
Cos'hanno in comune il parlamentare conservatore che si oppone all'allargamento dell'istituzione del matrimonio alle coppie non eterosessuali, il militante no global che contesta la diffusione degli organismi geneticamente modificati e il gay che difende la legittimità del suo orientamento sessuale? Con buona probabilità tutti e tre argomentano la bontà delle proprie idee facendo ricorso a una qualche nozione di natura. Questo volume offre al lettore gli strumenti concettuali per orientarsi criticamente fra le principali tipologie di appello alla natura esistenti e fra le loro implicite contraddizioni: il buon selvaggio, la natura come normalità'o come ordine saggio da rispettare (pena nefaste conseguenze per gli uomini) e la teoria della legge naturale iscritta nel magistero della Chiesa cattolica.
L'"Etica" di Spinoza è un testo complesso, sia per la particolare ampiezza e ricchezza tematica sia per lo stile espositivo scelto dall'autore che, sul modello di Euclide, organizza tutta la materia in definizioni, assiomi e teoremi. L'opera presenta inoltre una suggestiva commistione tra argomentazione razionale e scuola di vita, altro tratto tipico della filosofia classica. Il volume di Emanuela Scribano si presenta come un valido strumento per superare le difficoltà del testo spinoziano e giungere così alla comprensione dei principali argomenti toccati dal filosofo. Troppo spesso si tende a identificare l'"Etica" con le sue tesi più celebri, su Dio e sul rapporto di Dio con il mondo. Per penetrare il senso dell'opera occorre tenere presente che le cinque parti di cui si compone obbediscono alla logica di un disegno complessivo e si richiamano costantemente tra di loro.
Per un occidentale l'efficacia è la capacità di ottenere i risultati previsti seguendo la via più breve. Figlia del razionalismo greco e della scienza moderna, la cultura occidentale lega il concetto di efficacia all'azione decisa, frutto di un'attenta pianificazione che prima appronta un buon modello teorico, e quindi lo applica con lineare determinazione. I cinesi, al contrario, definiscono efficace un'azione indiretta, lenta, che attende gli sviluppi della situazione e si limita a esaminare lo stato dei fatti per comprendere quale sia la loro propensione. L'efficacia di un'azione deriva dunque dalla capacità discreta di far leva sulle cose per consentirne una spontanea maturazione. Questa concezione dell'agire, tanto diversa da quella occidentale, si esprime anche nel modo con cui i cinesi affrontano gli affari, danno seguito ai contratti, rispettano gli impegni: un divario enorme che interviene nelle relazioni economiche tra Oriente e Occidente, complicandole e inducendo reciproci malintesi. In queste pagine François Jullien sviluppa una riflessione sulle profonde differenze che separano e attraggono Oriente e Occidente, ricorrendo a una esemplificazione che attinge alle sorgenti dell'immaginario delle due culture, fino ad abbracciare la storia più recente.
Il manoscritto clandestino rappresenta un genere di comunicazione filosofica molto particolare e tipico dell'età moderna: i quasi duecentocinquanta testi sinora catalogati e corrispondenti a circa duemila copie manoscritte risalgono per la maggior parte alla seconda metà del Seicento e all'inizio del Settecento. Questa vasta produzione di testi non poteva essere pubblicata, poiché sarebbe incappata nei divieti della censura e avrebbe messo a rischio la libertà e talvolta la vita degli autori, che infatti preferirono sovente nascondersi sotto il velo dell'anonimato. La grande stagione in cui i testi clandestini furono creati e la fioritura delle opere più originali precedettero dunque l'inizio "ufficiale" dell'Illuminismo, ma contribuirono senz'altro alla formazione delle idee più "radicali" della cultura settecentesca. La critica della religione e della politica, la proposta di idee anticonformistiche sulla morale e sulle istituzioni sociali, la difesa della tolleranza e della libertà di pensiero, una visione nuova del mondo, della storia e delle civiltà costituirono i temi principali della letteratura filosofica clandestina.
"Immaginate di esservi persi in una grande, antica città. Ovunque vi voltiate, trovate qualcosa di interessante. Ma vorreste sapere dove siete. Il guaio è che ogni volta che pensate di essere all'uscita di un dedalo di vicoli, eccovi in un altro labirinto. Se salite in cima a una torre, potete guardare ai vicoli in cui vi eravate persi, e finalmente tutto diventa chiaro. Così in questo libro quando passeremo ad affrontare le questioni astratte, apparentemente distanti dai problemi pratici da cui siamo partiti, quel che faremo somiglierà al salire in cima a una torre." Da quella torre, Appiah dimostra come fare concretamente filosofia.
