
Responsabilità è ciò che la gente chiede alla gente. Senso generatore di senso. Un senso che sembra esser perso nel tempo corrente. Una parola che sembra esser desueta e, così, non più collegata a Valore, Morale e Libertà. Fors'anche perché sostituita da sicurezza. Condizione, questa, che ci è posta come la soluzione alla vita non buona che viviamo. E spesso quello che sviluppiamo per arginarne il dilagare altro non è che resistenza. Ma la resistenza è logorante e deve far i conti con quella caratteristica umana che è la sofferenza. Occorre capacità di cura. Una cura che parta dal sé di ognuno ma non si esaurisca nello stesso. E dal sé di ognuno potrà estendersi verso il prossimo altro, a partire dal figlio. Una Responsabilità forte del vaglio operato dal dubbio, dal timore e dalla speranza. Responsabilità è ciò che connota la strada verso il miglioramento della propria umana Umanità allontanandoci dalla condizione di soggetti e spingendoci verso quella di Persone. Consci a sé di sé stessi all'interno delle formazioni sociali in cui ci esprimiamo. Ecco che la Responsabilità Personale si connota di Sociale. E quando è capace di contribuire a ciò che accade traccia con l'avvenire il futuro che sarà. E se la Politica non è l'amministrazione del presente bensì la progettazione di un futuro a cui tendere, dato da prosperità, libertà e democrazia, la Responsabilità di ogni Persona è anche Politica. Presentazione di Claudio Bonvecchio.
"Minima moralia" è un libro fondamentale per la ricostruzione del dibattito filosofico e culturale del Novecento. I suoi aforismi hanno alimentato appassionate discussioni nel mondo accademico, politico e sociale. Adorno li scrisse prevalentemente durante gli anni del suo esilio americano condensando in costellazioni concettuali i principali nuclei tematici del suo pensiero: la messa in discussione della razionalità moderna e occidentale, la critica del fascismo e della personalità autoritaria, lo smascheramento della cultura di massa e delle sue fascinazioni, la possibilità di pensare filosoficamente e teologicamente l'utopia. "Minima moralia" parla con sorprendente freschezza alla teologia contemporanea e può essere giustamente considerato un grande libro della tradizione cristiana. I "classici" infatti prospettano all'interno di una tradizione culturale o religiosa nuovi stili di riflessione e inediti orizzonti di ricerca, hanno inoltre il potere di avvicinare e convocare persone diverse per formazione, sensibilità e cultura. Nei singoli aforismi è all'opera un pensiero "in uscita" che non teme di riconoscere i propri limiti e non ha paura della propria incompletezza, un pensiero che rimanda costantemente ad "altro da sé" scegliendo la via dell'abbassamento, mostrando la rilevanza degli scarti e dei frammenti.
Cos’è il male? Come opera? Si può arrivare a sconfiggerlo?
Il secolo scorso ha fatto emergere forme sistematiche e globali di dominio, di menzogna, di violenza, tanto da diffondere la credenza che esso sia invincibile. Eppure è possibile pensare a un cammino di liberazione per uscire sia dalla rassegnazione sia dalla complicità.
L’opera propone un percorso a partire dalle teorie critiche della società e della condizione umana che, nel corso del Novecento, hanno lavorato a un’analisi organica del male storicamente prodotto: dalla Scuola di Francoforte a Freud, da René Girard a Michel Foucault, da Hannah Arendt a Martin Buber. L’originalità del testo è nella ricerca di un dialogo tra prospettive diverse in vista di una visione integrata e, comunque, aperta, che invece di cedere alla tentazione di arrivare a un’unica teoria definitiva rimanda piuttosto alla responsabilità personale come chiave della risposta al male.
Emerge l’umanità, nella sua forza e nella sua fragilità, capace di trovare nuove strade per non lasciare al male l’ultima parola: lucidità del pensiero, intelligenza della speranza, coraggio di agire con la creatività della nonviolenza.
