
Fondata, secondo la tradizione, nell'814 a.C. sulle coste dell'odierna Tunisia dagli abitanti fenici di Tiro, Cartagine si trasformò a poco a poco da fiorente centro commerciale in capitale di un impero con numerose e ricche colonie in ampie zone del Mediterraneo occidentale (Sardegna, Sicilia, Spagna). Quando Roma estese la propria egemonia sull'Italia meridionale, il confronto fra le due potenze degenerò in un interminabile e sanguinoso conflitto. Al termine della prima e della seconda guerra punica, fu chiaro che l'incontrastato dominio del Mediterraneo sarebbe toccato a Roma. Eppure, benché sconfitta, Cartagine era ancora "ingombrante" e minacciosa. Nel 146 a.C., al termine della terza guerra punica, le truppe romane al comando di Scipione Emiliano la raserò al suolo. Richard Miles sfida le narrazioni partigiane degli storici greci e romani, interroga criticamente le fonti, smascherandone le tendenziosità, le lacune e le manipolazioni. Il ritratto che ne emerge è quello di una città caratterizzata da una straordinaria vitalità economica, da una vocazione all'eclettismo e da una spiccata apertura verso altre culture. Nel ristabilire la verità dei fatti, Miles non solo ripara il torto storiografico subito da Cartagine, ma incrina profondamente la schematica visione di un mondo greco-romano come unico faro di civiltà in un contesto di incultura e barbarie, segnalando così la necessità di una riflessione autocritica sulle radici dell'Occidente.
"La paesologia è una via di mezzo tra l'etnologia e la poesia. Non è una scienza umana, è una scienza arresa, utile a restare inermi, immaturi. La paesologia non è altro che il passare del mio corpo nel paesaggio e il passare del paesaggio nel mio corpo. È una disciplina fondata sulla terra e sulla carne. È semplicemente la scrittura che viene dopo aver bagnato il corpo nella luce di un luogo." La paesologia è la scienza di Franco Arminio. Una scienza inafferrabile eppure concretissima, umorale ma a modo suo esatta. Una disciplina in cui si fondono poesia e geografia: la poesia di una scrittura limpida e visionaria, lavorata col puntiglio e la cura propri della grande letteratura; la geografia del nostro Sud. Arminio gira per i paesi della sua Irpinia, per quelli della Lucania e della Daunia (i paesi invisibili) e della cintura napoletana (i paesi giganti), sconfina in Molise, in Abruzzo, in Salento, si allontana fino alle Marche e al Trentino, e ovunque applica il suo metodo, mette in pratica il suo particolare modo di attraversare i territori e di raccontarli. Il suo sguardo non trascura nulla: le piazze, le strade, i bar, i cimiteri, i paesaggi più sublimi e gli scempi della modernità, lo sfinimento e la desolazione, i lampi e gli slanci. Ne viene fuori un referto preciso e accorato della situazione del Mezzogiorno d'Italia. Un referto che e questa è una delle singolarità del "metodo Arminio" - prevede annotazioni anche su chi la visita la fa: sull'autore stesso e il suo io errante.
Da José Arcadie ad Aureliano Babilonia, dalla scoperta del ghiaccio alle pergamene dello zingaro Melquíades finalmente decifrate: cent'anni di solitudine della grande famiglia Buendía, i cui componenti vengono al mondo, si accoppiano e muoiono per inseguire un destino ineluttabile. Con questo romanzo tumultuoso che usa i toni della favola, sorretto da un linguaggio portentoso e un'inarrestabile fantasia, Gabriel Garcia Màrquez ha saputo rifondare la realtà e, attraverso Macondo, il mitico villaggio sperduto fra le paludi, creare un vero e proprio paradigma dell'esistenza umana. In questo universo di solitudini incrociate, impenetrabili ed eterne, galleggia una moltitudine di eroi predestinati alla sconfitta, cui fanno da contraltare la solidità e la sensatezza dei personaggi femminili. Pubblicato nel 1967, scritto in diciotto mesi ma meditato per più di tre lustri, "Cent'anni di solitudine" rimane un capolavoro insuperato e insuperabile, un romanzo tra i più amati di sempre.
Nell'aprile 2006 il mondo editoriale italiano è stato sconvolto da un bestseller clamoroso e inaspettato, trasformatosi in poco tempo in un terremoto culturale, sociale e civile: "Gomorra". Un libro anomalo in cui Roberto Saviano racconta la camorra come nessuno aveva mai fatto prima, unendo il rigore del ricercatore, il coraggio del giornalista d'inchiesta, la passione dello scrittore e, soprattutto, l'amore doloroso per una città da parte di chi vi è nato e cresciuto. Per scriverlo si è immerso nel "Sistema" e ha così svelato come, tra racket di quartiere e finanza internazionale, un'organizzazione criminale possa tenere in pugno un'intera regione, legando firme del lusso, narcotraffico, smaltimento dei rifiuti e mercato delle armi. "Gomorra" è un libro potente, appassionato e brutale che afferra il lettore alla gola e lo trascina in un abisso dove nessuna immaginazione è in grado di arrivare.
