
Si chiama Nicola Legrottaglie ed è nato a Gioia del Colle nel 1976. È difensore titolare in una delle squadre più blasonate della serie A, la Juventus, ma a chi oggi gli domanda: «Chi sei?», risponde senza indugio: «Sono fratello Nicola, ho incontrato Gesù, leggo la Bibbia».
Come calciatore, ha raggiunto l’apice della carriera nel 2003, quando è stato acquistato dalla società bianconera. Al trionfo in campo si è subito accompagnato il successo mondano, condito da larga fama, belle donne e tanti soldi. Tanto da diventare presto il “fighettino” con le mèches bionde e la fama di tiratardi. Fino a quando un incontro gli cambia la vita: quello con Gesù, che gli fa riscoprire la gioia di credere, di pregare e di vivere rispettando i comandamenti. La sua conversione diventa materia di gossip su tutti i giornali. Ma Nicola non si cura delle voci e delle maldicenze, poiché deve mantenere una promessa fatta da bambino: aveva detto a Dio che, se lo avesse fatto arrivare in serie A, gli avrebbe reso testimonianza. È quello che ha deciso di fare raccontando in questo libro tutta la sua storia.
In un giorno di maggio del 1999, settemila persone affollarono la basilica di San Petronio a Bologna e la piazza antistante per dare un ultimo saluto a Enzo Piccinini, chirurgo dell'ospedale Sant'Orsola scomparso tragicamente a 48 anni. Ma chi era questo giovane medico che era stato in grado di lasciare così profondamente il segno in talmente tante vite? Chirurgo sui generis per gli anni in cui si avvia alla professione, Piccinini crede fermamente nella necessità di occuparsi dei pazienti in tutta la loro umanità: preoccupandosi dei loro affetti e aiutandoli di fronte al dolore e al timore della morte, come parte del proprio mandato. Una convinzione nata durante gli studi, destinata a crescere negli anni attraverso l'amicizia con Luigi Giussani e l'impegno nel movimento di Comunione e Liberazione, che lo porta ad accostare all'attività medica, riconosciuta nel mondo, un instancabile lavoro di educazione e testimonianza per i più giovani. Oggi, la sua opera vive in una scuola di medici e ricercatori ispirati dal "metodo Enzo", e nelle persone che lo hanno conosciuto e ancora portano il segno di quell'incontro. Una vita unica, che ha portato la Chiesa a proclamarlo "servo di Dio" e ad avviare un processo di canonizzazione. "Ho fatto tutto per essere felice" è un racconto emozionante che insegna cosa significa vivere, come diceva Enzo, "mettendo il cuore in quello che si fa".
"Parlare di me e raccontare della mia vita, con tutto quello che ho ricevuto nel bene e nel male, ma anche con ciò che ho cercato sempre di dare, era diventato una vera necessità. Quasi un dovere". Con queste parole Giorgio Previtali, autore e protagonista di questo libro-testimonianza, inizia il suo racconto. Che prende le mosse nel 1958 a Palazzago, un piccolo centro della Bergamasca, con la nascita di Giorgio, un "bravo ragazzo" con la passione per il calcio, che percorre senza troppi problemi le tappe di una vita "normale": gli studi, il lavoro, lo sport, il primo e unico grande amore della vita, Nicoletta, che sposerà nel 1982. Su questo quadretto si staglia però un'ombra: nel 1981 viene a far visita a Giorgio la "brutta bestiaccia" che i dottori enigmaticamente chiamano "sm": sono i primi sintomi della sclerosi multipla, che si aggrava sempre più nel corso degli anni e costringe Giorgio all'immobilità e a diventare totalmente dipendente dagli altri. Grazie alle cure incessanti e al sostegno della moglie Nicoletta e dei due figli Marco e Daniela, Giorgio riesce però a non farsi schiacciare dalla malattia e inizia uno straordinario percorso spirituale, che lo sostiene nelle sofferenze e nelle complicazioni e, poco alla volta, gli restituisce Luce e Armonia. Misteriosamente - contro tutte le previsioni dei medici - Giorgio comincia gradatamente a stare meglio, ritrovando - grazie anche alla sua grinta - la gioia di una vita "normale".
