
Il cammino sinodale che ha coinvolto le Chiese dell'Amazzonia e i documenti che lo hanno accompagnato (dal Documento Preparatorio all'Esortazione postsinodale Querida Amazonia, passando per l'Instrumentum Laboris e il Documento Finale) consegnano una visione ecclesiologica particolarmente significativa, che sollecita le Chiese di tutto il mondo. Una Chiesa dal volto amazzonico, che vuole custodire le sue radici culturali e la sua sapienza antica. Una Chiesa che ascolta il grido del povero e della terra e leva la sua voce profetica, davanti alla crisi ecologica e a un sistema economico ingiusto, fino al martirio. Una Chiesa che, con coraggio, ha prospettato "nuovi cammini" per essere una comunità tutta ministeriale, di uomini e donne, per garantire a tutti l'ascolto della Parola e la possibilità di partecipare all'eucaristia, con linguaggi, liturgie, attività pastorali adeguati ai diversi contesti sociali e culturali. Una Chiesa locale che offre la sua esperienza e la sua storia come contributo alla crescita della Chiesa intera, per tutti "casa comune".
La prima comunità cristiana riconobbe inizialmente alla forma sinodale degli anziani e successivamente all'apostolo Paolo un'autorevolezza che va configurandosi come autorità, nel senso di "riferimento certo" per la custodia della comunione ecclesiale. Questa virtù viene in seguito attribuita a singoli personaggi, in genere fortemente carismatici, mentre il suo esercizio viene sempre più centralizzato e istituzionalizzato attraverso la stampa e la censura ecclesiastiche. Proprio la dimensione normativa e regolativa dell'autorità viene oggi messa in discussione dai social media, che per loro natura non sono gerarchici, ma aggregano e attivano appartenenze sui criteri dell'omologazione. Le community si organizzano sulla base di interessi e visioni comuni, espellono le dissonanze e seguono gli influencer, a cui conferiscono autorità in un determinato ambito e in un tempo circoscritto. In questo contesto, l'unica autorità che la Chiesa può legittimamente coltivare è quella della testimonianza di coloro che, in forza del battesimo, vivono manifestando il dono della vita di Dio in noi.
In che modo la Caritas italiana, istituita il 2 luglio 1971 per volontà di Paolo VI, ha vissuto nei suoi primi cinquant'anni la fraternità evocata da papa Francesco nell'enciclica Fratelli tutti? Le strutture diocesane e parrocchiali si sono misurate nella loro attività quotidiana con molti dei temi approfonditi nell'enciclica, dall'ecumenismo alla costruzione della pace, dalla nonviolenza alla ricerca della giustizia, dalla promozione umana all'accoglienza dei rifugiati. Le storie raccontate in questo libro mostrano come ciò sia avvenuto nell'esperienza concreta di alcuni operatori e di alcune realtà territoriali. Introduzione Francesco Soddu. Postfazione Stefano Russo.
Gli interventi del magistero della Chiesa, considerati nella più ampia e variegata forma, sono generalmente caratterizzati da una doppia pedagogia: l'incoraggiamento per le meraviglie dell'ingegno umano e il richiamo ai rischi di utilizzi distorti. In altri termini, partono da un atteggiamento di audace apprezzamento, a cui seguono un prudente ma deciso richiamo ai fini pastorali e un monito per l'uso improprio degli strumenti. Una novità è rappresentata da un intervento di papa Francesco all'Accademia della Vita, nel quale ha affermato che non basta la semplice educazione all'uso corretto delle nuove tecnologie; esse non sono infatti strumenti neutrali, poiché plasmano il mondo e impegnano le coscienze sul piano dei valori. Più in generale, i discorsi del pontefice esprimono la consapevolezza che i media non sono neutri e che il giudizio su di essi non dipende esclusivamente dall'uso che se ne fa; la loro stessa presenza nello scenario delle relazioni sociali modifica atteggiamenti, comportamenti, visioni e scelte. La stessa enciclica Fratelli tutti richiama questi temi.
Il concetto di bene comune, categoria-chiave del pensiero politico e dell'insegnamento sociale della Chiesa, stenta oggi a essere assunto come punto di riferimento nelle società occidentali. Dopo la grande stagione solidaristica del secondo dopoguerra, l'accentuato individualismo che caratterizza la post-modernità tende a enfatizzare le rivendicazioni autoreferenziali e a ridimensionare l'intervento pubblico, interpretato come ostacolo nei riguardi del libero agire dei singoli. Confinato tra i concetti gloriosi di stagioni passate, anche a causa della frattura intervenuta tra etica e politica, il bene comune è tuttavia un'istanza destinata a riproporsi in uno scenario deturpato dall'esasperazione dei personalismi, dalle chiusure identitarie e corporativistiche e da una rete di privilegi riservati a pochi. Anche l'emergere di nuove problematiche, a partire da quelle ambientali, che non possono essere affrontate a livello locale ma esigono una visione globale, richiede di ripensare il concetto in una prospettiva universalistica capace di ricollocare l'uomo al centro della riflessione. Rivisitata in una nuova prospettiva, l'antica categoria di bene comune si presenta, in questo modo, come un fondamentale banco di prova dei diritti umani.
