
Poeta afflitto dalla miseria e dalla noia, Ottavio di Saint-Vincent vive nella perenne attesa di qualcosa cui egli stesso non sa dare il nome, e solo questa irragionevole ma pervicace attesa lo trattiene dal suicidio. Ma il destino può assumere strane forme: quella, ad esempio di una duchessa ricchissima che, per sfuggire a sua volta alla noia, decide di raccogliere "un giovane povero, un uomo disperato", magari "ubriaco, addormentato, incosciente", e di elevarlo temporaneamente al rango di duca e suo sposo. E può poi accadere che la finzione generi una finzione ulteriore non a tutti gradita, forse neppure al suo rigoroso interprete, che si trova prigioniero di qualcosa che aveva fino ad allora fuggito: la costrizione.
Una donna giovane e insoddisfatta lascia marito e figli e si avventura da sola sulle montagne messicane per incontrare gli indiani discendenti da Montezuma e dai re aztechi che le abitano e conoscere i loro dèi. Le basta imboccare un piccolo sentiero per inoltrarsi in un altro mondo, in un clima rarefatto e contagioso. Incontrerà i suoi indiani: sinuosi, insidiosi, femminei, feroci; spaventosamente impersonali e, come quel mondo, inumani.
Più volte nel corso della sua esistenza Naipaul è tornato con la memoria a quando, ancora bambino a Trinidad, sognava di diventare un grande scrittore. Ma non ci aveva mai raccontato come si accostò alla scrittura e, prima ancora, alla lettura; come riuscì a crearsi, in una colonia alla periferia dell'impero britannico, un mondo soltanto suo, affatto estraneo alla letteratura della madrepatria sulla quale si era formato. Né ci aveva mai confessato in che misura il legame con l'India abbia agito in profondità nella sua vita. A poco a poco, Naipaul si è reso conto che compito della sua opera letteraria sarebbe stata una tenace esplorazione di quelle "aree di tenebra" che gli erano apparse sin dall'infanzia.
La cellula originaria del comico ebraico si trova plausibilmente nello "shtetl". E in uno di questi villaggi dell'Europa Orientale, in Ucraina, passò la sua infanzia Sholem Aleykhem, uno dei primi maestri di quel genere poi sviluppatosi sino a oggi tra molte diramazioni. "Un consiglio avveduto" è il primo dei tre racconti radunati in questo volume. È difficile non essere squassati dal riso mentre si segue il tormentoso e logorroico personaggio che cerca di farsi dare un "consiglio avveduto" per uscire da una situazione che è già irreparabile, giustappunto per la travolgente e lamentosa tediosità di colui che parla.
Nell'estate del 1851, rimasto solo con il figlio di cinque anni, Hawthorne si ritrova di fronte a un infaticabile produttore di parole e di domande. Schivo, introverso, non è abituato alle piccole incombenze che accompagnano la vita di un bambino: vestirlo, nutrirlo, distrarlo sempre rispondendo alle sue incessanti domande. Il risultato è un modello, ironico e autoironico, del modo di intendersi di un padre e un figlio, un resoconto di un rapporto dove l'unico adulto che appare è Herman Melville che fa visita all'amico per parlare del possibile e dell'impossibile. Come osserva Paul Auster nel suo saggio introduttivo, Hawthorne è riuscito a compiere quel che ogni genitore sogna: far vivere il proprio figlio per sempre.
Nel 1528 un pugno di spagnoli, scampati a una spedizione nata sotto una cattiva stella, approda sul litorale del Golfo del Messico. Uno di questi è Nuñez Cabeza de Vaca. Nel corso di otto anni egli guiderà attraverso l'intero continente altri due spagnoli e un moro in un viaggio di inauditi patimenti che si rivelerà, alla fine, un itinerario salvifico. Piegati da una natura inclemente, ridotti dagli indiani a bestie da soma, perverranno alla più totale nudità interiore e scopriranno in sé un nuovo potere, che ci porta a dare pur non avendo più nulla da dare. Di tutto questo Cabeza de Vaca scrisse una relazione al suo re, che Long traspone in un racconto per immagini, nella sua lucida fantasia.
Sono tutte in lacrime, le cameriere ebree del Praga, alla vigilia delle nozze del padrone: certo, hanno sempre saputo che lui andava a letto con tutte, "eppure ognuna era convinta in cuor suo che con lei si sarebbe comportato in modo diverso ... l'avrebbe portata via dalla cucina per sistemarla dietro al bancone e metterla alla cassa a contare il denaro". Ora, però, che nell'annuncio affisso in vetrina c'è scritto, nero su bianco, che "in onore del felice e fortunato matrimonio del proprietario di questo ristorante, Sender Prager, con la sua fidanzata, Edye Barenboim" i poveri del quartiere riceveranno un piatto di crauti e salsicce, hanno perso ogni speranza. Si è fidanzato all'improvviso, "quell'uomo solido e vigoroso, dagli occhi lucenti e dai capelli neri impomatati": perché all'improvviso, a quarantaquattro anni, ha avuto paura della vecchiaia e della solitudine. Così, lui che delle donne non si è mai fidato, si è lasciato indurre dal suo rabbi a sposare quella ragazza di buona famiglia hassidica che ha la metà dei suoi anni e lo guarda "con i suoi grandi occhi neri impauriti". "Dio del cielo," implorano le cameriere "fagli pagare la nostra umiliazione...". Al lettore scoprire, in questo magnifico e crudele racconto lungo del fratello "più talentuoso" di Isaac B. Singer (come ha scritto Harold Bloom), se Colui che tutto può le ascolterà.