Indice
Introduzione
1. L’idea di teoria critica
1. L’esperienza del male
2. Il risveglio della ragione
3. Un pensiero fedele
2. Il male nella natura: Sigmund Freud e la pulsione di morte
1. Guardare nel buio
2. Il dominio delle pulsioni
3. Ambiguità e inutilità dell’amore
4. La forza culturale della pulsione di morte
3. Il male nella razionalità: la Scuola di Francoforte e la critica
del dominio
1. L’autocritica dell’illuminismo
2. Nella luce della redenzione
3. La rinuncia alla felicità
4. Il compimento del sistema di dominio
4. Il male nella cultura: René Girard e la violenza civilizzatrice
1. In principio era la violenza
2. Il male come linguaggio
3. La vittima rivelatrice
5. Il male nel potere: Michel Foucault e i regimi della verità
1. Il discorso del potere
2. Dalla sragione alla follia
3. Le istituzioni totali
4. Liberalismo e biopolitica
6. Il male alla fine della coscienza: Hannah Arendt e il totalitarismo
che verrà
1. Vita e morte del pensiero
2. La disintegrazione come patologia moderna
3. La società dei morenti
7. Il male nell’anima: Martin Buber e l’autotentazione umana
1. L’esperienza dell’anima
2. Come ha inizio il male
3. L’enigma della scelta perversa
8. Verso una teoria critica integrata
1. Sulla conoscibilità del male
2. I criteri di compatibilità
3. Integrazione e fondazione
4. Progetti di ricerca
9. Teoria critica e rinascita etica
1. Il sistema di disintegrazione
2. L’etica come relazione maieutica
3. Un movimento per la giustizia intera
Conclusione
Il libro
I quattro saggi raccolti nel volume cercano di delineare per il lettore il profilo intellettuale e la ricchezza di riflessione di Heller. Il percorso si svela nella sua interna unità e coerenza se letto nei termini di una progressiva "scoperta dell'alterità" in cui il rapporto con l'altro, mediato al suo apparire dal tema dei bisogni, viene ad acquistare una connotazione sempre più specificatamente morale. Dal "bisogno" inteso come luogo del dispiegarsi dell'individualità, nella sua ricchezza, al tema della "rappresentazione" dell'altro. Vengono poste le basi per delineare di un rapporto con l'alterità all'insegna della responsabilità. E dal recupero della tesi socratica per la quale "è meglio subire un torto che commetterlo" si giunge progressivamente a quel legame fra etica ed estetica che si incarna nella bellezza della "persona buona".
L'autore
Ágnes Heller (1929-), allieva di Lukács ed esponente di maggior rilievo della Scuola di Budapest, ha offerto una significativa rilettura del pensiero di Marx incentrata sul tema dei bisogni e della rivoluzione della vita quotidiana. Nella prospettiva teorica emerge il tema della consapevolezza della contingenza cifra della condizione umana: l'orizzonte della riflessione morale che troverà un significativo approdo nell'etica della personalità. Fra le sue opere più significative: Sociologia della vita quotidiana, La teoria dei bisogni in Marx, La filosofia radicale, Teoria della storia, La dittatura sui bisogni, Oltre la giustizia, La condizione politica postmoderna, Un'etica della personalità
Il libro
In questo libro uno dei maggiori filosofi viventi indaga con stile accattivante sulle circostanze in cui
siamo veramente padroni di noi stessi, mostrando come si tratti di condizioni al tempo stesso difficili da determinare, ma anche cruciali per capire chi siamo, e che cosa voglia dire essere un individuo.
Frankfurt considera la questione da differenti punti di vista, costruendo un quadro chiaro e illuminante della nostra individualità in quanto esseri umani. Le pagine di questo libro smontano molti luoghi comuni,presentando una visione nuova dell'individuo e del suo ruolo nella comunità. E l'amore – fra genitori e figli, tra uomo e donna o fra amici – non è affatto soltanto spontanea affezione, ma anche critica adesione a certi valori, e scelta consapevole di oggetti e
soggetti d'amore. E tutto questo viene da Frankfurt inserito in una visione del tutto terrena, priva di impegni di natura metafisica e religiosa. In questo libro, una via intermedia fra ragione e sentimento, tra individualismo e sfera comunitaria, viene presentata con efficacia. Il buon senso e l'equilibrio dell'analisi filosofica nella loro veste più profonda e illuminante: questo lo stile dei saggi qui raccolti, e la loro più preziosa ricchezza.
L'autore
Harry G. Frankfurt è professore emerito di filosofia presso la Princeton University. Ha insegnato alla Yale University
e alla Rockfeller University. É uno dei filosofi viventi più brillanti e controversi. I suoi interessi spaziano dalla filosofia
morale, della mente e dell'azione al razionalismo del 17 secolo. Molti dei suoi volumi sono diventati dei bestseller.
Alcune sue tesi, relative all'importanza dell'amorenella vita umana, al libero arbitrio e alla razionalità, sono tuttora oggetto di frequenti e appassionate discussioni.
