
Chi è Siddharta? È uno che cerca, e cerca soprattutto di vivere intera la propria vita. Passa di esperienza in esperienza, dal misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera definitiva nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto, il misterioso tutto che si veste di mille volti cangianti. E alla fine quel tutto, la ruota delle apparenze, rifluirà dietro il perfetto sorriso di Siddharta, che ripete il "costante, tranquillo, fine, impenetrabile, forse benigno, forse schernevole, saggio, multirugoso sorriso di Gotama, il Buddha, quale egli stesso l'aveva visto centinaia di volte con venerazione". Siddharta è senz'altro l'opera di Hesse più universalmente nota. Questo breve romanzo di ambiente indiano, pubblicato per la prima volta nel 1922, ha avuto infatti in questi ultimi anni una strepitosa fortuna. Prima in America, poi in ogni parte del mondo, i giovani lo hanno riscoperto come un loro testo, dove non trovavano solo un grande scrittore moderno ma un sottile e delicato saggio, capace di dare, attraverso questa parabola romanzesca, un insegnamento sulla vita che evidentemente i suoi lettori non incontravano altrove.
«Se oggi mi chiedo quale fu il vero movente che mi ha portato in autunno dal Canton Ticino a Norimberga - un viaggio durato due mesi mi coglie l'imbarazzo» scrive Hermann Hesse all'inizio di questo libro di memorie. Nel 1925 aveva deciso infatti di lasciare il suo eremo in Svizzera e di accogliere l'invito a tenere una serie di pubbliche letture in Germania: proprio lui che riconosceva di essere un uomo restio ai viaggi e alle frequentazioni umane», lui che trovava la prospettiva di esibirsi in pubblico «talvolta spaventosa. Non era d'altro canto un momento qualsiasi» «... la vita mi costava un'insolita, eccessiva fatica, e ogni idea di cambiamento, trasformazione, fuga non poteva che essermi gradita». Una fuga, però, da indugiante, meditabondo flâneur, fatta di soste prolungate e deviazioni e incontri con vecchi amici, che lo conduce da Locarno a Zurigo, da Baden alla natia Svevia, da Ulma ad Augusta e a Norimberga, per terminare infine a Monaco, con la visita a Thomas Mann. Un viaggio, «in sé insignificante e fortuito», che diventa una discesa nel passato e nella propria coscienza, e si traduce in un'intensa confessione intima, dove Hesse ci parla dei suoi amori letterari - primo fra tutti Hôlderlin, fatale scoperta infantile - e dell'avversione per il mondo moderno; dell'insofferenza per «la fabbrica culturale» nessuno è più vanitoso, nessuno più assetato di plauso e consenso dell'intellettuale e del penoso fardello della fama - e, quale antidoto alla disperazione, dell'umorismo, «ponte sospeso sopra il baratro fra realtà e ideale».
La vicenda di un giovane sognatore che, dopo aver frequentato il mondo del decadentismo parigino, trova nello spirito di san Francesco d'Assisi l'intima unione con la natura cui aspirava. La storia d'un timido amore nato dalla comune passione per la musica. Il rapporto conflittuale d'un pittore col mondo borghese, nella coscienza d'una frattura non ricomponibile. L'evoluzione spirituale d'un adolescente che, attraverso la ribellione e la solitudine, giunge infine ad essere "se stesso". Queste, in sintesi, le trame dei romanzi raccolti nel volume, tutti percorsi dal filo conduttore della ricerca interiore, attuata con l'acutezza e la delicata sensibilità così caratteristiche di Hermann Hesse. Ritroviamo in questi romanzi tutti i motivi che ci rendono cara e preziosa l'opera di Hesse: la volontà di purezza e di grandezza nell'arte e nell'essere umano, la tragedia a cui mai può sfuggire chi nasconde il proprio amore, l'intensa visione utopica di una sintesi tra la vita quotidiana e l'aspirazione profonda all'ascesi. Introduzione di Giuseppe Montesano.
Un libro di poesie, prose e racconti di Hermann Hesse che hanno come tema unificante gli alberi, considerati simbolo della caducità, dell'eterna rinascita e della spensieratezza della vita istintiva e naturale. Faggi, castani, peschi, betulle, tigli, querce e molti altri, nella magnificenza della fioritura o con i rami nodosi offerti alle brinate notturne, illuminati dal sole o al chiarore della luna: sono loro i protagonisti induscussi di questa raccolta. Essi accompagnano lo scrittore, silenziosi e saggi, nel corso della sua vita, segnano momenti precisi, suscitano riflessioni e ricordi, vengono invocati come esseri viventi, come amici.
Una raccolta di prose e poesie per seguire l'avvicendarsi delle stagioni in compagnia di Hermann Hesse; spiare con lui lo sbocciare dei fiori in primavera, la luce che una giornata estiva proietta sulle cose del mondo, il trascolorare dei boschi in autunno, i nitidi contorni che l'inverno dipinge. La contemplazione della natura in Hesse si arrichisce di profondità meditativa: la gioia degli incontri, l'amore per la letteratura, le riflessioni sul corso della vita fanno di queste "Stagioni" un singolare breviario spirituale.
