
Sono qui raccolte in edizione completa tutte le poesie di Carducci, comprese le giovanili e le disperse. Esaltato a suo tempo e poi ingiustamente dimenticato, Carducci si presenta con i suoi versi ricchi di contenuti, caldi di passione e classicamente limpidi nella forma. La battaglia politica, la rievocazione della storia, i trasporti amorosi, i dolori familiari, l’attrazione per la bellezza, il senso del paesaggio e della natura animano una poesia che ha il colore del suo tempo, ma ripropone anche valori attuali di cui si torna a sentire il peso: la chiarezza del linguaggio, la forza delle idee.
Sono inanellate in questo libro, una dopo l'altra, le perle più luminose dello scrittore bengalese Rabindranath Tagore, premio Nobel per la Letteratura, che celebrò l'amore umano e divino incantando generazioni di lettori in tutto il mondo. Ogni gioiello di questo scrigno prezioso declina in mille sfumature l'amore per se stessi, per gli altri, per Dio e l'intera Creazione. Sono schegge narrative, liriche e parabole, alcune tradotte per la prima volta in Italia. La straordinaria capacità evocativa del narratore-poeta fa risuonare a ogni pagina echi della grande letteratura sacra e profana: da Gilgamesh al Cantico dei Cantici, dalla Bhagavad gita ai mistici Sufi, da Dante a Shakespeare fino ai romantici Wordsworth e Keats. Cesellando frasi e versi con sensibilità tutta orientale, Tagore crea intarsi di rara bellezza, una preziosa alchimia che abbraccia cielo e terra e che prova ai pessimisti che l'amore, quello autentico, vince sempre: sul dolore, sull'ingiustizia, sulla morte.
Il libro arriva quattro anni dopo "Vedere Cose" e ne rappresenta l'ideale continuazione. La poesia di Heaney incide il tempo delle cose, sfiora la storia dei grandi e fissa per sempre l'elegia familiare. Tornano i grandi artigiani intenti al lavoro, i suoni liquidi e ondeggianti di risacche e scrosci, i colori del cielo di Irlanda di contro ai paesaggi dove vento e luce si incontrano a ridosso dell'oceano. La naturale concisione di Heaney lascia talvolta il posto a un andamento narrativo più sciolto, mentre il verso si libera e fluttua nel racconto di un ricordo per tornare docile alla terzina, alla semirima, all'allitterazione come chiave sonora per aprire il mistero delle cose.
Partecipe in eguale misura dell'estrema dolcezza orientale e di una certa crudezza di ritmi di tipo occidentale, in queste "Poesie d'amore" Hikmet mostra le due facce della sua natura, lirica ed epica, saldate in un risultato unico. Versi immortali, che riassumono nell'elemento erotico i diversi aspetti dell'attività e dell'esperienza dell'autore, poeta d'amore perché prima di tutto poeta di battaglie e di idee. L'Audiobook propone la versione integrale delle sue poesie.
"Satura" è l'opera più sorprendente di Eugenio Montale. Uscita nel 1971, spiazzò i lettori dei suoi tre libri precedenti, mostrando la vitalità di un poeta che, a settantacinque anni, era diventato ormai un classico indiscusso della letteratura italiana. La rottura col passato è netta: non ci sono qui né la scabra concisione elegiaca degli "Ossi di seppia" (1925-28), né la tragicità modernista delle "Occasioni" (1939), né ancora l'espressionismo allegorico de "La Bufera e altro" (1956). C'è invece una lingua modernissima, una ricchezza di dettagli, una "satira" nel senso latino del termine che può toccare ogni argomento: dal dolore privato per la morte della moglie alla cronaca puntuale e corrosiva degli anni Sessanta. Il testo, corredato da un cappello introduttivo e da un commento a cura di Riccardo Castellana, è accompagnato da un saggio di Romano Luperini, da un profilo biografico dell'autore, da una bibliografia e da un intervento del poeta e critico Franco Fortini.
Umanissimo e saggio, sapientissimo e deluso, Andrea Zanzotto prosegue nel suo ineguagliabile percorso poetico, frustrato dalla contemporanea demenza diffusa e portando con sé un irrinunciabile desiderio di sublime; o meglio, con un sorriso ironico e autoironico, di "sublimerie". Nell'estasi del luccicante kitsch pervasivo della nostra rumorosissima epoca, cerca ancora abbandoni e amati silenzi, è ancora capace di aspettare e invocare il fiorire di un "maggio [...] che trabocca d'invenzione", o di cercare il più elevato senso di una "beltà" ideale. È, insomma, ancora vitalmente lacerato dagli opposti e dunque capace d'indignazione e amore. Tutto questo in virtù della sua mente poetica, della sua strenua fiducia nella capacità di osservazione e penetrazione acuta che offre la poesia, l'"ostinazione di quell'ipnosi chiamata poesia". Non c'è dubbio: non si è spenta, in Zanzotto, la voglia di potersi aggirare nel verde dei suoi colli con il senso di armonia serena e malinconica del poeta elegiaco, o di spingersi verso più elevate e gelide vette, mosso dal "sentimento di un eterno vero". Ma il solo gelo reale che oggi avverte è quello del nulla di un mondo che brucia solo di "commerci", dove "le notti fremono di ladri e di ghiacci", e dove, in fin dei conti, solo "nelle immondizie" potrà trovare "tracce del sublime / buone per tutte le rime".
