
Innamorarsi è la parte più facile di una relazione. Il difficile viene dopo. Lo sanno bene Lauren e Ryan che, insieme da undici anni, non si sopportano più. Dopo una storia d'amore romantica al college, una proposta di matrimonio mozzafiato e tanti progetti di vita comuni, proprio non si sanno spiegare come siano arrivati ad azzuffarsi per ogni cosa, dalle bollette alla cena, dall'assicurazione dell'auto al parcheggio. Quando, poi, si rendono conto di preferire la compagnia del cane a quella del coniuge, non possono negarlo oltre: il loro matrimonio è in crisi. Incapaci di stabilire se si amano ancora oppure no, Lauren e Ryan non hanno il coraggio di divorziare; perciò decidono di prendersi una pausa di riflessione. Durata: un anno. Regole: non vedersi e non sentirsi. Per la prima volta da quando aveva diciannove anni, Lauren deve provare a vivere da sola, senza Ryan. Ed è terrorizzata, ma inaspettatamente anche libera. In questo momento di grande incertezza, attorno a lei si stringe la sua famiglia ingombrante: la nonna sprint, sempre pronta a offrire ottimi consigli, la mamma folle innamorata dell'amore, la sorella single convinta, e il fratello che sta per convolare a nozze con una ragazza che ha messo incinta nel bagno di un aereo due minuti dopo averla incontrata. Con il loro aiuto, Lauren inizia un viaggio alla riscoperta di sé e cerca di rimettersi in gioco, nella vita e in amore. Ma dopo aver imparato a stare senza Ryan, avrà ancora senso tornare da lui?
Nell'Islam, a un uomo in viaggio per lunghi periodi è permesso di contrarre un matrimonio di durata definita, per evitare la tentazione di frequentare prostitute. Si chiama "matrimonio di piacere". E a queste condizioni che Amir, un ricco commerciante di Fès, sposa temporaneamente Nabou, una ragazza fulana di Dakar, città in cui si ferma ogni anno per procurarsi la merce. Ecco però che Amir si scopre innamorato di Nabou e le propone di andare a Fès con lui. La donna accetta, diventa la sua seconda moglie e gli dà presto due gemelli. Uno bianco, l'altro nero. Da quel momento deve affrontare la gelosia terribile della prima moglie di Amir, bianca, e il razzismo quotidiano. Un romanzo sull'amore e le sue conseguenze, una storia che arriva dritta ai nostri sentimenti più intimi e a quelli che non sappiamo confessare.
Siamo alla fine degli anni Cinquanta. Un uomo cammina in un parco a Vienna e presto sarà picchiato da un gruppo di quattro adolescenti. Non vogliono i suoi soldi, non vogliono niente, e lui non ha alcuna colpa. Vogliono solo sfogare la loro rabbia facendo qualcosa di assolutamente non necessario. Sophie, Hans, Rainer, Anna: tutti diversi e tutti accomunati dallo stesso sentimento. Sono gli esclusi, come se fossero rimasti chiusi fuori di casa e non potessero più entrare, perché chi è dentro non apre la porta. Nella Vienna che ancora combatte con i demoni del nazismo, nello specchio di un mondo che crea maschere e produce rassegnazione, questi quattro ragazzi sembrano agire con una logica ferrea e perversa.
La ricerca spasmodica e frustrante della vita e di un'identità sessuale, fra autolesionismo e voyerismo, spingono una quarantenne insegnante di pianoforte negli squallidi peep-show della periferia viennese, nei cinema a luci rosse o tra le siepi del Prater, prima di rientrare a casa, sotto le lenzuola del letto che condivide con la tirannica madre. Al centro della narrazione il tormentato rapporto di forza tra le due che trasformerà in catastrofe sadomasochistica il tentativo della donna di legarsi a un suo allievo. "La pianista" è il romanzo più conosciuto di Elfriede Jelinek, premio Nobel per la letteratura nel 2004.
In "Bambiland" si parla dell'intervento americano in Irak, si parla di come giunge a noi veicolato dai mezzi di comunicazione, si parla, infine e soprattutto, dei meccanismi con cui il conflitto, tutti i conflitti, agiscono nelle nostre teste. In questa opera destinata al teatro - per la quale è difficile trovare una definizione precisa - Elfriede Jelinek combina "I persiani" di Eschilo (il più antico dramma sul tema della guerra) a reportage trasmessi dalla televisione americana, in particolare la Cnn, informazioni sugli armamenti Usa e propri commenti. Con continui cambi di prospettiva, il premio Nobel mescola Eschilo con la lingua di tutti i giorni, impiegando ora l'ironia ora il sarcasmo.
