
Il volume presenta una sintetica introduzione alla filosofia politica attraverso i concetti, i problemi e le principali teorie. Nel testo vengono presentate tre fondamentali paradigmi del pensiero politico: il paradigma della polis (Platone e Aristotele), quello del contratto sociale (Hobbes, Locke, Rousseau, Kant), e quello della dialettica fra stato e società (Hegel, Marx, Constant, Tocqueville e Mill). Accanto ai tre fondamentali paradigmi vengono presentati alcuni concetti politici ancora oggi fondamentali: libertà e liberalismo, socialismo e democrazia, delineando una panoramica delle principali opzioni teoriche, da Rawls a Habermas, che si contendono il campo nella discussione contemporanea di filosofia politica.
Consacrato a Leibniz, ma dedicato a investigare i più diversi aspetti della cultura barocca, dall'estetica alla metafisica, dal costume alla pittura, questo libro cerca di definire, attraverso la metafora della "piega", il costituirsi dell'anima e dell'esperienza moderna. La piega ha sempre caratterizzato l'arte, ma caratteristico del Barocco è replicarla all'infinito. Se la filosofia di Leibniz è filosofia barocca per eccellenza è perché in essa tutto si spiega, si dispiega, si ripiega. Per scoprire l'essenza del neobarocco moderno Deleuze segue la storia della piega infinita in tutte le manifestazioni artistiche: nella poesia di Mallarmé, nel romanzo di Proust, nell'opera di Michaux, nella pittura di Hantaï.
Il Liezi non è solo uno dei testi fondamentali per lo studio del pensiero della Cina antica ma anche - insieme al filosofico ed ermetico Tao tê ching e al poetico Zhuangzi - una delle tre scritture in cui la tradizione taoista continua a vedere sintetizzati i propri principi dottrinali e le loro relative applicazioni. Il maestro che dà nome all'opera, Liezi, sarebbe vissuto nel IV secolo a.C., tuttavia questa raccolta di dialoghi, aneddoti e brevi trattazioni dottrinali è menzionata per la prima volta nel 14 a.C., e nell'Ottavo secolo, per editto imperiale, sarà innalzata al rango di classico taoista. Un libro che illustra mirabilmente la filosofia cinese dello svolgersi della vita umana e cosmica. E nel quale il lirismo dell'autore è diretto verso la radice dell'essere e delle cose, ai confini dell'esistenza.
Diversamente da altre culture filosofiche, caratterizzate dall'indagine sul soggetto o dalla teoria della conoscenza, dall'analisi del linguaggio o dalla decostruzione ermeneutica, essa appare fin dall'inizio estroflessa sul suo esterno, esposta ai conflitti e ai traumi dell'esperienza mondana. Al suo centro, eccedente rispetto a ogni definizione presupposta, si dispiega la categoria di vita, in una relazione sempre tesa e problematica con quelle di politica e di storia. È proprio questa materia densa e opaca, difficilmente riducibile all'ordine formale della rappresentazione, a spingere il pensiero italiano in una sintonia profonda con i tratti costitutivi del nostro tempo. Antagonismo e immanenza, origine e attualità, comunità e biopolitica, interrogate nella loro genesi concettuale e impresse nel cuore della contemporaneità, sono le polarità intorno alle quali, in un confronto serrato con i maggiori filosofi italiani, si snoda il percorso teoretico originale e avvincente di uno dei protagonisti del dibattito filosofico contemporaneo.
Rousseau sosteneva che una donna sensibile conosce l'amore meglio di tutti i filosofi con i loro trattati rivolti all'analisi dei sentimenti. Con questo libro Gilles Tiberghien si propone di restituire all'esperienza amorosa una pluralità di significati nei quali tutti possano riconoscersi. Scritto nella forma di uno scambio epistolare, "Una storia senza fine" dà conto di tali differenze, assegnando ai quattro protagonisti, due uomini e due donne, l'espressione di un modo fondamentale di vivere il sentimento. Sviluppato nell'arco di quattro stagioni legate alle diverse tappe dell'amore, l'attesa, l'incontro, la fusione erotica, la gelosia, il distacco, la ripresa, la promessa d'eternità, questo saggio "romanzesco" trova ispirazione non solo nel pensiero dei grandi filosofi, ma anche in quei perfetti esploratori della vita amorosa che sono i romanzieri e i poeti.
