
L'impatto tra l'arte e le nuove tecnologie elettroniche (dalla computer graphics alla realtà virtuale) è attualmente oggetto di un dibattito esteso a una quantità di saperi e discipline. Ma come è cambiata la natura stessa dell'arte? Come è cambiata la nostra percezione della sua tradizionale funzione di "produzione del nuovo"? La pratica artistica può ancora considerarsi come in passato l'esempio più eminente della creatività umana? Massimo Carboni e Pietro Montani hanno raccolto le pagine di venti maestri sul tema del rapporto tra arte e tecnica. Tra questi: Valéry, Brecht, McLuhan, Heidegger, Adorno, Baudrillard, Maldonado, Lévy.
Da sempre, il potere è una delle costanti più caratteristiche della storia umana e ha assunto forme assai diverse nel tempo, ma sempre sulla base di un tratto originario, che lo definisce: la capacità di ottenere obbedienza, se necessario con l'uso della forza, esercitando una coazione. Il potere è una volontà che si impone. Ed è sempre, nella sua più intima essenza, potere omicida, possibilità ultima di dare la vita e la morte. Il potere è tanto organizzazione istituzionale quanto discorso di legittimazione, tanto realtà di fatto quanto rappresentazione, tanto esperienza individuale quanto espressione collettiva. Esso da un lato ha un rapporto strutturale e biunivoco con il diritto (che serve a limitare e regolare il potere, ma ne ha anche bisogno per essere efficace), dall'altro incrocia le dinamiche psichiche e intersoggettive attraverso cui si costruiscono le identità che qualificano l'umano.
Il libro di Giuseppe Cambiano ricostruisce il ruolo fondante che le interpretazioni dell'esperienza politica e istituzionale di città come Atene e Sparta hanno svolto nel pensiero e nelle vicende politiche della storia italiana più recente, in particolare nel periodo che va dal Quattrocento al Settecento. Concetti-chiave come quelli di uguaglianza, di democrazia, di libertà, di partecipazione politica - sui quali molto si è discusso nell'età moderna - affondano infatti le loro radici nella nozione stessa di polis e hanno avuto origine nell'esperienza politica e istituzionale di una civiltà solo apparentemente lontana.
Bio-diritto e bio-politica sono oggi formule di gran moda e si parla correntemente di danno biologico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, dignità della vita, living will (o testamento biologico) e integrità del corpo, mentre nelle grandi Carte e nelle Costituzioni hanno fatto irruzione, già da tempo, dimensioni non sempre immateriali della vita, come la felicità, la vita delle generazioni future, la fraternità. Quando la formula "diritto vivente" compare nella cultura europea degli inizi del secolo scorso, può già vantare una lunga storia e affonda le sue radici nelle riflessioni di Platone sull'etico politico. L'idea della sovranità della legge aveva tessuto, fin dai suoi esordi, un robusto filo che la legava alla dimensione della "vita", nel duplice significato del riguardare la vita rappresentandola e di essere per se stessa vita. In questo volume Eligio Resta rilegge la formula "diritto vivente" nei molti strati di senso che la compongono e traccia alcuni brevi percorsi all'interno del lessico con cui quel diritto si presenta, focalizzando l'attenzione su alcune parole influenti nel dibattito giuridico (e non solo) contemporaneo: vita, corpo, tecnica, archivio, verità, processo, tempo.
Il pensiero politico occupa un posto di grande rilievo nella cultura antica. Le prime elaborazioni sul tema della vita collettiva e sulle sue dinamiche di cui si abbia traccia nascono all'interno della città greca arcaica, nel VI secolo a.C. Attraverso l'opera dei primi legislatori, Solone in testa, si avvia la riflessione sulle modalità di esercizio di un buon governo e sul tema della giustizia. L'evoluzione della città greca nei secoli successivi si accompagna a un costante dibattito politico ed etico, culminante nelle grandi sintesi teoriche platonica e aristotelica. L'età ellenistica raccoglie questa importante eredità ma concede anche spazio ai movimenti di contestazione delle strutture istituzionali e sociali, come il Cinismo, l'Epicureismo e lo Stoicismo. In ambito romano, Cicerone è il primo a recepire l'insegnamento greco in materia di teoria politica.
La coscienza è davvero ciò che ci distingue dagli altri esseri animati? È riducibile a processi chimici e meccanici? Se sì, che parte hanno in questi processi il dolore e l’amore, i sogni e la gioia? Sono alcune delle grandi domande su cui si arrovellano filosofi e scienziati a partire da Cartesio, ma le teorie sulla coscienza elaborate finora, sostiene Dennett, sono tutte sbagliate, anche se la loro semplicità intuitiva ci spinge a crederle vere. Vero è, semmai, che non c’è traccia nel nostro cervello di un Autore Centrale, responsabile assoluto del nostro Sé, produttore di un unico e definitivo flusso di coscienza. La nostra mente non funziona tanto come una dittatura o una monarchia, quanto come una democrazia molto sofisticata: «Spiegherò i vari fenomeni che compongono ciò che chiamiamo coscienza, mostrando come siano tutti effetti fisici delle attività del cervello, come queste attività si siano evolute e come facciano sorgere le illusioni sui loro poteri e le loro proprietà. Proporrò, insieme ai fatti scientifici, una serie di storie e analogie per rompere vecchi abiti di pensiero e aiutare a organizzare un’unica visione coerente, sorprendentemente diversa dal tradizionale punto di vista sulla coscienza.»