Per sfuggire alle persecuzioni che colpiscono i cristiani copti in Egitto ai primi del Novecento, una ragazza di Assuan è costretta dal padre a sposare un musulmano. Inizia così il lungo viaggio avventuroso che la porterà dall'Egitto meridionale fino ad Haifa, in Palestina, per conoscere il suo promesso sposo. Sullo sfondo di una regione del mondo dilaniata dai conflitti, la protagonista fa i conti con la disperazione di un popolo privato non solo della terra ma anche della sua identità. E, giorno dopo giorno, impara a resistere alla violenza costruendo intorno a sé una fitta rete di legami solidali. Rula Jebreal, araba palestinese con passaporto israeliano, è giornalista di La7, dove conduce il telegiornale e il programma di approfondimento Pianeta 7.
Giannozzo, briccone romantico, viene preso dal desiderio di un’ascensione in mongolfiera al solo udire la parola revenant. «Qualcuno la pronunciò per caso davanti a me: io immaginai la gioia ineffabile di essere un fantasma». Spiegate le «azotiche ali» della sua mongolfiera, munito di un piccolo corno da postiglione e di un binocolo da guerra, Giannozzo si libra sui minuscoli Stati della Germania alla fine del Settecento: le città gli appaiono come «banchi di ostriche», abitate da figurine di piombo, semplici comparse, «provinciali senza spirito né religione». Con improvvise incursioni l’aeronauta getta lo scompiglio in quelle terre: libera pipistrelli dalle sue tasche durante un pranzo di Corte, spia incontri amorosi dall’occhio di una rotonda, esorta beffardamente alla coerenza gli abitanti di una lugubre cittadina di esemplare produttività, perché innalzino lo Stato «al punto da diventare una vera e propria casa di pena e di lavoro» – e poi risale sulla sua navicella. È l’eterno trickster, il «briccone divino», che qui si reincarna in Giannozzo, cosmico voyeur di tutti i «teatri della vita», patinato di ironia romantica. Ma l’età moderna non tollera a lungo tali agenti del disordine mercuriale, che obbediscono a un solo precetto: «Lo scherzo è inesauribile, la serietà no». E l’euforia del volo si mescola fin dall’inizio con il presagio pungente della catastrofe.
Jean Paul, come Sterne, è un «guardiano della soglia», che segnala l’ingresso a tutta la letteratura moderna. La sua prosa, colma di estri geniali, straripante di metafore, è un preludio a tutte le audacie che verranno – e il Giannozzo, nella perfetta misura del suo incantevole farneticare, potrebbe esserne il simbolo.
Nella prima conversazione, vediamo i tedeschi reduci da Stalingrado sfilare nel centro di Mosca il 17 luglio del 1944, sono 57.000 "soldati banalmente vinti, non partecipi di un qualsiasi mito, massa informe, sospesi durante quella giornata in un vuoto di abominio": l'autrice ricompone letterariamente un avvenimento che va dritto al cuore delle contraddizioni intrinseche alla guerra. Nella seconda, la morte di un cane amato riporta alla memoria i deserti dei distacchi che nella vita si provano: il primo amore, la vedovanza, ma anche gli animali, le piante e, proiettati nel futuro, i figli e i nipoti, che saremo noi a dover lasciare. Un amore di quasi sessant'anni ha legato Gino Moretti alla moglie Anita. Mentre marciava in Ucrania, nell'estate del '42, le scriveva quasi una lettera al giorno. Rileggere oggi quelle lettere significa riflettere sulla vita intera. Sui momenti eroici, sulla durata, sulla passione, sulla caducità. Sui piccoli fili segreti che stanno tesi dentro ogni matrimonio.
L'Autore ripercorre, in un volo vertiginoso e seducente, gli eccessi, la fantasia e la grandiosità di un padre amato e odiato, temuto e venerato, sofferto ed emulato: Pascal Jardin, detto Zubial". "
Prima guerra mondiale, fronte della Somme, gennaio 1917: cinque soldati francesi, colpevoli di essersi feriti da soli per farsi rispedire a casa, vengono abbandonati, le mani legate dietro la schiena, nella terra di nessuno fra le trincee, perché siano uccisi dall'artiglieria tedesca. Tra loro, un pescatore non ancora ventenne, Jean detto Manech. Cap-Breton 1919: Mathilde, che da più di due anni non ha notizie di Manech, riceve la lettera di un ufficiale moribondo. È l'uomo che ha accompagnato i cinque soldati nella terra di nessuno e scritto le loro ultime lettere ai familiari. Mathilde apprende così la verità, ma non perde la speranza.