I santi non hanno bisogno di essere applauditi; i santi ci chiedono di continuare la loro opera, ci chiedono di tenere accesa la lampada del loro esempio e il fuoco dell'amore che hanno acceso sulla terra. Dei reietti l'infaticabile suora di Skopje ha conosciuto il volto e ne ha saputo cogliere gli aneliti e i fremiti. Per decenni ha raccattato dai marciapiedi di Calcutta chi aspettava febbricitante, esangue, sfinito, la morte. Per decenni ha passato la mano su fronti piagate, guance scavate, corpi oscenamente ulcerati che avrebbero potuto maledire Dio; ma che non l'hanno fatto, perché avevano vicino questa suora minuta e gigantesca, piccola e grandiosa, vicaria ed emissaria di Dio. In questo volume il cardinale Angelo Comastri, intimo amico di Madre Teresa, raccoglie aneddoti e testimonianze di chi ha conosciuto personalmente la santa.
Dalla Prefazione di Giulio Andreotti
Le procedure con cui la Chiesa istruisce le cause di beatificazione non possono forse esser diverse dallo schematismo con cui si articolano, prima nelle diocesi e poi a Roma. Ne risulta un modello suddiviso in tanti rivoli per constatare se le singole virtù dell'esaminato siano state vissute in grado "eroico". Si rischia così di perdere la sintesi della relativa personalità, appesantendo l'itinerario verso il riconoscimento con tutta una serie di frazionamenti accertativi. So bene che, ferma restando questa impressione di burocraticismo, non è facile individuare un mezzo di analisi differente. E mi scuso per il rilievo. Nel presente libro si sintetizzano le deposizioni dei testi affrontando direttamente anche qualche punto che, peraltro, è scomodo in un'ottica politica e non sotto il profilo della santità. Mi riferisco in particolare a una certa indulgenza giovanile di don Carlo verso il fascismo, in cui non è assolutamente necessario cercare e dare giustificazioni. Nel desiderio di apostolato tra i giovani impegnarsi nel campo delle organizzazioni dell'epoca era piuttosto naturale. E, con il suo carattere incline a vedere più il bene che il male non stupisce che nello stesso massimario mussoliniano le cose positive lo attraessero, senza per questo divenire un fanatico sostenitore del regime, né un indulgente simpatizzante generale. Così pure nella sua esperienza di cappellano degli alpini, non si troverà mai traccia di militarismo e tanto meno di odio verso il nemico. Il fascino di don Carlo nel non facile mondo delle penne nere fu tale che quando partecipava - berretto fieramente portato - ai raduni annuali era sempre al centro delle attenzioni affettuose dei reduci. Spostandosi in un altro campo della vita di don Gnocchi, l'autore "rivisita", alcuni momenti caratteristici della sua vita, tra i quali la vicenda dell'Angelo dei bimbi. Il volo di propaganda oltreoceano per la causa dei mutilatini non aveva come scopo prevalente la raccolta dei fondi. È quindi mal posta la critica per il conto addirittura passivo dell'impresa. Associando al suo sforzo Bonzi e Lualdi riuscì invece a entrare in un mondo fino a quel momento insensibile verso la pedagogia cristiana del dolore innocente. L'incarico pubblico affidatogli da De Gasperi urtò contro l'inguaribile anticlericalismo di alcuni circoli. Sotto un altro profilo dava fastidio ai "professionalisti" dell'assistenza il volontarismo e il disinteresse totale di don Gnocchi e dei suoi immediati collaboratori. Che il servizio di guerra gli avesse lasciato tracce non lievi era risaputo. Ma eravamo talmente abituati al suo dinamismo che sembrarono non invincibili i primi sintomi di stanchezza: parola sconosciuta nel suo vocabolario. Se ne andò rapidamente e forse molti capirono in quel momento chi fosse don Carlo. Ricordo la strabocchevole e commossa folla che lo accompagnò in Duomo; le lacrime di grandi e di bambini. A rendere struggente il lutto contribuì anche la notizia che aveva donato i suoi occhi a due fanciulli. Fu in quel pomeriggio milanese che don Carlo venne di fatto elevato agli altari; così come tanti secoli prima il popolo ambrosiano aveva eletto il suo vescovo Ambrogio. I fascicoli rituali sono necessari e ben vengano. Ma alla fine non saranno che la ricognizione di una inconfondibile espressione della vox populi.
