
E venne il Giorno del Giudizio... racconti del vecchio pellegrino
di Oriano Granella.
Un manoscritto casualmente ritrovato negli archivi di un convento francescano, un anonimo pellegrino amico di monaci e frati, storie che tracciano il profilo di una terra, l’Anatolia, e riportano l’eco di quella mescolanza di memorie, di fedi, di umanità che è la Turchia odierna.
Finzione o realtà storica quella contenuta in questo libro? Forse i due aspetti convivono. L’importante è lasciarsi coinvolgere dalla narrazione, fatta di parole e di immagini. In compagnia del «vecchio pellegrino» ci addentriamo nelle fertili regioni della soleggiata Turchia, facciamo capolino nelle grotte della Cappadocia, ci aggiriamo estasiati tra i ruderi di antiche chiese, ci perdiamo nei vicoli brulicanti di vita delle moderne città.
«un universo sommerso eppure luminoso, quello che emerge da queste pagine; un esempio di come ciò che conta, nella vita di ogni uomo come nelle vicende di una chiesa, non è ciò che appare ma ciò che mette radici: può essere anche solo un Granello di senape, una lacrima di compassione, un sorriso di condivisione, una preghiera sussurrata»
(Enzo Bianchi)
punti forti
Un modo originale e coinvolgente di far conoscere la Turchia, culla del cristianesimo, sempre più meta di pellegrinaggi diocesani e non.
La fama dell’Autore. Il libro è pubblicato in coedizione con l’Associazione Eteria, che organizza pellegrinaggi in Turchia.
destinatari
Tutti coloro che, oltre alla Turchia fatta di belle spiagge e sole, vogliono conoscere una Turchia diversa.
l’autore Oriano Granella, frate cappuccino, è fondatore e presidente dell’Associazione Culturale Eteria e direttore della rivista Eteria, nata per valorizzare le memorie cristiane della Turchia. Dal maggio 2008 è Superiore Regolare dei cappuccini di Turchia. Per hobby anche fotografo. Con Paoline ha pubblicato: I racconti del Vecchio Pellegrino sulle vie dell’Anatolia (Milano 2004); Penelope l’Armena e altri racconti del Vecchio Pellegrino (Milano 2006); Guida alla Turchia (Milano 2008).
"La buona cucina è un agente morale. Per buona cucina intendo la preparazione coscienziosa del semplice cibo quotidiano, non la più o meno talentuosa elaborazione di oziosi banchetti e piatti eccentrici. Il proposito di un libro di cucina è uno e inequivocabile. Il suo unico obiettivo concepibile non può essere che accrescere la felicità degli esseri umani." È sorprendente scoprire che l'autore di queste righe è Joseph Conrad, nella prefazione al libro di ricette pubblicato nel 1923 da sua moglie Jessie. "A capotavola" è intessuto di sorprese simili a questa: perché scruta attraverso la lente della passione gastronomica le vite di una galleria di personaggi straordinari - dalla A del copista arabo Muhammad Al-Baghdadi alla Y dello scrittore cinese Yuan Mei, passando per Pellegrino Artusi, André Michelin, Agatha Christie, Georges Simenon, fino ad Ave Ninchi, Elena di Sparta e Margherita di Savoia. Entrare a far parte del firmamento dell'alta cucina è oggi il sogno di tanti aspiranti "master chef". Ma le storie golose raccolte da Laura Grandi e Stefano Tettamanti ci rivelano come spesso a battezzare ricette, metodi di preparazione e "filosofie" gastronomiche siano stati personaggi che dietro ai fornelli non ci sono mai stati. "A capotavola" è una piccola enciclopedia illustrata - del tutto personale e cosparsa di quei buchi che rendono ottima una buona fetta di groviera - della storia della cucina e, insieme, del mutamento del gusto e del costume, non solo alimentare, attraverso il tempo.
A Madrid, nel 1936, Inés si ritrova all'improvviso sola in un momento cruciale per il suo Paese. L'affermazione del Fronte popolare e la situazione politica tesa consigliano a sua madre e suo fratello, attivista nelle file dei falangisti, di tenersi lontani dalla capitale. Sfidando le proprie origini aristocratiche e le idee reazionarie che ha respirato fin da bambina, la giovane Inés comincia a frequentare un gruppo di militanti comunisti e trasforma la casa di famiglia in un ufficio del Soccorso rosso internazionale. Ma quando il sogno repubblicano si infrange, la ragazza viene arrestata a causa del tradimento di un compagno, e si ritrova prima nel famigerato carcere di Ventas, poi reclusa in un convento e, infine, a condividere con la cognata Adela una sorta di prigione dorata in una casa sperduta in mezzo ai Pirenei. Solo due cose la consolano: la scoperta dei piaceri della cucina e l'ascolto notturno della Pirenaica, la radio clandestina del Partito. È così che, nell'ottobre del '44, viene a sapere che l'esercito dell'Unione nazionale spagnola si prepara a invadere la Val d'Aran e a lanciare l'operazione Riconquista della Spagna. Inés capisce che per lei è arrivato il momento di riscattarsi, di agire: in sella al purosangue Lauro e con un carico di cinque chili di ciambelle, vola incontro all'allegria. La troverà, tra le braccia del capitano Galán e ai fornelli del municipio di Bosost, cucinando per il Lobo e i suoi uomini.