In breve
I contatti con il mondo avvengono attraverso stimoli sensoriali che, rielaborati, diventano simboli carichi di significato: è questo quanto rende uomo l’uomo. In otto tra i suoi saggi più recenti, Jürgen Habermas si confronta con alcuni tra i maggiori pensatori del Novecento e riunifica i «frammenti di una storiografia filosofica contemporanea».
Alla questione di fondo, se gli appartenenti a culture diverse possano in generale incontrarsi su un terreno comune di intesa e in che cosa questa universale comunione che tutti unisce eventualmente consista, vengono spesso date risposte contrarie e semplificate. L’universalismo consapevole di sé della tradizione occidentale muove dall’unità di una ragione innata in tutti gli uomini. Gli si contrappone un autocontraddittorio relativismo, il quale parte dal fatto che in tutte le tradizioni forti albergano criteri del vero e del falso loro propri e per l’appunto incommensurabili. Mentre l’universalismo astratto getta al vento le idee delle scienze storiche dello spirito, il relativismo se ne fa sopraffare. In questo volume Habermas, confrontandosi con grandi filosofi e intellettuali contemporanei consapevoli dell’importanza dei miti, dei simboli, dell’apporto delle culture religiose, ma coerentemente fedeli al metodo critico-analitico e a un approccio discorsivo, approfondisce e difende le ragioni di un razionalismo consapevole e aperto al dialogo tra le culture.
Indice
Premessa – 1. L’energia liberatrice della figurazione simbolica. L’eredità umanistica di Ernst Cassirer e la Biblioteca Warburg – 2. La lotta delle potenze della fede. Karl Jaspers e il conflitto delle culture – 3. Fra le tradizioni. Una «laudatio» a Georg Henrik von Wright – 4. Ricercare, nella storia, l’Altro della storia. Sul «Sabbatai Zwi» di Scholem – 5. Un architetto con fiuto ermeneutico. La via del filosofo Karl-Otto Apel – 6. Israele o Atene: a chi appartiene la ragione anamnestica? Johann Baptist Metz per l’unità nel pluralismo multiculturale – 7. Libertà comunicativa e teologia negativa. Domande a Michael Theunissen – 8. Un’utile talpa che distrugge il bel prato. Il Premio Lessing conferito ad Alexander Kluge - Note - Fonti dei saggi
In breve
Esistono valori universali? Dove possiamo collocare la dimensione comune a tutti gli uomini? Come concepire il dialogo fra culture? È infatti giunto il momento di abbandonare sia l’universalismo superficiale che il relativismo pigro: di riqualificare attraverso il loro versante negativo il carattere assoluto dei diritti umani; di ripensare il dialogo fra culture non più in termini di identità o differenza bensì, a partire dal piano comune dell’intelligibile, in termini di scarto e fecondità; di considerare le culture come tante risorse da esplorare, minacciate però dall’uniformazione del mondo contemporaneo. Solo la pluralità delle culture ci consentirà di sostituire il mito eterno e stereotipato dell’Uomo con l’infinito dispiegamento dell’umano che attraverso di esse si sviluppa e si riflette.
Indice
Premessa - Itinerario - I. L’universale - II. L’uniforme - III. Il comune - IV. Dalla nascita della «polis» all’estensione cosmopolitica del comune - V. L’altro piano: l’universale, categoria logica della filosofia - VI. Primo incontro tra universale e comune: la cittadinanza romana viene estesa all’impero - VII. San Paolo e il superamento dei comunitarismi nell’universalismo cristiano - VIII. Esiste una questione dell’universale nelle altre culture? - IX. Esistono nozioni universali? Statuto ideale di un universale culturale X. I diritti umani: concetto di universalizzante - XI. Né sintesi, né denominatore, né fondamento: da dove proviene il comune? - XII. Le «culture»: scarti linguistici e risorse del pensiero - XIII. Costruire il dialogo tra culture in opposizione all’uniformazione diffusa: l’auto-riflessione dell’umano
Il giuramento riveste un ruolo essenziale, in quanto "sacramento del potere", nella storia politica e religiosa dell'Occidente. Tuttavia, malgrado i numerosi studi di linguisti, antropologi e storici del diritto e delle religioni, manca una visione d'insieme del problema, che cerchi di dar ragione della funzione strategica che questa istituzione ha svolto all'incrocio di diritto, religione e politica. Che cos'è il giuramento, se sembra mettere in questione l'uomo stesso come animale politico? Da questa domanda deriva l'attualità dell'archeologia del giuramento proposta dal libro. Attraverso un'indagine di prima mano sulle fonti greche e romane, che ne mette in luce il nesso con le legislazioni arcaiche, la maledizione, i nomi degli dei e la bestemmia, Giorgio Agamben situa l'origine del giuramento in una prospettiva nuova, che ne fa l'evento decisivo nell'antropogenesi, ovvero nel diventar umano dell'uomo, iI giuramento ha potuto costituirsi come "sacramento del potere" perché esso è innanzitutto il "sacramento del linguaggio", in cui l'uomo, che si è scoperto parlante, decide di legarsi al suo linguaggio e di mettere in gioco, in esso, la vita e il destino.
