
Milioni di americani, e non solo, lavorano ogni giorno duramente in cambio di salari modestissimi. Nel 1998, Barbara Ehrenreich decide per un paio di anni di fare la loro stessa vita, per cercare di capire meglio cosa c'è dietro le retoriche che invocano la fine dello stato sociale. Lascia la sua bella casa, rinuncia a utilizzare le sue carte di credito e lo status di intellettuale e giornalista. Si mette a cercare lavoro e accetta di fare la cameriera, la donna delle pulizie, la commessa. Da queste sue esperienze, ricava un libro che racconta in presa diretta l'America dei bassi salari, con le sue storie di solidarietà minuta e di grande umanità, ma anche la vita grama di tutti i giorni e gli stratagemmi disperati per sopravvivere.
L'ultimo libro di Gombrowicz è quello dove la sua lucida follia si scatena con maggior violenza e ironia. In questa sua nuova "avventura" lo troviamo assieme a un bislacco amico in vacanza in una noiosa località di montagna. I due si improvvisano detective credendo di scorgere, negli anfratti della realtà, segni che riconducono tutti a una serie di "impiccagioni rituali": di un uccello, di un bastoncino, di un gatto e di un triste individuo dalle scarpe gialle. E poi ci sono strane associazioni tra la bocca storta della cameriera dell'albergo e altre bocche, mani, macchie e crepe sui muri...
Tredici "pezzi", suonati o cantati con la voce dell'emozione, tredici brani il cui tema conduttore è l'amore. L'amore che si fa, che sfa, che strugge e che distrugge. L'amore coniugale, quello che dura e quello che non dura, l'amore detto, cantato, raccontato. Di episodio in episodio viene modellandosi un mondo interiore compromesso dall'amore, dall'assenza dell'amore, dalla meraviglia dell'amore. E su ogni piccolo evento passano le note di una canzone.
Famiglia di imprenditori partenopei senza scrupoli, arricchiti a dismisura, i Negromonte godono dei favori e dell'intesa del potere centrale e sono padroni indiscussi della città nonché pionieri di una nuova economia di rapina. Vivono in un immenso palazzo settecentesco ricalcando grottescamente un presunto fasto borbonico, circondati da una corte di ecclesiastici, precettori e segretari. Distruggere e ricostruire sono le parole d'ordine. Vendere Napoli, il Golfo, il Vesuvio, e fare Eternapoli, una sorta di enorme parco tematico, è il loro progetto.
Abbas Karam Younis, giovane idealista, scrive il suo primo dramma dando spazio ai segreti più intimi e sordidi della sua famiglia e degli amici che gravitano intorno: gioco d'azzardo, prostituzione, alcol, droghe, omicidi. La coincidenza con la realtà è così forte da aprire un oscuro corridoio fra la rappresentazione e la vita. Sullo sfondo del Cairo e dei suoi teatri, quattro personaggi raccontano gli amori e le gelosie, la passione e la morte, trasformando il copione che si preparano a interpretare nel canovaccio dell'esistenza.
Un'estate torrida in una vecchia casa in Toscana. Qui Tristano vive la sua lunga agonia: una cancrena gli divora la gamba, i dolori sono lancinanti e la malattia si estende a tutto il corpo. Lo assiste la vecchia Frau, la stessa che da bambino gli raccontava fiabe e poesie in tedesco, affinché imparasse la lingua. In uno stato allucinatorio, Tristano vecchio e incattivito, racconta di sé ad uno scrittore perché sia testimone della sua agonia e dei ricordi di una vita. Fantasmi di donne amate si sovrappongono nel delirio e poi la guerra, combattuta in Grecia, la scelta della libertà e della Resistenza. Alla fine della vita tutto appare uguale a se stesso, un incubo che tutto sovrasta e tutto circonda.
L'autore abbandona il campo d'azione della neurologia e si avventura in un viaggio scientifico e letterario nel cuore del Messico. Motivo ufficiale del viaggio è la ricerca di una specie rara di felce, ma trattandosi di Sacks la missione scientifica si tinge ben presto di un'infinità di sfumature. Insieme ad alcuni botanici e a un manipolo di appassionati, Sacks affronta una ricerca che presto assume le caratteristiche di un'avventura ben più complessa e ricca di sorprese. Scritto in forma di diario, il libro restituisce in presa diretta l'atmosfera del viaggio in tutte le sue possibili variazioni, mette a parte il lettore delle riflessioni dell'autore con l'intimità riservata a un confidente e lo rende suo compagno di viaggio.