In un futuro prossimo, una nuova forza politica dal nome eloquente di Movimento Civico Soluzioni Subito ha stravinto le elezioni in Spagna. A guidarlo c'è un imprenditore che si fa chiamare il Grande Capitano. Il suo progetto è quello di rifondare la società sfibrata dalla pandemia e dall'inconsistenza della politica tradizionale e lo fa con una serie di mosse rapide e vincenti. In seguito a un blackout generale limita l'accesso a internet e ai mezzi di comunicazione; dopo l'allarme creato ad arte per un'ondata di atti vandalici istituisce un nuovo corpo di vigilanti con il compito di ristabilire l'ordine; infine, alimenta un desiderio sfrenato di acquisto e di consumo. Il governo prende misure straordinarie perché deve gestire una situazione straordinaria, pensano in tanti. Ma altri sentono puzza di imbroglio e vedono il pericolo di una limitazione della libertà... In un romanzo corale di estrema attualità, carico di tensione, Almudena Grandes racconta la grande Storia attraverso i singoli destini di un'umanità che cerca una via di fuga dallo smarrimento e dalla paura.
A Madrid, nel 1936, Inés si ritrova all'improvviso sola in un momento cruciale per il suo Paese. L'affermazione del Fronte popolare e la situazione politica tesa consigliano a sua madre e suo fratello, attivista nelle file dei falangisti, di tenersi lontani dalla capitale. Sfidando le proprie origini aristocratiche e le idee reazionarie che ha respirato fin da bambina, la giovane Inés comincia a frequentare un gruppo di militanti comunisti e trasforma la casa di famiglia in un ufficio del Soccorso rosso internazionale. Ma quando il sogno repubblicano si infrange, la ragazza viene arrestata a causa del tradimento di un compagno, e si ritrova prima nel famigerato carcere di Ventas, poi reclusa in un convento e, infine, a condividere con la cognata Adela una sorta di prigione dorata in una casa sperduta in mezzo ai Pirenei. Solo due cose la consolano: la scoperta dei piaceri della cucina e l'ascolto notturno della Pirenaica, la radio clandestina del Partito. È così che, nell'ottobre del '44, viene a sapere che l'esercito dell'Unione nazionale spagnola si prepara a invadere la Val d'Aran e a lanciare l'operazione Riconquista della Spagna. Inés capisce che per lei è arrivato il momento di riscattarsi, di agire: in sella al purosangue Lauro e con un carico di cinque chili di ciambelle, vola incontro all'allegria. La troverà, tra le braccia del capitano Galán e ai fornelli del municipio di Bosost, cucinando per il Lobo e i suoi uomini.
Quattro donne alle prese con un atlante geografico a fascicoli. Diversissime tra di loro, per carattere e vissuto, tutte e quattro sono accomunate dall'età, i fatidici e temuti quarant'anni, e le crisi esistenziali in cui sono disperatamente coinvolte. Marisa odia il proprio corpo ed è terrorizzata dall'amore; Rosa, inghiottita da una passione sfortunata, si è buttata alle spalle un matrimonio altrettanto sfortunato; Fran, ritrovatasi con il proprio compagno, sente che le manca qualcosa; Ana naviga nel mare burrascoso di una relazione con un uomo sposato. Mentre il lavoro prende forma, la ricerca di dati si fa ricerca interiore, racconto di vita. E alle pagine dei fascicoli si sostituiscono quelle di cronaca intima.
Non è vero che in Andalusia il tempo è sempre bello, né che la Guerra di Spagna è finita nel 1939. Ne sa qualcosa Nino, figlio di una guardia civile di stanza nella provincia montuosa di Jaén. Ancora nel 1947, il leggendario partigiano Cencerro imperversa sui monti e Nino, che vive con la famiglia nella caserma del suo piccolo paese, non potrà mai dimenticare quell'estate: il giorno di luglio in cui Cencerro si è suicidato per sfuggire alla cattura, facendosi beffe delle autorità per l'ultima volta; il mulino accanto al fiume dove va a pesca di granchi con Pepe il Portoghese, misterioso e affascinante forestiero che diventa suo amico e modello; il podere delle Bionde, famiglia di sole donne, vedove e orfane, che resistono orgogliose alle vessazioni del franchismo; la violenta repressione che segue l'avvento di un nuovo Cencerro; la maturata convinzione che mai seguirà le orme del padre nella Guardia civil. Mentre scopre un mondo nuovo grazie ai romanzi di avventura di cui è avido lettore, Nino impara a poco a poco a interpretare il proprio, il mondo violento della caserma dove le urla dei prigionieri non lo lasciano dormire, quello di un paesino dove convivono omertà e tradimenti di due fazioni opposte e inconciliabili. E capisce perché il padre gli fa studiare dattilografia, capisce perché in quella "guerra interminabile" i nemici di suo padre non sono i suoi.
