
Cresciuto in una famiglia di umili origini, sovrastato da un padre autoritario, Anton Cechov ha avuto un'infanzia che ha profondamente segnato la sua vita e condizionato la sua intera produzione letteraria. Un'infanzia "senza infanzia", come disse lui stesso, vissuta nella consapevolezza di una condizione miserabile e nel terrore della violenza. In una lettera a un amico scrisse: "Mio padre cominciò a educarmi, o più semplicemente a picchiarmi, quando non avevo ancora cinque anni. Ogni mattina, al risveglio, il mio primo pensiero era: oggi sarò picchiato?". Eppure, nel mondo angusto e nuvoloso della sua giovinezza, il piccolo Anton seppe trovare le sue briciole di felicità, "come una pianta che attiri a sé dal terreno più ingrato il nutrimento che le consente di sopravvivere", e nelle sue opere ricorderà Quegli anni come il tempo perduto dell'innocenza, come il momento in cui il sublime e il misero furono capaci di andare assieme. Irene Némirovsky è sempre stata affascinata dalla figura di Cechov, morto un anno prima della sua nascita. L'autore di "Zio Vanja" fu per lei un riferimento costante, una sorta di padre intellettuale a cui ha dedicato questa straordinaria biografia romanzata. Per la prima volta tradotto in italiano, "La vita di Cechov" è un viaggio nella letteratura russa, nella vita privata di uno dei più importanti scrittori dell'Ottocento e al tempo stesso la testimonianza dell'incontro tra due anime, così stranamente, inspiegabilmente vicine.
Francis e Zoe, che nel nome si ispirano ai personaggi di Salinger, sono fratello e sorella, diversi per carattere, ma legati da un affetto e da una complicità profondi. Francis è un giovane scrittore solitario e riflessivo; Zoe è una donna nel fiore degli anni, di professione interprete, affascinata dalle dottrine esoteriche, sempre in viaggio. Francis ha un progetto: scrivere un racconto su Katherine Mansfield, che Zoe, nonostante le sue molte letture, non conosce. Basta un accenno alla vita e agli amori della scrittrice a scatenare la curiosità di Zoe e a innescare tra i due un dialogo fittissimo, nella quiete sospesa e senza tempo di un grande giardino. Il fratello prende così a raccontare alla sorella l'inquieta e straordinaria esistenza di Katherine Mansfield. Nata nel 1888 in Nuova Zelanda, KM, come amava firmarsi, si trasferisce ventenne a Londra, e qui, attratta da amori folli e posseduta dalla perenne sensazione di trovarsi "agli antipodi", vive una vita libera e avventurosa, che prestissimo genera pagine di altrettanto febbrile scrittura, percorse da un'energia, una luminosità e una grazia che le renderà amatissime dai lettori, fino a oggi. Ma nel 1918 un medico dà infine un nome agli attacchi di tosse che tanto debilitano KM: tubercolosi. Sempre più fragile nel corpo, ma audace nella mente e pronta a ricorrere alle cure più sperimentali, per quanto dolorose, KM viaggia nel Sud della Francia alla ricerca di un clima mite.
Le celebri lettere di Seneca a Lucilio sono uno dei classici della letteratura latina oltre che un long seller di molte case editrici: nessuno ha mai finora, però, letto le risposte dell'amico e poeta Lucilio. Con duemila anni di ritardo Lucilio, attraverso la voce di Marcello Veneziani, risponde alle famose epistole di Seneca completando così la corrispondenza. Venti lettere che riprendono i principali temi originali, dalla felicità alla bellezza, dal potere alla morte, dalla ricchezza alla saggezza, replicando di volta in volta agli insegnamenti e alle considerazioni senechiane. Emerge, oltre allo spirito dell'epoca, una riflessione sulla vita che va "non solo vissuta ma pensata e dedicata" e sul suicidio, che a volte, come nel caso del filosofo, diventa una necessità per "vivere nella verità della vita". Un'opera lieve, non accademica, tra la morale e la filosofia di vita, non priva di analogie, parallelismi e allusioni al tempo presente.
La città di Napoli è all'alba di una nuova stagione politica che genera entusiasmi e grandi aspettative. Merito anche del nuovo, dinamico sindaco appena eletto. Tre suicidi molto sospetti, però, scuotono uno dopo l'altro i palazzi del potere e i salotti dell'alta borghesia: e tutte e tre le vittime vengono trovate impiccate. Il questore chiede aiuto a due consulenti molto particolari: l'avvocato Agatino Dell'Aquila, notissimo in città, e un suo giovane ed eccentrico amico di origini siciliane, Pietro Maiorana di Altomonte, professore di Matematica all'università. Intorno ai due investigatori, occasionali ma tutt'altro che improvvisati, ruotano personaggi di una città aperta e internazionale - come l'affascinante fidanzata giapponese di Pietro Maiorana - ma anche figure tipiche della Napoli più tradizionale e immobile. Tutti impegnati in una spietata lotta per il potere, che ha come campo di battaglia i cantieri delle grandi opere e delle archistar, e che porta alla luce le diverse anime, parallele e intrecciate, che coesistono da sempre in una città perennemente in bilico tra la magia e la ragione. Solo la matematica, con le sue ardite ipotesi e la sua stringente coerenza, potrà fermare la serie di morti che si stringe come un cappio intorno alla città.