Carl Schmitt e Hans Blumenberg erano due opposti speculari: il primo critico acuto e radicale della modernità, il secondo teorico della sua piena legittimità e autonomia. Ma entrambi interni alle correnti più innovative e originali della cultura contemporanea. Estraneo a ogni nostalgia tradizionalista il primo, alieno da ogni ingenua retorica progressista il secondo. Furono avversari scientifici, Hans Blumenberg e Carl Schmitt: le rispettive concezioni sul fondamento e la giustificazione delle pretese conoscitive dell'epoca moderna erano radicalmente differenti e la discussione a riguardo proseguì anche in una serie di lettere che si scambiarono tra il 1971 e il 1978. Tale corrispondenza e i testi ritrovati nel lascito di Blumenberg documentano una controversia assai significativa, da cui emergono scambi di tipo scientifico e biografico. Ma furono avversari "necessari" l'uno all'altro, come due interlocutori che sanno di trovare nel confronto con l'altro la propria vera "questione". La replica di Carl Schmitt ha influito in maniera decisiva sul rifacimento della "Legittimità dell'età moderna" di Blumenberg e ha lasciato tracce evidenti sino alla successiva "Elaborazione del mito". Per questo motivo la presente opera riporta brani da entrambi i volumi, oltre a tutto lo scambio epistolare, testi inediti provenienti da opere postume di Blumenberg ed estratti da altri saggi già pubblicati.
«Il nostro seminario dovrà essere una pratica del pensare, il che significa del meditare pensieri pre-meditati da Eraclito. Allorché ci confrontiamo con i suoi testi, che ci sono tramandati soltanto come frammenti, la nostra priorità non è la problematica filologica, per quanto importante essa possa risultare. Il nostro intendimento è quello di spingerci fino alla cosa stessa, il che significa fino alla cosa che dovette stare dinanzi allo sguardo spirituale di Eraclito.» Martin Heidegger Eugen Fink
A vent’anni dalla precedente versione, da tempo esaurita, la nuova traduzione del Seminario tiene conto degli aggiornamenti apportati dagli studi più recenti e mette nuovamente a disposizione del lettore italiano un testo classico, che da un lato fornisce un’autentica ‘introduzione’ al pensiero di Heidegger e Fink, e dall’altro illumina la figura più suggestiva, ma anche più enigmatica, della filosofia greca: Eraclito di Efeso (ca. 535 a.C. - ca. 475 a.C.). Heidegger e Fink si cimentano in un’interpretazione serrata e rigorosa, fornendo un ritratto vivo di Eraclito. Quello che il lettore potrà leggere è un vero e proprio esercizio di filosofia, un colloquio attualizzante con Eraclito e con l’intera tradizione occidentale da lui discesa, che fornisce a sua volta un ritratto altrettanto prezioso di due grandi filosofi contemporanei, colti in una discussione vivace e appassionata. «Il colloquio di Heidegger e Fink ‘con Eraclito’ richiede una particolare disposizione all’ascolto – molto più che per altri luoghi del loro pensiero –, per via della presenza di due voci, del costante fuori campo, quasi sempre non esplicitato, delle loro precedenti interpretazioni e dello specifico terreno linguistico su cui si muove il seminario, una peculiare pratica di pensiero, definita senza mezzi termini: ‘parlare con Eraclito’.» Adriano Ardovino
Avvertenza del Curatore dell’edizione italiana - I. Tipo di approccio. – Avvio dal fr. 64 (frammenti riportati: 41, 1, 50, 47) - II. Circolo ermeneutico. – Riferimento di έν e πάντα (frammenti riportati: 1, 7, 80, 10, 29, 30, 41, 53, 90, 100, 102, 108, 114) - III. πάντα-όλον, πάντα- όντα. – Differente interpretazione del fr. 7 (frammento riportato: 67). – πάν ερπετόν (fr. 11). – Carattere di maturazione temporale delle Ore (fr. 100) - IV. Ηλιος, chiarore del giorno-notte, μέτρα-τέρματα (frammenti riportati: 94, 120, 99, 3, 6, 57, 106, 123) - V. Problema di un’interpretazione speculativa. – πύραείζων e tempo? (fr. 30) - VI. πύρ e πάντα (frammenti riportati: 30, 124, 66, 76, 31) - VII. Differenza degli interpreti: verità dell’essere (fr. 16) o prospettiva cosmologica (fr. 64). – Eraclito e la cosa del pensiero. – Il non-ancora-metafisico e il non-piùmetafisico. – Il tenersi in rapporto di Hegel ai Greci. – Le πυρος τροπαί e l’albeggiare (frammenti riportati: 31, 76) - VIII. Immorsatura di vita e morte (frammenti riportati: 76, 36, 77). – Appartenenza di uomini e dèi (frammenti riportati: 62, 67, 88) - IX. Immortali : mortali (fr. 62). – εν το σοφόν (frammenti riportati: 32, 90) - X. Stabilità dell’apertura tra dèi e uomini (fr. 62). Lo «speculativo» in Hegel. – Il tenersi in rapporto di Hegel a Eraclito. – Vita-morte (frammenti riportati: 88, 62) - XI. Il «logico» in Hegel. – «Essere cosciente» ed «esserci». – Collocazione dell’essere umano tra luce e notte (frammenti riportati: 26, 10) - XII. Sonno e sogno. – Polivocità dello άπτεσθαι (frammenti riportati: 26, 99, 55) - XIII. Riferimento alla morte, attendere-sperare (frammenti riportati: 27, 28). – Le «opposizioni» e la loro «transizione» (frammenti riportati: 111, 126, 8, 48, 51). – Domanda conclusiva: i Greci come provocazione - Nota del Curatore dell’edizione tedesca - Appendice. Dalle Annotazioni al seminario su Eraclito organizzato con Eugen Fink
