
Il racconto di Sergio, Mario, Ildebrando, che sono i quattromarmocchi" protagonisti di questa storia. In un susseguirsidi aneddoti, l'autore ci apre le porte della sua casa: e un Giordani diverso, "domestico", ben presente nella vita dei propri figli, amorevolmente impegnato nella loro crescita. "
Il libro, che propone la sceneggiatura dell'omonimo film, racconta la storia di un giovane di Cinisi, un piccolo paese nei pressi di Palermo. Si chiama Giuseppe Impastato. Forte della sua formazione comunista rompe i rapporti con un padre troppo ossequioso verso il boss locale e comincia la sua battaglia contro il silenzio e le diffuse connivenze mafiose. Dalla protesta in piazza ai giornali volanti, alle manifestazioni improvvisate, Peppino arriva infine all'uso politico di una radio libera. Fa nomi e cognomi, denuncia gli interessi che ruotano intorno all'ampliamento dell'aereoporto di Punta Raisi, mette spalle al muro il boss Tano Badalamenti. Peppino Impastato viene ucciso il 9 maggio 1978 e la notizia sepolta sotto il clamore del delitto Moro.
Un viaggiatore di lungo corso, per passione e per lavoro, ritorna sulla rotta degli anni Settanta per Kathmandu: il Grande Viaggio in India fatto da ragazzo e ripercorso poi come giornalista a otto lustri di distanza. Un sogno che portò migliaia di giovani a Kabul, Benares, Goa, fino ai templi della valle di Kathmandu. Emanuele Giordana si destreggia tra gli appunti presi allora su un quadernetto riemerso dalla polvere, un grande esercizio di memoria e il confronto con le trasformazioni di quei paesi che, terminata l'epoca della Guerra Fredda, sono stati attraversati da conflitti. E dall'orda dei turisti: dal viaggio all'Eden dei frikkettoni ai viaggi organizzati del tutto compreso e agli alberghi di lusso. Su tutto, il ricordo tratteggiato con leggerezza e ironia tra droghe, sesso libero e scoperta di nuovi paesaggi e un'ombra malinconica e riflessiva sul senso del 'viaggio'. Un libro per chi aveva vent'anni allora, chi quel viaggio non l'ha mai fatto e chi ancora vorrebbe farlo.
Era davvero il viaggio della vita. Erano altri tempi, pi o meno mezzo secolo fa. La meta era lontana: l'India, il Nepal, lAfghanistan. Le condizioni del viaggio erano disagevoli: niente aerei, carte di credito, cellulari, bed and breakfast; piuttosto travelers cheque, scassati uffici del telegrafo, fermo posta, ostelli. I pi fortunati viaggiavano su un pulmino Volkswagen, se no bus, treni, autostop. Fu davvero una grande migrazione, ricordata in questo prezioso Baedeker di Emanuele Giordana; lui oggi giornalista specializzato in Paesi asiatici fu uno dei pionieri. Fu un viaggio interiore, individuale e collettivo, alla ricerca di spiritualità, meditazione, allargamento della conoscenza e una reazione alla vita competitiva che si conduceva in occidente. Un libro rievocativo, preciso e nostalgico. Enrico Deaglio, Il Venerdì di Repubblica
Emanuele Giordana ritorna sulla rotta degli anni Settanta per Kathmandu: il Grande Viaggio in India fatto da ragazzo e ripercorso a otto lustri di distanza. Un sogno che portò migliaia di giovani a Kabul, Benares, Goa, fino ai templi della valle di Kathmandu.
È il 1843. La sparizione improvvisa di due persone a distanza di tempo sconvolge la quiete di un paesino sperduto fra le montagne dell'Alto Delfinato. Il capitano Langlois, ex combattente e reduce della campagna d'Algeria, viene mandato a indagare. In breve tempo scopre i cadaveri degli scomparsi e si mette sulle tracce dell'assassino. Ma è qui che comincia il vero "giallo", il mistero che troverà soluzione soltanto nelle ultime righe del romanzo. Ed è qui che le parti si rovesciano, e oggetto dell'indagine diventa lo stesso Langlois: perché si ostina a ripetere che quell'uomo - l'assassino - non è un mostro? Come ha fatto, prima ancora di arrivare a incastrarlo, a comprenderlo così a fondo? In quella vicenda lontana, in quella storia di sangue che poteva sembrare destinata a offrire soltanto qualche ora di "distrazione" a dei comuni, normali lettori, c'è qualcosa che ci tocca, che ci coinvolge profondamente. È questo il punto, il senso dell'indagine: quanto è grande la distanza che separa l'essere normale dal mostro? Introduzione di Pietro Citati.
Aubignane, piccolo villaggio nei pressi di Manosque, muore: solo tre persone occupano ormai quei nidi di spettri. Poi l'inverno arriva a scacciare il vecchio fabbro e la vedova dello scavatore di pozzi scompare in primavera, insieme alla promessa fatta a Panturle di trovargli una donna. Così al villaggio non resta altri che questo cacciatore solitario, che diviene a poco a poco pazzo di solitudine. Ma una donna sta per arrivare e, per lei, Panturle farà rinverdire le terre un tempo feconde.
