
Nel presente volume il professor Clavell, con stile limpido e scorrevole, coglie il persistente affiorare degli interrogativi più fondamentali dell'uomo su se stesso e su Dio, che denotano la presenza dell'esigenza metafisica nella filosofia e nella cultura.
In questo libro si parla di un filosofo non del filosofo. Alla ricerca di uno spazio perduto, la conoscenza filosofica. Sino a sfiorare un paradosso, una meta-fisica della contingenza. E poi un tentare di esplorare il discorso pubblico, l'oggetto tecnico, la memoria, lo scegliere, la filosofia "di moda" e altre cose. Sono relazioni che tendono a sfuggire al "colpo d'occhio" o all'abitudine intellettuale. La chiarezza può essere un aiuto all'esistenza e per questo, in tempi invasi dal rumore, forse una piccola virtù.
Edison Simons Quiroz (Panama 1934 - Parigi 2001) è stato un ardente poeta, traduttore (tra l'altro di René Char, Coleridge, Mallarmé) e pittore, oltre che uomo di notevole erudizione, appassionato interprete della tradizione sapienziale. È certamente su questo terreno che ha messo radici e si è nutrita l'"amicizia indelebile" con Maria Zambrano, iniziata nel 1977 con un suo pellegrinaggio verso la casa della filosofa in esilio, a La Pièce. Il motivo della visita di Simons consisteva nella richiesta di aiuto per poter arrivare alla pubblicazione dei sogni di Lucrecia de Leon, una figura di grande importanza per la cultura spagnola trattandosi di una giovane donna processata dall'Inquisizione all'acme della sua fama di "sognatrice", cioè di profetessa. Oltre al comune interesse per i sogni e il sognare, Maria Zambrano e Edison Simons si uniranno in stretta relazione intorno alla poesia, alle ricerche nel mare sterminato dell'erudizione compresa quella considerata esoterica, la più affascinante, che è ben documentata nella corrispondenza che presentiamo. Le lettere raccolte nel volume coprono il periodo dal 1977 al 1985 e comprendono un gruppo di lettere inedite, concesse da Rafael Tornero Alarcón, cugino e erede della filosofa. Completa il volume un testo scritto da Edison Simons per raccontare il primo incontro con Zambrano, il testo "Prima dell'occultamento. I mari" e il "Prologo" per l'edizione di Los sueños de Lucrecia de Leon, entrambi scritti dalla filosofa e tradotti per la prima volta in Italia.
Le lettere qui raccolte, note come Cartas de La Pièce, rappresentano uno dei fondamentali epistolari dell'immensa produzione della filosofa Maria Zambrano, la quale intrattenne una lunga corrispondenza con il teologo Agustín Andreu. Iniziato negli anni '50 intorno alle ferite lasciate dalla Guerra Civile, lo scambio profondo tra il giovane teologo e la già autorevole pensatrice, si intensificò soprattutto negli anni '70, quando Andreu inizia a elaborare una teologia "del Logos e dello Spirito nelle loro reciproche relazioni". Il tema del Logos e dello Spirito rappresentava allora un nuovo modo di sentire e concepire il divino., con molte e decisive conseguenze, ed è il vero tema dell'epistolario; in questo tema Maria Zambrano trova un congeniale terreno di lotta filosofica, e un'affine esperienza teologico-metafisica. Dall'esilio a La Pièce (tra Francia e Svizzera), grazie allo scambio con Andreu, la filosofa ha modo di scrivere intorno a sant'Agostino, alla natura, alla gnosi, al matrimonio, alla syzygia (piccola comunità), all'amicizia, all'esilio, ai Maestri, alla Ragione Vitale... facendo affiorare tutto il suo mondo spirituale. L'epistolario è costituito dalle sole lettere di Maria Zambrano e copre il periodo dal 1973 al 1976. In questo primo volume si arriva al febbraio '75. L'opera sarà completata con un secondo volume contenente anche un'Appendice critica curata da Agustín Andreu e un Indice dei nomi. Introduzioni di Lucia Vantini e Agustín Andreu.
La Verità interrogò la giovane Edith Stein (1891-1942), ebrea e fenomenologa. Afferrata da Gesù, si innamorò della Verità, leggendo la Vita di Teresa di Gesù. Divenne cristiana nel 1922. Docente stimata e pedagoga amata, conferenziera nitida e scrittrice sobria, fu soprattutto un'orante segnata dalla Croce. Entrò nel Carmelo di Colonia nel 1933, quando sul suo popolo e sulla sua patria incombeva l'ombra della Croce nella forma della persecuzione nazista. Nell'eremo carmelitano la ricerca della Verità si approfondì lasciandosi inchiodare alla Croce per amore e coniugando la fede ardente con la scientificità più rigorosa. La Scienza della Croce culminò nella gassazione ad Auschwitz il 9 agosto 1942. La sua ultima opera, Scientia Crucis, ne riporta la consapevolezza gioiosa, perché come ella scrisse: "Croce e notte sono il cammino alla luce celeste: questo è il lieto messaggio della Croce".