Il termine "populismo", nella sua accezione moderna, nasce poco più di un secolo fa con l'americano People's Party, il "Partito del Popolo". Ma la "tesi" populista è di gran lunga più antica e la si ritrova, in coda alla Rivoluzione francese, nelle ricette reazionarie della destra portavoce della nobiltà e del clero. Da allora se ne sono registrate numerose varianti, accomunate da un elemento ricorrente: il tribalismo implicito dei contenuti. Nicolao Merker va alla ricerca degli "antenati" del populismo moderno, ne ripercorre i momenti salienti in Occidente e lo incontra nelle idee di insospettabili pensatori, filosofi e intellettuali, da Hegel a Heidegger, da Mazzini a Gioberti.
Di diritti umani parlano testi costituzionali e dichiarazioni universali, Ong e organizzazioni finanziarie transnazionali, neoconservatori, liberali e no-global. Ci si riferisce ai diritti umani per legittimare sia le guerre umanitarie e l'imposizione delle politiche economiche, sia le lotte contro il neoliberismo. Ma cosa significa che i diritti umani sono "diritti", e cosa significa che sono "umani"? Davvero in tutto il mondo uomini e donne fanno riferimento agli stessi principi? Ne condividono il significato, vi attribuiscono lo stesso valore, li interpretano allo stesso modo? In che rapporto stanno i diritti collettivi e quelli degli individui, i diritti di libertà e i diritti sociali, i diritti politici e i diritti culturali? Definire una facoltà, un bene o un valore come un diritto è lo stesso che considerarli come l'oggetto di un dovere? L'autore muove da questi interrogativi per la sua analisi che unisce l'ottica teorico-giuridica alla ricerca storica sulla genealogia dei diritti umani.
Il nostro è il tempo della vita. Dalle bioscienze alla biopolitica, il problema che la nostra civiltà si ritrova ad affrontare giorno dopo giorno, con una sensazione di crescente spaesamento, è quello della gestione e prima ancora della definizione della vita stessa: l’ultimo dio della modernità. Tarizzo affronta un tema quanto mai attuale facendone vedere la terza dimensione, la profondità storica e teorica. Remo Bodei
In un orizzonte culturale spesso indeterminato nei suoi presupposti, Tarizzo individua con rara efficacia il punto enigmatico in cui metafisica, scienza e politica ingaggiano una battaglia dagli esiti tuttora incerti. Roberto Esposito
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Introduzione. L’ontologia selvaggia - 1. Modernità: la soglia dell’autonomia - 2. Vita: genesi di un paradigma metafisico - 3. Noi: sull’utilità e il danno della vita per la storia - Bibliografia - Indice dei nomi
La prima storia complessiva dell'etica antica, da Omero a Plotino, esauriente come un manuale, ma senza la schematicità del manuale. L'autore parte dall'analisi dei problemi etici espressi nei linguaggi della poesia, della tragedia e della storiografia, per passare poi alla lettura delle maggiori opere del pensiero antico, fornendo di ognuna puntuali introduzioni. Un'attenzione particolare, alla fine di ogni capitolo, è dedicata all'eredità moderna e al significato attuale dei probelmi dell'etica antica, proponendo in modo esplicito un collegamento fra ricostruzione storica e discussione teorica contemporanea.
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Premessa – I. Gli inizi e le costanti; II. Il problema dell'«Iliade»: dialettica della morale pre-politica; III. La morale politicizzata: apogeo e crisi; IV. Verso l'interiorizzazione della morale: ventura e sventura dell'anima; V. Conflitto e ricomposizione: il progetto dell'anima e della città in Platone; VI. Ricomposizione senza conflitto: l'etica di Aristotele fra società e natura; VII. Libertà difficili: la passione e il destino; VIII. Il mito del saggio; IX. La fine delle virtù e l'esodo dell'anima; Breve aggiornamento bibliografico 1996; Indice degli autori e dei luoghi citati