Non c'è filosofo, tra gli antichi e i moderni, che non abbia parlato di felicità. Dare ragione della vita e del modo di renderla migliore è stato parte essenziale di una competenza sui generis, dichiaratamente fondata sulla conoscenza dell'uomo, che ha mantenuto alto per secoli il prestigio di questa figura intellettuale. Medici dell'anima, o del disordine della mente, i filosofi hanno dispensato diagnosi e prescrizioni per rendersi felici con cognizione, indagando ogni piega del rapporto dell'individuo con se stesso, con gli altri, con la precarietà dell'esistenza. Il libro intende presentare al lettore, introducendoli e commentandoli, testi che esprimono con particolare forza la pretesa strategica che ha accompagnato a lungo la ricerca filosofica, dialogando spesso con gli altri saperi a disposizione di ciascuna epoca. Questo primo volume risale alle origini stesse della storia del pensiero, riconoscendo a queste voci un indiscutibile primato nel configurare una gamma di alternative poi sempre rivisitate. Il secondo volume, "Tra i moderni", ne presenta importanti sviluppi in alcune aree di discussione dell'età moderna, dove la questione si rinnova e diventa più complessa, rispetto all'universalismo fiducioso degli antichi, imponendo di superare alcuni parametri di implicita esclusione: il genere, la classe, la fede religiosa.
I greci hanno contribuito in modo sostanziale a formulare un linguaggio della mente e a svilupparne i concetti. Le nozioni greche di mente e identità umana - che da Omero e Platone giungono fino a Epitteto e Plotino - toccano questioni di interesse ricorrente e universale, riguardano il modo in cui descriviamo le nostre esperienze, reali o potenziali, e il modo in cui ci confrontiamo, o dovremmo confrontarci, con il mondo e con noi stessi. Cosa ci accade quando moriamo? Gli esseri umani sono mortali o hanno la possibilità di conseguire l'immortalità? Come sono legate la mente, l'anima e il corpo? Siamo responsabili per la nostra felicità? Perché si è giunti a pensare che la vita migliore è una vita governata dalla ragione, con i desideri e le emozioni subordinate al suo comando? Che cosa ha significato pensare all'intelletto umano nei termini di una facoltà divina? Anthony Long si chiede quando e come queste questioni siano emerse nella Grecia antica, e dimostra quanto i modelli di mente ereditati dai pensatori greci siano ancora efficaci nel cogliere e illuminare la nostra comprensione di noi stessi e delle nostre aspirazioni.
Un'analisi storica e sociologica dei meccanismi sociali che orientano la pratica scientifica, contraria alla relativizzazione della conoscenza e fautrice di una riappropriazione da parte degli scienziati della loro autonomia. "Il mestiere di scienziato" (uscito in Francia poche settimane prima della morte di Bourdieu con il titolo "Science de la science et réflexivité") compendia e rielabora le sue lezioni dell'ultimo corso al Collège de France.
La vita e il pensiero di Karl Löwith, uno dei maggiori filosofi tedeschi che attraversò le grandi vicende politiche e intellettuali del Novecento. Attingendo a una serie di documenti inediti, l'autore ripercorre la vicenda löwithiana in una narrazione in cui la ricostruzione biografica si intreccia con le vicende filosofiche e politiche del secolo. Vissuto fra l'Italia, il Giappone e gli Stati Uniti, dopo aver lasciato la Germania nel 1934 a causa delle persecuzioni razziali, Löwith consente una lettura in filigrana di gran parte della filosofia europea del Novecento, con il suo carico di interrogativi sul posto dell'uomo nella natura, sul senso della filosofia e sulle sue responsabilità verso il male che ha lacerato questo secolo.