La filosofia dell'educazione, che si occupa del coordinamento pedagogico dei saperi (o scienze) dell'educazione, riveste nella società contemporanea - con le sue complessità e conflittualità - una posizione essenziale, di centralità riflessiva e critica tanto per i singoli che per la collettività. È quindi necessario presentarne i contenuti in modo lineare, rigoroso, organico. A tale scopo questo volume - rielaborazione di una precedente versione - ha semplificato gli orientamenti e la struttura dei diversi capitoli e li ha integrati con schede di documentazione e/o di approfondimento.
La coscienza è davvero ciò che ci distingue dagli altri esseri animati? È riducibile a processi chimici e meccanici? Se sì, che parte hanno in questi processi il dolore e l’amore, i sogni e la gioia? Sono alcune delle grandi domande su cui si arrovellano filosofi e scienziati a partire da Cartesio, ma le teorie sulla coscienza elaborate finora, sostiene Dennett, sono tutte sbagliate, anche se la loro semplicità intuitiva ci spinge a crederle vere. Vero è, semmai, che non c’è traccia nel nostro cervello di un Autore Centrale, responsabile assoluto del nostro Sé, produttore di un unico e definitivo flusso di coscienza. La nostra mente non funziona tanto come una dittatura o una monarchia, quanto come una democrazia molto sofisticata: «Spiegherò i vari fenomeni che compongono ciò che chiamiamo coscienza, mostrando come siano tutti effetti fisici delle attività del cervello, come queste attività si siano evolute e come facciano sorgere le illusioni sui loro poteri e le loro proprietà. Proporrò, insieme ai fatti scientifici, una serie di storie e analogie per rompere vecchi abiti di pensiero e aiutare a organizzare un’unica visione coerente, sorprendentemente diversa dal tradizionale punto di vista sulla coscienza.»
La meraviglia è consapevolezza della propria ignoranza e desiderio di sottrarvisi, cioè di apprendere, di conoscere, dI sapere. Ecco perché proprio la meraviglia, secondo Aristotele, è l'origine della filosofia, ovvero della ricerca disinteressata di sapere. Stato d'animo raro e prezioso, la meraviglia è la sola espressione della vera libertà. Enrico Berti rilegge il pensiero dei grandi filosofi della classicità e costruisce un percorso attraverso le domande senza tempo che la filosofia occidentale ha continuato a porsi, formulate per la prima volta dai Greci.
In Grecia la verità ha lo stesso ruolo che nei nostro sistema di pensiero? Copre il medesimo contenuto semantico? Non sono domande di pura curiosità, La Grecia si impone alla nostra attenzione per due motivi: innanzi tutto esistono rapporti stretti tra la civiltà greca antica e la ragione occidentale; la concezione di una verità obiettiva e razionale, caratteristica dell'Occidente, è nata infatti storicamente dal pensiero greco. Inoltre, nel tipo di ragione elaborato dalia Grecia a partire dal VI secolo, una certa immagine della Verità - il concetto di Atetheia - occupa un posto fondamentale nella riflessione filosofia di ogni tempo. In queste pagine Detienne guida il lettore attraverso il mondo della Grecia micenea e arcaica fino alle radici della nozione di verità, quando essa - prima di diventare un bene accessibile a tutti - era ancora circonfusa da un'aura sapienziale e coincideva con la parola del maestro: il "poeta ispirato" o l'"indovino profeta" o "il 'mago" o il "re di giustizia".

