
La figura di Wilhelm Meister accompagnò Goethe per buona parte della sua vita, fin dalla giovinezza: è infatti il protagonista del suo secondo romanzo, "La vocazione teatrale" di Wilhelm Meister, composto tra 1777 e 1785. Una decina d'anni dopo Goethe tornò sul personaggio, forte di una moltitudine di esperienze (il viaggio in Italia, la Rivoluzione francese, l'amicizia con Schiller) che lo avevano portato a una maturazione intellettuale, politica e umana. Smorzato dunque lo slancio esasperi ratamente romantico delle prime opere, diede vita a "Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister", pubblicato tra 1795 e 1796 e considerato il capostipite del "Bildungsroman": in queste pagine la formazione di un artista diventa la formazione tout court di un uomo, nella quale il teatro non è che una tappa, destinata a essere superata. Come ebbe a dire un Goethe ultrasettantenne rileggendo la propria opera, "Wilhelm è di certo un 'povero diavolo', ma è solo in tali individui, non già in caratteri solidi e conchiusi, che è possibile mostrare con grande evidenza il gioco alterno della vita e i suoi mille compiti diversi".
31 dicembre 2000: mentre il XX secolo si chiude per sempre, Peter Jarkovic compie novant'anni. Ritiratosi sull'isola di Brazza, di fronte a Spalato, vive ormai "come un misantropo taciturno e pressoché sereno", se non fosse per la vampata di un ultimo desiderio, evanescente come un fuoco d'artificio. Del secolo che sta morendo e che ha attraversato quasi per intero, Peter ha conosciuto le pieghe più nascoste: è stato un agente segreto, votato alla doppiezza e al tradimento. "Un picaro intrepido, perseverante, all'occorrenza flessibile; tetragono alle virtù ingessate che l'annoiavano e lo deprimevano; incapace di servire fino in fondo un solo padrone e una sola ideologia" - è così che si descrive, poco prima che l'apparizione di un volto di donna lo rituffi nella Vienna del 1933, tra il clima rarefatto della Konditorei Demel e le tensioni di un mondo che sta per esplodere. Hitler è appena salito al potere quando il giovane Jarkovic entra nell'Oms, un'organizzazione clandestina del Komintern. A guidarlo non è una vocazione ideologica, ma un improvviso smarrimento, una fatale "distrazione". L'incontro fortuito con Bruno Hamok, un leninista colto e cinico, dà inizio a un percorso di iniziazione, tortuoso e appassionante, che attraverso personaggi indimenticabili, avventure rischiose e furtivi amori ancillari, ci conduce nel cuore nero del Novecento europeo: dall'Austria minacciata dall'Anschluss alla Mosca già raggelata dal terrore staliniano...
1961, Polistena, Calabria. Per un giovane sarto non c'è lavoro. Così Emilio decide di lasciare la sua terra per trasferirsi a Torino, dove è assunto come operaio alla FIAT. Due anni più tardi verrà raggiunto dalla famiglia, la moglie e i figli, tra cui il piccolo Mico che ha sei anni e sogna la città del Nord, la terra del freddo e dell'abbondanza. Intanto per Gianni, l'erede della famiglia più ricca e influente d'Italia, orfano del padre morto in un incidente e di Virginia Bourbon del Monte, nobildonna bellissima e anticonvenzionale, è arrivato il momento di abbandonare una vita fatta di divertimenti e piaceri per assumere il controllo della FIAT. Unite dall'azienda che ha fatto l'Italia le vite di Emilio e Gianni sono destinate a incontrarsi in un intreccio di destini. E al centro di questo incrocio stanno i loro figli. Perché gli anni passano, Emilio resta l'operaio e Gianni resta il padrone. Ma intanto i figli crescono. Mico attraversa la contestazione studentesca, si iscrive all'università e diviene prima professore e poi regista di successo. Edoardo, figlio di Gianni, sfortunato e fragile, imbocca un cammino di fallimenti e disillusioni che lo condurrà a un tragico epilogo. Mico, su richiesta di don Luigi Ciotti, proverà a essergli amico, a salvarlo, ma non ci riuscirà. Il riscatto per chi aveva cominciato con niente e la fine drammatica di chi aveva tutto. Tra suggestioni autobiografiche, eventi storici e invenzione romanzesca, un affresco di cinquant'anni della nostra storia.