"Tengo, dove sei?" Ci sono amori che devono attraversare universi per incontrarsi. Ci sono amori che devono superare ostacoli, difficoltà, avversari, enigmi. Amori che devono, soprattutto, vincere le paure interiori inquietanti e terribili come piccole creature che albergano dentro di noi per poter creare a propria volta un mondo in cui non ci sia più la paura, un mondo nuovo in cui essere al sicuro in due. Aomame e Tengo vivono da sei mesi in una realtà che non è la loro, un mondo "al di là dello specchio" su cui brillano due lune. Divisi e braccati, costantemente in pericolo di vita, sembra che tutto congiuri per impedire che si incontrino. Sulle loro tracce, oltre la setta Sakigake e forze ancora più sfuggenti e misteriose, adesso c'è anche l'investigatore privato Ushikawa, un ostinato segugio il cui bizzarro aspetto fisico (guardarlo "era come trovarsi di fronte a uno specchio deformante, e tuttavia nitido in modo spiacevole") si accompagna ad un intuito strepitoso. Ushikawa, però, è anche il terzo, inedito punto di vista che, alternandosi a Tengo e Aomame, accompagna il lettore nella vertiginosa conclusione di 1Q84. Qui Murakami tira le fila di tutte le trame, i personaggi, gli enigmi con cui ha costruito la sua narrazione: le domande, le coincidenze, i misteri daranno corpo a una nuova verità, come una costellazione che all'improvviso rivela il suo disegno. Murakami ha creato un universo per raccontarci come si creano gli universi.
Un mattino d'estate, Araceli, l'unica domestica della famiglia Torres-Thompson a non essere stata licenziata per effetto della crisi, scopre che la casa è deserta. Dopo la violenta lite della sera precedente, sia il señor sia la señora sono spariti senza fornire spiegazioni. E soprattutto senza portarsi dietro i due intollerabili bambini. Cosi, nonostante Araceli abbia sempre tenuto a precisare di essere stata assunta come cuoca e domestica e non come baby sitter, si ritrova a dover badare ai due viziatissimi gringos. L'unica, forse, è cercare di rintracciare il vecchio nonno, visto da Araceli una sola volta e poi evidentemente bandito da quella casa...
Il punto di partenza è la Repubblica Romana del 1849: un'avventura durata pochi mesi, capace di gettare i semi di quella che, cento anni dopo, sarebbe diventata la Costituzione italiana. Il protagonista è un detenuto dei giorni nostri. Nella solitudine della prigione, gli unici esseri umani con cui si rapporta sono un secondino detto "l'intoccabile" e un immigrato africano che dorme cinque minuti ogni ora. Ma il detenuto ha un piano: preparare un discorso usando i pochi libri che l'istituzione carceraria gli ha permesso di consultare. Le parole di Pisacane, Cattaneo, Mazzini e Mameli - credute innocue dai suoi carcerieri -, diverranno nelle sue mani il grimaldello col quale tentare di evadere, anche solo mentalmente. Perché quel Risorgimento era "storia di lotta armata e galera", e ci sono due tipi di terroristi: quelli che finiscono in prigione, e quelli che finiscono in Parlamento. "Quand'è che il furto di una mela diventa un reato? C'è un limite? C'entra con la qualità della mela? La statua della giustizia davanti al tribunale ha una bilancia in mano, ma entrambi i piatti sono vuoti. Non è una bilancia per pesare la frutta". Ascanio Celestini rilegge la storia dell'unità d'Italia in chiave anarchica e rivoluzionaria stando "in equilibrio sulla Storia come il gatto sul cornicione", e conduce il lettore in un viaggio vertiginoso dove i martiri e gli eroi non hanno neanche trent'anni, e pagano con la vita la capacità di sognare.
È capodanno e Napoli carica le batterie per la pirotecnica finale. In una stanza giocano a tombola in due, fratello e sorella, ma apparecchiano per quattro. E le presenze arrivano, da un oltremare del tempo.