A Parma, nei primi mesi del 2011, si è svolto un corso di formazione filosofica aperto a tutti i cittadini. Un corso nato dalla scommessa che fosse possibile far emergere in tutti, indipendentemente dal loro livello culturale o dalla specialità dei loro studi, il gusto per la riflessione filosofica. I problemi fondamentali della filosofia, diversamente da quelli delle scienze, sono infatti affare di tutti, anche se nel corso del tempo hanno ricevuto soluzioni raffinate da parte di pochi esperti. Il progetto si è proposto di riandare alle sorgenti del pensiero, alle ragioni e alle domande cruciali che hanno spinto generazioni di filosofi a elaborare complessi sistemi teorici, ma che nello stesso tempo miliardi di persone comuni si sono sempre poste per orientare meglio le loro vite: nelle relazioni con gli altri o con realtà infinite da cui si sentono avvolte, nel costruire la loro identità, nel lavoro, nella politica, nella sfera della creazione e della fruizione estetica. L'ipotesi da cui è nata l'iniziativa è che potesse stabilirsi un rapporto proficuo tra la sapienza o saggezza spontanea di chi si interroga su questioni attinenti la propria esistenza e il sapere di chi coltiva gli studi filosofici in modo professionale e specialistico. Questo volume raccoglie le nove lezioni che hanno animato il corso.
«Un dotto lo chiamo ciclope […]. Ci sono ciclopi tra i teologi, i giuristi, i medici. [...] Ognuno di essi dovrebbe essere fornito di un [altro] occhio di fattura particolare [...]. Il secondo occhio è [...] quello della conoscenza di sé della ragione umana». La riflessione 903 del lascito antropologico di Kant offre l’orizzonte allo studio Dell’esistenza. Glosse allo scritto kantiano del 1762. Guardando con l’occhio di cui il ciclope è privo, l’Autrice coglie i risvolti teoretici della riflessione precritica di Kant sull’esi stenza di Dio ed individua le radici della lotta kantiana al nichilismo.
Sulla base del con fronto con le filosofie coeve a Kant, nel volume sono delineati gli albori della teoria del riferimento come primo distacco critico dall’egida del possibile logico leibniziano e dall’essenzialismo. La riflessione interna all’Unico argomento possibile sull’esistenza di Dio, cara allo stesso Heidegger, non presenta però solo una filigrana onto-teologica e teoretica, essa presta anche il fianco a riflessioni di ordine etico. Consapevole di come il problema del determini smo nell’agire morale faccia ancora discutere i filosofi continentali ed analitici, l’Autrice confronta l’argomento onto-teologico con i temi della ragion sufficiente della scuola leibniziana e wolffiana per segnalare e seguire i tentativi kantiani di differen ziazione dal mec cani cismo e dal fatalismo etico.
Nel 1921, per avvicinare i lettori alla sua opera maggiore, La stella della redenzione, che anche gli amici giudicavano di difficile lettura, Franz Rosenzweig si lasciò convincere a scrivere un testo introduttivo. Per costruirlo in modo efficace scelse la via dell'apologo, che prometteva una comunicazione più agevole con il pubblico colto, anche se avrebbe certo indispettito gli intellettuali di professione: nasceva in questo modo il volume Della comune intelligenza sana e di quella malata. La sua stessa genesi lo rende un originale momento di riflessione sulla filosofia, di cui sottolinea la «nativa» contrapposizione con l'uso spontaneo dell'intelligenza, quello che sorregge il comportamento quotidiano dell'uomo comune. In queste pagine, la cultura occidentale viene metaforicamente descritta come un paziente colpito da apoplexia philosophica acuta, innescata dal potere fuorviante della domanda (aristotelico-metafisica) «che cos'è?», e conseguentemente affetto da paralisi. Lo si potrà curare soltanto inserendolo più direttamente nella relazione con le tre grandi dimensioni entro cui si svolge l'esistenza: l'io, il mondo e Dio. È appunto questo il compito che Rosenzweig riteneva di poter affidare ad un «nuovo pensiero» ormai collocabile al di là della filosofia, la quale aveva infine compiuto (in Hegel) il suo destino, una volta attraversate le sue tre grandi fasi: l'antichità cosmologica, il medioevo teologico e la modernità psicologica.
