
Javier Mallarino, disegnatore satirico che per quarant'anni ha fustigato la classe politica colombiana, si appresta a ricevere l'omaggio alla carriera tributatogli proprio dal governo. È la celebrazione del suo potere assoluto, del privilegio di poter orientare il corso della storia filtrando le versioni ufficiali, di poter smascherare semplicemente attraverso la deformazione dei tratti somatici la vera natura e le reali intenzioni dei politici. Ma quando un ricordo del passato, troppo sbiadito per poter offrire certezza, si insinua nel tempo del racconto, Javier Mallarino si ritrova a dover fare i conti con una memoria fallace e fragile, tanto quanto lo è la costruzione della reputazione, con una storia da ricostruire, con l'inquietudine che anche il passato possa continuamente cambiare.
Cosa collega gli omicidi di Jorge Eliécer Gaitán, la cui morte ha spezzato in due la storia della Colombia, e quello di John F. Kennedy? In che maniera un crimine accaduto nel 1914, quello del senatore liberale colombiano Rafael Uribe Uribe, può segnare la vita di un uomo nel XXI secolo? Violenza, omicidi illustri, colpevoli trovati troppo in fretta o scomparsi nel nulla, indagini insabbiate, depistaggi, segreti di stato, menzogne attraversano la storia della Colombia, come la nostra, lasciando dietro di sé rovine e reliquie, vittime e sospetti. Sono un'eredità pesantissima per le generazioni future e la base di un fiorire di teorie cospirative più o meno fantasiose. Nel suo romanzo più importante, Juan Gabriel Vásquez affronta questa inestricabile matassa in prima persona diventando il protagonista di una serrata investigazione nelle pieghe di una spirale di cospirazioni.
La 'O' di Giotto, il naso storto di Michelangelo, le invenzioni di Leonardo da Vinci, il caratteraccio di Piero di Cosimo, l'ossessione alchimistica del Parmigianino: sono solo alcuni frammenti di quel grande specchio dell'arte italiana del Rinascimento (e non solo) che è "Le Vite de' più eccellenti architetti, pittori e scultori" di Giorgio Vasari. Al di là del suo indubbio valore storiografico, "Le Vite" è una commedia umana in cui cronaca e leggenda, pettegolezzo e memoria si intrecciano dando vita alla più vasta ed esaltante epopea narrativa incentrata sulla figura dell'artista. Dietro le opere d'arte, spesso capolavori celeberrimi, Vasari sa rintracciare il profilo degli uomini che le hanno realizzate, con le loro ambizioni, ossessioni, passioni, bizzarrie di carattere. La bellezza delle Vite come libro da leggere e godere era rimasta fino a oggi inaccessibile a causa della distanza storica che ci separa dalla lingua in cui l'opera di Vasari è scritta, quel toscano di base fiorentina che difficilmente si lascia avvicinare da un lettore ordinario. Marco Cavalli colma finalmente questa distanza presentando in questo volume la traduzione in italiano moderno di ventuno biografie vasariane scelte tra le più belle per vivacità narrativa e precisione miniaturistica del dettaglio.
La vita felice è un meccanismo a orologeria: il ticchettio inarrestabile che avvertiamo, pagina dopo pagina, è quello di una famiglia che sta per essere travolta. Accade tutto in una notte, e quella che era una minaccia diventa una ferita che non si può piú cancellare.
«Non ne sapevo niente, allora, dei modi in cui l'amore può manifestarsi, né della forza con cui può spingerci in un angolo e toglierci il respiro».
Elia ha sedici anni ed è un ragazzo solitario. Suo padre è stato licenziato e ha cominciato a comportarsi in modo strano, sparendo per ore a bordo di un furgone, chiudendosi in garage, scrivendo lettere che denunciano un complotto di cui si sente vittima. Elia prova a decifrare ciò che accade, mentre sua madre sembra non voler vedere. Fino alla notte d'agosto dopo la quale nulla sarà piú come prima: la piccola comunità di Ponte - già segnata dall'omicidio insoluto di un bambino - si sveglia sconvolta per il rapimento di una ragazza, salita la sera precedente su un furgone e poi svanita in mezzo ai boschi. Ma quell'estate per Elia è anche segnata dall'attrazione per Anna Trabuio, dall'amicizia per suo figlio Stefano, dalla scoperta lacerante dei propri desideri e dell'istinto di sopravvivenza. A raccontare tutto questo è Elia trent'anni dopo: un uomo che tenta di ricucire lo strappo del passato e illuminare il buio nella mente di suo padre, immaginando cosa sia accaduto davvero quella notte, e cosa significhi perdere se stessi. Ma soprattutto tenta di rispondere a una domanda: com'è possibile, dopo una ferita cosí profonda, sperare di essere felici? Tra La settimana bianca e Io non ho paura, Elena Varvello ha scritto una storia di formazione diversa da tutte le altre, che cattura il lettore con una lingua cesellata, dura e trasparente.
Una raccolta di fiabe presentate da Maria Teresa Orsi. Sono testi di vario tipo, principalmente apologhi morali, non raramente percorsi da una vena metafisica e surreale come in questo caso. Divise per provenienza geografica (Nord-Est, Centro e Sud-Ovest del Giappone, con forti differenze di temi e di stile), danno un quadro affascinante di un patrimonio favolistico peculiare e assai diverso dalla tradizione occidentale.
In questo secondo volume trovano posto quattro grandi romanzi della maturità dello scrittore: «La zia Julia e lo scribacchino» (1977), sospeso tra verità autobiografica e l'invenzione ispirata dagli sceneggiati radiofonici dell'eccentrico Raúl Salmón; «La festa del Caprone» (2000), incentrato sulla trentennale dittatura di Trujillo nella Repubblica Domenicana; «Avventure della ragazza cattiva» (2006), una storia d'amore moderna e antiretorica scritta sull'onda dei ricordi, segnata dai soggiorni in Europa dell'autore tra gli anni Sessanta e Ottanta; e, infine, «Crocevia» (2016), un affresco sociale che intreccia scandali sessuali e losche manovre politiche, ambientato a Lima verso la fine del XX secolo.
Il "romanzo politico" di uno dei più importanti autori nel panorama letterario latinoamericano: un'avvincente e drammatica meditazione sullo stato di frustrazione in cui si dibatte un'intera società.
Una festa del corpo, dove la libertà dei sensi accende la libertà di contemplare, fantasticare, desiderare. Fino a che l'innocenza scatena la corruzione e il sogno sembra interrompersi. Vargas Llosa si è divertito a reinventare la tradizione del romanzo erotico. Lo stile ironico e l'andamento lieve della narrazione stemperano l'audacia di personaggi e situazioni, elevando a simbolo e metafora gli aspetti oscuri che si nascondono negli abissi dell'amore.
Urania Cabral, figlia dell'ex presidente del Senato di Trujillo, torna in patria dopo trentacinque anni e, dalla sua stanza dell'Hotel Jaragua parte per un viaggio nella memoria, per una non rinviabile chiusura dei conti con il passato. Di continuo, però, cede la scena ad altre voci protagoniste e a un irrefrenabile bisogno dell'autore di percorrere il tempo, avanti e indietro con incalzanti flash back. Ne viene fuori una ricostruzione dal vivo dell'attentato in cui il Chivo (Trujillo) perse la vita, ma soprattutto un quadro della condizione umana a Santo Domingo, quando la corruzione era un obbligo e il libero arbitrio non era più praticabile.