Voce in assoluto tra le più rilevanti della poesia contemporanea, Mark Strand, che è nato in Canada nel 1934 ma vive a New York e insegna alla Columbia University, propone in questa ampia selezione un percorso essenziale all'interno della sua opera, dagli esordi negli anni Sessanta fino ai libri più recenti, come "Uomo e cammello", uscito in Italia nel 2007 e accolto da un coro unanime di consensi. Poeta del pensiero sempre attivo come vera e propria azione dentro le cose, profondo e raffinato artefice di una lirica di meditazione disillusa, capace di muoversi in un territorio astratto sempre più vasto e coinvolgente, attento alla grande lezione di Wallace Stevens, Strand realizza un'opera che è soprattutto un'alta avventura della mente nell'impeccabile esattezza della forma. Con particolare acutezza e passione, Rosanna Warren, nel suo saggio introduttivo, studia la poesia di Strand dandole una nuova e originalissima prospettiva. Partendo dal classico concetto di un paesaggio idealizzato e artificiale, la colloca entro l'area della "poesia pastorale contemporanea". Ma il paesaggio, nell'opera del poeta americano (qui proposta nell'efficace traduzione di Damiano Abeni), è concepito come spazio poetico simbolico, all'interno del quale si esericitano liberamente il pensiero poetico e la musica della parola di un artefice sempre immerso, con critica attenzione, nelle vicende complesse del reale.
Giovanni Testori, grande narratore, drammaturgo e autore di splendidi saggi di critica d'arte, è stato anche poeta. La sua produzione lirica rivela al lettore di oggi, consapevole dell'intera esperienza novecentesca, una delle pochissime voci in grado di aprire possibilità nuove nella poesia del dopoguerra, di percorrere strade diverse. Testori infatti si è mosso con estrema libertà nell'esplorare nuclei tematici ed elementi stilistici già attestati nella tradizione poetica a lui precedente e in; quella contemporanea, e ha utilizzato nei suoi testi le parole dell'antica devozione insieme ad accenti post-futuristi, il lessico basso e fisiologico e i toni più sublimi, la colloquialità anche brutale e la voce più tenera e incantevole. Questo volume antologico, che documenta l'intero arco della produzione di Testori, grazie alla guida di Davide Rondoni, poeta e lettore segnato dalla tensione dello scrittore di Novate, aiuta il lettore a entrare nella tesa, inquieta, intensa poesia testorianai e nei suoi laceranti contrasti. Introduzione di Per Giovanni Testori.
Con il passare del tempo e dei libri, la poesia di Biancamaria Frabotta tende a farsi sempre più umanamente saggia e pacata, sempre più amica e aperta. Lo si vede nella solida compostezza della pronuncia, nella capacità matura di saper conciliare il proprio sentimento dell'esistere con lo sguardo critico della ragione. "Da mani mortali" è un'opera in cui la poesia si confronta sensibilmente con la realtà naturale anche minima del mondo immediatamente circostante, con il pulsare e il crescere delle molteplici vite della campagna, di un semplice orto o di un giardino, sotto il "grande disordine del cielo". Un'opera che si confronta, passo su passo, con la misteriosa intelligenza della natura e dei suoi vari abitatori: vegetazione e animali di una vita che si manifesta nell'infinito articolarsi infinitesimale dei suoi ritmi e delle sue complesse variazioni stagionali, dei suoi aromi e della sua musica discreta. Mentre intorno si allarga l'ombra di un'ambigua apparenza indecifrabile che accoglie nelle sue mutazioni le tracce non sempre benefiche dell'opera umana, talvolta irretendola nel sogno di un dio stupito dalla "felice combinazione" del creato, quasi un adolescente solitario e immalinconito dalla diffidenza delle sue creature mortali.
"Mio Gherardo, qualche soldato canta; da una baracca all'altra si tenta il coro; [...] qualche aeroplano gironza; la tua arriva; si fa un gran silenzio d'armi." Dal 18 aprile 1916 all'ottobre 1918 Giuseppe Ungaretti, al fronte col 19° Fanteria, intrattiene una fitta corrispondenza con Gherardo Marone, "un giovine che s'appassiona, un giovine di vocazione", direttore a Napoli della rivista letteraria "La Diana". Le lettere, le cartoline e i telegrammi - a cui Ungaretti spesso allega le poesie da pubblicare sulla "Diana" -, oltre a raccontare il sorgere di una salda amicizia e di un sodalizio intellettuale, testimoniano la genesi della grande poesia di Ungaretti, quella che il mondo conoscerà grazie a "Il Porto Sepolto" (1916), "Allegria di Naufragi" (1919) e "L'Allegria" (1931). Questa edizione delle lettere a Marone riunisce, ordina e commenta sia quelle conservate alla Biblioteca Nazionale di Napoli, sia quelle fortuitamente ritrovate nei mercati di Porta Portese e di Salerno, ora conservate all'Archivio del Novecento della "Sapienza" di Roma, e dà testimonianza del miracolo per cui in mezzo all'orrore può prodursi quel "gran silenzio d'armi" da cui fiorisce la poesia.
Con "Piccola cosmogonia portatile" Raymond Queneau ha voluto realizzare un equivalente moderno del "De rerum natura" di Lucrezio. In sei canti, come il predecessore latino, egli esplora gli orizzonti dell'astronomia, della geologia, della biologia, della chimica per creare una storia dell'universo in chiave giocosa ma scientificamente precisa, aggiornata alle conoscenze delle varie discipline nel 1950, quando il libro uscì per la prima volta in edizione originale. Il testo di Queneau è seguito da un commento di Italo Calvino.