Tra i suoi libri più famosi: Demons, dreamers, and madmen, The Importance of What We Care About; Necessity, Volition, and Love (1999), The Reasons of Love (2004).
Il libro
Una nuova prospettiva sul rapporto tra violenza e religione in polemica con René Girard. Qual è il rapporto
fra la concezione del divino delle tradizioni monoteistiche e la violenza che gli uomini possono esercitare anche nel nome di Dio? Perché lo stesso Dio della Bibbia si presenta, più e più volte, come un Dio violento? A queste domande cerca di rispondere Violenza: la politica e il sacro, anche entrando in polemica con concezioni oggi fin troppo note e unilaterali sul rapporto fra violenza e religione, come quelle di Girard e di Assman. La prospettiva interdisciplinare assunta e la collaborazione in un progetto di ricerca comune di prestigiosi studiosi della Northwestern University (USA) e dell'U ni versità di Pisa consentono di affrontare la questione in maniera documentata e non ideologica.
I curatori
Adriano Fabris insegna Filosofia morale, Filosofia delle religioni ed Etica della comunicazione all'Università di Pisa, dove dirige i Master di I e II livello in Comunicazione Pubblica e Politica e il Centro Interdisciplinare di ricerche e di servizi sulla Co municazione. Collabora altresì con l'Istituto di Filosofia Applicata della Facoltà Teologica di Lugano, dove dirige il Master in Scienza, Filosofia e Teologia delle Religioni.
Fra i suoi libri più recenti: Paradossi del senso (2002), Teologia e filosofia (2004), Etica della comunicazione (2006), Senso e indifferenza (2007).
Kenneth Seeskin è professore di Filosofia alla Northwestern University (Evanston, Illinois), dove attualmente presiede
il Dipartimento di Filosofia. È specializzato in Filosofia Ebraica, Filosofia Antica e Medievale, Filosofia della Religione.
Fra i suoi libri più recenti: Maimonides on the Origin of the World (2005), Autonomy in Jewish Philosophy (2001), Jewish Philosophy in a Secular Age. Ha curato la traduzione inglese della Guida per i perplessi di Maimonide e ha edito il Cambridge Companion to Maimonides.
Sommario
Robert Wallace, I Greci preferivano la guerra alla pace?
Stefano Perfetti, Figure di violenza nella "Città di Dio" di S. Agostino
Regina Schwarz, Violenza e idolatria
Kenneth Seeskin, Perché il monoteismo è violento e non può
che essere violento
Adriano Fabris, Il Dio della Bibbia e la violenza
Penelope Deutscher, L'auto-immunità e la violenza del bruto
Una società più giusta e più stabile secondo Dewey si fonda su un individualismo capace di sviluppare le singole personalità. Una distratta superficialità e il rapido cambiamento dei riferimenti simbolici sociali indotti dalla comunicazione di massa hanno inibito lo sviluppo dei valori morali e sminuito la capacità dei singoli di comunicare e collaborare. Questi saggi furono scritti da John Dewey nel 1929, mentre incalzava la più grave crisi economica americana, e sono ancora profondamente attuali, per le numerose analogie con l'odierna crisi dell'economia occidentale. Il pensiero di Dewey si adatta assai bene all'urgenza dei nostri tempi; alterna amarezza e speranza e indaga sulle opportunità da cogliere per una nuova prospettiva morale e sociale: un nuovo individualismo, che infonda una responsabilità sociale pienamente consapevole della forza dei propri valori e della propria autonomia.
Il modello tecnocratico (incremento della produzione col minimo costo economico) domina la scena. Lo accompagnano l'aumento delle disuguaglianze sociali, la depauperazione del Terzo e Quarto Mondo, il degrado ambientale, il pericolo di un olocausto nucleare, la marginalizzazione e l'emigrazione. A queste sfide non può rispondere la cultura light, la «postmodernità come decadenza», che è riduzione della realtà all'effimero. Può farlo la «postmodernità come resistenza», che alla possibile distruzione dell'uomo contrappone il rispetto per quanto vi è di inalienabile nella persona e nella natura. Da qui la lotta in favore della pace contro i blocchi militari, della frugalità ecologica contro lo sperpero consumistico, della solidarietà ecumenica contro l'indifferenza individualistica. L'Autore insegna Filosofia del diritto e Filosofia politica nell'Università di Valencia (pp. 176).