Logica della mediazione o logica della presenza, valori componibili o valori non negoziabili, partito unico o "tensione unitiva", alleanze omogenee o patti con il diavolo: la partecipazione dei cattolici alla vita politica italiana ha attraversato numerose fasi e ha collaudato schemi che oggi risultano superati. Ripercorrere le strade già battute serve a fare il punto, cioè a capire dove si è arrivati e a comprendere le glorie e le miserie delle imprese compiute. È la condizione necessaria, non sufficiente, per intraprendere un nuovo corso. Solo una ricognizione necessariamente sincera e, dunque, impietosa consente di guardare avanti liberi dall'incubo del già vissuto. Sapendo che il confronto è arduo. La posta in gioco è il mutamento della qualità dell'azione politica, il recupero della sua funzione di servizio anziché di pratica del potere. Con un fine di umanizzazione della vita che rigetta la cultura dello scarto insita nella logica mercantile che domina la produzione e gli scambi.
La dottrina dell'indissolubilità del matrimonio, la possibilità per i divorziati risposati di accedere ai sacramenti, la posizione della Chiesa nei confronti degli omosessuali sono alcuni dei punti caldi affrontati dall'Assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia.
I documenti di questo appuntamento ecclesiale, che si e segnalato all'opinione pubblica anche per le novità di metodo e la franchezza del dibattito, riflettono i testi del magistero, ma anche la sensibilità di Papa Francesco, fiducioso che la Chi~sa sia in grado di superare lo «sguardo severo e legalista» sui problemi del mondo.
Scrivere alla «cara Costituzione» era stato per il cardinal Matteo Zuppi «un'occasione per sottolineare la necessità di ricostruire, nel pieno della pandemia, quel senso civico nazionale che, dopo la catastrofe bellica, aveva permesso di dare vita a un patto costituzionale sul quale è fondata la Repubblica» (dalla postfazione). Zuppi e Valerio Onida, con linguaggi diversi, il primo con una lettera, il secondo in un dialogo con gli studenti, avvertono sulla necessità di andare oltre la Costituzione per superare le anguste barriere nazionali, affidandosi a istituzioni sovranazionali in grado di perseguire un bene che sia davvero comune. Postfazione di Pierluigi Consorti.
L'economia di mercato - osserva il card. Marx - porta gradualmente a un miglioramento economico per tutti, ma solo in assenza di guerre e rivoluzioni politiche, cioè in condizioni tipiche ideali. Nel breve termine, invece, la sua "distruzione creatrice" colpisce con tutta forza, in determinati contesti, sotto forma di disoccupazione e di fallimenti per singoli individui e per interi gruppi. C'è quindi bisogno non solo di regole del gioco, ma anche di istituzioni forti, senza le quali non può esserci alcuna economia di mercato eticamente responsabile. "Abbiamo a che fare con varie persone che seguono ciascuna i propri interessi e, quando i loro interessi e il loro vantaggio sono predominanti, questo non porta al bene comune, ma solamente all'arricchimento di pochi". La tesi dell'autore è che nel processo di globalizzazione la morale non solo è una possibilità, ma è indispensabile per la sopravvivenza del mondo. Ed è un comandamento della ragione a suggerircelo.
«L'udienza particolare con Giovanni Paolo II è avvenuta il giorno 21. Ed è durata circa quindici minuti. Dopo aver passato otto guardie, presentato quattro volte il "biglietto" della Prefettura della casa pontificia e attraversato cortili, corridoi e saloni. Il papa, con un gesto, mi ha invitato a parlare, seduti entrambi intorno a un tavolo». Prefazione di Alfio Filippi.
Esiste un modo per utilizzare le opportunità della Rete senza rinunciare ai rapporti diretti e dover scegliere tra una stretta di mano e un tasto del computer? Per non ridurre la nostra vita a un continuo selfie dei vari momenti della giornata da «postare» in un social? Ci capita sempre più spesso di pagare senza vedere il denaro, di sottoscrivere contratti senza avere davanti un interlocutore, di organizzare viaggi online, di creare palinsesti televisivi personalizzati. Abbiamo a disposizione sconfinati territori informativi e relazionali, come se il mondo fosse sempre in diretta per noi. I nuovi mezzi di comunicazione hanno conquistato la nostra vita, ne scandiscono i ritmi, sono i custodi delle chiavi dei nostri spazi e del nostro tempo. Ma tutto avviene a distanza, senza contatti, se non virtuali, e sperimentiamo il graduale affievolirsi della conversazione faccia a faccia, a favore di una comunicazione che ci consente di evitare la vicinanza, l'espressione, lo sguardo, il respiro, le reazioni, le emozioni, il volto dei nostri interlocutori.
Tre grandi modelli hanno espresso ed esprimono ancora oggi il rapporto dei cristiani con il mondo. Il primo è quello della «differenza profetica», che nasce nel contesto di una comunità perseguitata o trattata con ostilità. Il secondo è quello della «sistemazione nel mondo», che prende le mosse dalla condizione di pace religiosa. Il terzo, forgiato dal concilio Vaticano II, è quello della collaborazione leale e critica, che recupera dalle antiche fonti cristiane l’idea della relativa autonomia della sfera spirituale e di quella temporale. Recuperando le metafore evangeliche del sale e della luce, richiamate più volte dal magistero di papa Francesco, l’autore offre un’originale riflessione sul rapporto dei cristiani con la società e la politica.
Sommario
Introduzione. Tre modelli. I. La differenza profetica. II. La sistemazione nel mondo. III. La collaborazione leale e critica. IV. Il sale e la luce.
Note sull'autore
Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, ha insegnato Teologia sistematica alla Facoltà teologica dell'Emilia Romagna dal 1989 al 2010. Dal 2009 al 2015 è stato parroco a Forlì e si è occupato, in particolare, di animazione vocazionale e giovanile e di formazione dei diaconi.