"Anima e amore" comprende tredici scritti giovanili e filosofici di Hermann Hesse sul tema della spiritualità e dell'amore. Questi tredici brevi saggi, impregnati di biografia e filosofia, di riflessioni personali e considerazioni politiche, furono pubblicati in varie riviste dal giovane Hermann Hesse tra gli ultimi anni dell'Ottocento e la fine della Prima guerra mondiale, a chiusura di un'epoca fatale dell'umanità e dell'Europa in particolare. "Anima e amore" cerca di svelare l'origine e il "seme" della grande impresa hessiana, che conoscerà successivamente la fama mondiale con la pubblicazione di Siddartha: lo sforzo di armonizzare spirito orientale e cultura occidentale, il tentativo ostinato e caparbio di ricercare l'"anima", l'autentico io interiore, di trovare una via in grado di far coesistere religione e tolleranza, intelligenza e istinto, mente e corpo; in definitiva, di riportare in vita l'unica divinità possibile, quella che dimora nella mente e nel petto di ogni singolo uomo. Tra gli altri brani proposti spiccano Sull'anima pubblicato nel 1917, L'arte dell'ozio pubblicato nel 1904 e Non uccidere pubblicato nel 1918.
Il camminare che svela la natta e rivela il mondo. L'impulso a conoscere, che nessuna conoscenza può placare. L'arte di viaggiare come arte di vivere.
In un paesino della California del Sud, l'anziano Albert Honig butta i resti della colazione e si prepara ad andare al lavoro. Non importa che sia domenica e che faccia caldo: lo aspettano mezzo ettaro di bosco da pulire, sedici arnie da controllare e una miriade di barattoli di miele da inscatolare per il mercato. Mentre si sciacqua le mani al lavello di cucina, però, oltre la finestra avverte un rumore. Non può essere un vicino che aspira le foglie sul vialetto o il ronzio dei cavi elettrici, né tantomeno il motore di qualche macchina. Albert esce di casa e percorre la siepe che divide la sua proprietà da quella delle "Signore delle api", e suona il campanello, ma nessuno risponde. Da dentro, si sente gracchiare una radio. Claire o Hilda saranno uscite per qualche commissione, pensa Albert, lasciando l'apparecchio acceso per scoraggiare i ladruncoli. Fa per andarsene, ma quando nota la vecchia Rambler parcheggiata sul retro, cambia idea e, trovando la porta aperta, entra: le sorelle Straussman sono a terra, legate, imbavagliate; morte. Sigillata la casa e raccolte le impronte, il detective Grayson non ci mette molto a capire di trovarsi di fronte a una rapina finita male. Ci sono segni di effrazione, mancano all'appello alcuni gioielli e i barattoli del miele usati come salvadanaio sono in frantumi sul pavimento. Tuttavia, come trovare il colpevole?
Le pagine del diario che Urbain Martien, ormai novantenne, consegna al nipote poco prima di morire contengono il secolo forse più duro della storia dell'umanità. Parlano di un ragazzino di Gand che sognava di fare il pittore e che lo scoppio della Prima guerra mondiale ha trascinato su uno dei fronti più crudeli del conflitto. Raccontano di un altro tempo, di cui perfino gli odori sono scomparsi; un tempo che cominciò ad agonizzare dopo che a Sarajevo "un colpo nemmeno tanto ben mirato mandò in frantumi la pura illusione della vecchia Europa", portando alla rovina il mondo che Urbain Martien aveva conosciuto, e creando una cesura al di là della quale niente più sarebbe rimasto al proprio posto. Anche circondato da morte e fango, sotto un cielo infinito, carico di quelle nuvole che tanto sollecitano la sua fantasia, Urbain non abbandonerà mai il disegno. Quando il tempo sembra fermarsi, nella luce surreale della piana dell'Yser, l'arte lo aiuta a placare il pianto del mondo che va in pezzi intorno a lui. Le storie della guerra insieme al viso di una donna, grande amore perduto per sempre, ritorneranno silenziosi sulle tele cui dedicherà tutta la sua esistenza. Riscrivendo la vita di Urbain Martien, Hertmans costruisce un romanzo che si nutre della testimonianza di chi ha vissuto l'orrore delle trincee delle Fiandre occidentali, per poi ritrovarsi a vivere nelle trincee dei propri ricordi.
Li chiamano "i brocchi". Sono gli uomini di Jackson Lamb, un branco di perdenti, di cavalli azzoppati. Una manica di alcolizzati, drogati, disadattati, gente che, a un certo punto della propria vita, ha imboccato lo svincolo sbagliato e ha deragliato, incasinando tutto. Sono gli agenti segreti di serie B, quelli di cui l'intelligence si vergogna, agenti masticati e risputati fuori dal sistema perché macchiati da una qualche incancellabile colpa e ora parcheggiati lontano da Regent's Park in una specie di prigione per falliti, a svolgere inani fatiche di Sisifo - interminabili controlli di vecchi elenchi telefonici o di scartoffie impolverate - in attesa che si sfiniscano da soli e mollino il colpo. Solo che nessuno di loro ha smesso di sognare di tornare al servizio attivo. Quando un ragazzo musulmano viene rapito, con la minaccia di decapitarlo in diretta sul web e su tutti i telegiornali, i brocchi fiutano l'occasione per riscattarsi. Il rapimento fa parte di un piano molto più articolato e sventarlo non sarà né facile né privo di rischi e di vittime. Tuttavia Jackson Lamb sa fin troppo bene che c'è sempre un costo da pagare e che di perdenti è pieno il mondo. Presto ne arriveranno di nuovi a riempire le file della sua squadra.