Mentre cammina per le strade di Parigi, Alex, una giovane donna di trent'anni, viene seguita da uno sconosciuto che, dopo averla aggredita e picchiata selvaggiamente, la carica su un anonimo furgone bianco facendo perdere le sue tracce. Portata in un magazzino abbandonato, la ragazza viene rinchiusa in una gabbia di legno appesa a due metri da terra. Per lei non c'è via d'uscita: non sa dove si trova, né cosa voglia quell'uomo che non le rivolge mai la parola. I giorni passano tra mille sofferenze. Piegata dentro quella gabbia che non le permette il minimo movimento, in quel luogo umido e buio, Alex sente che il suo destino è segnato e che nessuno verrà a soccorrerla. Ha una sola certezza: il suo rapitore vuole vederla morire. C'è però un testimone che ha assistito al rapimento, e grazie alla sua segnalazione il comandante di polizia Camille Verhoeven, un uomo fuori dal comune, con un tragico trascorso personale e modi formidabili, inizia a indagare sulla vicenda. Chi è il sequestratore? Perché ha architettato tutto questo? E, soprattutto, chi è davvero Alex? Quando l'aguzzino viene finalmente identificato e la polizia fa irruzione nel luogo del sequestro, la gabbia è vuota. La ragazza si è volatilizzata...
Talos, un ragazzino spartano nato storpio, abbandonato dai genitori e destinato a un futuro inglorioso, riesce a diventare comandante e a salvare la sua città dai Persiani. Diomede, l'ultimo guerriero omerico a fare ritorno a casa dopo la guerra di Troia, tradito e odiato dalla moglie, deve fuggire da Argo e cercare nelle inospitali regioni di Hesperia una nuova patria. Xeno, un giovane ateniese arruolatosi nell'esercito di diecimila mercenari greci al soldo di Ciro di Persia, si trova quasi suo malgrado alla testa dei reduci, pronto a tutto pur di riportarli vivi a casa. Sono tre grandi eroi dei tempi antichi che la prosa vivace di Valerio Massimo Manfredi ha fatto rivivere sulla pagina scritta.
Un baba, un sadhu, è un uomo che ha rinunciato: la sua città è la giungla, il suo tetto è una grotta, il suo letto la terra, la sua acqua quella del fiume, il suo cibo le offerte spontanee. Il sadhu non vuole possedere niente, tiene acceso il fuoco, si dedica all'esecuzione dei riti che scandiscono la giornata in accordo con i ritmi della natura. A volte si illumina in un sorriso: e comunica con il divino. Baba Cesare - l'asceta italiano protagonista di questo libro -, dopo essersi ribellato a un'esistenza ordinaria, si è avvicinato al mondo dei sadhu indiani. Il suo percorso è molto diverso da quello che potremmo immaginare noi occidentali, abituati ai "processi di beatificazione" con i quali si cercano tracce di ascesi nelle vite di chi sfiora la santità. Dal mondo senza frontiere degli anni Settanta, attraversato dai magic bus che portavano in India passando per la Turchia, l'Iran, l'Afghanistan, il Pakistan, il suo cammino di uomo avventuroso e assetato di vita ci conduce fino a oggi, alle nazioni chiuse e blindate dei nostri tempi. L'incontro tra Folco Terzani e Baba Cesare dà vita a un libro unico - romanzo di avventure, viaggio spirituale, inchiesta su un mondo svelato nel suo fascino controverso, dialogo sul senso ultimo della vita -, le cui pagine possono essere lette come un imprevedibile mémoire, un postumo romanzo di formazione e insieme come un testo sapienziale dal passo umile ma rivoluzionario, in grado di cambiare il nostro modo di camminare per le strade del mondo.
La sua storia è una pagina vuota, il suo passato è avvolto nel mistero. Ma Geiger ha un dono che pochi possiedono: riconosce una menzogna nell'istante in cui la sente. E nel suo settore, il recupero informazioni, questa è una dote impagabile perché la verità è la merce più preziosa sul mercato. I suoi clienti - multinazionali, governi o il crimine organizzato - contano sulla sua leggendaria abilità di ottenere sempre quello che vuole, anche dai soggetti più riluttanti. Meticoloso e superprofessionale, diversamente dai concorrenti, Geiger di rado fa scorrere sangue. Usa invece tecniche di interrogatorio particolari, soprattutto psicologiche, per spingere chi ha di fronte a un punto in cui il dolore cede il posto alla paura, perché solo in quel momento smetterà di mentire. Una delle regole del suo codice etico è di non lavorare mai con i bambini. Ma un giorno è proprio un ragazzino di dodici anni, Ezra, che gli viene portato chiuso dentro a un baule dal suo ignaro socio Harry Boddicker. Qualcosa non quadra. Il cliente non è chi dice di essere e Geiger decide senza esitazioni di seguire il suo istinto e salvare a tutti i costi il bambino: lo prende con sé e scappa, mettendosi inevitabilmente in grave pericolo. Ma se Geiger e Harry non scoprono in fretta perché il cliente è così ansioso di impadronirsi dei segreti del ragazzo, diventeranno loro stessi le vittime di un nemico senza scrupoli.