È la metà del Novecento, in un piccolo borgo della campagna francese: la servitù al castello di Percy trascorre la notte a vegliare il defunto padrone e, come puntualmente accade in quest'angolo sperduto della Francia, a banchettare e a sparlare liberamente. Tra sussurri e imprecazioni, allusioni e pettegolezzi, spicca la voce di Thérèse, ottantanove anni, un marito e tre figli ormai persi, tre nuore che detesta e dei nipoti che la lasciano indifferente. La sua vita è stata una lunga catena di eventi da raccontare e di personaggi da rievocare, perfetti per una fredda e lunga notte di veglia... Tutto comincia nel lontano 1882 quando Thérèse fugge col maniscalco Firmin dal castello di Percy. Vi era arrivata ragazza, poiché la madre desiderava per lei un'educazione pari a quella di una zia che sapeva ricamare, stirare e rammendare la biancheria fine. E certamente sarebbe diventata come la zia dalle mani di fata se non si fosse invaghita di Firmin. Ai suoi occhi un bell'uomo, robusto e gentile come una ragazza, e a quelli della sua famiglia un povero orfano senza arte né parte e maniscalco per modo di dire, visto che si limitava a tenere ferme le zampe dei cavalli mentre il padrone li ferrava. La fuga si risolve nel solo modo possibile alla fine del XIX secolo: un matrimonio celebrato in silenzio e l'approdo in un nuovo paese: Chàtillon, dove Firmin trova lavoro presso il locale maniscalco e Thérèse in una grande locanda.
Provenza 1831. Protagonista della vicenda epica è Angelo Pardi, giovane ufficiale degli ussari, fuggito dal Piemonte dopo aver ucciso una spia austriaca. Attraversando un paesaggio desolato, straziato dal colera, fatto di morte e violenza, devastazione fisica e morale, Pardi, uomo d'armi e principi, incontra una donna molto bella, della quale si mette a servizio. Da questo momento ha inizio l'impresa rocambolesca, tra duelli, imboscate e rischi di ogni genere, che avvicinerà inevitabilmente i cuori dei due personaggi, conducendoli alla meta tanto agognata che è la salvezza ma al tempo stesso la fine dell'avventura e del loro amore. Pardi chiude così un capitolo della sua vita, per aprirne uno nuovo: l'impresa risorgimentale italiana.
In fuga da Torino, dopo aver ucciso una spia austriaca, il giovane ufficiale degli ussari Angelo Pardi sconfina in Francia, dove si imbatte in una serie di intrighi. Il suo fascino magnetico e la sua natura avventurosa suscitano interesse e passione; la sua indole lo porta ad attraversare la vita con inconsapevole spavalderia, a passare da un'avventura ad un'altra con insolente ardore. Finché appare nella sua vita la moglie del marchese de Théus, capace di fronteggiarlo con dolcezza e intelligenza. Ma neanche l'amore potrà trattenere il giovane, rapito ben presto da nuove vicende che verranno raccontate ne "L'ussaro sul tetto", di cui "Angelo" è il capitolo precedente.
Nella campagna provenzale di fine Ottocento i Jason si occupano da almeno due generazioni di commercio di muli. Dopo una serie di vicissitudini saranno il primogenito Marceau e il cadetto Ange a portare avanti l'attività. Tanto Marceau è una forza della natura, quanto Ange, biondo e di una bellezza disarmante, è minuto e fragile. Ange vive in una sorta di adorazione per Marceau, sempre in attesa di un suo sguardo. Il suo più grande dispiacere è che il primogenito non gli presti attenzione. Marceau in realtà non ha attenzioni che per lui e il cadetto non si cura d'altro che di scovare i modi che fanno posare su di lui lo sguardo grigio, trasognato e tenero del fratello.
Le vicende di una famiglia italiana, dagli inizi del 1900 fino ai nostri giorni. Gli eventi storici e i fenomeni sociali sono soltanto accennati, e riferiti ai personaggi che si alternano sulla scena del romanzo, da Napoli a Roma, in un arco di tempo lungo, ma descritto con un'analisi sintetica sempre centrata sui sentimenti e sulle tematiche affettive: amore, gelosia, tradimento, passione... ricerca della felicità, e anche delle soddisfazioni connesse a un lavoro intenso e proficuo. Il protagonista maschile, perno del racconto, è affiancato da vari personaggi femminili altrettanto importanti per l'evoluzione della storia: la madre, la zia, la moglie, la figlia, l'amante, le nipoti... hanno tutte un grosso rilievo, con le loro scelte, gli affetti, l'esperienza del dolore, il vissuto. Il nucleo di questo romanzo breve, il messaggio o l'interrogativo rivolto al lettore, consiste nell'attenzione all'amore, inteso come richiamo perenne, alla imperfezione dell'amore stesso, alla difficoltà per una piena realizzazione di una comunicazione appagante.