Se il pluralismo rappresenta un vero e proprio valore della nostra civiltà , del relativismo va invece detto che è radicalmente contraddittorio e logicamente insostenibile. Questo libro approfondisce appunto la natura dei due termini, affrontandone sia la dimensione di fondo, nella prospettiva della logica e della metafisica, sia il piano della discussione etica e politica. Sarebbe relativistico esaltare la diversità senza considerare l'identità, la soggettività senza l'oggettività, la molteplicità senza l'unità , la libertà senza la verità , il bene comune senza la persona. E' invece pluralistico valorizzare e tenere dialetticamente insieme entrambi i termini, esprimendo così a pieno una dimensione di cooperazione e di equilibrio. In questo senso non è possibile neppure tralasciare il riferimento alle radici cristiane della nostra cultura. Dove, se non nella Buona Notizia del Cristo, si esprime più e meglio la difficile, eppure irrinunciabile, coesistenza di unità e pluralità , di identità e differenza, di verità e libertà ? Gli interventi di questo libro sono firmati da: G Cottier; F. Di Blasi; R. Di Ceglie; R. Gallinaro; P. Giustiniani; A. Livi; M. Marsonet; P. P. Ottonello; D. Sacchi; H. Seidl; C. Vigna; P. Viotto (pp. 296).
Si assiste oggi a una onnipresenza dell'etica nei media, nelle istituzioni, nelle aziende, nelle professioni più disparate: ciò che Cicerone affermava di Socrate, ossia che questi aveva fatto scendere la filosofia dal cielo per introdurla nelle case degli uomini, sembra essere diventato realtà. E tuttavia i cultori di etica, i moralisti, per la natura esclusivamente formale dei loro consigli e pareri non sono in grado di incidere sulle coscienze. Emerge pertanto sempre più il sospetto che la causa di questa scarsa influenza dell'etica sulle coscienze e sui mondi della vita sia dovuta all'oblio del punto di partenza antropologico della riflessione etica. L'etica appare schiacciata tra lo sviluppo della scienza e il progresso tecnologico, rimuovendo le domande etico-antropologiche per eccellenza: «Chi sono io?», «a chi appartengo?», «quale persona voglio essere?», «quale modo di vivere è migliore e degno dell'uomo?». Dalle risposte date a tali interrogativi dipende la comprensione piena dell'uomo in quanto soggetto morale. Lungo un itinerario che dalla grecità giunge ai nostri giorni l'Autore indaga e spiega – con particolare richiamo al mondo dell'università e delle professioni – le condizioni (fondamentale l'acquisizione delle virtù) perché la vita umana, nella densità di tutte le sue espressioni pubbliche e private, possa essere una vita riuscita, una vita felice. Non è infatti il vivere da tenere nel più alto conto, bensଠil vivere bere (pp. 304).
Michelangelo Peláez (Zamora, Spagna, 1930), laureato in Giurisprudenza (Salamanca 1953) e in Diritto canonico (Università Pontificia S. Tommaso 1955), è stato ordinato sacerdote alla fine del 1955 e da allora risiede in Italia dove ha svolto in varie città il suo ministero sacerdotale e contemporaneamente coltivato i suoi studi etico-giuridici. Tra le sue pubblicazioni, oltre a numerosi articoli in riviste italiane e straniere, si segnalano: Introduzione allo studio della criminologia, Etica, professioni e virtù, entrambe tradotte in varie lingue. Dal 1994 è docente di Etica all'Università Campus Biomedico di Roma.
La parola «Atlante» indica quei libri che contengono l'essenziale di alcune scienze, prime fra tutte la geografia e la storia. Questo libro fa qualcosa di simile per la filosofia: una densa e sintetica esposizione di quasi tre millenni di pensiero, con un accenno alle filosofie orientali, ma concentrata sulla storia dell'Europa, dato che la filosofia è invenzione, in senso stretto, del nostro continente, e con un'attenzione precipua al pensiero contemporaneo e al suo rapporto con la religione e le scienze fisiche e umane. Un'esposizione spassionata, sotto forma di schede di agevole consultazione, con una prosa chiara, ma rispettosa del rigore scientifico, delle dottrine dei pensatori più significativi e delle scuole più importanti inquadrate nel proprio contesto socio-culturale, con le loro risposte alle domande fondamentali: il senso dell'essere, l'essenza delle cose, la situazione e il destino dell'uomo nel cosmo. La filosofia non è un optional dell'uomo, ma una delle manifestazioni più alte della sua spiritualità, l'unica via per aggiungere un «supplemento di anima» a una civiltà in cui prevalgono, distruttivamente, una scienza neutrale e una tecnologia di dominio.