
Nell'anno del giubileo, dove il sacro si offre anche alla dissacrazione, l'autore si domanda che cosa sia rimasto di autenticamente religioso nel nostro tempo che più di altri registra un boom della spiritualità, dove però un Dio plurinvocato in molte lingue, in molti riti e nelle forme più svariate della religiosità, sembra si sia definitivamente congedato dal mondo per lasciare null'altro che un desiderio infinito di protezione, conforto, rassicurazione: desideri umani, insomma, troppo umani.
Il nichilismo, la negazione di ogni valore, è anche quello che Nietzsche chiama "il più inquietante fra tutti gli ospiti". Si è nel mondo della tecnica e la tecnica non tende a uno scopo, non produce senso, non svela verità. Fa solo una cosa: funziona. Finiscono sullo sfondo, corrosi dal nichilismo, i concetti di individuo, identità, libertà, senso, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si è nutrita l'età pretecnologica. Chi più sconta la sostanziale assenza di futuro che modella l'età della tecnica sono i giovani, contagiati da una progressiva e sempre più profonda insicurezza, condannati a una deriva dell'esistere che coincide con il loro assistere allo scorrere della vita in terza persona. I giovani rischiano di vivere parcheggiati nella terra di nessuno dove la famiglia e la scuola non "lavorano" più, dove il tempo è vuoto e non esiste più un "noi" motivazionale. Le forme di consistenza finiscono con il sovrapporsi ai "riti della crudeltà" o della violenza (gli stadi, le corse in moto). C'è una via d'uscita? Si può mettere alla porta l'ospite inquietante?
Che sia giunto il momento di cambiare qualcosa, nel mondo in preda alla crisi globale, lo pensano davvero in molti. Che sia il caso di fare qualcosa per limitare tutti quei poteri dominanti, finanziari e politici, che ci hanno portato alla rovina sta diventando un sentimento condiviso. Con questo intenso pamphlet, Hardt e Negri entrano nel merito della questione: non si tratta più, infatti, di protestare, come hanno fatto in questi anni i movimenti di piazza, ma di costruire, facendo emergere principi e pratiche che possano tirarci fuori dall'impasse. Proprio i movimenti hanno messo in evidenza quelli che potrebbero essere i primi principi "costituenti" di un nuovo sistema. In primo luogo, il rifiuto della rappresentanza politica e la costruzione, in sua vece, di nuovi schemi di partecipazione democratica; poi la valorizzazione del "comune", come sfera separata sia da quella privata sia da quella pubblica, statale; ma anche la ridefinizione di nuovi significati per il termine "libertà". Questi nuovi principi derivano da una lunga elaborazione teorica e sono sempre più messi in pratica a vari livelli in tutto il mondo. L'obiettivo è adesso creare un potere costituente che organizzi queste relazioni rendendole durevoli, promuovendo innovazioni future e rimanendo aperto ai desideri della moltitudine. I movimenti hanno dichiarato una nuova indipendenza e a portarla avanti dovrà essere un potere costituente. Questo libro ci dice come.
Da sempre il sogno della filosofia è quello di provocare uno stato prossimo alla veggenza. Per farlo, la filosofia deve affidarsi a concetti spiazzanti, che non temono il paradosso, in rotta con l'esperienza ordinaria. Gilles Deleuze (1925-1995) è stato uno dei pensatori contemporanei più fedeli a questa inaugurale vocazione della filosofia, e il libro di Rocco Ronchi ci consente di gettare uno sguardo estremamente originale sul suo laboratorio teorico. Ci suggerisce come il lavoro filosofico di Deleuze si radichi in un'esperienza vivissima del suo tempo, si tratti del Maggio 68, del cinema come arte specificamente novecentesca, delle scienze del vivente come antica questione filosofica esplosa all'estrema frontiera del sapere contemporaneo. Ci mostra come la forza innovativa di questo pensiero nomade ed enigmatico coincida in realtà con la sua piena appartenenza a una linea che discende direttamente da Platone, passa attraverso Plotino e Cusano, arriva a Spinoza, Nietzsche, Bergson, Whitehead. E ci introduce passo a passo ad alcune delle creazioni concettuali più avanzate e feconde del pensiero deleuziano: quelle di vita, evento, differenza, immanenza.
Emmanuel Lévinas è un ebreo lituano che diventa allievo di Martin Heidegger nella Germania dell'ascesa hitleriana, si trasferisce in Francia e porta con sé il lessico drammatico dell'esistenzialismo tedesco. Si riavvicina gradualmente alle sue radici, ripercorre la ricchissima tradizione della teologia ebraica fino ad arrischiare una toccante, radicale, personalissima rivisitazione della tradizione ebreo-orientale dei lettori e commentatori della Torah. Si trova a lavorare al confine tra due mondi e tra due linguaggi. Tra due sapienze, come le definisce Silvano Petrosino. Da un lato c'è l'invenzione greca della filosofia, della scienza dell'essere, del sapere come ricerca della verità, della tecnica e dell'economia come estrema realizzazione di quella ricerca e di quella vocazione antica. Dall'altro c'è l'invenzione ebraica del monoteismo, la fede inaudita di un popolo in un Dio che promette, che giudica, che consegna all'uomo una parola decisiva ed enigmatica. L'Europa di oggi, con le sue contraddizioni e le sue ricchezze, con le sue aperture irrinunciabili e le sue chiusure catastrofiche, è la terra dilaniata in cui greci ed ebrei continuano questo loro millenario e sorprendente dialogo. Con un'ipotesi interpretativa che coglie il filo rosso dell'intera opera di Lévinas, Silvano Petrosino, uno dei massimi specialisti del suo pensiero a livello internazionale, ci accompagna con appassionata chiarezza nel laboratorio vertiginoso di questo grande classico contemporaneo.