Nel ventennale della morte di Michel Foucault, in Italia e nel mondo si sono moltiplicati i convegni, i dibattiti, gli incontri. Il filosofo francese è stato per così dire canonizzato, trasformando il suo pensiero critico e vivo in storia commemorativa e celebrativa. Anche questa raccolta ha avuto origine da un incontro, tenutosi a Venezia nel 2004, ma la sua ambizione è di tornare, a partire da Foucault, al lavoro critico del pensiero su se stesso, all'esercizio pieno della filosofia. Per questo, nel libro, oltre agli interventi più significativi del convegno di Venezia, sono stati inseriti alcuni saggi scritti appositamente per questa raccolta, quali quelli di Pier Aldo Rovatti, Judith Revel e Roberto Esposito. Una raccolta, dunque, che muove agevolmente dai temi cari agli studi foucaultiani (psichiatria, governamentalità, estetica dell'esistenza) al piano di una riflessione sull'attualità della politica e sui suoi concreti dilemmi.
Si ritiene in genere che la filosofia debba rispondere a domande concernenti il che cosa e il perché. Ronchi pensa invece che sia non solo più interessante, ma anche filosoficamente più rilevante chiedersi come: come parliamo oppure come pensiamo, come godiamo, come ricordiamo una parola dimenticata, come ci creiamo un corpo, come facciamo a diventare adulti. Chi si pone le grandi questioni del che cosa e del perché non ha appreso la lezione materialistica e speculativa della più radicale filosofia del Novecento, quella che ha eletto il divenire ad assoluto, che ha smantellato l'idea di una verità trascendente e preordinata al pensiero e che ha portato a termine la rivoluzione copernicana, scalzando veramente l'uomo e la sua coscienza da ogni presunta centralità. Chi invece rimette al centro la domanda pragmatica sul come fare si ritrova parte di un mondo in divenire finalmente libero dall'uomo come unità di misura ultima, un divenire che non è mancanza, bensì atto puro, vita infinita e una singolare gioia "al di là del principio di piacere". La nuova domanda da porsi è allora pratica piuttosto che teorica, ed è una domanda critica, nella misura in cui consente di resistere al falso divenire. Come resistere a questo divenire che pone la mancanza nel cuore dell'essere, che genera ovunque miseria, insufficienza, sofferenza, anche quando promuove un'immensa ricchezza materiale? Ronchi prova a rispondere in sei saggi che cercano di definire modalità di resistenza.
Quali possono essere i frutti dell'immaginazione filosofica nel mondo globalizzato, meticcio e inquieto? Per scoprirlo questo volume saggia in dodici capitoli molteplici percorsi di ricerca, problematiche ed esperienze. Nel ripercorrere idealmente gli snodi fondamentali della propria ricerca, Salvatore Veca fa emergere dalla varietà delle questioni affrontate, come filo conduttore, il passaggio dalla meditazione sull'incertezza alla base delle domande di teoria all'idea dell'incompletezza delle risposte cui le congetture filosofiche possono giungere. La riflessione spazia così in temi e ambiti di natura variegata, passando dalle ragioni della scarsità di scrittura aforismatica in filosofia al pensiero di uno dei massimi filosofi della seconda metà del Novecento, quale è Bernard Williams, a una rilettura dell'eredità del pensiero marxiano e delle certezze dell'ideologia marxista, sino al gioco dei perché fatto con i bambini che costituisce un'introduzione al piacere dell'indagine. Veca si sofferma poi sul ruolo della cultura, concepita in una prospettiva illuministica e democratica, e indica alcuni potenziali modelli di libertà intellettuale e di rigore scientifico. A tenere assieme le varie tessere del discorso è la concezione che Veca ha della ricerca filosofica, dell'azione politica, della giustizia e del ruolo che l'intellettuale può svolgere nella continua metamorfosi della società contemporanea, travolta da radicali mutamenti nel panorama sociale e politico.