
Questo tratta di Etica sociale, o applicata, si pone l'obiettivo di individuare le implicazioni della vita buona, o felice, nell'insieme delle varie relazioni umane che costituiscono il tessuto della vita quotidiana, ovvero le reazioni famigliari, sociali, professionali e politiche.
Al fine di superare le carenze e i limiti dell'etica classica su questi temi, l'autore attinge spesso alla riflessione della filosofia personalistica che trae le sue radici nella filosofia kantiana ed è rappresentata da filosofi come Solovev, Guardini, J. de Finance, K. Wojtyla, Spaemann, Taylor, ecc.
Il libro compie un excursus sugli autori più importanti della filosofia moderna che hanno contribuito a disegnare le linee prevalenti del pensiero degli ultimi secoli, mettendo in discussione i principi della metafisica classica e dando vita a forme di pensiero caratterizzate dal soggettivismo. Queste sfociano poi in correnti, ideologie e atteggiamenti, divenuti comuni nella nostra epoca, quali razionalismo, empirismo, illuminismo, idealismo e nichilismo. Lo scopo di questo lavoro non è trattare in modo completo e particolareggiato la Storia della filosofia moderna, ma delineare alcune categorie interpretative che permettano di approfondire quelle filosofie che nell?epoca moderna si sono affermate come dominanti, al punto da cambiare in gran parte i valori e lo stile di vita del mondo occidentale.
La logica si presenta, oggi, come una disciplina totalmente astratta, priva di qualunque aggancio “empirico” con l’esperienza, addirittura più della matematica che, alla fine ha a che fare con calcoli che terminano con dati numerici utili a “qualcosa” e non sempre solo con simboli vuoti. Eppure la logica, originariamente, nasce anch’essa come una scienza in qualche modo “sperimentale”... La differenza con le “scienze sperimentali” come la fisica, la biologia, ecc., consiste nel fatto che queste ultime hanno come oggetto delle entità reali “extra-mentali”, osservabili con i nostri sensi esterni, mentre l’oggetto della logica è tratto dall’esperienza “interna” (mentale, non esternamente sensibile) e studia le regole di funzionamento del pensiero, considerato indipendentemente dal suo significato, dal suo possibile riferimento al mondo extra-mentale, finendo per distaccarsene completamente. In questo nostro percorso ci interesseremo, in una prima parte, della logica aristotelica, il cui impiego è basilare anche per accostare tutte le altre, occupandoci in primo luogo della logica “formale” e in secondo luogo della logica “materiale”, nel senso di logica della “dimostrazione”. In una seconda parte vedremo come si è giunti ad introdurre l’uso dei “simboli” nella logica moderna e nella logica matematica, fino ad ottenere una sua formalizzazione totale. Accenneremo poi alle problematiche che hanno riaperto una sorta di “via empirica” anche per la logica odierna (“incompletezza” dei sistemi assiomatici) e ai più recenti sviluppi che aprono la strada a quella nuova disciplina che va sotto il nome di “ontologia formale”, riaffacciandosi così anche alla logica e alla metafisica classica.
Questa opera potrebbe apparire, ad un primo sguardo, la semplice raccolta degli atti di un convegno. Infatti, i contributi che compongono questo volume sono stati presentati nell’VIII workshop della SISRI svoltosi a Roma dal 30 al 31 Maggio 2015 e dedicato al rapporto tra le visioni filosofiche del mondo e il lavoro scientifico. L’occasione era l’anniversario dei 400 anni dalla composizione della Lettera a Madama Cristina di Lorena da parte di Galilei. Lo scienziato pisano fu chiamato, in un drammatico momento della sua carriera, a rendere conto della conciliabilità tra il credo cristiano e la sua ricerca scientifica. In realtà, anche oggi ci poniamo con urgenza le stesse domande e cerchiamo risposte che riconosciamo come mai interamente conclusive e sempre aperte a maggiori approfondimenti. Questo carattere di “apertura” del domandare che, muovendo da settori disciplinari specifici, trascende i limiti imposti dai riduzionismi dei singoli metodi di ricerca, è l’aspetto fondamentale che illumina il senso di questa pubblicazione. Anche se potrebbe stupire l’eterogeneità dei contributi, dalla matematica alla biologia, dalla teologia alla storia della scienza, l’unità è visibile nella tensione ad una sintesi del sapere che concepisce i confini tra i campi delle scienze non come muri invalicabili, ma come interne distinzioni di un insieme organico.
