
"Madame Bovary", apparso a puntate sulla "Revue de Paris" nel 1856 e in volume l'anno seguente, incontrò subito un grande successo di pubblico, dovuto anche al clamore del processo a cui il suo autore, incriminato per oltraggio alla morale e alla religione, fu sottoposto. Incentrato sulla superba figura di Emma Bovary - donna inquieta, insoddisfatta, simbolo di un'insanabile frustrazione sentimentale e sociale - e giocato su un antiromanticismo ideologico e formale di fondo, fin dal primo apparire questo romanzo si impose all'attenzione della critica come il capolavoro assoluto della narrativa moderna: come ha scritto Vladimir Nabokov, "senza Flaubert non ci sarebbe stato un Marcel Proust in Francia, né un James Joyce in Irlanda. In Russia, Cechov non sarebbe stato Cechov". Introduzione di Antonia S. Byatt. Con una nota di Charles Baudelaire.
Composta tra il 1600 e il 1602, "Amleto" è forse l'opera più nota di Shakespeare e della storia del teatro intero. La "maschera Amleto", dietro la quale si cela il volto di Shakespeare stesso, percorre l'intero itinerario teatrale del bardo e ha messo a dura prova per secoli l'ingegno dei critici più illustri: Goethe vi ha visto il prototipo dell'eroe romantico, sensibile e tormentato; Eliot un uomo dominato da emozioni inesprimibili; Coleridge un individuo incapace di agire, bloccato da un'eccessiva attività del pensiero e dell'immaginazione, costretto dalla situazione a contravvenire alla propria natura. Certo è che la forza del personaggio - e dell'opera - sta proprio in questo suo essere così ricco di sfumature, sfuggente e complesso, saldamente ancorato nel suo tempo eppure capace di far risuonare le corde più profonde del lettore e dello spettatore di ogni epoca. Con uno scritto di Samuel Taylor Coleridge. Saggio introduttivo di Anna Luisa Zazo.
Ispirato alla novellistica italiana, "Romeo e Giulietta" intreccia numerosi elementi nella vicenda dei due innamorati "nati sotto contraria stella". Dalla "morta viva", che affascinò e ispirò i preromantici e i romantici, al drammatico scontro tra due generazioni - la lotta tra le ragioni dell'odio e le ragioni dell'amore - il dramma si arricchisce di temi la cui complessità va oltre la vicenda d'amore. Tuttavia, è questa a fare di "Romeo e Giulietta", scritto tra 1594 e 1596, l'opera forse più celebre e più amata di Shakespeare. Nel contrasto tra la purezza, l'appassionata consapevolezza dell'amore e l'inesorabile concatenarsi delle circostanze funeste va cercata la grandezza del dramma e la chiave della sua autentica dimensione tragica. Con un saggio di Harold Bloom. Introduzione di Paolo Bertinetti.
Nell'estate del 1816 un gruppo di poeti e letterati, guidati dal già celebre Lord Byron, si trovò isolato per il maltempo in una villa sul lago di Ginevra. Spinto dalla noia e suggestionato dalla lettura di una storia di fantasmi, Byron propose a tutti i suoi amici di comporre ciascuno un racconto che fosse il più terrificante possibile. Nacque così "Frankenstein, o il moderno Prometeo", scritto dalla diciannovenne Mary Wollstonecraft Godwin, che poco più tardi avrebbe sposato Percy Bysshe Shelley. Colpita dall'ipotesi, ventilata dalla scienza di quegli anni, che grazie al galvanismo si potesse ridare la vita ai cadaveri, la giovane creò la storia dello scienziato Victor Frankenstein, che riesce ad animare una mostruosa creatura ma paga il risultato scientifico con la perdita di tutti gli affetti. Una storia angosciante, una favola potente e terribile che fin dal suo primo apparire, nel 1818, si è imposta nella cultura occidentale con la sua forza di mito antico e contemporaneo. Con uno scritto di Muriel Spark.
"Il Rosso e il Nero", che al suo apparire, nel 1830, ha avuto il merito di inaugurare la grande stagione del romanzo realistico, narra la vicenda di Julien Sorel, giovane ambizioso figlio di un piccolo borghese della Franca Contea. Ispirato a due episodi di cronaca nera realmente accaduti e ambientato nella Francia di quegli stessi anni, il capolavoro di Stendhal è un affresco storico, politico e sociale di un'epoca di grandi mutamenti. Come scrive Erich Auerbach, "in nessun romanzo precedente, e anzi in nessuna opera letteraria, le condizioni politiche e sociali del tempo sono intrecciate con l'azione in modo così preciso e reale; costruire e sviluppare la tragica esistenza di un uomo di umile stato, come qui Julien Sorel, traendone e sviluppandone le conseguenze e le ragioni fondamentali della più concreta storia del tempo, costituisce un fenomeno del tutto nuovo e di enorme importanza". Con uno scritto di Leonardo Sciascia. Introduzione di Erich Auerbach.
Unico romanzo di Emily Brontë, pubblicato nel 1847, "Cime tempestose" narra la passione di Heathcliff, trovatello orgoglioso e ribelle, per Catherine, legata a lui da un sentimento che non le dà pace neppure dopo il matrimonio con il ricco Edgar Linton. Attorno a questo nucleo centrale si costruisce un romanzo d'amore che via via si rivela una tormentata vicenda di vendetta. Le deserte e ventose lande dello Yorkshire, le sue brughiere aspre e selvagge sono l'indimenticabile sfondo di una storia in cui si fondono le suggestioni delle grandi tragedie shakespeariane e il clima romantico ottocentesco. Nella temperie di esasperata sensibilità tipica del Romanticismo, "Cime tempestose" si segnala per la finezza del disegno psicologico e per un senso di commossa interiorità che sembra precorrere alcune tra le più mature conquiste del romanzo inglese del primo Novecento come i capolavori di Joyce e Virginia Woolf. Con uno scritto di Joyce Carol Oates. Prefazione di Charlotte Brontë.
