
Lo studio dei rapporti tra Seneca e la quasi sconosciuta scuola medica stoica denominata Scuola Pneumatica consente di gettare nuova luce sul pensiero del filosofo di Cordova. È infatti possibile dimostrare che le concezioni psicologiche senecane poggiano su una visione monistica dell'uomo, in forza della quale anima e corpo sono due entità intercomunicanti in quanto consustanziali e attraversate da un unico spiritus coibente: pertanto, ogni evento psichico coinvolge l'ambito somatico dell'individuo, ma pure ogni stato del corpo influenza inevitabilmente l'anima. In ottica medico-filosofica andranno anche rilette le descrizioni senecane dell'ira, una passione psicosomatica le cui caratteristiche si associano a quanto la medicina stoica ha osservato circa le sindromi biliari, in particolare per ciò che concerne l'andamento bipolare del disturbo, in cui convivono aggressività e depressione. Trasferite alla drammaturgia senecana, queste scoperte consentono di rileggere il furor di alcuni personaggi delle tragedie per dimostrare che certe apparenti incoerenze caratteriali sono al contrario del tutto in sintonia con la facies multiforme dell'ira maniaco-melancólica e delle passioni ad essa collegate.
Questo volume raccoglie gli Atti del Convegno nazionale "Filosofia e mistica", promosso dall'Università Cattolica del Sacro Cuore, Dipartimento di Filosofia, e dal Servizio Nazionale per il Progetto Culturale della CEI e svoltosi il 24-25 novembre 2010 presso la sede di Milano dell'Università Cattolica. Collocato all'interno di una serie di iniziative promosse dall'Ateneo sul tema della mistica, il Convegno è stato l'occasione per dare vita al più ampio progetto "Filosofia ed esperienza religiosa", con il quale si intende indagare filosoficamente i contenuti dell'esperienza religiosa nel loro valore teoretico e storico in ambito moderno e contemporaneo. In questa prospettiva, il volume, oltre a rendere conto dell'articolazione di un convegno che ha avuto una vasta eco e buona accoglienza nel mondo accademico italiano, risponde al risvegliato interesse per la mistica che, già da diversi anni, caratterizza il mondo occidentale e che, troppo spesso, si traduce in un sincretismo religioso dai contorni vaghi. Le relazioni qui contenute intendono chiarire molte delle ambiguità presenti in questo rinnovato interesse, individuando lo specifico statuto concettuale della mistica, tentandone una fondazione rigorosa e ponendo in chiaro la sua relazione fondamentale con l'esperienza cristiana.
Oggetto di un acceso dibattito fin dall'antichità, il significato ed il ruolo della "phantasia" secondo Aristotele continuano ad appassionare e a dividere anche i commentatori contemporanei, come attesta il gran numero di contributi dedicati al problema. Dopo un'analisi preliminare dello status quaestionis e una rassegna delle principali posizioni interpretative emerse, questo testo si propone di rispondere alle domande relative all'esistenza o meno di una teoria unificata, alle complesse ricadute sia nella psicologia, sia in altri settori del sistema aristotelico e della successiva ricerca peripatetica, e, soprattutto, alla possibilità di attribuire un valore essenzialmente epistemologico alla "phantasia" attraverso il ricorso allo schema della metafora per analogia. Questo permetterebbe d'intendere l'accezione di base della "phantasia", vale a dire quella collegata al "presentarsi" alla percezione, come non equivoca, bensì fondante gli altri differenti utilizzi, coinvolti nell'ambito della rappresentazione mentale e del pensiero; così, l'uso improprio o cosiddetto "metaforico" sarebbe il risultato di un trasferimento di significato da quello proprio o "non metaforico". Una nozione della "phantasia" che "si dice in molti sensi" diventa dunque il punto di partenza della ricomposizione all'interno di una cornice teorica coerente ed organica, sulla base di un significato fondamentale comune. Prefazione di Marcello Zanatta
