le nuove condizioni sociali che la rendono possibile. I capitoli narrano le strategie inedite di connessione con il sacro elaborate dagli attori sociali a partire dalle esperienze della vita quotidiana.
Il monachesimo è stato a lungo esclusivamente oggetto della storia della spiritualità e della teologia e solo a partire dagli anni settanta si è cominciato ad affrontarlo con un approccio pienamente storico e integrato con le altre scienze umane. Studi recenti hanno infranto barriere, proposto prospettive interdisciplinari e nuove metodologie che hanno prodotto interazioni creative fra la tradizione della storia monastica, con il suo focus sugli sviluppi istituzionali, e una gamma di argomenti sacri e profani che vanno dalla spiritualità ascetica ai moderni approcci politici. In quest'ottica, anche la storia del monachesimo bizantino è in parte da riscrivere: il volume propone una riflessione originale sui rapporti tra i monaci e la società.
Una tesi molto fortunata negli studi sul monachesimo sostiene che il tratto rilevante di questo modo di vivere sia la varietà, talmente ricca da renderne impossibile una storia unitaria. Questo libro vuole dimostrare il contrario: la storia della vita monastica fra tarda antichità ed epoca carolingia è sostanzialmente uniforme. Il monaco vive sempre in ville tardoantiche trasformate in monasteri, è alle prese con la difficile pratica della moderazione ed è guidato dalla norma universale della divisione del lavoro. Il testo illustra la vita monastica, il suo spazio d’azione, la lingua d’uso, le regole e gli esercizi ma anche i rapporti con le gerarchie ecclesiastiche e col potere civile, dal momento che i monaci, al contrario degli asceti, con i quali vengono spesso confusi, non sono in fuga dal mondo.
Non si può vivere senza regola
Nonostante la tarda antichità, e in particolare il V-VI secolo, sia considerata l’epoca d’oro della legislazione monastica sotto forma di regole, la maggior parte dei primi monaci d’Occidente non vive “sotto una regola”. Lo si può dedurre dalla ricorrente volontà degli autori di questi testi di sottolineare la diversità del vivere monastico e al contempo di intensificare gli sforzi per definire, regolare e controllare in modo sicuro l’attività monastica. La Regola del Maestro, ad esempio, che dedica una lunga discussione iniziale al problema dei monaci girovaghi, sopravvive in soli tre manoscritti e non sembra essere così capillarmente diffusa e conosciuta nel continente europeo nel periodo qui preso in considerazione. In generale, i manoscritti contenenti regole monastiche sono una quantità minima, in modo particolare fra VIII e IX secolo.
Di questa anarchia c’è traccia nella Vita di Martino, dove la vita del santo è contrapposta a quella dei semianacoreti. La stessa critica si legge nei Dialoghi, dove Sulpicio dice di pregare incessantemente nella sua stanza mentre gli altri, gli ospiti, continuano a parlare. È pertanto quantomeno azzardato affermare che la vita secondo una regola sia un tratto comune dei monaci tardoantichi e altomedievali d’Occidente. Si noti poi che, nella biografi a dello stesso padre della sistematizzazione regolare, Benedetto di Aniane, pare essere del tutto accettabile che, ancora fra VIII e IX secolo, ci siano uomini straordinari che ignorino questa forma di vita. Ardone racconta infatti che lo stesso Benedetto, intrapresa una pratica ascetica particolarmente dura, entra in contatto con due uomini valorosi, Attilio e Nebridio, i quali non conoscevano la possibilità di vivere sottoposti al controllo di una regola; nonostante questo, è lo stesso Benedetto a cercarli, soprattutto ogniqualvolta sente sorgere la tentazione. Nebridio non conosce regola, ma Benedetto non esita a ricorrere al suo aiuto e ai suoi consigli quando si sente vacillare. Benedetto, pertanto, scopre quasi per caso la possibilità di una vita regularis e, nonostante cerchi di uniformarsi alla regola del primo Benedetto, non disdegna la compagnia di uomini considerati di straordinaria santità. Anche Colombano, nonostante sia un “legislatore”, si chiede perché avvengano atti di insubordinazione da parte di alcuni che, infiammati dal desiderio di una vita più perfetta, lasciano la comunità e il giogo dell’abate per il deserto.
La prima condanna dei monaci che lasciano illecitamente il monastero è però più antica e si legge negli atti del Concilio di Calcedonia del 451. Il canone 4 decreta che tutti i monaci devono restare nel luogo dove hanno fatto la loro rinuncia al mondo e da qui non possono allontanarsi se non su indicazione del vescovo sotto la cui giurisdizione cade il monastero. Il canone 23 aggiunge: coloro che agiscono di propria iniziativa e interferiscono con la politica episcopale aggirandosi liberamente in città saranno perseguiti. Tutto questo è ribadito dalle disposizioni spurie aggiunte ai canoni del Concilio di Nicea del 325: chi lascia il monastero e va a vivere in città o in un villaggio come un laico, non può continuare a portare l’abito monastico, poiché tale azione getterebbe discredito sul buon nome dei “veri” monaci. Se a farlo è una donna, poi, la sua reputazione è definitivamente compromessa (Concilio di Ippona del 393). Qualche decennio dopo, al fuggitivo viene negata la comunione e l’accesso alla comunità dei fedeli (Concilio di Arles del 443).