Secondo le intenzioni del suo autore "Il mastino dei Baskerville" non avrebbe mai dovuto vedere la luce: nel racconto "L'ultima avventura", infatti, pubblicato nel 1893, Sherlock Holmes era precipitato da una cascata. Ma, costretto dalle insistenze del pubblico e dell'editore, Arthur Conan Doyle dovette far "resuscitare" il suo celebre personaggio. Il risultato è questo romanzo del 1902, il più famoso di Conan Doyle e probabilmente il suo capolavoro. La storia del cane demoniaco che si aggira per le brughiere, sospettato di essere l'autore di una serie di efferati delitti, rimane ancora oggi un gioiello della narrativa, non solo gialla.
Pubblicato con grande successo nel 1889, "Il Piacere" è il primo romanzo di Gabriele d'Annunzio. Le esperienze biografiche del giovane scrittore nella Roma elegante e mondana di fine secolo confluiscono qui nel personaggio di Andrea Sperelli, giovane artista e raffinato esteta. I suoi complicati amori e il suo tentativo di "fare la propria vita come si fa un'opera d'arte" si vengono però a scontrare con un mondo che, malato di edonismo, sta morendo soffocato "nel grigio diluvio democratico odierno" che alla bellezza sostituisce il profitto. L'amara e sterile ricerca del piacere del protagonista è dunque emblematica di una crisi di valori di ben più vasta portata, quella dell'intera società aristocratica ottocentesca.
Messa per la prima volta in scena a Venezia nel 1753, "La locandiera" piacque subito molto, anche se forse non riuscì ad affascinare del tutto il pubblico del tempo. Originale, spiazzante, giocata su una storia d'amore che non si sviluppa secondo gli schemi consueti, ma li rovescia in un gioco di imprevisti, "La locandiera" era probabilmente troppo "moderna", troppo audace per la sua epoca. Più che una vicenda sentimentale, il commediografo veneziano aveva infatti scritto una storia sull'egoismo e sulla forza di carattere, magnificamente rappresentati nella seducente e sicura Mirandolina, civetta e donna d'affari, indimenticabile esempio di un eterno femminino davanti al quale devono crollare tutte le difese degli uomini, anche e soprattutto di quelli che fanno sfoggio di un'esasperata misoginia. Con uno scritto di Giorgio Strehler.
Profondo, perfino inquietante, estremamente "vero": "Il Principe" di Machiavelli, scritto nel 1513, è un capolavoro del pensiero e della letteratura, un testo classico da leggere, rileggere, gustare nella sua prosa rapinosa e avvincente. Le rivoluzionarie intuizioni di Machiavelli, rimaste attraverso i secoli di provocante attualità, sono tese soprattutto a mettere in luce l'indipendenza delle categorie dell'utile e del pratico rispetto a quelle etiche e religiose. Su questa indispensabile premessa si basa il ritratto del Principe, individuo virtuoso, creatore assoluto dello Stato inteso come compiuta costruzione "artistica": un uomo nuovo che, con il suo individualistico sforzo creativo, attua la sintesi di virtù e fortuna, un profeta armato capace di realizzare il controllo razionale del progetto e della prassi politica, ponendosi come antitesi alla forza devastatrice del Caso. Introduzione di Vittore Branca. Commento di Tommaso Albarani.
Secondo Edgar Allan Poe la forma ideale della letteratura è il racconto breve. E davvero ipnotici, capaci di impossessarsi dell'attenzione e dell'anima di chi li legge, sono i suoi racconti. Questo volume, seguendo l'edizione del 1845 composta dallo stesso Poe, raccoglie i "Racconti del terrore"; narrazioni in cui lo scrittore fa ricorso a tutto il più abusato armamentario gotico (segrete di castelli, case in rovina, cadaveri in putrefazione, tombe e torture...) e sviluppa i vari aspetti della più agghiacciante paura, da quello esteriore e immediato a quello che scaturisce dall'incerto altalenare tra la vita e la morte, fino all'ansia paralizzante della sepoltura da vivi. Arrivando infine a ritrarre la disgregazione della psiche e la più profonda angoscia esistenziale. Con un saggio di David Herbert Lawrence. Introduzione di Sergio Perosa.
Le lotte per il potere economico e politico, la rottura dell'ordine sociale per la decadenza della classe nobiliare e per l'ascesa di uomini nuovi sono i motivi dominanti del "Mastro-don Gesualdo", insieme impiegati a delineare la figura del protagonista: eroe epico nella prima metà del libro, tragico nel fatale fallimento psicologico-affettivo e nella malattia fisica nella parte finale. Il romanzo, capolavoro del verismo italiano, nasce nel grande decennio della narrativa verghiana, tra il 1880 e il 1890, con una gestazione lunghissima e tormentata che porta alla revisione finale del 1889, una vera riscrittura del libro. Questa edizione documenta la genesi del "Mastro-don Gesualdo" attraverso una scelta dei testi che lo precedono, e presenta anche ciò che resta della "Duchessa di Leyra", testimonianza dell'estrema crisi espressiva che ridurrà lo scrittore a un silenzio pressoché totale.