È un plotone di giovani ragazzi quello comandato dal maresciallo Antonio René. L'ultimo arrivato, il caporalmaggiore Roberto Ietri, ha appena vent'anni e si sente inesperto in tutto. Per lui, come per molti altri, la missione in Afghanistan è la prima grande prova della vita. Al momento di partire, i protagonisti non sanno ancora che il luogo a cui verranno destinati è uno dei più pericolosi di tutta l'area del conflitto: la forward operating base (fob) Ice, nel distretto del Gulistan, "un recinto di sabbia esposto alle avversità", dove non c'è niente, soltanto polvere, dove la luce del giorno è così forte da provocare la congiuntivite e la notte non si possono accendere le luci per non attirare i colpi di mortaio. Ad attenderli laggiù, c'è il tenente medico Alessandro Egitto. È rimasto in Afghanistan, all'interno di quella precaria "bolla di sicurezza", di sua volontà, per sfuggire a una situazione privata che considera più pericolosa della guerra combattuta con le armi da fuoco. Sfiniti dal caldo, dalla noia e dal timore per una minaccia che appare ogni giorno più irreale, i soldati ricostruiscono dentro la fob la vita che conoscono, approfondiscono le amicizie e i contrasti. In un romanzo corale, che alterna spensieratezza e dramma, Giordano delinea con precisione i contorni delle "nuove guerre". E, nel farlo, ci svela l'esistenza di altri conflitti, ancora più sfuggenti ma non meno insidiosi: quelli familiari, quelli affettivi e quelli sanguinosi e interminabili contro se stessi.
Nula, vispa Jack Russell Terrier dal prestigioso pedigree, è reduce da un incontro con un cane altrettanto blasonato. L'appuntamento amoroso è stato organizzato dai suoi padroni, i benestanti coniugi Ghedini, i quali non vedono l'ora che nascano i preziosi cuccioli. Sennonché, al momento buono vengono alla luce tre cagnolini belli e sani, sì... ma non di razza. E, poco dopo, i tre piccoli scompaiono. Nula e Lula, la bella figlia sedicenne dei Ghedini, non si rassegnano: partiranno alla loro ricerca, in un'avventura che le porterà a scontrarsi con l'indifferenza di molti e la malvagità di alcuni, in una Milano raccontata, per una volta, dal punto di vista degli animali. L'amore secondo Nula narra con gli occhi di un'adorabile quattrozampe le molte facce dell'amore umano - i primi approcci fra adolescenti, l'amore coniugale, il tradimento, l'amore mercenario... e persino la fecondazione assistita aiutandoci a capire i nostri difetti e le nostre virtù, con l'indispensabile filtro della filosofia canina, che forse insegnerà alla padroncina Lula il vero significato della parola amore.
"Per abbattere un muro, non c'è che abbatterlo. Con altri sistemi, come il pensare molto a lungo e molto fortemente alla caduta del muro, non si abbatte." È questa la tensione che anima "La linea gotica": una sorta di diario privato che Ottiero Ottieri rivive in pubblico, un urgente e teso svilupparsi di riflessioni, racconti, esperienze personali che abbracciano un intero decennio, dal 1948 al 1958. È un libro che "deve essere letto oggi", come annota Furio Colombo nella prefazione, una storia dell'Italia del dopoguerra in cui l'autore vuole riconoscere soprattutto le angosce irrisolte e i tormenti taciuti, costringendosi a viverli sempre in prima persona, tanto nelle metropoli del Nord quanto nelle campagne della Toscana o nei paesi del Mezzogiorno. La sua analisi intellettuale non accetta di essere pura riflessione, ma esige l'immersione nel mondo della fabbrica, delle periferie, delle manifestazioni operaie di piazza, dove la nevrosi e l'alienazione si trasformano in malattia comune e incurabile. Il trauma personale dell'autore è quindi filtro e rivelazione del dramma sociale, il suo ricovero in ospedale la condivisione di una sorte estrema e comune, la sua lacerazione interiore una lente d'ingrandimento per scoprire che cosa resti, aldilà delle tabelle di rendimento, all'individuo e quale intima felicità sia ancora possibile per l'uomo prigioniero del meccanismo della produzione aziendale.
Al crepuscolo del IX secolo, Alfredo il Grande è in punto di morte, e con lui sembra esserlo anche il sogno di un'Inghilterra unita. Il regno ripiomba inevitabilmente nel caos: all'antica minaccia dei danesi si aggiunge quella dei nobili sassoni, pronti ad allearsi con gli odiati nemici pur di mettere le mani sul potere e impedire al principe Edoardo di succedere al trono. Senza dimenticare la minaccia dei vichinghi da nord... In questo scenario tumultuoso, Uhtred di Bebbanburg, il guerriero sassone cresciuto tra i vichinghi, è stretto in una morsa altrettanto insidiosa, combattuto tra la fedeltà ad Alfredo e il desiderio di recuperare le terre dei suoi antenati. Ha infatti giurato fedeltà al vecchio re, ma non al suo erede, e nonostante gli anni di fedele servizio non è convinto di continuare a lottare per la causa di un'Inghilterra unita e cristiana. Ma deve prendere una decisione, su cui incombe l'ombra cupa di una profezia pronunciata da un'indovina: "Sette re moriranno, e le donne che ami..." Uhtred imbraccerà le armi in difesa della causa di Alfredo il Grande o lascerà che il sogno di un regno finalmente unito cada per sempre nell'oblio?