Questa lunga lista di divieti prova quanto il monaco fuggitivo sia diffuso nella società tardoantica e medievale, sia a Oriente che a Occidente, e solo il meccanismo di razionalizzazione normativa consente di individuare, sanzionare e perseguire colui che non lo accetta, definendo il suo agire come deviante. Si noti il fronte comune fra potere civile e potere religioso sancito a Calcedonia: confinato nel suo monastero e sottomesso al vescovo, il monaco non deve turbare l’ordine e pertanto ogni atto di insubordinazione può essere rubricato come sedizione. La città mondana gli è interdetta.
A partire dalla pubblicazione di testi inediti di Anselmo d'Aosta e della sua cerchia, il volume porta nuova luce sulla costellazione di scritti e di autori - Lanfranco di Pavia, Guitmondo d'Aversa, Bosone del Bec, Eadmero ed Elmero di Canterbury - legati alla sua ricerca e al suo insegnamento al Bec e a Canterbury. Il saggio si addentra nel settore ancora poco esplorato della produzione filosofico-teologica del mondo monastico medievale anglo-normanno dei secoli XI e XII, proponendo un'ampia ricognizione della ricchezza dei suoi contenuti e le peculiarità della loro trasmissione e rielaborazione, che manifestano la fecondità tanto delle idee quanto del metodo teologico di Anselmo. Alla luce di questi orizzonti stimolanti e promettenti, il libro colma, pertanto, una lacuna negli studi e nella recensione critica dei testi anselmiani finora pubblicati da studiosi come André Wilmart, Franciscus Salesius Schmitt, Richard William Southern e Jean Leclercq.
Nel volume, l'autore ha saputo portare alla luce il tesoro di una tradizionale e vitale pratica nella vita religiosa. Oggi, pur nella fatica di viverla in profondità, rimane quale cifra dello spessore nella sequela del Signore, personale e comunitaria. Dopo un'analisi della storia della spiritualità che ha prodotto la pratica dell'orazione mentale, l'autore approfondisce la tematica ancorandola ai capisaldi della tradizione cappuccina, identificandola come metodo e necessità imprescindibile per una costante unione con Dio.
Questo lavoro ci restituisce la voce umile e affascinante di Francesco: il Serafico Padre ha ancora da dire all'uomo di oggi parole di bellezza, di amore e di concordia universale. Dalla roccia aperta della Verna dove Francesco si rifugiava per incontrare il suo Signore, si diffondono ancora il profumo della sua presenza e la forza soprannaturale della sua totale conformazione a Cristo. Queste pagine sono l'omaggio filiale di chi, sulle orme di Francesco, l'alter Cristus, ha scelto di mettere al servizio del prossimo la propria vita.
In questo terzo libro dedicato all'Ottocentenario francescano, dopo Il presepe di Greccio e Le stimmate di san Francesco, frate Orazio Renzetti guarda le Creature, in esse vede Dio e vede sé stesso, le tappe del suo cammino; il creato è impresso nel cuore di Francesco, ha segnato la sua storia, e l'autore ce lo descrive con pennellate leggere. I versi del Cantico si espandono, si dilatano nel tempo e nello spazio e coprono i vari momenti dell'esistenza del serafico Padre.
Quaranta poesie che ripercorrono le ultime drammatiche ore della vita di Gesù, fino alla sua Risurrezione e Ascensione al cielo. Vi si ritrovano le figure di Pietro, Maria, le donne sotto la croce, Giuda e il sommo sacerdote, tutte osservate e partecipate dall'autore con profondo spirito contemplativo.
Nel 1989, dal 12 al 18 febbraio il Cardinale Giacomo Biffi fu chiamato da Papa Giovanni Paolo II a predicare gli Esercizi Spirituali in Vaticano. Come testimonia il cardinale Biffi nel libro, questa è stata un'esperienza emozionante e commovente: Essere scelto dal Papa per predicare gli esercizi, e farlo davanti a lui e a tutti i cardinali della curia, è un esperienza unica e irripetibile (anche se Biffi l'ha ripetuta con Papa Benedetto XVI). Nel libro si pubblicano i testi degli esercizi, ancora inediti, scritti da Biffi in quella occasione. L'autore nel suo stile inconfondibile affronta molti argomenti come il peccato, la funzione della Chiesa madre dei credenti, il celibato sacerdotale, l'influenza e i modi di agire del diavolo, la meraviglia e la dolcezza dell'incontro con Cristo. Il libro, assolutamente da non perdere, è l'ennesima perla che il cardinale Biffi lascia ai fedeli. Un capolavoro letterario ricolmo di felici intuizioni teologiche, culturali e umane.
In questo volume l'autore affronta e approfondisce alcuni aspetti ricorrenti nella spiritualità di Santa Caterina da Siena: l'offerta del sangue di Cristo come strumento potente ed efficace nella prevenzione del male e come viatico di salvezza; La "sensualità spirituale" di Santa Caterina, che emerge in particolar modo nel Dialogo con la Divina Provvidenza, che mette in risalto l'amore assoluto che Caterina prova per Cristo; la confusione, e il disorientamento che provocano nell'intelletto e nella capacità di discernere l'impurità e piaceri; L'ordine della società e della pace frutto della grazia e della misericordia di Dio. L'importanza della "festa" come momento di riposo fisico e spirituale e occasione di riconciliazione con Dio.