"Che questa, alla fine,
è la nostra biblioteca
di sarabanda di giustizia
per il mondo ingiusto.
Tanti libri, tante vite.
Tante storie, tante vite.
Tante vite, tante pagine.
Molte scritture del sogno
di una cosa."
Una carretta sul mare, piena di umanità che fugge dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione, dalla tirannia, con il sogno di un altrove. Fra loro, c'è un vecchio. Una specie di saggio o di sciamano che ha vissuto, in tempi diversi, molte vite in molti luoghi del mondo. Assumendo via via le sue mutevoli identità, risponde alle domande dei migranti. Salvatore Veca affida al suo vecchio, carico di anni, di sapere, di scritture, il compito di guardare dentro il nostro destino, il destino di un Occidente che, una volta di più, si sporge sulla catastrofe possibile. La voce del vecchio è la voce di una cultura che, per segmenti, per lacerti luminosi, è tutta chiamata a raccolta, prima del silenzio, e contro il silenzio.
In queso volume l'autrice tenta una ricostruzione organica e sistematica del pensiero di Nietsche sparso in aforismi e frammenti. Il lavoro si articola in una prima parte che analizza la volontà di potenza delle sue forme: volontà di potenza come conoscenza, come natura, come società, come individuo e come arte, e una seconda parte dove la volontà di potenza è messa in relazione al pensiero dell'eterno ritorno, perno della filosofia nietzschiana, a partire dal quale solamente è possibile cogliere il significato non solo del nichilismo passivo, ma anche di quello attivo, che è la condizione per inaugurare un tipo d'uomo che sia al di là del modo in cui la filosofia occidentale l'ha finora considerato.
Il libro riunisce i testi delle "Horkheimer Lectures" tenute da Walzer a Francoforte nel 1998. Come lo stesso Walzer precisa nell'introduzione, il suo intento è avanzare una critica del liberalismo dall'interno, centrata non tanto sulle sfide poste dal comunitarismo (secondo le linee di un dibattito già ampiamente sviluppato), quanto sui problemi connessi alla democrazia sociale. In particolare Walzer sostiene che la teoria liberale non sarà una teoria compiuta finché non avrà riconosciuto l'importanza di questioni determinanti per un suo utilizzo in senso ugualitario: questioni legate al senso di appartenenza, alla gestione del conflitto sociale e al ruolo dell'impegno appassionato in politica.
Tutte le società sono obbligate a distinguere tra i gruppi con opinioni e interessi divergenti e le procedure istituzionali e giuridiche per regolare i possibili conflitti. Ma la regolamentazione tende, nel migliore dei casi, alla ricerca di un'utopica unanimità di valori morali universali e, nel peggiore, alla riduzione al silenzio delle parti. La natura umana però, sostiene l'autore, non si lascia facilmente imbrigliare dalle regole. La giustizia deve essere invece un mezzo per consentire a ruoli e funzioni sociali diversi, con obblighi e virtù particolari, di coesistere e sopravvivere nella società civile, senza che si cerchi a tutti i costi una sostanziale e artificiosa armonia.
Dal problema del soggetto (in letteratura e nella teoria politica) a quello del corpo. Dal giudizio sul marxismo, sia come teoria letteraria sia come pensiero e prassi politiche, al confronto con i grandi reazionari della modernità. Dalla tematizzazione dello sguardo e dell'immagine fino a lambire cinema ed erotismo, Sanguineti emerge come un pensatore a tutto tondo che con lucidità attraversa il Novecento e la questione della modernità, alternando di continuo riflessione politica e analisi delle forme letterarie.
Il volume costituisce una guida all'intera filosofia di Wittgenstein. Diviso in due ampi capitoli e organizzato in brevi sezioni e paragrafi, il libro affronta tutti i principali aspetti del pensiero di Wittgenstein: dalla sua concezione del lavoro filosofico al modo di intendere il rapporto tra filosofia e scienza: dall'atteggiamento nei confronti della modernità alla tensione etica che orienta il suo filosofare.
Che cos'è la consulenza filosofica? A che cosa serve e come si fa? Chi si rivolge a un consulente fìlosofico? E perché non opta invece per uno psicoterapeuta, uno psicologo o un consigliere spirituale? Gerd B. Achenbach, considerato il padre della consulenza filosofica, in un libro introduttivo alla disciplina spiega le caratteristiche di questa particolare filosofia applicata, che rappresenta oggi una sempre più diffusa alternativa alla psicoterapia. L'autore affronta i diversi temi e problemi di una filosofia che vuole rendersi utile alla vita quotidiana, pratica e concreta della gente. L'individuo che prova disagio, incertezza, delusione, insoddisfazione per la propria esistenza può rivolgersi al filosofo per cercare risposte alle domande che l'assillano. Domande sul senso della vita, sulla propria identità, le domande di chi desidera capire ed essere capito. Il consulente filosofico non ha risposte prestabilite da dare, pillole di saggezza da trasmettere, ma il confronto con lui può aiutare a riflettere, a chiarirsi le idee, a vedere nuove prospettive. Ed è questo lo scopo di quel work in progress che è la consulenza filosofica, un dialogo libero e aperto che riporta alle origini della filosofia stessa.