Alla domanda "che cos'è la filosofia" - una questione che si pone tardi e di cui si può parlare solo fra amici - Agamben, in questo libro che è in qualche modo una summa del suo pensiero, non risponde direttamente, ma attraverso cinque saggi, ciascuno dei quali presenta una sorta di emblema: la Voce, il Dicibile, l'Esigenza, il Proemio, la Musa. In ognuno dei testi, secondo un gesto che definisce il metodo di Agamben, l'indagine archeologica e quella teorica si intrecciano strettamente: alla paziente ricostruzione del modo in cui è stato inventato il concetto di lingua, fa riscontro il tentativo di restituire il pensiero al suo luogo nella voce; a una inedita interpretazione dell'idea platonica, corrisponde una lucida situazione del rapporto fra filosofia e scienza e della crisi decisiva che entrambe stanno attraversando nel nostro tempo. E, alla fine, la scrittura filosofica - un problema sul quale Agamben non ha mai cessato di riflettere - assume la forma di un proemio a un'opera che deve restare non scritta.
Presentiamo la traduzione di "On a New Interpretation of Plato's Political Philosophy" (1946), di Leo Strauss. Sotto le spoglie di una lunga e polemica recensione al volume di John Wild, "Plato's Theory of Man", Strauss espone le tesi principali della sua interpretazione di Platone, un impianto ermeneutico che troverà ampia espressione successivamente, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, nei commentari che egli dedicherà a singoli dialoghi platonici come "la Repubblica", "le Leggi" e "il Simposio." Secondo Strauss, la filosofia di Platone coincide con un radicale scetticismo zetetico, che trova nella rappresentazione dialogica la forma espressiva più adeguata. Il Platone che Strauss ci consegna risulta tutt'altro che rassicurante, poiché ha la forza di interrogare direttamente le nostre autorappresentazioni morali e politiche, di mettere in discussione la perfetta autoreferenzialità della "democrazia moderna" - quando intesa come il migliore degli ordini possibili -, nonché di porre sotto accusa tanto il relativismo quanto il normativismo quali inadeguati posizionamenti della filosofia rispetto alla politica.
Questo libro è il racconto di un pensiero per così dire "al lavoro", in cui non si tratta semplicemente di esporre tesi o elaborare "punti di vista", quanto piuttosto di fare attenzione e riconoscere quando _ e come - gli eventi, gli incontri, le idee mettano in questione la nostra ragione, la provochino a domandare, a cercare il significato di sè e del mondo. e' solo accogliendo questa provocazione che la ragione si scopre a sua volta capace di porre e di mantenere aperte le questioni decisive per il nostro tempo.
Per questo l'inquietudine non è uno stato d'animo particolare in cui il nostro io venga a trovarsi di fronte a certi problemi, ma costituisce come la stoffa della nostra ragione, vale a dire il suo dinamismo più proprio e il suo metodo permanente. Un'inquietudine che non è solo il sintomo di una mancanza o la ferita di un'incapacità, ma anche e soprattutto il segno della presenza, in noi, di una domanda che è sempre più grande di noi.
Il volume raccoglie articoli, interventi, relazioni dell'autore organizzati in quattro sezioni tematiche (1. L'io, la razionalità, l'educazione; 2. Libertà vs verità; 3. La sfida del nichilismo; 4. Accogliere il reale, desiderare l'infinito) introdotte da un'intervista dell'autore: "L'età dell'incertezza".
Il volume prende in esame una delle tesi più originali di Enrico di Gand: quella del lumen medium, ovvero dell’illuminazione speciale concessa da Dio ai maestri di teologia per permettere loro di trasformare almeno in parte (congiuntamente all’attività di studio e di ricerca) ciò che è oggetto di fede in oggetto di autentica comprensione scientifica. La dottrina enrichiana viene analizzata a partire dai suoi presupposti gnoseologici, mettendo in luce da una parte il percorso che conduce alla fondazione della teologia come scientia prima e, dall’altra, lo statuto del tutto peculiare che Enrico attribuisce al maestro di teologia. Ma ampio spazio viene dato anche al contesto in cui la posizione di Enrico si inserisce, e cioè tanto al dibattito sullo statuto scientifico della teologia nel corso della seconda metà del XIII secolo, quanto alla controversa fortuna della dottrina del lumen medium, tra il XIII e il XIV secolo, presso l’altro influente maestro secolare del periodo (Goffredo di Fontaines) e presso alcuni dei più importanti teologi domenicani, francescani e carmelitani.