
Nelly Boxall, la cuoca di Virginia Woolf, non ebbe mai una stanza tutta per sé; dovette condividerla per anni con la cameriera Lottie, peraltro sua amica. Il diritto ad averla quella stanza, - che la Woolf, pubblicando "Una stanza tutta per sé", eresse a condizione essenziale per una donna intellettualmente emancipata - è pervicacemente negato alle sue domestiche. Ma questa è solo una delle contraddizioni che segnano il lungo e tormentoso rapporto di Nelly con la sua signora, raccontato in questo libro di Alicia Giménez-Bartlett. La Bartlett racconta di come si sia appassionata alla vicenda di Nelly e di casa Woolf e, al resoconto delle sue ricerche sull'Inghilterra dell'epoca, alterna il racconto della cuoca così come viene fuori dalle pagine del giornale intimo che Nelly tenne per 18 anni (il tempo che rimase al servizio della scrittrice), riordinato e riempito grazie alla lettura comparata dei due diari, quello della cameriera e quello della signora.
"Curioso, smarrito, furioso, sincero." Così è stato definito dall'Independent il protagonista di questo romanzo. Si chiama Lev, e già il nome - breve, poco noto, da pronunciare quasi con voce sommessa - dà le prime pennellate al ritratto di un uomo che attraversa l'Europa dell'Est in cerca di qualche forma di sopravvivenza. Sulle sue speranze incombono i fantasmi della moglie morta e la nostalgia per la figlia, ma ad alleviare i momenti di sconforto riaffiora il ricordo di Rudi, l'esuberante amico fraterno che coltiva il suo sogno americano al volante di una scassata Chevrolet. Quando arriva a Londra, Lev viene risucchiato da una città frenetica, spesso ostile, dominata da un cinico culto del successo, che gli offre un lavoro nel ristorante di un famoso chef per poi spedirlo nei melmosi campi del Norfolk. Fra incontri bizzarri e insperate opportunità, Lev trova l'amicizia nella casa di un idraulico irlandese alcolizzato, riscopre l'amore fra le braccia dell'inquieta e sensuale Sophie, e impara ad affrontare ogni sfida con l'unica risorsa a cui può aggrapparsi: un'incrollabile fede nei sogni.
Un bel mattino, a Milano, a Roma, o in qualsiasi altra città del mondo, le lampadine non si accendono, il frigorifero è spento, niente caffè al bar, niente benzina alle pompe. In un batter d'occhio crollano banche e assicurazioni, il denaro non vale più. Il panettiere con forno a legna è preso d'assalto, tornano in auge le biciclette e l'energia prodotta dal sole, dal vento e dai combustibili vegetali finalmente si afferma. Le guerre del petrolio non hanno più ragione di esistere. I potenti di turno rimangono intrappolati nelle loro ville superprotette e superaccessoriate, mentre i politici e i religiosi paludati smettono di fare chiacchiere inutili e razzolano insieme agli altri affamati. Le città si svuotano e si riempiono di nuovo le campagne. E ovunque si ritorna spontaneamente a riunirsi, a discutere.
L'autrice racconta la storia di una nonna (nonna della narratrice), della sua vita, del suo matrimonio e dei suoi amori. In quest'ordine, appunto, perché alla nonna tutto capita un po' in ritardo, quando ormai non ci spera più. Il matrimonio sembrava una possibilità sfumata (per via di una sentimentalità troppo accesa che faceva fuggire i pretendenti), quando a Cagliari, nel '43, arriva un uomo che viene ospitato dalla famiglia e si sdebita sposandone la figlia. Ma non è ancora l'amore, quell'amore vagheggiato e sognato da tutti i personaggi di Milena Agus, con tanto sfortunato ardore. Ed ecco che sembra arrivare inaspettato, durante un viaggio in Continente, durante una cura termale per curare il "mal di pietre", i calcoli renali.
Un inno alla vita e all'amore terreno; ma anche un canto di dolore e di disperazione. È questo il senso della lunga lettera indirizzata ad Aurelio Agostino, il grande Padre della Chiesa, vissuto nel IV sec. d.C, da Floria Emilia, sua ex amante e madre del suo unico figlio. Una lettera mai venuta alla luce, fino al 1995, quando Jostein Gaarder, spulciando tra gli scaffali di una vecchia libreria antiquaria di Buenos Aires, non s'imbatte nel prezioso codice. Un ritrovamento importante, poiché attraverso le struggenti parole di Floria prende forma una figura appena accennata nelle celebri Confessioni ed emergono i tratti di quell'unione felice. Dalla voce di Floria scaturisce, così, un racconto accorato e commovente, ironico fino al sarcasmo ma vibrante ancora di tenerezza e desiderio, in cui una donna, ferita nel proprio orgoglio, ma non rassegnata, si ribella alla perdita del proprio uomo, ponendo a lui, a se stessa e a noi le eterne domande sul divino, la natura umana e il significato dell'amore.
