
Non solo pigrizia ma anche tristezza, sconforto, inquietudine, indifferenza, noia, e soprattutto depressione. Se nasce come peccato capitale nella visione religiosa, l'accidia diventa malattia psichiatrica nella visione laica e moderna. Come è rappresentato nell'interpretazione occidentale questo male dell'anima? Dall'ascesi del monaco medievale allo spleen del dandy Baudelaire, dalla malinconia romantica di Leopardi alla noia di vivere di certi personaggi della letteratura russa come Oblomov o gli anti-eroi di Cechov, dall'angoscia esistenzialista di Heidegger, Sartre, Camus al vuoto oscuro e maligno nella mente del depresso dei nostri tempi, che chiede aiuto alla psicoanalisi ma anche agli psicofarmaci: un viaggio nelle rassomiglianze di umori imparentati ma non identici, annodati dal filo comune di uno scacco, di una mancanza, di una noncuranza rispetto al mondo e all'altro, che l'uomo vive in ogni epoca come tentazione dolorosa e devastante.
Sergio Benvenuto, psicoanalista e filosofo, lavora a Roma come ricercatore al CNR e dirige il "Journal of European Psychoanalysis". Tra le sue pubblicazioni "Dicerie e pettegolezzi" (Il Mulino, 2000), "Un cannibale alla nostra mensa" (Dedalo, 2000), "Perversioni. Sessualità, etica, psicoanalisi" (Bollati Boringhieri, 2005).
A un primo sguardo, musica e filosofia sembrano due attività umane disparate, lontane tra loro quanto possono esserlo la morbida sensualità del canto e il silenzioso rigore del pensiero razionale. Eppure, fin dall'antichità emerge l'idea di una segreta affinità tra musica e filosofia, che ne intreccia i destini. A partire dalle idee sulla musica dei filosofi antichi, attraverso le concezioni medievali e rinascimentali, il volume considera l'impatto della rivoluzione scientifica, la stagione illuminista e gli sviluppi ottocenteschi, per giungere infine al ricco dibattito teorico contemporaneo.
È la crescita economica l'unico obiettivo a cui deve mirare una politica pubblica? O il fine dello sviluppo non è piuttosto quello di mettere in grado le persone di vivere un'esistenza piena? Dunque creare "capacità" che consentano a ognuno di realizzarsi e di vivere la propria vita all'insegna della pari dignità umana. È questo l'"approccio delle capacità", qui illustrato come nuovo paradigma che misura la ricchezza di uno stato sulla base dei bisogni soddisfatti e delle opportunità realmente offerte ai cittadini.
Basta un viaggio in un paese lontano, il contatto con persone che vivono in condizioni completamente diverse dalla nostra, l'incontro con una povertà che ci appare insuperabile o con un esempio di vita ascetica in un monastero remoto per mettere in crisi le nostre risposte a tutti quegli interrogativi che accompagnano da sempre la vita dell'uomo. Ma è alla dimensione trascendente che bisogna fatalmente guardare? Non secondo l'autore, che opta per una ricerca di tipo individuale e soggettivo, nella convinzione che ciascuno abbia il diritto di realizzare il proprio modo di dare un senso all'esistenza, ovviamente senza nel fare ciò danneggiare gli altri.
Quanta verità c'è nella postverità? Anche se è forte la tentazione di dire che le bufale sono sempre esistite, che la menzogna è un ingrediente imprescindibile della politica e della vita, e che dunque non c'è niente di nuovo sotto il sole, anche se viene voglia di tagliar corto dicendo che si tratta tutt'al più di fare attenzione a quel che si legge così come si fa attenzione a quel che si mangia e si beve, la postverità è un concetto filosoficamente rilevante e la sua emergenza definisce una caratteristica essenziale del mondo contemporaneo: l'alleanza tra la potenza modernissima del web e il più antico desiderio umano, quello di aver ragione a tutti i costi.
Un «cuore capace di ascoltare»: la religione al tempo della società accelerata Stato e Chiesa: un'alleanza che serve e fa bene a tutti, oggi più che mai A che serve la religione nella società del nostro tempo? È solo un anacronismo? O una sorta di superstizione da vivere in privato ma di cui non discutere in pubblico? Ma cosa accadrebbe alla democrazia se la «risonanza» della religione dovesse svanire del tutto? Una domanda fondamentale, a cui questo piccolo libro risponde inducendoci a ripensare alla religione e alla sua funzione nelle democrazie contemporanee. Hartmut Rosa rileva che essa favorisce una cultura del dialogo, dell'ascolto e della riflessione, consentendoci così di creare legami con gli altri e di sperimentare il nostro mondo così denso di significato. Questo aiuta i cittadini a coltivare una sensibilità democratica che può fare da àncora in tempi instabili. Con la finezza di sguardo che gli è propria, l'autore s'arrischia a riflettere su cosa accadrebbe se il secolare patrimonio di saggezza distillato nella religione andasse dissolto nella temperie ultramoderna.