"L''Ulisse' è un libro scritto da qualcuno che doveva diventare tenore (Joyce quando abitava a Trieste), uno che aveva imparato a trasmettere sulla pagina ciò che i musicisti chiamano 'orecchio interno', al di là del senso oggettivo delle parole. In effetti, se facessimo il calcolo di quante cantate spuntano nell''Ulisse' ogni poche pagine, vedremmo un ventaglio di citazioni canterine che sono la spina dorsale joyciana per scavalcare tutti i discorsi e intendersi con diversi richiami musicali: dall'opera lirica alla filastrocca oscena, da un canto gregoriano ('Gloria in excelsis Deo') al rumore della carrozza del viceré che passa sul lungofiume ('Clapclap, Crilclap'), dai nursery rhymes a una poesia tedesca sul canto delle sirene ('Von der Sirenen Listigkeit...'), dal verso del cuculo ('Cucù! Cucù') al Fiore di Siviglia (opera lirica), dalle battute per tenere il ritmo d'una pagina ('Tum' 'Tum') a quelle di altri suoni ('Pflaap! Pflaap! Pflaaaap'), alla cantata mozartiana, ricorrente nei pensieri di Mr Bloom: 'Vorrei e non vorrei, mi trema un poco il cor', e cosi via." (dalla prefazione di Gianni Celati)
Esiste un'"altra Germania" lontana dalla nazione di ferro capace di risorgere dopo la Seconda guerra mondiale e diventare la potenza egemone in Europa. Comprende le cinque province della ex DDR e si estende dalla Pomerania-Meclemburgo, sul Mar Baltico, fino alla Sassonia sita nella parte più a sud. Dopo la caduta del regime comunista "nessuno aveva chiesto alle popolazioni che abitano nella parte geograficamente più ad Est, se volevano appartenere a una qualche specifica nazione, o se preferivano costituirsi in stato autonomo", e cosi la "Germania numero due" venne integrata a quella ufficiale. Se questo ha dato vita a una nazione unica, le Heimaten ("patrie") sono rimaste sempre due. Come poteva essere altrimenti, dato che, per buona parte delle terre dell'Est, Berlino era soltanto un luogo lontano, visto a malapena in televisione? Attraversando "paesaggi naturali grandiosi", incontrando cittadini nostalgici e riscoprendo i solchi che la storia ha lasciato su quelle terre, Tilde Giani Gallino ci mostra una nazione "fastosa e inattesa" ma che è ancora costretta a vivere all'ombra di quella che sta dominando l'Europa.
Libertà è un passaporto stretto in pugno che schiude le porte di una nuova vita; è una sciarpa dai colori sgargianti che puoi finalmente indossare senza temere censure; è un ombrello che ti aspetta a braccia aperte sotto la pioggia. Ognuno dei passeggeri sul volo diretto da Dubai a Londra ha una sua verità in proposito, racchiusa in un sogno o in un segreto. E come ogni aereo, anche quello è uno scrigno di storie: distinte e parallele finché una turbolenza, quasi fosse la mano del destino, non arriva a intrecciarle. A imbattersi l'uno nell'altra in quei momenti di concitazione sono: la bella e fragile Lamis, recentemente divorziata dal ricco marito iracheno; Nicholas, giovane inglese esperto di arte islamica; l'esuberante Amira, marocchina dalla dubbia reputazione; Samir, travestito libanese che viaggia con una scimmietta nascosta in una cesta. Se ad avvicinarli è il caso, a unirli molto più profondamente sarà la ricerca di un senso di appartenenza nella metropoli inglese, che spalanca opportunità e al tempo stesso innalza barriere di solitudine. In una Londra dove la possibilità di rifarsi una vita è reale tanto quanto il rischio di essere sempre trattati come estranei, saranno l'amicizia e l'amore a sostenere l'insolito quartetto. E a farli sentire finalmente a casa. Un romanzo che parla di integrazione e identità, esilio e riscatto. Un ritratto vivace e originale della nostra società multietnica, attraverso le storie di chi è costretto ad attraversare oceani...
Maggio 1914. Richard Hannay, funzionario inglese di ritorno dal Sudafrica, pensa che la sua vita a Londra sia un po’ troppo noiosa. Almeno finché non incontra Scudder, un americano che gli chiede ospitalità e gli rivela l’esistenza di un macchinoso complotto per distruggere gli equilibri internazionali. La sera dopo, rientrando a casa, Hannay lo ritrova con un coltello piantato nel cuore… Da questo classico del giallo Alfred Hitchcock ha tratto il suo celebre film Il club dei trentanove (1935).
Nel 1896 Marcel Proust pubblica I piaceri e i giorni, una raccolta di prose sparse. Liquidata all'epoca come l'opera dilettantesca di un giovane frivolo, lascia in realtà intravedere un primo groviglio di temi e immagini che ritroveremo nel capolavoro dello scrittore francese, Alla ricerca del tempo perduto. Soprattutto, ci sono gli snob, con le loro abitudini assurde e mortificanti: una manciata di racconti, ritratti e osservazioni satiriche per descrivere l'incomprensibile rituale della mondanità e i suoi protagonisti.