Portsmouth, 1787. È la vigilia di Natale, e il ladruncolo John Jacob Turnstile, quattordici anni, è stato preso di nuovo con le mani nel sacco. Questa volta, può scegliere la sua condanna: un anno di galera o due come sguattero a bordo di una nave. Il ragazzo non ha dubbi: sceglie il mare. Il Bounty è un maestoso vascello della flotta inglese, e John, incantato dalla vastità dell'oceano, accoglie con tutta la meraviglia di cui è capace la nuovissima vita che gli si apre di fronte. Senza immaginare che sta andando incontro a uno dei viaggi per mare più travagliati di tutti i tempi, diventando testimone della più celebre rivolta della storia della marina britannica. Ma negli occhi spalancati e impazienti di un ragazzo, anche una pericolosa avventura come quella che porterà il Bounty a Tahiti, terra coloratissima dove il tempo sembra non essere mai cominciato, può diventare un'irripetibile occasione di crescere davvero, e imparare il significato dell'amicizia, della lealtà, del coraggio. Per assaporare, finalmente, qualcosa che somiglia molto alla libertà. Con questo nuovo romanzo, John Boyne ci regala una storia piena di emozione e di avventura, raccontando con straordinaria delicatezza il passaggio all'età adulta di un ragazzo che la vita ha messo dura prova.
"Il fascismo ci aveva portato via le scuole, la lingua, persino i nomi. Tutto ciò che poteva esprimere, anche vagamente, la nostra identità nazionale fu cancellato." Boris Pahor era solo un bambino quando a Trieste fu proibito parlare sloveno. L'italianizzazione forzata, imposta dal fascismo alla città multiculturale in cui era nato e cresciuto, lo segnò per sempre. Studente più volte bocciato, seminarista per ripiego, soldato dell'esercito italiano, antifascista militante, deportato politico, insegnante e infine scrittore acclamato, Pahor ripercorre qui gli snodi della sua esperienza scandita dai tre no che oppose con uguale fermezza al fascismo, al nazismo e al comunismo. Attraverso il racconto personale - dall'incendio della Casa di cultura slovena ai campi di concentramento, dalle memorie di infanzia al primo amore salvifico - l'autore di "Necropoli" ricorda ai troppi che vogliono dimenticare che il fascismo non fu un regime tollerante, ma incarnò un male violento e oppressivo. E ripete che è giusto commemorare le vittime della barbarie delle foibe, ma è altrettanto necessario ammettere prima i soprusi di una dittatura senza pietà nei confronti delle minoranze. Perché la tragedia delle terre di confine nasce proprio dai silenzi di una memoria troppo indulgente con se stessa.
Alberto ha vissuto il suo quarto d'ora di gloria negli anni Ottanta, quando è scoppiato a ridere, davanti alle telecamere, in faccia all'uomo più potente d'Italia, Giulio Andreotti. Dopodiché il quarto d'ora si è prolungato, perché una Rai già avida di volti nuovi gli ha offerto di condurre Supersmile: un programma dal quale ha avuto soldi e il lasciapassare per il paradiso delle celebrità. Poi la trasmissione è stata soppressa e la festa è finita: di colpo. Oggi, a quarant'anni, con un matrimonio sull'orlo del fallimento, un figlio che non sa come educare e un padre anziano nelle mani di una badante slava, Alberto si è perso. Ha provato a riciclarsi come motivatore di manager ed è strapagato per alimentare suggestioni. Ma il denaro non gli basta: ha conosciuto il successo e ha un disperato bisogno di riassaporarlo. Perciò coglie l'opportunità di aiutare un ex compagno di scuola, Massimo Dandi, a diventare sindaco di una cittadina di provincia. Siamo ai margini dell'impero, ma l'ambizione è sconfinata e per Alberto, disposto a tutto pur di risorgere, è il primo passo verso il gran ritorno. Il romanzo di Riccardo Bocca si addentra nello sprofondo immorale dell'Italia contemporanea, offrendoci il più realistico bestiario mai letto. Alberto siamo noi, e questi anni feroci sono il nostro pane quotidiano.