Dall'Antigone di Sofocle agli studi sul totalitarismo di Hannah Arendt, attraverso i contributi di Jacques Derrida e di Carl Schmitt, Alessandra Papa offre un interessante percorso filosofico dedicato al tema dell'inimicizia come relazione interpersonale e come 'luogo' teorico della politica e della cittadinanza. Un itinerario in cui, attraverso un dialogo e un confronto con molte voci del pensiero classico e della contemporaneità, si profila, con accenti innovativi, la questione antropologica come domanda sull'identità dell'uomo, cioè come discorso che interpella ognuno di noi in quanto artefice e preda delle dinamiche dell'ostilità, del conflitto, della guerra. Da Antigone che, per seppellire il cadavere del fratello, in nome della pietas, viola la legge della città, diventando così una nemica del potere, fino alle dinamiche della distruzione fisica del nemico che nelle logiche totalitarie istituisce il terribile segreto su cui fondare l'identità della politica, il volume ci introduce a una fenomenologia della vittima e del carnefice quale spaccato della condizione umana. Di fronte a un 'altro' che diventa segno di una minaccia reale o fittizia alla nostra identità, la vera sfida è quella di impedire che ogni forma di inimicizia degeneri in una violenza totalitaria che ci impedisca di cogliere il valore dell'umano come terreno su cui fondare un mondo comune e una polis accogliente. In fondo, in ogni nemico c'è, al contempo, un altro e noi stessi.
Il volume raccoglie gli Atti del Convegno nazionale «Religione e fede nell’età postsecolare » (Milano, 21-22 novembre 2012), organizzato nell’’anno della fede’ dal Progetto «Filosofia ed esperienza religiosa», il gruppo di lavoro promosso dal dipartimento di Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dal Servizio Nazionale per il Progetto Culturale della CEI. Nei due precedenti convegni, «Filosofia e mistica» ed «Esperienza religiosa», si è indagato il ‘soggetto religioso’, nel tentativo di evidenziare le categorie fondamentali del ‘fare esperienza religiosa’ come base teoretica, con cui affrontare anche la più vasta problematica del religioso. Abbiamo così voluto rivendicare la specificità della riflessione filosofica sul religioso e insieme l’interesse per un lavoro interdisciplinare. Frutto di questo disegno è questo terzo convegno: un’analisi delle pratiche della religione e della fede in un’età enigmatica, la post-secolare, insieme segnata dal più radicale relativismo e dal cosiddetto ‘ritorno di Dio’. Dalle interpretazioni dei dati delle più recenti e più grandi ricerche sociologiche, condotte dai sociologi F. Garelli, C. Lanzetti e L. Allodi, passando attraverso l’appassionata disamina della fede rintracciata nei chiaroscuri del mondo della vita — nei romanzi italiani del primo decennio del secolo XXI (G. Langella), nel vissuto femminile (P. Ricci Sindoni) e in alcune voci ebraiche (I. Kajon) —, si approda alla domanda cruciale sulla ragionevolezza della fede, a cui si tenta di rispondere con ragioni filosofiche, destreggiandosi tra il labirinto del desiderio e la sfida della finitezza e del non senso (M. Borghesi, R. Madera, G. Palumbo).
Giuseppe Colombo, membro del dipartimento di Filosofia dell’Università Cattolica e della Facoltà di Scienze della Formazione, è professore di Filosofia morale e di Forme e modelli del pensiero filosofico all’Università Cattolica, sede di Brescia. È il coordinatore del Progetto «Filosofia ed esperienza religiosa». È noto per i numerosi studi sulla filosofia italiana del Novecento (La filosofia come soteriologia: l’avventura spirituale e intellettuale di Piero Martinetti, Vita e Pensiero 2005) e per le indagini di antropologia filosofica (dal volume Conoscenza di Dio e antropologia, Milano 1988 ai saggi Agire religioso e fede, in Prospettiva dell’azione e figura del bene, Milano 2008 e Generative Fiduciality and Experience, in Understanding Human Experience: Reason and Faith, Bern 2012).