Anche la critica non ha potuto fare a meno di constatare, dopo il suo ultimo grande successo con “Il tempo che vorrei”, che Fabio Volo è un vero e proprio fenomeno: editoriale, letterario, di costume. I suoi libri riempiono le classifiche (capita di vederli presenti anche tutti e cinque contemporaneamente), gli zaini dei ragazzi e le borse da lavoro degli adulti, le mani dei viaggiatori e i comodini dei sognatori. Ma oltre ogni tentativo di spiegazione (sociologica, semiotica, storica), oltre la sua notorietà mediatica, rimangono dei libri pieni di emozioni, di ironia, di intelligenza. Come questo suo nuovo romanzo.
Dalla luce accecante delle coste tunisine alla penombra umida di uno scantinato nel carruggio di un paesino ligure: è lunga la strada che porta il ventenne Mohamed lontano dalla propria terra alla ricerca di un nuovo mattino, con un doloroso segreto custodito nel cuore. Il tempo è un lusso da dimenticare per chi è costretto a badare quotidianamente alla sopravvivenza, e Mohamed, dopo aver chiuso i ricordi in una giara senza fondo, si affida all'urgenza dei propri bisogni più essenziali. Ma la fortuna lo assiste quando una notte, sfinito dalla fatica, improvvisa un giaciglio e si addormenta fuori dal magazzino del vecchio Cristoforo, un carpentiere in pensione dai modi bruschi e un po' sgarbati. Vinta l'iniziale diffidenza, tra i due nasce un sentimento e fortissimo di vicinanza, come se l'età e le distanze non fossero nulla rispetto alla loro essenza comune: è il mare che con il suo linguaggio universale con i suoi gesti antichissimi -, anziché separarli, li unisce. I giorni trascorrono uno simile all'altro, sospesi in un tempo uguale che, ciascuno per le sue ragioni, né Mohamed né il vecchio vogliono misurare: piano piano, il ragazzo dimostra al "baccan" (padrone) come chiama il suo ospite di conoscere le parole e i gesti dell'arte navale: insieme si mettono all' opera per finire di costruire il gozzo che il vecchio da solo stentava a portare a termine
II volume raccoglie una scelta di testi di Valéry suddivisi in sezioni per genere letterario. La poesia è presente con i grandi testi che gli hanno dato fama, un'ampia raccolta delle poesie giovanili e una scelta delle poesie ritrovate nella corrispondenza con gli amici: versi finora ignoti, ove l'erotismo si fonde con la tenerezza. Accanto alla poesia, il Meridiano presenta un campione di prosa poetica, i grandi dialoghi, il teatro e un'ampia sezione di saggistica - dedicata all'arte, al pensiero astratto, ai problemi concreti del mondo attuale. Ma è la sezione "Modelli e strumenti del pensiero" a delineare il percorso del tutto personale di Valéry: da "Monsieur Teste" che fece dello scrittore l'idolo dei surrealisti - al suo particolare "Leonardo da Vinci", dall'analisi del funzionamento della mente condotta attraverso i "Quaderni", alle riflessioni sulla creatività letteraria che hanno costituito il suo "Corso di Poetica" al Collège de France, totalmente inedito. Tutte le traduzioni sono nuove.
Paolo Nespoli ha trascorso circa sei mesi nello Spazio. E da lassù, vivendo in assenza di gravità, in situazioni di emergenza, guardando la Terra dall'alto, ha capito alcune cose della nostra vita di tutti i giorni. In questo libro l'astronauta italiano racconta a noi che stiamo a terra le lezioni che lo Spazio gli ha insegnato. Con entusiasmo e chiarezza, con ironia e poesia. In orbita (e nella lunga e severa formazione da astronauta) Nespoli ha imparato nozioni pratiche e filosofiche. Vivendo in assenza di gravità, ha imparato ad assumere nuove abitudini, saper tornare bambino per apprendere di nuovo a vivere in una realtà in cui anche gli aspetti più scontati sono diversi dal solito. Costretto sempre al massimo della performance, ha imparato a lavorare in squadra, a gestire gli imprevisti, a ottimizzare il tempo, a riconoscere i propri limiti e fare tesoro dei propri errori. Ha imparato che i sogni vanno coltivati con cura, ma che a un certo punto, se si vogliono realizzare davvero, bisogna svegliarsi. Che se si guarda sempre avanti, se si punta sempre in alto, le stelle non sono poi così lontane. Mentre era sulla stazione spaziale, Nespoli ha comunicato con migliaia di "terrestri" attraverso i social network, trasmettendo informazioni, emozioni, e incantandoci con le sue meravigliose foto scattate da lassù. A volte bastano alcune immagini, selezionate e riproposte in questo libro, per capire con una vertigine come cambiano le cose osservate da un altro punto di vista.