
Questo studio non è il solito manuale che illustra i principali concetti filosofici né una storia della filosofia ridotta a successione di concezioni interessanti da includere in un "museo archeologico" della storia delle idee; bensì si propone di far capire che cosa sia la filosofia e si presenta nella forma di "esercizi a pensare filosoficamente" per rispondere al bisogno umano di porsi domande sull'esistenza, sulla verità e sull'uomo stesso. La filosofia, che nasce dalla meraviglia quale esperienza fondante, nel nominare le cose ci pone a distanza da esse e si profila come "pensiero dell'altro". Perciò è vero che, come afferma Heidegger, l'unico modo per comprendere il pensiero occidentale è di percorrerlo. Ma lasciando che il pensato di ogni filosofo ci venga incontro come qualcosa di sempre unico e irripetibile, di inesauribile, in modo tale che quanto è potenzialmente ricavabile dal suo pensiero rinnovi il nostro domandare. È per questo che nel libro il pensiero greco dalle origini all'età ellenistica è ripercorso in contrappunto sia con quello cristiano, sintesi della Bibbia e del lógos greco, sia con quello contemporaneo, specialmente con il dibattito filosofico italiano più recente. L'analisi è accessibile a un pubblico ampio in quanto si concentra sugli esponenti più noti della speculazione greca (Parmenide, Eraclito, Socrate, Platone, Aristotele, Plotino), interpretati in un modo originale e innovativo che fa emergere chiaramente quanto sostiene Gadamer...
Le riflessioni di Socrate, nei dialoghi platonici, sull'anima e sulla sua problematica sopravvivenza, possiamo studiarle con un interesse critico, storico, intellettuale, però come un aspetto, una questione che non ci riguarda: non siamo noi, è chiaro, a essere coinvolti in un discorso simile. Esiste poi davvero un mondo oltre la morte? Possiamo ancora credere in una prospettiva futura? È necessario osservare che oggi, mentre la pratica religiosa e la fede vissuta riguardano un numero sempre minore di persone, l'attività critica, editoriale, la pubblicazione di testi, di riviste religiose, gli studi più minuziosi sugli autori più sbiaditi invadono per così dire il nostro pianeta. Lo ha detto Rousseau nel modo più chiaro: «Siamo diventati tutti dottori e abbiamo smesso di essere cristiani». In questo senso l'equivoco pericoloso della Chiesa cattolica, la sua incomprensione di fondo della società contemporanea, consiste nel cercare un accordo - una collaborazione, direi quasi una sinergia - con quelle stesse forze che contribuiscono a distruggerla.
Il volume raccoglie tre ampi saggi di Eric Voegelin pubblicati in diverse fasi della sua ricerca filosofica e della sua carriera accademica americana e inediti nella nostra lingua. I titoli sono: Il liberalismo e la sua storia, Genesi intellettuale de Il principe di Machiavelli e Note su tempo e memoria in sant'Agostino, tre temi apparentemente assai distanti ma ai quali è sottesa la medesima prospettiva critica della modernità del grande filosofo della storia e della politica tedesco-americano. Prefazione di Daniele Fazio.
Non l'ordinata esposizione di un sistema, ma piuttosto un "psico-ritratto"; l'esperienza personale di un direttore di coscienza che si sforza di essere "contemporaneamente presente a sé e agli altri" e che, pur cercando l'unione mistica, non si sottrae alle responsabilità della vita quotidiana.
Nato dal desiderio di raccogliere in un "libriccino per gli amici" "aforismi, scherzi e sogni" e pubblicato nel 1928, "Strada a senso unico" si presenta come un montaggio di microtesti. Gli aforismi sono organizzati secondo una struttura particolare, in quanto ogni capitolo è presentato con il nome di un negozio, di un edificio, di un segnale o di un manifesto, in modo che la disposizione d'insieme finisce per dare l'idea di una città allegorica. È un documento del nuovo atteggiamento e della svolta determinatasi in Benjamin nel '24. Un libro che proietta il lettore nella vorticosa vita della Germania degli anni della grande inflazione. (Nuova edizione accresciuta)
Cos'è la scienza? C'è differenza tra la scienza e il mito? La scienza è obiettiva? È in grado di spiegare tutto? Questa introduzione fornisce un conciso ma puntuale sguardo sui principali temi della filosofia della scienza contemporanea. Dopo alcune pagine dedicate a un breve excursus di storia della scienza, Okasha inizia a investigare la natura del modo di argomentare della scienza, la specificità delle sue spiegazioni, delle sue teorie e rivoluzioni. Un'attenzione particolare è dedicata ai risvolti filosofici di alcune discipline, ad esempio al problema della classificazione in biologia o alla natura dello spazio e del tempo per la fisica.