Le oltre trecento lettere raccolte in questo libro aiutano ad approfondire la profonda amicizia tra don Primo Mazzolari e don Guido Astori. Compagni di ordinazione, i due preti lombardi condividono l'esperienza di cappellani militari nella prima guerra mondiale, prima di occuparsi di alcune parrocchie della diocesi: Mazzolari a Cicognara e Bozzolo, nel mantovano, Astori a Bordolano, Casalbuttano e Cremona nella parrocchia di Sant'Agata. Il volume mette a tema l'amicizia presbiterale, uno degli aspetti più interessanti ma anche poco sondati della spiritualità sacerdotale. È un tassello in più per approfondire la figura di don Primo, soprattutto nella ferialità delle sue amicizie e del suo impegno pastorale in parrocchia. I testi d'archivio riportati in appendice consentono di rileggere le parole con le quali don Mazzolari parla dell'amico, presentandolo, nel 1934, alla parrocchia di Casalbuttano e, nel 1940, alla parrocchia cittadina di Sant'Agata, nonché di riscoprire il discorso pronunciato da don Astori al funerale di don Mazzolari, nell'aprile 1959. Postfazione di monsignor Gualtiero Sigismondi.
«Monsignor Valentino Lazzari svolse un’intensa attività, con fondazione di scuole, ospedali, lebbrosari e strutture pastorali. Sua unica preoccupazione fu quella di prendere le parti dei più deboli, difendendone le istanze e i diritti contro la prepotenza di ricchi o criminali dediti solo al raggiungimento dei propri interessi. Purtroppo questa sua posizione lo esponeva al rischio della stessa vita e così avvenne: le cause della sua morte sono ancora avvolte nel mistero, ma concreta risulta la probabilità che sia stato brutalmente malmenato: da ciò la morte per le ferite conseguite.
Egli ebbe dalla natura e dalla Grazia divina doni preziosi: bontà, cordialità, allegria contagiante, disponibilità ad aiutare e a servire gli altri in ogni circostanza».
Dalla Prefazione di Stefano Arnoldi
Destinatari
Un libro dedicato a chi desidera accostarsi alla figura di padre Valentino Lazzari. La scrittura immediata e la narrazione in grado di unire il grottesco con il dramma e la malinconia affascinerà un pubblico eterogeneo e vasto.
L'autore
Valentino lazzari (Cologno al Serio, 19251983) entrò nell’ordine dei Frati Minori Cappuccini nel 1936. Ordinato sacerdote il 4 marzo 1950, fu destinato a Roma dove conseguì la laurea in Teologia presso la Gregoriana. Nel 1954 andò in missione in Brasile.Assegnato allo studentato teologico di Parnaíba e di Fortaleza, rivelò subito le sue rare doti di intelligenza. All’impegno della scuola seppe unire lo zelo sacerdotale, tra i lebbrosi del “suo lebbrosario” di Carpína e nella predicazione di ritiri a sacerdoti e religiosi. Nominato Vescovo Prelato di Grajaú, fu consacrato solennemente nella chiesa parrocchiale di Cologno al Serio il 25 luglio 1971.
Nato nel 1932 nel Bronx, un quartiere periferico di New York, Mons. Hilary C. Franco racconta, in questo volume dal sapore profondamente autobiografico, la sua intensa esperienza pastorale negli Stati Uniti agli inizi degli anni Sessanta, ripercorrendo le tappe più importanti della sua vita, interamente spesa al servizio della Chiesa, lungo il pontificato di ben sei Papi: l'esperienza nel profondo Sud, il suo lavoro a Roma durante il Concilio Vaticano II, il tempo trascorso nelle missioni diplomatiche a Washington DC e alle Nazioni Unite. Monsignor Franco condivide i ricordi di alcune delle personalità più affascinanti che ha conosciuto nel corso degli anni. Presidenti degli Stati Uniti, Capi di Stato stranieri e santi come Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta. Dal Bronx si ritrovò a lavorare con le figure più autorevoli e influenti della Chiesa cattolica. Frequentò da giovane il più importante Seminario di Roma, divenendo, di lì a poco, assistente speciale dell'arcivescovo Fulton J. Sheen, di cui è in corso la Causa di Beatificazione.