"Il secondo amante di Lucrezia Buti", elaborato in un intenso trimestre di scrittura tra maggio e luglio del 1924, è l'unico testo autobiografico - in senso proprio - di Gabriele d'Annunzio adolescente: ambientato a Prato, infatti, nel quadriennio in cui il giovane Gabriele compie i suoi studi superiori al liceo Cicognini (1876-1880), il testo narra della vita quotidiana del convittore e delle sue prodezze di studente poco avvezzo all'ordine ed alla disciplina. Il racconto si snoda tra insubordinazioni ai professori e al personale scolastico, gare retoriche e oratorie, incursioni notturne nei laboratori della scuola e scorribande nelle vie cittadine, a caccia di giovani fanciulle per sperimentare i piaceri di una intraprendente sessualità, alternando riflessioni sulla propria arte di scrittore e di ineguagliabile artefice della parola. L'adolescenza del poeta si rivela così una sorta di paradigma indiziario di una precoce eccezionalità d'uomo e di artista, come la storia biografica e letteraria di Gabriele D'Annunzio ha poi dimostrato.
Una bambina fa i compiti sul tavolo della cucina mentre il fuoco dei fornelli, lento e paziente, trasforma ingredienti semplici in cibo superbo. L'aria è satura di profumi, così intensi che negli anni non si sono dispersi e hanno continuato a sprigionare la loro magia. E spinto quella bimba, oggi una donna, a scrivere il diario della sua famiglia. "Sara, oggi si mangiano grilli?" gridava ogni giorno il padre rientrando a casa, pronto a sedersi a tavola con la moglie e i quattro figli, Rosario, Anna, Catena e Giuseppe. La piccola Catena per molto tempo ha frainteso lo scherzo immaginando un'invasione di insetti, finché ha avuto il coraggio di chiedere una spiegazione. E oggi, raccontandoci quegli anni, ci confessa che crescere con una mamma che compie magie per far quadrare i conti è tutto fuorché una sfortuna. Perché a vincere è stata sempre la serenità unita alla forza di credere nel futuro, difendendo la propria dignità e valori ben più grandi del benessere economico. Perché la ricchezza era tutta nei piatti che mamma Sara ogni giorno metteva in tavola, ispirandosi unicamente alla sua fantasia, e che la sua viva voce ci ripropone oggi, amalgamati col sapore agrodolce dei ricordi. Ne è nato un libro intimo, commovente, ironico, affollato di personaggi che la penna di Catena Fiorello fa rivivere sulla pagina con la stessa intensità dei profumi che riempivano i pomeriggi della sua infanzia.
Francia, anni Trenta. Il nome di Paul-Jean Husson evoca rispetto e ammirazione: ufficiale decorato della Prima guerra mondiale, scrittore celeberrimo, editorialista dei quotidiani più prestigiosi, membro dell'Académie Française, Husson è uno dei grandi intellettuali della scena parigina, una vera e propria istituzione. Fermo sostenitore della necessità di un profondo rinnovamento del Paese, vede la recente invasione nazista come l'occasione per far rinascere una grande Francia, fondata sull'ordine e sulla purezza razziale. Ma l'intransigenza del suo pensiero si scontra con la passione per Ilse, la giovane attrice tedesca moglie del figlio partigiano. Un'ossessione proibita, e non solo a causa dei vincoli famigliari: gli occhi azzurri e i capelli biondi di Ilse nascondono infatti una colpa imperdonabile, una macchia impossibile da cancellare, se non con il sangue. Costretto per la prima volta a scegliere tra i propri principi e la voce potente del cuore, Husson si affida all'unica cosa che non l'ha mai tradito, la penna, consegnando al lettore, in una tragica confessione, tutto il peso del proprio destino. E la sorte della donna che non riesce a dimenticare.
A quarant'anni dalla prima edizione, "L'arcobaleno della gravità" non ha perso nulla della sua vertigine e della sua potenza. Londra sotto i bombardamenti, i razzi V-2 di Hitler, precognizioni ed esperimenti bizzarri, un misterioso Testo, la Zona in cui si addentra l'antieroe Tyrone Slothrop alla ricerca di un'arma apocalittica: un esercito di personaggi e una proliferazione febbrile di trame disegnano un'opera in continuo mutamento, un codice vivente aperto e provocatorio che si nutre di tutto, sacro e profano, tragedia e irrisione, esoterismo, mito, scienza e canzoncine. E in cui tutte le barriere convenzionali sono sbriciolate da un feroce genio inventivo. Vi si rivelano la paranoia come sostanza emotiva del nostro tempo, il sospetto che dietro le trame casuali del visibile si celi una connessione minacciosa, la lotta tra il desiderio di un ordine razionale e il destino della dissoluzione. "L'arcobaleno della gravità" è oggi più che mai il romanzo cruciale della letteratura postmoderna e non solo: un libro di cui forse non siamo ancora diventati contemporanei.