Mai come oggi la nozione di persona costituisce il riferimento imprescindibile di tutti i discorsi - filosofici, etici, politici - volti a rivendicare il valore della vita umana in quanto tale. È cosi nell'ambito della bioetica, dove cattolici e laici, pur in contrasto sulla sua genesi e la sua definizione, convergono sulla valenza decisiva dell'elemento personale: solo in base ad esso, la vita umana è considerata intangibile. Ed è cosi sul piano giuridico, lungo un percorso che lega sempre più strettamente il godimento dei diritti soggettivi alla qualifica di persona: questa appare l'unica in grado di riempire lo scarto tra uomo e cittadino, diritto e vita, anima e corpo, aperto fin dalle origini della nostra tradizione. La tesi radicale e inquietante di questo saggio è che la nozione di persona non sia in grado di ricomporre tale scarto perché è proprio essa a produrlo. Più che un semplice concetto, quello di persona è un dispositivo di lunghissimo periodo il cui effetto primario è la separazione, all'interno del genere umano e anche del singolo uomo, tra una zona razionale e volontaria fornita di particolare valore e un'altra, immediatamente biologica, spinta dalla prima verso la dimensione inferiore dell'animale o della cosa.
Nel processo che vedrà la sua condanna a morte, Socrate si presenta al popolo ateniese come "Il dono del dio alla città". Da allora un filo rosso collega la filosofia all'atto di donare. Anzi, la domanda classica su che cos'è la filosofia? si riverbera nell'altra, che torna a chiedersi, da Seneca a Mauss fino a Derrida, ossia dall'antichità ad oggi, che cos'è un dono? Il dono di sé e il dono anonimo: tra queste due forme del donare il libro tenta di rispondere alla domanda sull'essenza della filosofia. Vi si sostiene la tesi che il tratto distintivo della filosofia va in direzione ostinatamente contraria rispetto alla marcia del pianeta dietro il vessillo dell'utile e del profitto e alla sua immane accelerazione nel fondamentalismo economico degli ultimi decenni. Se l'utile, come ammoniva Schiller, "è il grande idolo del tempo, a cui tutte le forze debbono servire e a cui tutti i talenti debbono rendere omaggio", quello filosofico è l'atto antiidolatrico e iconoclasta per eccellenza, che interrompe il circuito dell'utile e dell'interesse, ma anche, in qualche maniera, del sapere stesso, rappresentando il modo, ogni volta diverso per stile e strumentazione concettuale, con cui la filosofia ottiene il suo scopo originario. Che non è la conquista del reale, ma la sospensione del suo assolutismo, ovvero la divisione dei poteri che ne costituiscono la presa.
Che cosa c'è di nuovo nel "nuovo realismo" di cui si parla tanto da un anno a questa parte, in Italia e all'estero? E il nuovo realismo non significa un ritorno alla vecchia metafisica? Come si collega alle voci più vive della situazione filosofica internazionale? E quali sono i risvolti teorici e politici della messa in crisi del postmoderno? Ecco alcuni degli interrogativi a cui risponde questo volume fornendo una straordinaria batteria di argomenti a favore del realismo, ma anche dando spazio a voci dissenzienti.
Storie e invenzioni raccolte per generi e tipologie, in una sorta di catalogo universale della bizzarria: Bizzarie dei potenti e antidoti degli intelligenti; Falsari o benefattori?; Stolti o troppo furbi?; Credenze fuori dal comune; Scienza non proprio ortodossa; Fortune e sfortune delle nuove tecnologie; Colti per caso; Storie di sesso (estremo?); Gola profonda; À la mode comme à la mode.
È attorno all'inaudito che, senza saperlo, continuano a ruotare e ad avvolgersi le nostre vite. Solo l'in-audito, in fondo, è degno di interesse, in quanto ciò che è già "udito", registrato e assimilato, non ha, in realtà, niente da apportare, se non qualche aggiustamento e sistemazione. Sul punto, forse non è il caso di continuare a ingannarci. Al contempo, visto che l'inaudito è ciò che in sé sfugge, ne consegue che ciò che di esso si lascia normalmente captare e cogliere sia innanzitutto deludente. La radicale estraneità e stranezza, non essendo pienamente liberata, si volge in banalità e familiarità. Quando non sono all'altezza dell'inaudito, mi annoio: mi stanco di quello che ho appreso o, piuttosto, di ciò che non ne ho appreso. Incontrare l'inaudito, al contrario, sbatterci improvvisamente contro, significa spostare in maniera smisurata la frontiera del possibile, sempre troppo stabile, e la morte stessa, commensurata all'incommensurabile e al vertiginoso dell'inaudito, si ritrova all'improvviso sottratta al suo isolamento. L'immaginazione, come la scienza e la fede, fa tanti sforzi per integrare la morte nella vita, per iscriverla nel suo metabolismo, per assimilarla allo scopo di giustificarla. Ma che ne è di quanto essa conserva di "inaccettabile", come si è soliti dire, ossia di non integrabile da parte del soggetto? Non resta che ricorrere alla categoria riferita a ciò che non si integra, a ciò che è fuori categoria: l'inaudito - meglio che l'"Infinito", la categoria spesso invocata per rendere conto di quel debordare - può finalmente mordere quanto di più refrattario risulta per il pensiero.