Quando propongono a Esperanza Rosillo di lasciare il Kenya, dove lavora da oltre vent’anni come missionaria, qualcosa dentro di lei si spezza. Non è la prima volta che le chiedono di fare le valigie, ma stavolta è diverso. Impellente si fa il desiderio di ripensare alla strada percorsa, dall’arrivo in Africa all’incontro con un’altra realtà e al suo innamoramento per quella gente e per quella terra. Passando per la ribellione davanti all’impotenza, all’ingiustizia, alla povertà e al dover sempre abbandonare le comunità da lei cresciute per un servizio di missione in missione, Esperanza-Matumaini ritrova volti e storie, momenti di gioia e di sofferenza, lezioni di vita apprese e impartite con coraggio e abnegazione. Non basterà il ricordo: Esperanza- Matumaini, prima di proseguire il cammino, deciderà di tornare nei luoghi del suo primo amore e cogliere appieno il senso della sua missione, scoprendone i frutti e ritrovando la forza per aprirsi a nuovi orizzonti, per prepararsi così all’incontro con il Padre- Madre tanto amato.
L'AUTRICE
Esperanza rosillo Jiménez nasce nel 1946 in Spagna, nella terra di Don Chisciotte, la Mancha. Diventa suora missionaria comboniana nel 1967
e, dopo un tempo di preparazione accademica e religiosa, nel 1971 parte per il Kenya, dove rimane fino all’ inizio del 1997. Nel 1998 è in Ecuador e quindi in Costa Rica fino al 2002. Attualmente vive a Verona presso l’Istituto delle suore missionarie Pie Madri della Nigrizia.
L'Autore presenta la vita di un santo quasi sconosciuto ma che ha saputo dimostrare come nessun altro quanto il dolore non significhi infelicità". "
Sono in tanti, nel mondo, a considerare Henri Nouwen (1932-1996) come il proprio maestro spirituale. La ragione di un'influenza così vasta risiede forse nella sua determinazione a fare esperienza diretta della sofferenza di uomini e donne, spronati e persuasi a compiere insieme a lui un viaggio attraverso il mistero del Vangelo, la solitudine, il dolore, la ricerca di senso nella vita e la condivisione con i poveri. La sua stessa esistenza è stata un arduo cammino, segnato dalla depressione, dalla lotta fra sentimenti contrastanti (la ricerca di intimità umana, l'amore per la vita comunitaria, il bisogno di solitudine) e dal desiderio mai soddisfatto di raggiungere il cuore dell'esperienza cristiana facendo della propria vita un dono per gli altri. Nei suoi oltre cinquanta libri - tutti salutati da grande successo e costantemente ristampati - si riflettono del resto molte esperienze vissute in prima persona. La sua attività di studioso fu molto intensa e lo vide fra l'altro insegnare in università prestigiose come Yale e Harvard. Non vi è però dubbio che le esperienze più significative furono quelle che lo portarono a condividere la vita degli «ultimi», in particolare i dieci anni trascorsi in Canada presso l'Arche, la comunità fondata da Jean Vanier e dedicata alle persone con handicap. In un periodo in cui il mondo cattolico sembra attraversato da una forte ansia di rigenerazione e di rinnovamento, la parabola di Henri Nouwen può rappresentare per molti, se non per tutti, un'importante fonte di stimoli e suggestioni e un esigente termine di paragone.
Sono in tanti, nel mondo, a considerare Henri Nouwen (1932-1996) come il proprio maestro spirituale. La ragione di un'influenza così vasta risiede forse nella sua determinazione a fare esperienza diretta della sofferenza di uomini e donne, spronati e persuasi a compiere insieme a lui un viaggio attraverso il mistero del Vangelo, la solitudine, il dolore, la ricerca di senso nella vita e la condivisione con i poveri. La sua stessa esistenza è stata un arduo cammino, segnato dalla depressione, dalla lotta fra sentimenti contrastanti e dal desiderio mai soddisfatto di raggiungere il cuore dell'esperienza cristiana facendo della propria vita un dono per gli altri. Nei suoi oltre cinquanta libri si riflettono del resto molte esperienze vissute in prima persona. La sua attività di studioso fu molto intensa e lo vide fra l'altro insegnare in università prestigiose come Yale e Harvard. Non vi è però dubbio che le esperienze più significative furono quelle che lo portarono a condividere la vita degli "ultimi", in particolare i dieci anni trascorsi in Canada presso l'Arche, la comunità fondata da Jean Vanier e dedicata alle persone con handicap. In un periodo in cui il mondo cattolico sembra attraversato da una forte ansia di rigenerazione e di rinnovamento, la parabola di Henri Nouwen può rappresentare per molti, se non per tutti, un'importante fonte di stimoli e suggestioni e un esigente termine di paragone.