Il titolo di questo libro riflette il modo sintetico e netto con cui abitualmente si distingue l’impostazione dell’etica classica, fondata sulla virtù, dall’impostazione dell’etica moderna, fondata sull’obbligo e sul dovere. Il contenuto però punta a dimostrare che questa distinzione va superata in quanto fondata su una comprensione non sufficientemente accurata della filosofia morale classica, in particolare dell’etica di Aristotele, e di quella moderna. E in questo tentativo l’autore va a minare le fondamenta stesse su cui poggia buona parte dell’attuale Virtue Ethics, con la chiara pretesa di contrastare non solo la posizione di Prichard, ma anche quella, a suo parere ancora più inesatta, della Anscombe. L’autore non si limita a realizzare un mero esercizio di analisi e dissezione di testi, antichi o moderni, fine a se stesso, ma vuole rispondere alla domanda che – malgrado Prichard – ritiene non solo ragionevole ma ineludibile per ogni filosofo etico e per ogni uomo: perché dovrei comportarmi in un determinato modo? Perché dovrei perseguire il bene? Si tratta dunque di trovare una risposta alla questione del dovere morale. Tale risposta Irwin pensa di trovarla, almeno in nuce, nell’etica aristotelica che, pur sottolineando l’importanza della virtù, non può essere ritenuta una Virtue Ethics così come alcuni oggi la intendono, ovvero fondata soltanto sulla ricerca di una felicità e di un bene esclusivamente attraenti; per Irwin, infatti, anche nell’etica aristotelica è presente il dovere ancorato a ragioni esterne, a imperativi non solo ipotetici ma categorici, detto in termini kantiani. Se questa interpretazione dell’etica aristotelica è esatta, allora la pretesa distinzione tra l’impostazione etica classica, aristotelica, e quella moderna va riveduta, perché l’etica classica può puntare sulla virtù in quanto ha il sostegno di un bene fondato su ragioni esterne al desiderio del soggetto, senza bisogno però di una legge e di un legislatore.
Il lavoro è un tema che appare sempre più attrarre gli studi filosofici. In particolare, emerge oggi la tendenza a non valutare il lavoro solo dal punto di vista del risultato e in termini di efficienza. Vi alludono già un insospettato F. Nietzsche (Così parlò Zaratustra), per il quale il lavoro può divenire un agire perfettivo (praxis teleia, in Aristotele) un bene e un fine, e non solo mezzo: «cercasi lavoro per un salario: in ciò tutti gli uomini sono uguali; per tutti il lavoro è mezzo e non fine in sé [...]. Esistono però uomini rari che preferiscono morire, piuttosto che mettersi a fare un lavoro senza piacere di lavorare: sono quegli uomini dai gusti difficili, di non facile contentatura, ai quali un buon guadagno non serve a nulla, se il lavoro stesso non è il guadagno dei guadagni». A Nietzsche si aggiunge Ch. Péguy (Il denaro): «un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice ad un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta [...]. Non occorreva fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone, ma essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura [...]. Un assoluto, un onore, esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia che non si vedeva doveva essere lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano». È chiaro però che il fine in sé non è tanto il lavoro, in quanto ben fatto, ma il retto amore verso sé stessi, quando ci si mette in gioco, nel lavoro ben fatto al servizio degli altri. Il lavoro è formativo della persona. In occasione del 500º anniversario della Riforma protestante, il Convegno The Heart of Work (Roma, 19-20 ottobre 2017), organizzato dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce e dal centro di ricerca Markets, Culture and Ethics, ha cercato di approfondire l'idea cristiana del lavoro professionale. Con gli scritti raccolti in questo secondo volume degli Atti del Convegno The Heart of Work si vuole offrire un contributo filosofico allo sviluppo di un'anima del lavoro professionale. In vari contributi del volume emerge la figura di san Josemaría Escrivá (1902-1975), che ha indicato nella santificazione del lavoro il cardine della santità nella vita quotidiana. Emerge la presenza della stessa theoria, nell'esercizio del lavoro, che già Aristotele preconizza, quando include la tekne tra le virtù intellettuali (dianoetiche): la possibilità di ideare e contemplare il progetto dell'opera, prima ancora della sua realizzazione. La "contemplazione" nel lavoro si può poi sviluppare ed estendere in diversi ambiti, ivi quello religioso.
"Nessun filosofo ha affascinato per un tempo così lungo tanti lettori con interessi così diversi come Fiatone". A parere di Vittorio Hösle sono almeno tre i motivi di questa fortuna: la "massima originalità" dei contenuti del pensiero, il periodo storico che "appartiene ai più creativi nella storia dell'umanità" e lo "straordinario talento artistico" che caratterizza la figura di Platone. I saggi raccolti in questo volume offrono varie prospettive per una nuova e acuta inter-pretazione di Fiatone. La riflessione di Hösle si apre con l'analisi dello sviluppo dell'ermeneutica platonica con uno sguardo ad ampio raggio che muove dal pensiero dei Medioplatonici per arrivare alla scuola di Tubinga, con particolare riferimento al problema interpretativo rappresentato dalla forma del dialogo ed al rapporto tra oralità e scrittura. La seconda parte del volume si concentra sulla lettura del dialogo "Eutidemo" e sul raffronto tra le tecniche dialogiche di Platone e quelle di Cicerone.