Tre aggettivi (universale, plurale, comune) compongono il titolo di questo libro a indicare le direttrici del suo discorso. Tre prospettive oggi culturalmente e speculativamente rilevanti, che delimitano lo spazio di complesse problematiche e di importanti questioni sociali. Tre qualificazioni che stanno tra loro non come una neutra sequenza descrittiva, ma come espressione di opposizioni e composizioni dialettiche. Il volume si articola in otto capitoli che, due a due, ne tracciano i percorsi secondo aree o strati significativi: secolarizzazione e laicità; universalismo, contestualismo, interculturalismo; legame sociale e globalizzazione; comunanza, comunità, bene comune; alla ricerca di una possibile prospettiva socio-politica nell'età della crisi totale degli universali accomunanti e dell'emergenza delle differenze autoreferenziali. Risalire alla secolarizzazione dell'universale cristiano e all'invenzione dei grandi universali moderni, sino alla loro smentita nel radicalismo nichilista, significa cercare l'origine del processo epocale in atto, che si rifrange nei problemi del pluralismo socio-politico e del multiculturalismo, del legame sociale e della globalizzazione, ma che permette anche di interrogarsi se una certa idea comunitaria, in quanto sintesi concreta di universalità e di particolarità, non possa riaprire la prospettiva antropologica e politica.
Al fine di navigare meno pericolosamente in questa epoca di transito, in questo volume Giuseppe Colombo scandaglia le proposte dell'universale antropologico dell'umanesimo classico e del post-umano. Entrambe, quando definiscono il 'genere uomo', presumono di formulare un giudizio universale pacificante. L'antico e il nuovo Edipo conosce l'essenza dell'uomo e annienta la Sfinge, il caos: sapere è potere. Quando però si tratta di passare dalla conoscenza del genere astratto a quella del singolo concreto, la riduzione antropologica dell'universale (l'essenza 'eterna') al particolare (l'uomo in carne e ossa 'finito') si incarica di 'esistenzializzare' e 'personalizzare' il male, la sofferenza, la morte. Viene allora annientata la presunzione di conoscere e dominare il proprio io e il proprio destino. L'Edipo trionfante si rovescia nell'Edipo annichilito. S'impone allora una radicale rivisitazione dell'universale antropologico.
In questo volume sono raccolti diversi studi, ormai dispersi e quasi introvabili, dedicati da Roberto Nebuloni ad Adorno, Horkheimer, Marcuse, Schütz e, successivamente, a Lagneau, Madinier, Nabert, Thévenaz: diverse tradizioni di pensiero – la francofortese, la fenomenologica e infine la Filosofia riflessiva – che Nebuloni attraversa ricostruendone con scrupolo i passaggi più significativi, certamente decisivi per il pensiero filosofico del Novecento. Ma Nebuloni si volge ai propri autori anche con un forte interesse teoretico, sollecitandone fra l’altro l’impensato e aprendo così prospettive nuove, spesso disattese dalla critica. Per questa via, oltre che una corretta ricostruzione dei diversi contesti speculativi, gli scritti di Roberto Nebuloni finiscono per offrirci anche una duplice proposta di pensiero: da un lato la prospettiva che torna a prefigurare un pensiero dell’assoluto, ma in termini discreti e con il rigore di una riflessione trascendentale, dall’altra la riflessione che si raccoglie sulla potenza del linguaggio simbolico inteso come il luogo privilegiato in cui viene infine a parola l’indicibile presenza del sacro.