Scopo di questo volume è affrontare una coppia di termini (razionalità e nichilismo) che evoca subito il problema della sfiducia nella razionalità, cioè nello strumento che l'uomo ha a disposizione per orientarsi e prendere delle misure nel mondo. Tale sfiducia nella ragione si produce generalmente in momenti di crisi, sia a livello morale, sia sociale, sia a livello della struttura del sapere. Il libro intende porre la questione del nichilismo a confronto con la concezione occidentale della ragione, in cui ha influito il linguaggio giudaico cristiano e in cui non è solo importante la domanda, ma chi la fa e per chi la fa. Gianfranco Dalmasso è professore ordinario di Filosofia Teoretica presso l'Università di Bergamo.
Con i due volumi su "La filosofia antica" e "La filosofia moderna", Severino è riuscito a fornire una chiarificazione nuova e potente dello sviluppo della grande tradizione filosofica. Questo terzo volume dedicato alla filosofia contemporanea, completa il disegno e insieme ne riprende tutti i temi fondamentali. Vengono a emergere la profonda unità e solidarietà in cui si trovano pensatori che sembrano andare in direzioni del tutto diverse.
Robert Nozick, uno tra i più importanti filosofi contemporanei, affronta i grandi problemi della nostra esistenza in questo libro che si pone a metà strada tra la più seria divulgazione e la più ardita sperimentazione. Che cosa ci lega ai nostri figli e ai nostri genitori; perché le emozioni più forti che proviamo sono legate alla sfera della sessualità; come possiamo accettare il fatto inevitabile della morte. Un libro che non offre risposte definitive, ma traccia un ritratto di vita. Introdotto da uno scritto di Salvatore Veca, il testo di uno dei massimi filosofi contemporanei impegnato a riflettere sulla felicità, sulla morte, sul sesso, sul bene e sul male.
Un libro che ricostruisce il pensiero filosofico del Leopardi, un pensiero che ha un'importanza basilare per la definizione di quell'"essenza del nichilismo" attorno alla quale ruota la riflessione di Severino. Leopardi ha affrontato le questioni ultime (la verità, l'essere, il nulla) per giungere a un linguaggio in cui la poesia diviene la forma della filosofia. Per questo Severino studia e interpreta l'intero corpus leopardiano, illuminandone l'intima coerenza umana e intellettuale e la tragica grandezza. Perché "l'autentica filosofia dell'Occidente, nella sua essenza e nel suo più rigoroso e potente sviluppo, è la filosofia di Leopardi".
Tutti i saggi introduttivi di Sossio Giametta alle opere del filosofo tedesco. Il pensiero di Nietzsche è esplosivo, come dinamite ha fatto saltare certezze e stabilità, e ha aperto interrogativi drammatici, ancora privi di risposta. I saggi di Sossio Giametta mostrano in che modo Nietzsche persegua, attraverso uno scetticismo profondo e sconvolgente, l'ideale dell'indipendenza umana e l'educazione di sé e degli altri alla grandezza, rivestendo di alta poesia la multiforme tragedia del vivere; ma anche in che modo egli, sotterraneamente sospinto dalle correnti dell'epoca, per combattere la decadenza nel suo aspetto morboso-estetizzante sviluppi l'altra sua faccia, quella della violenza, accelerando la crisi involutiva della civiltà cristiano-europea giunta al tramonto.
Gli uomini hanno incominciato a filosofare
per il fatto di meravigliarsi.
— Aristotele (Metafisica i, 2)
Aristotele, “il maestro di color che sanno” come lo definisce Dante nell’Inferno, occupa da sempre una posizione centrale nella storia della filosofia e il suo pensiero ha costituito lungo i secoli e continua a costituire, nei consensi e nei dissensi, un termine essenziale di riferimento e confronto teoretico. In sede storiografica, gli studiosi ne hanno proposto ricostruzioni ancorate a criteri interpretativi differenti. Quella che qui si presenta (e che raccoglie oltre quarant’anni di ricerche del suo autore) si caratterizza per un approccio fortemente innovativo: propone un proprio percorso attraverso gli scritti aristotelici – analizzandoli in un ordine inedito e dando risalto a opere finora poco considerate – e smonta l’idea che a lungo si è avuta del pensiero dello Stagirita come di un “sistema”, mostrando invece quanto l’attenzione alla molteplicità del reale e del sapere abbia suggerito al filosofo una differenziazione negli usi della ragione. Si delinea così un quadro completo e nuovo, che mette in luce aspetti fino a un recente passato non individuati, quale l’importanza del metodo dialettico non solo nell’ambito della filosofia pratica, ma nella stessa indagine ontologica e fisica. Un’introduzione puntale che fa del rapporto diretto con i testi la propria linea guida e permette anche ai meno esperti di avvicinarsi al grande filosofo greco.