"È un viaggio lungo. A bordo ci siamo solo noi". Il viaggio cui allude William Burroughs nel "Biglietto che esplose", pannello finale della sua celebre tetralogia, non è solo quello interstellare del metamorfico protagonista Bradly. E anche il viaggio conclusivo di una specie - la nostra giunta a una sorta di resa dei conti. Stretto tra invasioni venusiane (l'"Operazione Altra Metà") volte a schiavizzarlo e una polizia segreta che vuole sotto-porlo a un controllo onnipervasivo, il Sapiens si destruttura e trasforma definitivamente in un'intercapedine organico-tecnologica, con ragazze-orchidea e ragazzi-raganella fluorescenti - veicoli di agenti virali e droghe alienanti -, registratori e telescriventi atti a manipolare istinti e linguaggi. Unico elemento di resistenza: gruppi clandestini come i partigiani diretti da Saturno. Intorno, uno scenario putrido e fantastico insieme - vero acme della visionarietà di Burroughs - con "città dalle consunte strade marmoree "sormontate da cupole di rame, immani terre verdi in cui ogni filo d'erba luccica" come incastonato nel cristallo "e stagni e canali artificiali" che riflettono galleggianti ornati di fiori", il tutto avvolto e tiranneggiato da un " buio pesto da pellicola sottoesposta ".
Camminare sul filo del rasoio è difficile e, in effetti, tutt'altro che facile si presenta l'impresa di Larry, un giovane americano traumatizzato dagli orrori della Grande Guerra che si decide a percorrere - molto in anticipo sui suoi coetanei di qualche decennio dopo - la via dell'India, e dell'Illuminazione. E lo fa senza rinunciare a una fitta schermaglia amorosa con l'incantevole Isabel, a un duello col feroce zio di lei, e al cimento più arduo di tutti: la mera sopravvivenza nella spietata comunità di espatriati che fra le due guerre abitava la Riviera francese.
Chi è lo sconosciuto gracile e male in arnese, avvolto in un cappottone nero, in cui Melik, immigrato turco di seconda generazione nato ad Amburgo, continua a imbattersi? Dopo l'11 settembre la vita del giovane, devoto musulmano e promessa della boxe, soffre di equilibri precari, e lui farebbe di tutto pur di non cacciarsi nei guai. Ma sua madre, che considera un dovere prestare aiuto a un compagno di fede, decide di dare ospitalità allo straniero. Lo strano ragazzo, che dice di chiamarsi Yssa Karpov, rivela di essere un profugo ceceno fuggito da un carcere russo e di essere entrato in Germania clandestinamente con l'intenzione di studiare medicina, grazie anche all'aiuto che gli verrà fornito da Tommy Brue. Peccato che Brue non abbia idea di chi lui sia. Il ceceno, però, è in possesso di una misteriosa parola d'ordine capace di ridestare improvvisamente il passato: "lipizzano". Quando Brue sente questo termine per bocca di Annabel Richter, avvocato specializzato nell'assistenza agli immigrati a cui Yssa si è rivolto, sa che non si riferisce alla nobile razza di cavalli di origine slovena. Lipizzano è la parola in codice con cui suo padre indicava ingenti e loschi capitali travasati dall'Unione Sovietica nelle casse della sua banca. John le Carré torna con una storia che si confronta con gli aspetti più ambigui della contemporaneità, ponendo l'accento sulle contraddizioni delle democrazie occidentali e sull'arroganza del potere nei confronti dei più deboli.
Quando nel 1976 l'agente speciale dell'FBI Joseph Pistone cominciò una missione da infiltrato nella famiglia criminale newyorkese dei Bonanno non aveva la minima idea di quello che ne sarebbe seguito. Fingendosi un ladro di gioielli di nome Donnie Brasco, Pistone finì per trascorrere i sei anni seguenti sotto falso nome da fidato membro della mafia, assistendo - e a volte prendendo parte in prima persona - a molte delle più feroci attività mafiose, con lo scopo di raccogliere un numero di prove sufficiente a spedire in galera duecento gangster. Pistone raccontò la sua storia in un libro del 1988 Donnie Brasco: My Undercover Life in the Mafia - che divenne dapprima un bestseller e poi un film con Al Pacino e Johnny Depp. Ma, a causa dei processi ancora in corso al momento della pubblicazione, molti dettagli e parecchi elementi non poterono essere inseriti in quelle pagine. Ora racconta con dovizia di particolari e senza alcuna omissione l'intera operazione, offrendo per la prima volta un affresco agghiacciante, composto dalle sue testimonianze dirette delle violenze perpetrate dalla banda Bonanno. Pistone analizza le sanguinosissime guerre civili che hanno dilaniato la mafia dal 1981 al 2006, ma descrive anche la sua vita dopo l'operazione, i giorni sul set cinematografico e le sue missioni fino a oggi. Un racconto teso e brutale della più grande operazione di infiltrazione nella mafia americana da parte di un personaggio che Roberto Saviano ha definito "una leggenda che cammina".