Juan Olmedo e Sara Gómez sono due vicini di casa in un complesso residenziale a Rota, un paese sulla costa di Cadice. Entrambi vengono da Madrid e si sono lasciati alle spalle un passato di amori contrastati, di sofferenza, che a poco a poco riaffiora. Juan ha vissuto un amore impossibile per la donna che ha sposato suo fratello, e dalla quale ha avuto una figlia. Sara, a sua volta, sottratta bambina ai suoi genitori per essere prima adottata da una famiglia dell'alta borghesia e poi rispedita nella casa natale, in cui è ormai un'estranea, è animata da sentimenti di vendetta, consapevole dell'impossibilità di fuggire al proprio destino. Ma tutto può cambiare.
È con un vero e proprio tonfo al cuore che María José alza la cornetta quando la segretaria le dice che un certo Jaime González la cerca. Benché sia passato tanto tempo, la voce di Jaime, il compagno dell'Accademia delle Belle Arti, la avvolge in una morbida sensualità. La notizia che lui ha da darle è dolorosa: Marcos, un loro compagno, si è suicidato. Le ventiquattro ore che vanno dalla telefonata di Jaime al momento in cui si ritrovano uno di fronte all'altra, al funerale dell'amico, offrono a María José l'occasione per ripercorrere la storia degli anni della gioventù all'accademia, dell'incontro con Jaime e Marcos, di un'amicizia a tre che dalla complicità è, quasi naturalmente, sfociata in un legame erotico tanto disinibito, quanto tormentato.
Renata e Maria sono sorelle gemelle, ma non si assomigliano per niente. Diversa l'altezza, diverso il coraggio, diverso il modo di andare alla deriva. Renata ama Jorge, ma lo perde passando di letto in letto; Maria si affida all'eroina. La loro madre adora l'opera e lotta per aprire la sua erboristeria in pieno centro a Saragozza. Dice che la paura è un mucchio di cose: ciascuno vi passa accanto e raccoglie quello che vuole. Per le figlie si preoccupa solo delle cose pratiche, "non dell'anima". Crede fermamente nell'indipendenza. Ma "le peggiori dipendenze non sono quelle economiche", e la peggiore infedeltà è l'infedeltà a se stessi. Rivivendo corse in motorino, sedute di terapia 'light' nei centri di disintossicazione, seduzioni vampiresche e notti strane, Renata a quarant'anni si spoglia a poco a poco di ogni forma di autoinganno, decisa a entrare a occhi aperti nella vita che verrà.
Un'avventura di umano coraggio all'interno di una cornice naturale e selvaggia. Il protagonista, Pribaz, è un pilota da guerra italiano fatto prigioniero dalle truppe britanniche durante la Seconda guerra mondiale e deportato in un campo di prigionia ai piedi dell'Himalaya. Costretto a far fronte alla durezza di un'esistenza che pare ormai senza scopo, giunto allo stremo delle forze dopo un fallito tentativo di fuga, Pribaz rinnega il fascismo e ottiene il permesso di compiere escursioni con i compagni di prigionia. Compirà una lunga marcia verso il lago Tso Moriri attraverso una terra popolata da pastori, orsi e carovane. Una marcia che sancirà il suo riscatto.
"Poesia, entusiasmo e adrenalina": è questa la montagna raccontata da Carlo Grande. È lo scenario della Sainte-Victoire che rapisce Cézanne, o la luce dolce sulle vigne descritta da Pavese. È un possibile antidoto al rituale moderno della velocità, "un silenzio di voci che bisbigliano" e che svelano una natura archetipica e indicibile. Ma sono anche i luoghi di una fatica quotidiana e paziente che si perde nel tempo, forre oscure e minacciose come le Forche Caudine o la gola di Roncisvalle, vette himalayane che attirano l'uomo nella "zona della morte". Sono le montagne da sempre teatro di lotte e invasioni: da Annibale che varcò le Alpi allo sterminio dei catari, fino alla Resistenza ai nazifascismi e alla pacifica opposizione alle mostruose gallerie della TAV. In un sottile gioco tra parola e allusione, scrittura e immaginazione, Grande ci prende per mano e, in compagnia di Herzog, Buzzati, Thoreau, Mann, Rigoni Stern, ci invita a riscoprire il gusto dell'andare a piedi e del "salire", accettandone i rischi e le avventure: "Per non cancellare il proprio paesaggio interiore e perdere così la gioia di vivere".