"Quello che mi interessa è poter scrivere un reportage esattamente nello stesso modo in cui scriverei un libro" afferma Emmanuel Carrére. Così, della "Giungla" di Calais, non ci racconta il fango, la violenza e la miseria del campo, bensiì tutto quello che c'è attorno: la rabbia e la frustrazione di una parte dei calesiani; la compassione e la solidarietà di un'altra parte; le fabbriche e i quartieri abbandonati; l'immane apparato poliziesco; il circo mediatico; il "turismo del dolore". E lo fa nel suo modo affabile e diretto, con lo sguardo, insieme lucido ed empatico, di chi si interroga costantemente su tutto - anche su se stesso.
Cresciuta nella Germania hitleriana, Ursula Rütter Barzaghi ha trascorso i primissimi anni di vita al sicuro, tra le mura della caserma di Lubln, in Lorena, protetta dagli eventi esterni ma non dalla cintura del padre, ex poliziotto violento e dedito al bere, rapidamente inseritosi nelle file dei nazisti. Il precipitare della situazione, e la fine del conflitto, l'hanno gettata poi, insieme alla madre, alle sorelle e al fratello e a milioni di altri tedeschi, nella realtà di un Paese devastato, ridotto alla miseria e che si svegliava dall'incubo peggiore della sua storia. Il padre, nel frattempo, era scomparso "al fronte russo...", lasciando un ricordo doloroso tanto da cancellare persino l'immagine della sua uniforme, quella delle SS.
L'animo del giovane faraone Tutankhamon è turbato: le rivelazioni del principe Meren sull'assassino della splendida regina Nefertiti hanno avvelenato i suoi giorni e le sue notti. Chi può aver osato tanto? E perché? Meren, colui che è Occhi e Orecchie del Faraone, deve rompere gli indugi e stringere la sua tela intorno a un nemico sfuggente, che non ha esitato a uccidere, senza pietà, nel tentativo di cancellare tutte le tracce che potessero ricondurre a lui. Mentre le strade di Menfi si insaguinano ancora, Meren chiede aiuto a uno dei suoi agenti più abili, la bella Anath, colei che è Occhi di Babilonia. E insieme a lei, sulle tracce degli ultimi testimoni ancora in vita della morte della regina, Meren scoprirà infine la chiave per smascherare il colpevole, ma si troverà anche ad affrontare la minaccia più subdola, una sfida estrema davanti alla quale il suo cuore vacillerà...
La vita, come dice Luis Sepùlveda, è piena di storie. E per raccontare la magia della realtà in tutte le sue sfaccettature - meschinità, tormenti, gioie, peripezie - questa raccolta prende il via dai ricordi, dal vissuto recente e passato, per offrirci un Ritratto di gruppo con assenza: quello di alcuni ragazzini sorridenti immortalati in una fotografia che induce l'autore, dopo quattordici anni di esilio, a ritornare per la prima volta in Cile, sulle tracce dei loro destini personali, ma anche del destino di un paese appena uscito dalla dittatura. Da vero cosmopolita, di quelli che hanno vissuto nel Nord e nel Sud del mondo, Sepùlveda tratteggia con uguale partecipazione vicende lontane fra loro nel tempo e nello spazio: racconta di combattenti valorosi e di bambini senza futuro, di una Miss colombiana che muore durante un intervento di chirurgia plastica, di una signora sovietica. Ma non manca l'ironia: nei ritratti degli amici, nel mettere alla berlina certa intellighenzia, o nel descrivere un'esperienza di lavoro per la televisione ecuadoriana. E la preoccupazione per l'ambiente. Quello di Sepùlveda resta un mondo di purezza e bellezza ferite, raccontato con uno sguardo essenzialmente e modernamente etico. Si riscopre, leggendolo, un sentimento troppo spesso sopito: la giusta indignazione, la stessa dei suoi eroi teneri e fragili, ma duri e solidissimi nel loro proposito di non dimenticare né perdonare la barbarie.
Di ritorno da un viaggio di lavoro, Jack Morgan, proprietario e direttore dell'agenzia Private Investigations, trova nella sua villa di Malibu la più raccapricciante delle sorprese: distesa sul suo letto c'è una donna, con il maglione intriso di sangue. La scoperta si fa ancora più agghiacciante quando Morgan capisce di trovarsi di fronte al cadavere di Colleen Molloy, la sua ex amante; che aveva tentato di suicidarsi qualche mese prima, quando fra loro era tutto finito. Ma in questo caso non si tratta di un suicidio: Colleen è stata assassinata da un meticoloso professionista, in grado di far ricadere tutti i sospetti proprio su Jack Morgan, il cui legame con la vittima fornirebbe più di un movente per l'omicidio. Proprio per questo motivo il Los Angeles Police Department lo individua come il sospettato numero uno. La sua vita, da quel momento, precipita in un girone infernale. E proprio mentre è impegnato a indagare personalmente sul caso per poter dimostrare la propria innocenza, in preda all'ansia ma anche al dolore per la morte di Colleen, Morgan viene contattato da un'avvenente donna d'affari alle prese con una serie di omicidi che si sono verificati nei suoi lussuosi hotel...