Roberto Nebuloni, nato a Varese nel maggio del 1950, morì il 29 giugno 1994 in Valle Introna in un incidente di montagna. Aveva iniziato la sua ricerca scientifica dedicandosi in particolare agli autori della Scuola di Francoforte. Il suo lavoro più cospicuo a questo riguardo è il volume Dialettica e storia in Th. W. Adorno (1958). Successivamente si era dedicato anche allo studio della francese Filosofia riflessiva, pubblicando in particolare saggi su Lagneau, Madinier, Nabert, Thévenaz e soprattutto il volume Certezza e azione. La filosofia riflessiva in Lagneau e Nabert (1984). Si era infine volto allo studio di Rosmini, cui va riferito il suo ultimo libro, Ontologia e morale in A. Rosmini (1994).
Il volume, dopo aver riscosso ampio consenso dalla critica, fu onorato – nel maggio 1995 e nell’ambito del «Progetto Rosmini» – col premio alla memoria «Emilio Cecchetti».
La pubblicazione in corso della "Gesamtausgabe" di Martin Heidegger pone nuovi interrogativi agli interpreti, suggerendo loro di accostarsi al suo pensiero per colpi di sonda - quasi che un'interpretazione unitaria non possa più essere presupposta, ma debba scaturire dall'analisi di temi particolari affrontati dal pensatore tedesco in saggi e cicli di lezioni solo ora accessibili. È la via scelta in questo libro, che focalizza la sua attenzione su oggetti specifici: la politica, la civilizzazione e l'Europa, la scienza moderna, l'etica, il sacrificio, verità e ideologia, l'antropologia, la teologia e la questione del nichilismo, il postmoderno. Emergono in tal modo prospettive di lettura che mostrano non solo la pertinenza, talvolta inquietante, delle riflessioni heideggeriane (ad esempio sull'etica e il nichilismo), ma anche il loro essere al centro di buon parte della filosofia e della teologia contemporanea. Un'attualità che fa di Heidegger un classico da discutere, anche contro la sua lettera, per comprendere il nostro tempo storico.
Il presente volume, terzo della serie dei Nuovi studi aristotelici, raccoglie gli scritti concernenti la "filosofia pratica" di Aristotele, contenuta nelle due Etiche autentiche (Nicomachea e Eudemea), e la filosofia politica, contenuta nella Politica. Come è noto, per Aristotele queste ultime due discipline sono parti di un'unica scienza, da lui chiamata più volte "scienza politica" e, almeno una volta, "filosofia pratica". Perciò non ho diviso il volume in sezioni, come invece ho fatto nei volumi precedenti. Ho scelto, come sottotitolo dell'intera raccolta, "filosofia pratica", perché questa espressione è diventata attuale dopo la cosiddetta "riabilitazione (o rinascita) della filosofia pratica", movimento sviluppatosi nel corso degli anni Settanta del Novecento e ancora non del tutto esaurito.(dalla Prefazione)
DESCRIZIONE: Kierkegaard è per antonomasia il filosofo dell’esistere contemporaneo, di ciascun uomo nei confronti di tutti gli uomini. Come egli propone in Il concetto dell’angoscia, l’umanità, a differenza di tutte le altre specie, è composta da individui ciascuno dei quali è se stesso ed «insieme» la specie tutta. Ogni individuo è Adamo, e pecca di nuovo insieme a lui, in modo altrettanto «originale», e così contribuisce a mutare la propria umanità, insieme a quella di Adamo e di ogni altro uomo.
Le vie su cui Kierkegaard particolarmente insiste per l’accesso dell’uomo all’autenticità del proprio esistere sono: la «ripetizione-ripresa», il «pentimento» e il «perdono». Vie sulle quali si soffermano i saggi qui raccolti, nella consapevolezza che nessuna di queste categorie esistenziali può essere oggetto né di constatazione né di dimostrazione. E tuttavia è grazie a queste categorie – da lui coniate – che Kierkegaard ha saputo dare nuovi nomi al mistero dell’esistenza.
COMMENTO: Una ricognizione sui temi della ripresa, del pentimento e del perdono nel pensiero del filosofo danese, scritta dai maggiori specialisti a livello internazionale.