Un viaggio nell'anima e nel cuore dell'Africa di cui avevamo e abbiamo ancora bisogno. E una pagina di storia culturale del Novecento avventurosa come il primo viaggio africano, utile per mettere in comunicazione mondi e creare un rapporto profondo, non solo economico, capace di immaginare vita e futuro per i due continenti, insieme. Dopo un matrimonio imposto e fallito, e un divorzio che si è svolto in condizioni di estrema disuguaglianza delle parti, l'Africa e l'Europa tornano a incontrarsi nelle pagine di un gruppo di filosofi africani di lingua francese, a cui dobbiamo la nascita del pensiero africano contemporaneo: un ricchissimo patrimonio intellettuale, oggi quasi sconosciuto in Italia. Una vicenda storica e politica straordinaria che inizia negli anni Trenta sulle rive della Senna e sfocia nell'Indipendenza dell'Africa e nella nascita della filosofia africana del Novecento. Questo libro, uno dei primissimi contributi che appare in Italia sul pensiero africano contemporaneo, ripercorre il dibattito che ha avviato una gigantesca opera di riabilitazione di quell'uomo (e donna) africani che i filosofi europei avevano giudicato senza storia e privi di ragione. Alla ricerca di un'identità che, uscendo dalla logica del deprezzamento reciproco, possa determinare un nuovo incontro "all'appuntamento universale del dare e del ricevere tra le culture" del XXI secolo (Senghor).
La teologia naturale" o "filosofica" è quella parte della metafisica che affronta il problema di ciò che sappiamo di Dio con le sole risorse della ragione, a prescindere da un'eventuale autorivelazione di Dio stesso."
Antonio Livi
La ricerca della verit‡. Dal senso comune alla dialettica
Leonardo da Vinci
2005, Pagine 462, euro 25,00.
ISBN 978888892611
Ispirata allíideale umanistico-scientifico di Leonardo da Vinci, líeditrice romana di questíopera ha il merito di pubblicare intenzionalmente studi che mirano a fornire un valido contributo allíunit‡ del sapere sul fondamento della ricerca della verit‡ in ogni campo. E, magistralmente, questo libro del filosofo della conoscenza Antonio Livi riconduce tale ricerca a quel nucleo di certezze assolute dellíesperienza universale che costituisce la condizione di possibilit‡ del linguaggio e della vita sociale, e guida, passo dopo passo, il lettore alla riscoperta del senso comune quale fondamento della verit‡. Anche se il testo, pubblicato nella collana ìPropedeutica filosoficaî, ha finalit‡ prevalentemente didattiche, la sua impostazione logica Ë rigorosa e convincente. Pur trattandosi di uníesposizione sistematica dei diversi modi e dei diversi livelli della conoscenza (esperienza, inferenza, testimonianza), líopera si legge agevolmente, quasi come un romanzo che porti alla scoperta di sÈ. La ricerca epistemica Ë coinvolgente perchÈ il problema della verit‡ si mostra intrinsecamente connesso alle dimensioni pi˘ profonde dellíesistenza umana.
In questo saggio l'autore propone quei criteri razionali di discernimento che consentono a quanti si accostano alla filosofia di utilizzare al meglio le risorse intellettuali che essa sempre fornisce.
Questo trattato di Zarmati costituisce un felice tentativo di sintesi tra i dati in continuo sviluppo delle scienze della natura fisica (biologia, zoologia, psicologia, antropologia) e le risultanze più certe delle ricerche filosofiche sulla natura metafisica dei viventi in rapporto con il proprio ambiente.
Vengono così a essere evidenziati e fondati i principi primi dell’etica, sia in relazione con i problemi della bioetica (aborto, eutanasia, manipolazioni genetiche) che in relazione con i problemi suscitati oggi dalla sensibilità ecologica (strategie globali dell’economia politica, uso e della condivisione delle risorse materiali, tutela dell’ambiente).
Al centro di tutta la trattazione di Zarmati sta la precisa individuazione dei valori fondamentali della vita umana in quanto vita propriamente spirituale (intellettiva), che include e trascende la vita meramente vegetativa e quella sensitiva. L’Autore non manca di segnalare opportunamente il ruolo non secondario che nell’insieme della vita spirituale svolgono le attività politiche, religiose e artistiche, tra le quali la poesia in tutte le sue forme, colte o popolari.