Il titolo originale del romanzo "Hagoromo" (letteralmente: abito di piume) indica un particolare tipo di kimono leggerissimo con dei lunghi nastri indossato dalle tennyo, sorta di donne-angelo, che serviva per volare tra il mondo terreno e l'aldilà. Il ritorno di Hotaru, la protagonista di questo struggente romanzo, nel paese natale rappresenta il suo hagoromo, un vestito che le permette di librarsi in volo alleggerita dal dolore per la perdita della persona amata.
"L'Autobiografia" fu inizialmente concepita da Pasternak come introduzione a una nuova raccolta di poesie inedite e disperse. Il racconto, formato da cinque capitoli e due conclusioni, inizia con la descrizione dell'infanzia nella vecchia Mosca di fine Ottocento e si conclude con una serie di ritratti di scrittori (Majakovskij, Esenin, Ehrenburg, Marina Cvetaeva) durante il periodo della rivoluzione. Nella prima conclusione, l'autore dichiara quali erano i suoi propositi e perché si è fermato agli anni venti: "Non intendevo scrivere la storia di un cinquantennio, basta quello che ho scritto a illuminare come, nella mia storia personale, la vita sia diventata creazione artistica, e come questa sia nata dal destino e dall'esperienza". Nella seconda conclusione, l'autore, amareggiato dalle polemiche suscitate in Urss dalla pubblicazione all'estero de "Il dottor Zivago", si scaglia contro la letteratura "vile e spudorata" del suo paese.
Dalla scelta di lettere raccolte nel libro, effettuata da Gianlorenzo Pacini sul vasto epistolario di Fedor Dostoevskij, emergono i capisaldi della straordinaria creatività di questo romanziere. Mentre si coglie una dimensione quotidiana assieme ai bagliori del suo pensiero, si assiste anche al suo tenace e appassionato approfondimento del mistero dell'uomo, alla cui esplorazione egli aveva dichiarato, appena diciottenne, di voler dedicare la sua vita.
Pubblicati nel 1877, i "Tre racconti" furono scritti mentre il loro autore stava componendo quell'invettiva contro la stupidità umana che è "Bouvard e Pécuchet" e, come dice Camillo Sbarbaro - autore di questa traduzione proposta per la prima volta da Bompiani nel 1945 - "Flaubert riesce tuttavia, e quasi suo malgrado, a creare proprio allora quest'opera, che si offrirà ormai alle nuove generazioni letterarie come la più pura eredità, l'affermazione testamentaria di un autentico credo artistico". L'opera è articolata in tre episodi che costituiscono un autentico trittico narrativo, con una sua cadenza ritmica e armonia nella varietà stilistica. Dapprima la cronaca di un'esistenza semplice, umile e oscura, come è quella della fedele serva di provincia Felicita in "Un cuor semplice" la cui triste parabola è segnata da un amore infelice in giovinezza, dalla devozione verso i figli della padrona, dalla morte di un amato nipote e dall'adorazione di un pappagallo impagliato. Quindi "La leggenda di san Giuliano spedaliere", la cui ispirazione era nata da una vetrata normanna e che mette in scena la vicenda di un uomo che cerca invano di fuggire l'orribile destino di assassino dei genitori per poi divenire simbolo, attraverso le prove del pentimento e dell'espiazione, della vita tragica ed eroica del martire. Infine il racconto di derivazione biblica, trattato come materia storica, della decollazione del Battista concessa dal potente Erode alla feroce Erodiade quale premio per la danza di Salomè.
Che cosa pensa Banana Yoshimoto del mondo? E del cinema? E della pittura contemporanea? E dell'Italia? E del Giappone? E della sua stessa scrittura? Un piccolo volume per entrare nelle stanze rarefatte, aeree, segrete di Banana Yoshimoto. Un tributo al culto ormai planetario di un'autrice che ha continuato a rinnovarsi, ad aprire in sé e fuori di sé le porte della percezione. Il volume analizza i temi cari alla narrativa dell'autrice, manie, predilezioni, tratti caratteristici. Sicuro e partecipe come può essere un amico e traduttore di fiducia, Giorgio Amitrano entra nel "mondo" di Banana offrendo interessanti spunti di lettura. Questa nuova edizione è arricchita da un'intervista condotta all'Orientale di Napoli nel 2001, da un saggio che situa la narrativa di Banana nel contesto della cultura giapponese contemporanea e da altre utili curiosità. Accompagnano il volume le riproduzioni di alcune opere degli artisti giapponesi che hanno costituito e continuano a essere il cerchio figurativo in cui si muove l'immaginazione della scrittrice.

